Conquistadores
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Il termine spagnolo Conquistadores (trad. it. Conquistatori) è comunemente usato per riferirsi ai soldati, agli esploratori ed agli avventurieri che portarono gran parte delle Americhe sotto il dominio coloniale spagnolo tra il XV e il XVII secolo.
Indice |
[modifica] Scenario
I capi delle spedizioni militari spagnole nel Nuovo Mondo si definivano conquistadores, un termine che riecheggia la reconquista, ovvero la guerra effettuata dagli spagnoli contro i musulmani (i cosiddetti Mori) per riconquistare l'Andalusia, l'ultimo lembo di Spagna ancora occupata. Le ostilità si conclusero nel 1492 con la caduta di Granada. I conquistadores infatti invocavano il nome di Santiago Matamoros ("San Giacomo l'uccisore di mori") prima di scagliarsi in battaglia contro i nativi americani. Molti conquistadores, al pari di quello che avevano fatto con i Mori, consideravano i nativi americani senza diritti per il fatto che essi erano "pagani", cioè non ancora convertiti al cattolicesimo. Per compiere ciò vennero istituite le missioni cristiane in America, fin dalla prima metà del '500, accusate di avere principalmente l'obbiettivo dell' etnocidio nel migliore dei casi, cioè vale a dire nel caso in cui le popolazioni si mostrassero docili e predisposte alla colonizzazione, e nel caso in cui non accettassero di essere occidentalizzate, cristianizzate, e sottomesse, si passava, con l'ausilio della corona spagnola, al genocidio. L'unica voce che temporaneamente si oppose fu quella portoghese, ma solo per motivi economici, in quanto avanzava dei diritti di conquista su quelle zone. La controversia fu sanata da Papa Alessandro VI nel Trattato di Tordesillas del 1494, nel quale le nuove terre furono assegnate alle due potenze sulla base della loro posizione geografica, a seconda cioè che si trovassero ad est o ad ovest del meridiano che passa a 1.770 km al largo delle Isole di Capo Verde.
La maggior parte dei conquistadores erano poveri, inclusi alcuni nobili (hidalgos) in cerca di fortuna, le cui prospettive erano limitate in Europa visto che le crociate si erano ormai concluse e il senso ispanico dell'onore proibiva ai nobili i lavori manuali.
Alcuni inoltre erano stati costretti alla fuga dalla repressione religiosa attuata dall'Inquisizione spagnola.
[modifica] Storia
Nei primi decenni del 1500, gli Europei scoprirono i popoli indigeni delle Americhe che erano organizzati in civiltà evolute (specie in Mesoamerica) o in bande e tribù sparse in vasti territori (come in Argentina e in Nordamerica). Le vicende che scaturirono dall'incontro e dallo scontro di queste civiltà con gli spagnoli, indipendentemente dalle presunte buone intenzioni di entrambi, sono passate alla storia come la conquista dell'America. Lo scopo principale della Spagna era occupare ed evangelizzare i nuovi territori e portare i nativi nell'alveo della cristianità e sotto il governo dei re cattolici.
Subito dopo la cosiddetta scoperta del 1492 si evidenziarono i primi contrasti e le incomprensioni tra le parti. Il movimento di scoperta era portato avanti sul fronte dell'occupazione da bande di esploratori-soldati (conquistadores) e sul fronte dell'evangelizzazione soprattutto da parte dell'ordine dei Domenicani. I primi erano soldati e avventurieri allettati soprattutto dalla prospettiva di acquisire terre e ricchezze facilmente. Lo scontro di questi ultimi con le civiltà native più organizzate portò alle campagne di conquista.
È da notare che queste campagne furono, almeno all'inizio, iniziative personali di singoli conquistadores e delle loro bande, ma portarono a risultati assolutamente imprevedibili e alla caduta di civiltà potenti e organizzate.
[modifica] La superiorità tecnologica dei conquistadores contrapposta alla superiorità numerica indigena
Per approfondire, vedi la voce Colonialismo spagnolo. |
Militarmente i conquistadores possedevano un notevole vantaggio tecnologico sui nativi grazie alle armi da fuoco e di acciaio; di contro però i popoli indigeni avevano una superiorità numerica fino a 100 volte il numero dei soldati spagnoli. Nonostante che molte popolazioni native conoscessero metodi per fondere i metalli (ad ex. l'oro), questa conoscenza fu applicata principalmente nell'elaborazione di oggetti ornamentali e utensili: solo gli Inca crearono armi di rame, ma queste non possedevano il taglio letale del ferro e dell'acciaio. Gli elmi di ferro erano una difesa eccezionale contro le pietre lanciate con gran forza, e dettero un vantaggio decisivo ai conquistadores in Perù. Benché gli archibugi e le altre armi da fuoco causassero grande spavento, tuttavia erano di dimensioni limitate e molto lente da ricaricare; le spade di acciaio e di ferro, i coltelli e le armature invece si dimostrarono molto più utili militarmente. Dopo la vittoria, gli spagnoli decisero di mantenere le armi fatte di ferro fuori dalla portata degli indigeni.
Gli animali rappresentarono un secondo e importante vantaggio tecnologico. I cavalli permisero ai conquistadores di circondare le città peruviane e di lanciare rapidi attacchi per ottenere cibi e vivande che difficilmente sarebbero state repirite in altre maniere. I cani furono usati per rastrellare e attaccare gli uomini nascosti nelle foreste.
Un altro importante fattore per la vittoria dei conquistadores fu la diffusione di nuove malattie e infezioni contro le quali i nativi non possedevano le difese immunitarie adatte, cosa che causò una debilitazione generale dello schieramento autoctono in un momento decisivo e produsse un gran disorientamento causato dalla difficoltà dei nativi nel rimpiazzare i capi nel campo di battaglia. Tuttavia anche gli spagnoli furono decimati dalle temibili malattie tropicali a cui non erano abituati.
Il modo di fare guerra degli spagnoli, come della maggior parte degli europei, era più cruenta e coinvolgeva un numero maggiore di guerrieri rispetto a quanto erano abituati i nativi. Le armi di ferro e di acciaio producevano un maggiore spargimento di sangue delle frecce avvelenate. Inoltre i nativi non erano soliti uccidere i nemici sul campo di battaglia, piuttosto li catturavano e li mantenevano in vita per poi sacrificarli in occasioni cerimoniali. Per questi fatti le pratiche guerresche europee sembrarono più brutali rispetto a quelle indigene.
I conquistadores più famosi furono Hernán Cortés e Francisco Pizarro per le loro vittorie contro gli imperi del Messico e del Perú. Entrambi erano a capo di un numero piuttosto esiguo di truppe però riuscirono intelligentemente a manipolare le gelosie e le rivalità degli eserciti indigeni e ad aumentare le proprie forze mediante numerose alleanze.
[modifica] Dibattito sui presunti maltrattamenti ai nativi
Per approfondire, vedi la voce Leggenda nera. |
Il dibattito sulla moralità della conquista risale sino al XVI secolo. Il frate domenicano Bartolomeo de Las Casas difese i nativi americani contro gli abusi dei conquistadores. La sua opera Brevísima relación de la destrucción de las Indias (Brevissima relazione della distruzione delle Indie) ebbe come conseguenza nel 1542 la promulgazione delle Leyes Nuevas (le leggi nuove) in cui si cercava di difendere i diritti dei primi abitanti del Nuovo Mondo.
« Tutti gli eventi che sono successi dalla meravigliosa scoperta dell'America sono stati così straordinari da sembrare incredibili a chi non li avesse vissuti in prima persona. In realtà sembrano offuscarsi tutte le azioni delle persone famose del passato, non importa quali gesti eroici abbiano compiuto, e passano sotto silenzio tutte le cose raccontate delle altre meraviglie del mondo. » | |
(Bartolomeo de Las Casas)
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Nel 1615, Felipe Guaman Poma de Ayala inviò una relazione di 1200 pagine, intitolata Primer nueva corónica y buen gobierno, al re di Spagna Filippo II. Guaman Poma era un membro dell'antica nobiltà incaica che si rammaricava negli anni della sua vecchiaia di aver aiutato i conquistadores e desiderava informare il re di tutti i problemi che erano sorti. La sua cronaca conteneva la storia dell'Impero Inca, della sua conquista e dei maltrattamenti subiti dagli indigeni. Il libro però andò perduto fino al 1908, quando ricomparve nella libreria privata della Casa reale di Danimarca.
Alcuni storici moderni sostengono che i racconti del comportamento dei conquistadores spagnoli furono uno strumento che le potenze europee rivali della Spagna utilizzarono per creare lo stereotipo della ferocia degli spagnoli, conosciuto come la leggenda nera spagnola.
I primi tentativi di diffondere la nozione di diritti umani furono realizzati in conseguenza della diffusione degli effetti della conquista nelle popolazioni native. Nell'estate del 1550, a Valladolid, queste tematiche furono discusse durante il consiglio del re. Il famoso umanista e filosofo aristotelico Juan Ginés de Sepúlveda considerava quella della Spagna una missione civilizzatrice. Considerava i nativi degli schiavi naturali, riprendendo i termini di Aristotele, definendoli: barbari inumani che pensavano che l'offerta più grande che potevano fare a Dio fosse un cuore umano. Persone le cui magnifiche arti, sculture, costruzioni non erano prova della loro civiltà perché anche le api e i ragni costruiscono opere che gli uomini non possono neppure imitare.
Il frate domenicano difensore dei diritti indigeni, Bartolemeo de Las Casas, portò al consiglio un'ampia documentazione consistente in un reportage di prima mano, che si rivelò una delle più convincenti condanne della crudeltà umana. La sua eloquente difesa dei nativi terminava con un appello alle coscienze: Tutti sono umani! Al re di Spagna non restò altro rimedio che fermare la conquista finché queste accuse non fossero state approfondite.
Sul letto di morte, Mansio Serra de Leguizamón, uno dei conquistadores del Perú, espresse profondo rincrescimento per l'ingiusta distruzione della società inca: Dico queste cose ora per motivi di coscienza, visto che sono l'ultimo conquistador che muore. Altri spagnoli, come Bernardino de Sahagún, che si innamorò della cultura Nahuatl (Azteca), e anche tra i conquistadores, Bernal Díaz che combatté con Cortés, si commossero profondamente per la sorte tragica degli abitanti del Messico e paragonarono questa distruzione alla guerra di Troia.
[modifica] Conquistadores famosi
- Hernán Cortés (Messico, 1518-1522, Honduras, 1524, Bassa California, 1532-1536)
- Francisco Pizarro (Perù, 1509-1535)
- Francisco Vázquez de Coronado (Stati Uniti, 1540-1542)
- Diego de Almagro (Perù, 1524-1535, Cile, 1535-1537)
- Vasco Núñez de Balboa (Panamá, 1510-1519)
- Juan Ponce de León (Porto Rico, 1508, Florida, 1513-1521)
- Pedro de Alvarado (Messico, 1519-1521, Guatemala 1523-1527, Perù, 1533-1535, Messico, 1540-1541)
- Álvar Núñez Cabeza de Vaca (Stati Uniti, 1527-1536, , 1540-1542)
- Lucas Vázquez de Ayllón (Stati Uniti, 1524-1527)
- Sebastián de Belalcázar (Ecuador e Colombia, 1533-1536)
- Gonzalo Pizarro (Perù, 1532-1542)
- Juan Pizarro II, (Perù, 1532-1536)
- Francisco Hernández de Córdoba (Yucatán, 1517)
- Hernando Pizarro, (Perù, 1532-1560)
- Juan de Grijalva (Yucatán, 1518)
- Gonzalo Jiménez de Quesada (Colombia, 1536-1537, Venezuela, 1569-1572)
- Francisco de Montejo (Yucatán, 1527-1546)
- Nicolás de Federmann (Venezuela e Colombia, 1537-1539).
- Pánfilo de Narváez (La Florida, 1527-1528)
- Diego de Nicuesa (Panamá, 1506-1511)
- Cristóbal de Olid (Honduras, 1523-1524)
- Francisco de Orellana (Rio delle Amazzoni, 1541-1543)
- Hernando de Soto (Stati Uniti, 1539-1542)
- Inés Suárez, (Cile, 1541)
- Martín de Ursúa, (Petén, regione del Guatemala, 1696-1697)
- Pedro de Valdivia (Cile, 1540-1552)
- Diego Velázquez de Cuéllar (Cuba, 1511-1519)
- Pedro Menéndez de Avilés (Florida, 1565-1567)
- Alonso de Ribera (Cile 1599-1617)
- Alonso de Sotomayor (Cile 1583-1592, Panamá 1592 - 1604)
- Martín Ruiz de Gamboa (Cile 1552-1590)