Cimabue
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« Credette Cimabue nella pittura tener lo campo, ed ora ha Giotto il grido, si che la fama di colui oscura » |
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Cimabue, pseudonimo di Cenni di Pepi (Firenze, 1240 circa – Pisa, 1302) è stato un pittore italiano.
Si hanno notizie di lui dal 1272. Dante lo citò come il maggiore della generazione antecedente a quella di Giotto, parallelamente al poeta Guido Guinizelli e al miniatore Oderisi da Gubbio. Secondo il Ghiberti e il Libro di Antonio Billi fu al contempo maestro e scopritore di Giotto. Il Vasari lo indicò come il primo pittore che si discostò dalla "scabrosa goffa e ordinaria [...] maniera greca", ritrovando il principio del disegno verosimile "alla latina".
Studi recenti hanno dimostrato come in realtà il rinnovamento operato da Cimabue non fosse poi assolutamente isolato nel contesto europeo, poiché la stessa pittura bizantina mostrava dei segni di evoluzione verso una maggiore resa dei volumi ed un migliore dialogo con l'osservatore. Per esempio negli affreschi del monastero di Sopoćani, datati 1265, si notano figure ormai senza contorno dove le sfumature finissime evidenziano la rotondità volumetrica.
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[modifica] Cenni biografici
Le notizie certe, ossia suffragate da documenti, sulla vita di Cimabue sono molto esigue: presente a Roma nel 1272; incaricato di realizzare un cartone per il mosaico del catino absidale del Duomo di Pisa nel 1301; morto a Pisa nel 1302. Da queste pochissime informazioni i critici e gli storici dell'arte hanno ricostruito, non senza controversie e incertezze, il catalogo delle opere.
[modifica] Opere
[modifica] Il Crocifisso di Arezzo
Probabilmente la sua formazione si svolse a Firenze, tra maestri di cultura bizantina. Già con la Crocefissione della chiesa di San Domenico di Arezzo, databile attorno al 1270, e assegnato al suo catalogo da Pietro Toesca, segnò un distacco dalla maniera bizantina.
In questa opera Cimabue si orientò verso le recenti rappresentazioni della Crocefissione con il Christus patiens dipinte verso il 1250 da Giunta Pisano, ma aggiornò l'iconografia arcuando ancora maggiormente il corpo del Cristo, che ormai debordava occupando tutta la fascia alla sinistra della croce. Sempre ai modelli di Giunta rimandano le due figure nei tabelloni ai lati dei braccio della croce (Maria e San Giovanni raffigurati a mezzo busto in posizione di compianto) e lo stile asciutto, quasi "calligrafico" della resa anatomica del corpo del Cristo.
La somiglianza con il modello giuntesco si spiega anche con un'esplicita richiesta dei domenicani aretini, essendo il crocifisso di Giunta conservato nella chiesa principale dell'ordine, la basilica di San Domenico a Bologna.
Un'altra novità rispetto al modello fu l'uso delle striature d'oro nel panneggio che copre il corpo di Cristo o nelle vesti dei due dolenti, un motivo usato per la prima volta, pare, da Coppo di Marcovaldo e derivato dalle icone bizantine e greche.
[modifica] Il Crocifisso di Santa Croce
Poco dopo il viaggio a Roma del 1272, eseguì il Crocifisso per la chiesa fiorentina di Santa Croce, oggi semidistrutto a causa dell'alluvione di Firenze del 1966. Quest'opera si presenta dall'apparenza simile al Crocifisso aretino, ma a un'analisi attenta lo stile pittorico è molto migliorato, tanto da suggerire che sia stato eseguito un decennio dopo, intorno al 1280.
Alto tre metri e 90 è un crocifisso grandioso, con la posa del Cristo ancora maggiormente sinuosa, ma è soprattutto la resa pittorica delicatamente sfumata a rappresentare una rivoluzione, con un naturalismo commovente (forse ispirato anche alle opere di Nicola Pisano) e privo di quelle dure pennellate grafiche che si riscontrano nel crocifisso aretino. La luce adesso è calcolata e modella con il chiaroscuro un volume realistico: i chiari colori dell'addome, girato verso l'ipotetica fonte di luce, non sono gli stessi del costato e delle spalle, sapientemente rappresentati come illuminati con un angolo di luce diverso. Le ombre, appena accennate su pieghe profonde come quelle dei gomiti, sono più scure nei solchi tra la testa e la spalla, sul fianco, tra le gambe.
Un vero esempio di virtuosismo è poi la resa del morbido panneggio, delicatamente trasparente. Dopo secoli di aspri colori pastosi Cimabue fu quindi il primo a stendere morbide sfumature.
[modifica] La Maestà del Louvre
Cimabue anche nell'iconografia tradizionale della Madonna col bambino stabilì un nuovo canone con il quale si dovettero confrontare i pittori successivi, soprattutto Giotto.
Verso il 1280 eseguì la Madonna con il Bambino o Maestà del Louvre, proveniente dalla chiesa di San Francesco a Pisa. In questa opera è amplificata la maestosità, tramite un più ampio campo attorno alla Madonna (si pensi alla Madonna del Bordone di Coppo di Marcovaldo), e migliore è la resa naturalistica, pur senza concessioni al sentimentalismo (Madonna e bambino non si guardano e le loro mani non si toccano). Il trono è disegnato con un'assonometria intuitiva e quindi collocato precisamente nello spazio, anche se gli angeli sono disposti ritmicamente attorno alla divinità secondo precisi schemi di ritmo e simmetria, senza interesse ad una reale disposizione nello spazio, infatti lievitano l'uno sopra l'altro (non l'uno dietro l'altro). Molto fine è il modo con cui i panneggi avvolgono il corpo delle figure, soprattutto della Madonna, che crea un realistico volume fisico. Non vi è usata l'agemina (le striature dorate).
Questa pala ebbe un'eco immediata, ripresa per esempio verso il 1285 dal senese Duccio di Buoninsegna, nella sua aristocratica Madonna Rucellai, già in Santa Maria Novella e oggi agli Uffizi.
[modifica] Anni '80 del Duecento
In questo periodo vengono collocate una serie di opere in varie collocazioni, nelle quali inizia a farsi viva anche l'eco dell'influenza dell'allievo Giotto. La Flagellazione della Collezione Frick, i mosaici per il battistero fiorentino, molto rimaneggiati, la Maestà di Santa Maria dei Servi a Bologna e la Madonna della Pinacoteca di Castel Fiorentino, forse in collaborazione con Giotto.
[modifica] Gli affreschi ad Assisi
Sotto il papato di Niccolò IV (1288-1292), primo papa francescano, lavorò ad Assisi con affreschi nell'abside della basilica superiore di San Francesco: Evangelisti, Storie della Vergine e due Crocifissioni, molto rovinati, nella basilica inferiore affrescò una Maestà con San Francesco. Il Santo è simile a quello ritratto in una tavola conservata nel Museo di Santa Maria degli Angeli.
L'arrivo di Cimabue ad Assisi segnò l'ingresso nella prestigiosa commissione papale di artisti fiorentini e la scelta del maestro fu dettata quasi certamente dalla fama che aveva acquistato a Roma nel 1272, anche se non sono conosciute opere di Cimabue del periodo romano. Purtroppo gli affreschi di Cimabue e della sua bottega sono i più danneggiati della Basilica Superiore di Assisi, poiché hanno subito un processo di ossidazione e distacco dei colori che ha reso i toni chiari scuri e viceversa, per cui sembra di essere di fronte a un negativo fotografico.
La scena più interessante è quella della Crocefissione nel transetto sinistro, dove le numerose figure in basso con i loro gesti straziati fanno convergere le linee di forza verso il crocifisso, attorno al quale si dispiega un seguito di angeli. La drammaticità quasi patetica della rappresentazione viene considerato il punto di arrivo della riflessione francescana sul tema della Croce in senso drammatico.
[modifica] La Maestà di Santa Trinita
Nella Chiesa di Santa Trinità a Firenze era conservata un'altra Maestà di Cimabue ora conservata agli Uffizi, della quale non si conoscono né la data né i committenti, ma viene attribuita a un momento più tardo, tra il 1290 e il 1300. Le novità di questa pala sono il maggior senso tridimensionale del trono di Maria, che crea un vero e proprio palcoscenico dove, per esempio, sono inquadrati al di sotto dei santi affacciati col busto in uno spazio realisticamente definito. Più tendenti alla disposizione in profondità sono anche le figure degli angeli ai lati del trono. Le espressioni sono anche più dolci, come nel mosaico del Duomo di Pisa, per cui si pensa che sia verosimile collocare l'opera a quando era già attivo Giotto e Cimabue veniva influenzato dall'allievo.
[modifica] Gli ultimi anni a Pisa
Dal 2 settembre 1301 al 19 febbraio 1302, anno della morte, è a Pisa dove, insieme a collaboratori, realizza il mosaico absidale del duomo: di questo rimane la figura di San Giovanni Battista, servita alla critica moderna per ricostruire il suo catalogo.
Recentemente è stato attribuito al pittore un dittico, formato da due tavole con la Madonna in trono col Bambino e santi e la Flagellazione, conservate rispettivamente alla National Gallery di Londra e alla Frick Collection di New York.
[modifica] Bibliografia
- Eugenio Battisti, Cimabue, Milano, Istituto Editoriale Italiano, 1963.
- Miklós Boskovits, Cimabue e i precursori di Giotto. Affreschi, mosaici e tavole, Firenze, Scala Istituto Fotografico Editoriale, 1976.
- Miklós Boskovits, s. v. Cenni di Pepe (Pepo), detto Cimabue, in Dizionario biografico degli italiani, XXIII, 1979, pp. 537-544.
- Luciano Bellosi, Cimabue, Milano, Motta, 1998.
- Cimabue a Pisa. La pittura pisana del Duecento da Giunta a Giotto, catalogo della mostra (Pisa, 2005) a cura di M. Burresi e A. Caleca, Ospedaletto, Pacini Editore, 2005.
[modifica] Altri progetti
- Wikimedia Commons contiene file multimediali su Cimabue
[modifica] Collegamenti esterni
- Culturanuova Srl Arezzo Documentazione informatica del restauro del Crocifisso di Arezzo (vedi: exempla/dipinti su tavola e tela)
- Web Gallery of Art
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