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Palmiro Togliatti - Wikipedia

Palmiro Togliatti

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Stemma della Camera dei deputati Parlamento Italiano
Camera dei deputati
On. Palmiro Togliatti

Luogo nascita Genova
Data nascita 26 marzo 1893
Luogo morte Yalta
Data morte 21 agosto 1964
Titolo di studio Laurea in giurisprudenza
Professione Politico
Partito PCI
Legislatura AC, I, II, III, IV
Gruppo PCI
Coalizione
Circoscrizione
Regione {{{regione}}}
Collegio {{{collegio}}}
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Elezione {{{elezione}}}
Senatore a vita
Nomina {{{nomina_senatore_a_vita}}}
Data nomina {{{data_nomina_senatore_a_vita}}}
Incarichi parlamentari
[{{{sito}}} Pagina istituzionale]

Palmiro Togliatti (Genova26 marzo 1893 – Jalta21 agosto 1964) è stato un politico e statista italiano.

Indice

[modifica] Biografia

Nacque nel giorno della domenica delle Palme, motivo per il quale fu battezzato Palmiro. Fu uno dei membri fondatori e segretario del Partito Comunista Italiano (P.C.I.), del quale fu stato rappresentante all'interno del Comintern, ossia il partito comunista mondiale. Di questo organismo, Togliatti fu uno degli esponenti più rappresentativi e dopo che esso fu sciolto (1943) e sostituito dal Cominform (1947), nei primi anni Cinquanta, Togliatti rifiutò la carica, offertagli direttamente da Stalin, di segretario generale, preferendo restare alla guida del partito in Italia. Ricoprì anche la carica di Ministro di Grazia e Giustizia e di Vice Presidente del Consiglio. Divenne il più importante e indiscusso leader del PCI in virtù delle indiscusse capacità politiche e dialettiche.

Togliatti iniziò la sua attività politica nel Partito Socialista Italiano ancora prima dello scoppio della prima guerra mondiale. Interventista, si arruolò volontario nella Croce Rossa Italiana di Torino e prestò servizio presso l'Ospedale Chirurgico "Maria Laetitia" prima, poi presso l'Ospedale Militare di Milano. Dopo la conclusione del conflitto collaborò col giornale L'Ordine Nuovo di Antonio Gramsci a Torino, e nel 1921, a Livorno, fu tra i fondatori del Partito Comunista Italiano. Dopo l'arresto di Gramsci per ordine di Mussolini, Togliatti divenne il membro più autorevole del Partito Comunista, di cui assunse, nel 1927 la segreteria che tenne fino alla morte.

Restò all'estero dagli anni Trenta ed in particolare in URSS, partecipando attivamente alla politica stalinista, (continuando a scrivere opere di propaganda antifascista con lo pseudonimo di Ercole Ercoli) fino al 1944. Il 27 marzo di quell'anno rientrò in Italia e promosse la cosiddetta Svolta di Salerno, concordata alla partenza da Mosca con Stalin e Dimitrov, con cui i partiti antifascisti si impegnavano a mettere da parte la questione istituzionale (repubblica o monarchia), e che contribuì a rilanciare l'unità dei partiti antifascisti e legittimò il PCI come partito pilastro della nascente democrazia italiana, almeno fino alla fine del periodo costituente.

Sotto la sua segreteria, il PCI divenne il più grande partito comunista, per importanza politica e quindi non direttamente per mandato degli elettori, non al potere in Europa - infatti i due avvenimenti simbolici di maggior rilievo elettorale per il PCI furono sotto la segreteria di Enrico Berlinguer: il sorpasso, benché minimo, ai danni della DC (33,3% contro 33,0%), divenendo il primo partito italiano e il picco massimo di consensi nel '76 (34,4%). Dopo l'uscita dei comunisti dalla maggioranza di governo nel 1947 organizzò insieme al PSI l'opposizione di sinistra alla Democrazia Cristiana, che sfidò nelle elezioni politiche del 1948 con la lista del Fronte Democratico Popolare, che raccolse tuttavia solo il 30,9% dei voti.

La sua azione, decisiva per il radicamento del PCI nella società italiana ma altrettanto risoluta nel difendere l'URSS ad ogni costo, divenne più autonoma dopo la morte di Stalin nel 1953. Alle elezioni di quell'anno il PCI ottenne il 22,6% dei voti. Man mano che in URSS il nuovo segretario del partito promuoveva la sua linea innovatrice, facendo pace con Tito e denunciando i crimini di Stalin, Togliatti assunse una linea a lui ostile, che fu abilmente camuffata come ricerca di una "via nazionale" al socialismo. Allo scoppio della rivoluzione ungherese (ottobre 1956), Togliatti tenne a bada il dissenso ed emarginò gli stalinisti più irriducibili, incalzando al tempo stesso i dirigenti del PCUS affinché schiacciassero il "fascismo" che secondo lui era risorto in terra magiara. Un anno dopo, nel novembre 1957, Togliatti approvò la decisione presa dal regime fantoccio di Budapest e sottoposta a consultazione coi principali partiti comunisti di mettere a morte Imre Nagy, il comunista che aveva guidato la rivoluzione dell'anno prima, il cui carattere democratico e pluralista nessuno studioso serio mette più in dubbio. Ma la piena sintonia di Togliatti con la base stalinista del PCI ebbe come conseguenza che alle elezioni del 1958 i comunisti ottennero qualche voto in più (22,7%) rispetto alle precedenti consultazioni.

Alle elezioni del 1963 il PCI ottenne il 25,3% dei voti in entrambe le Camere, fallendo tuttavia l'assalto alla maggioranza relativa: ciò era perfettamente logico, dato che la vicenda ungherese aveva chiarito ogni dubbio circa il cosiddetto "rinnovamento" dei comunisti. Togliatti, che considerava l'allievo Enrico Berlinguer come il suo "delfino" (ossia il suo erede politico), morì a Jalta in URSS (oggi Ucraina) per una emorragia cerebrale.

Egli si era recato in quella località per trascorrere una breve vacanza con Nilde Iotti: precedentemente a Mosca aveva discusso con Brežnev (allora numero due del Cremlino) circa l'opportunità una conferenza internazionale comunista per ricucire i rapporti con la Cina di Mao Zedong, deteriorati da Chruščёv . Secondo il testimone dell'epoca Enrico Smirnov, interprete ufficiale del PCUS e studioso di cose italiane, Togliatti non condivideva le scelte di Chruščёv ed appoggiava Brežnev alla successione del PCUS.

Infatti, dopo la sua morte, Brežnev partecipò ai suoi funerali e la città russa di Stavropol-na-Volge venne rinominata Togliattigrad in suo onore. Grande protagonista del dopoguerra italiano, Togliatti fu spesso accusato dai suoi detrattori di aver taciuto i crimini dello stalinismo. I suoi sostenitori invece asseriscono che i suoi ultimi appunti sui rapporti tra socialismo e democrazia (il cosiddetto Memoriale di Yalta, dal nome della cittadina sul Mar Nero in cui Togliatti morì) mostrarono un atteggiamento di forte indipendenza dal PCUS e di critica verso la degenerazione del regime sovietico. Ma secondo Smirnov, si trattò solo di una manovra per aiutare Brežnev a defenestrare Chruščёv e a restaurare una forma più accettabile di stalinismo, come dimostrerebbe anche la pubblicazione integrale del "Memoriale" sulla Pravda, organo ufficiale del PCUS, avvenuta qualche settimana dopo la morte di Togliatti e qualche settimana prima del cambio al vertice del Cremlino.

[modifica] Aspetti controversi

Togliatti a comizio
Togliatti a comizio
  • Scrisse una famosa lettera a Stalin nella quale, avvalendosi del potere e del prestigio politico che godeva presso di lui, lo invitava a non reimpatriare gli oltre 62000 soldati italiani dell'ARMIR fatti prigionieri dai Russi durante la guerra mondiale e da allora mai tornati (ufficialmente furono dichiarati "dispersi" e, di fatto, morirono nei gulag).
  • Dal luglio del 1937 fu presente in Spagna quale rappresentante del Comintern mentre nella repubblica spagnola avvenivano episodi di annientamento politico e fisico degli anarchici della Catalogna,operazione da lui diretta.[citazione necessaria]
  • Alla morte di Stalin, Togliatti lo commemorò alla Camera dei Deputati (6 marzo 1953) affermando che: «Giuseppe Stalin è un gigante del pensiero, è un gigante dell'azione. Col suo nome verrà chiamato un secolo intero, il più drammatico forse, certo il più denso di eventi decisivi della storia faticosa e gloriosa del genere umano [...]»[1] per poi adeguarsi alle conclusioni del XX Congresso del PCUS (quello che lanciò il processo di destalinizzazione) dichiarando (L'Unità del 15 marzo 1956): Stalin divulgò tesi esagerate e false, fu vittima di una prospettiva quasi disperata di persecuzione senza fine, di una diffidenza generale e continua, del sospetto in tutte le direzioni.
  • Nel gennaio 1943 il dirigente comunista Vincenzo Bianco scriveva a Togliatti chiedendogli di intercedere presso le autorità sovietiche per evitare la morte dei prigionieri italiani in Russia. Togliatti rispose che "la nostra posizione di principio rispetto agli eserciti che hanno invaso l'Unione Sovietica è stata definita da Stalin, e non vi è più niente da dire. Nella pratica, però, se un buon numero di prigionieri morirà, in conseguenza delle dure condizioni di fatto, non ci trovo assolutamente niente da ridire. Il fatto che per migliaia e migliaia di famiglie la guerra di Mussolini, e soprattutto la spedizione contro la Russia, si concludano con una tragedia, con un lutto personale, è il migliore, e il più efficace degli antidoti. .. T'ho già detto: io non sostengo affatto che i prigionieri di guerra si debbano sopprimere, tanto più che possiamo servircene per ottenere certi risultati in un altro modo, ma nelle durezze oggettive che possono provocare la fine di molti di loro, non riesco a vedere altro che la concreta espressione di quella giustizia che il vecchio Hegel diceva essere immanente in tutta la storia." [1]
  • Negli anni successivi avrebbe più volte affermato di non essere stato a conoscenza dei crimini di Stalin (vedi Kulaki, Holodomor e Gulag). Tuttavia, nella sua biografia scritta da Marcella e Maurizio Ferrara si può leggere questa sua dichiarazione, riferita ai fatti in oggetto: Ho avuto la fortuna di essere stato partecipe, di essermi trovato al centro di un lavoro di eccezionale importanza sotto la guida diretta di Stalin.[citazione necessaria]
  • Nel corso del 1956, dopo il XX Congresso del PCUS, Togliatti criticò il modo in cui Khruščёv condusse la critica al "culto della personalità" di Stalin. In una intervista sulla rivista "Nuovi argomenti" propose in modo molto cauto e per certi versi ambiguo una revisione più profonda della storia dell'URSS, secondo cui andavano cercate nel PCUS degli anni Venti le radici di squilibri manifestatisi con la pianificazione guidata da Stalin. Al tempo stesso rimase nell'alveo dei fedeli di Mosca e condannò la rivolta di Poznan e quella di Budapest nel 1956, ritenendole pericolose per la stabilità e le prospettive del socialismo. Vide però negli errori dei partiti al potere le cause delle rivolte, criticando la tesi secondo cui esse avessero matrici "esterne" al socialismo.
  • A partire dalla denuncia fatta nell' ottobre 1986 dall' illustre storico magiaro-francese François Fejto, sono venuti alla luce quei documenti, prima non pubblicati, che comprovano oggettivamente sia l'accusa che egli abbia sollecitato l' intervento armato sovietico contro la rivoluzione ungherese [2], sia che nel 1957 alla I Conferenza mondiale dei partiti comunisti tenuta a Mosca egli abbia votato a favore della condanna a morte dell'ex presidente del Consiglio ungherese Imre Nagy e del generale Pal Maleter, ministro della Difesa, arrestati con due diverse imboscate l'anno prima dalle truppe sovietiche d'occupazione con l'accusa di aver aperto «la strada alla controrivoluzione fascista». Infatti la condanna a morte fu sancita l'anno successivo, alla Conferenza mondiale dei partiti comunisti, ed egli aveva provveduto a parlarne personalmente con il nuovo leader ungherese subentrato a Nagy il 4 novembre 1956 come quisling moscovita in quelle drammatiche giornate(dopo un personale convincimento da parte dei leaders sovietici al Cremlino l' 1-2-novembre) Janos Kadàr.[3].
  • Nel corso del XVI Congresso del Partito comunista dell'Unione Sovietica, tenutosi a Mosca nel 1930, quando in Italia governava ancora Mussolini, dalla pag. 185 del resoconto stenografico emerge questa dichiarazione di Palmiro Togliatti: «È per me motivo di particolare orgoglio aver rinunciato alla cittadinanza italiana perché come italiano mi sentivo un miserabile mandolinista e nulla più. Come cittadino sovietico sento di valere dieci volte più del migliore italiano».[4]

Significativo è anche il rapporto con Tito e la gestione della questione triestina:

  1. Tra il 1945 ed il 1948 il PCI esalta Tito, che definisce il nuovo Garibaldi, e solidarizza con lui fino ad appoggiare le sue pretese sulla Venezia Giulia. Il 7 novembre 1946 Palmiro Togliatti va a Belgrado e rilascia a L'Unità la seguente dichiarazione: Desideravo da tempo recarmi dal Maresciallo Tito per esprimergli la nostra schietta e profonda ammirazione...
  2. Tra il 1948 ed il 1956, dopo la condanna del Cominform, il PCI si allinea immediatamente e L'Unità del 29 giugno 1948 pubblica: La direzione del Partito Comunista Italiano, udito il rapporto dei compagni Togliatti e Secchia, esprime all'unanimità la propria approvazione completa e senza riserve delle decisioni del Cominform... Durante questo periodo Tito viene criticato in modo assai veemente dal PCI, e i seguaci del maresciallo chiamati spregiativamente titini.
  3. Nel 1956 il vento cambia. Khruščёv si reca a Belgrado riabilitando Tito affermando: deploriamo ciò che è avvenuto e respingiamo tutti gli errori accumulati in questo periodo...
Il PCI si adegua immediatamente ed in occasione di un nuovo viaggio di Palmiro Togliatti a Belgrado, L'Unità del 28 maggio 1956 pubblica un'intervista in cui il segretario afferma: (...) Scopo della mia visita a Belgrado è di riannodare relazioni regolari con i comunisti jugoslavi dopo la grave frattura provocata dall'erronea decisione del Cominform (...).

Alcuni suoi detrattori gli riconoscono un alto senso di responsabilità e dello Stato, che avrebbe dimostrato soprattutto all'indomani dell'attentato subìto nel 1948: in quell'occasione la giovane repubblica italiana si trovò pericolosamente sull'orlo della guerra civile ma Togliatti invitò tutti alla calma. Va tuttavia precisato che le motivazioni dietro a tale risoluzione erano altre. In realtà essa era funzionale ai progetti di Stalin, di cui Togliatti era stato braccio destro e cui continuava a esser legato: il dittatore intendeva rispettare gli accordi di Jalta siglati cogli Stati Uniti per timore di rappresaglie da parte loro e aveva comunicato a Togliatti che non avrebbe potuto sostenere un'eventuale rivoluzione comunista in Italia.

[modifica] L'attentato a Togliatti

Alle 11.30 del 14 luglio 1948 Palmiro Togliatti viene colpito da tre[5] colpi di pistola sparati a distanza ravvicinata mentre esce da Montecitorio in compagnia di Nilde Iotti.

L'autore dell'attentato a Togliatti è Antonio Pallante, un giovane iscritto al blocco liberale qualunquista, spaventato dagli effetti che la politica filo-sovietica del "Migliore" avrebbe potuto avere sul Paese. I proiettili sparati da una pistola calibro 38.8 colpiscono il leader del PCI alla nuca e alla schiena, mentre una terza pallottola sfiora la testa di Togliatti. Ricoverato d'urgenza, Togliatti viene operato dal chirurgo Pietro Valdoni.

Nelle ore in cui si attende l'esito dell'intervento si diffondono le più diverse voci sullo stato di salute di Togliatti: circola addirittura la notizia della morte del segretario comunista. Il clima politico del paese è caldissimo: soltanto due mesi prima, il 18 aprile 1948, le prime elezioni della storia della repubblica avevano sancito la vittoria della Democrazia Cristiana sul fronte delle sinistre (Partito Comunista e Partito Socialista).

Poche ore dopo l'attentato si verificano incidenti a Roma, La Spezia, Abbadia San Salvatore (SI), e morti a Napoli, Genova, Livorno e Taranto nel corso di violentissime manifestazioni di protesta. Gli operai della FIAT di Torino sequestrano nel suo ufficio l'amministratore delegato Vittorio Valletta. Buona parte dei telefoni pubblici non funzionano e si blocca la circolazione ferroviaria. Il democristiano Mario Scelba, ministro degli interni, impartisce disposizioni ai prefetti per vietare ogni forma di manifestazione. Il Paese sembra sull'orlo della guerra civile.

L'operazione a Togliatti va a buon fine ed è proprio il dirigente del Partito Comunista Italiano a imporre ai luogotenenti del PCI, Secchia e Longo, che diressero il Partito in quei drammatici momenti, di fermare la rivolta. L'insurrezione di massa delle organizzazioni militanti comuniste si arresta davanti all'ordine di Togliatti; tradizionalmente si ritiene che abbiano contribuito a moderare gli animi anche le imprese di Gino Bartali, vittorioso al Tour de France.

Durante le proteste la polizia di Scelba uccide una ventina di manifestanti e fa decine di feriti. Nei giorni successivi all'attentato il Paese ritorna alla normalità, grazie alla precisa volontà dei vertici comunisti che si adoperano per recuperare il controllo della base e prevenire nuovi scontri.

Uno degli assistenti del chirurgo Pietro Valdoni tenne per ricordo un pezzo della costola asportata; divenuto poi docente all'Università di Perugia, affidò il cimelio a un padre francescano che prestava assistenza ai malati del locale policlinico, senza dire quale fosse la provenienza; il francescano la mise assieme alle altre reliquie del convento di Monteripido, dove ancora oggi giace non identificata.[citazione necessaria]

[modifica] Note

  1. ^ Camera dei Deputati, Discussioni in Assemblea (resoconti stenografici), Seduta di Venerdì 6 marzo 1953, p. 46858.
  2. ^ Lettera di Togliatti del 30 ottobre 1956 al CC del PCUS pubblicata su La Stampa l' 11 settembre 1996. Riportata anche in Csaba Bekes, Malcom Byrne, Janos M. Rainer (eds.), The 1956 Hungarian Revolution: A History in Documents, Central European University Press, Budapest-New York 2002, p. 294; Adriano Guerra, Comunismi e Comunisti, Dedalo, Bari 2005, pp. 190-91; Federigo Argentieri Ungheria 1956. La rivoluzione calunniata, Marsilio, Venezia 2006, pp. 135-36. Invece la più recente e documentata biografia togliattiana, quella di Agosti citata in Bibliografia, riedita nel 2003, quindi dopo la pubblicazione della citata lettera, nelle pagine 450-56 dedicate agli avvenimenti ungheresi non ne fa parola riportando, però, un brano di una lettera pensosa e dubitativa, quanto inefficace sul piano pratico, del 29 ottobre all' editore Giulio Einaudi. Si noti anche la coincidenza cronologica: quello stesso 30 ottobre, quando nella direzione del PCI Togliatti enuncia il celebre principio: "Si sta con la propria parte anche quando questa sbaglia", egli ha già scritto ai sovietici.
  3. ^ Ciò è affermato dallo stesso Kadàr in un verbale di riunione del CC del POSU, il partito comunista ungherese, del 29 novembre 1957, pubblicato dall' Archivio Nazionale Ungherese di Budapest nel 1997 in volume coi verbali del CC del POSU del biennio 1957-58, tradotto da Argentieri in Federigo ArgentieriUngheria 1956, op. cit., pp. 142-46. Ciò che astutamente Togliatti ottenne fu di spostare quelle ingombranti esecuzioni capitali a dopo le elezioni politiche italiane del 25 maggio 1958, perché il PCI non ne fosse troppo danneggiato. Infatti esse furono eseguite il 16 giugno 1958.
  4. ^ Citato in: Paolo Granzotto, tratto da «Il Giornale» del 1° maggio 2002. Riportato il 21 febbraio 2007.
  5. ^ Secondo AA.VV., Storia d'Italia, DeAgostini 1991, Pallante esplose due colpi di rivoltella contro il segretario del PCI.

[modifica] Bibliografia

  • Aldo Agosti, Palmiro Togliatti, (UTET, 1996)
  • Giorgio Bocca, Palmiro Togliatti (Mondadori, 1997)
  • Pietro Di Loreto, Togliatti e la «doppiezza»: il Pci tra democrazia e insurrezione (1944-49) (Il Mulino, 1991)
  • Mimmo Franzinelli. L' Amnistia Togliatti. 22 giugno 1946: colpo di spugna sui crimini fascisti. Milano, Mondadori, 2006. ISBN 88-04-55334-0
  • Pier Francesco Liguori, Percorsi della Memoria - Storia della Croce Rossa a Torino - Parte I:1864-1956 (Editrice Morra,1999), pagg.27-28, 76
  • Renato Mieli, Togliatti 1937 (Rizzoli, 1964)
  • Palmiro Togliatti, Il memoriale di Yalta (Sellerio, 1988).
  • Elena Aga-Rossi, Victor Zaslavsky, Togliatti e Stalin- Il PCI e la politica estera staliniana negli archivi di Mosca (Il Mulino, 1997)

Achille della Ragione - Gli scipiti eredi del Migliore - Napoli 2008

[modifica] Voci correlate

[modifica] Incarichi di Governo

Predecessore: Segretario del PCI Successore:
Antonio Gramsci 1927 - 1934 Ruggero Grieco I
Ruggero Grieco 1938 - 1964 Luigi Longo II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
con
con
Antonio Gramsci {{{data}}} Ruggero Grieco
Predecessore: Vicepresidente del Consiglio dei Ministri del Regno d'Italia Successore:
Giuseppe Spataro 12 dicembre 1944 - 21 giugno 1945 Pietro Nenni I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
con
con
Giuseppe Spataro {{{data}}} Pietro Nenni
Predecessore: Ministro della Giustizia del Regno d'Italia Successore:
Umberto Tupini 21 giugno 1945 - 1 luglio 1946 Fausto Gullo (Ministro della Giustizia della Repubblica italiana) I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
con
con
Umberto Tupini {{{data}}} Fausto Gullo (Ministro della Giustizia della Repubblica italiana)

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