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Henry John Woodcock - Wikipedia

Henry John Woodcock

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

« Sono un cinico che ha ancora voglia di illudersi »
(Henry John Woodcock.)

Henry John Woodcock (Taunton1967) è un magistrato italiano, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Potenza.

È cresciuto a Napoli da madre campana e padre inglese.

Indice

[modifica] Biografia

Henry John Woodcock è nato a Taunton, nella contea di Somerset, in Inghilterra. Il papà George, discendente di una famiglia aristocratica inglese, insegnò lingue all'Accademia navale di Livorno. La mamma Gloria è napoletana.
Molti lo conoscono come "il pm inglese dall'accento napoletano". In Inghilterra, però, ha vissuto pochissimo: quando aveva un anno i genitori si sono separati e la mamma lo ha portato con sé a Napoli.
Divenuto magistrato alla fine del 1996, è stato uditore a Napoli al fianco di due noti magistrati, Arcibaldo Miller e Paola Mastroberardino.
Sua moglie è un giudice civile: ha prestato servizio a Lucera, in provincia di Foggia; oggi è a Torre Annunziata.

Woodcock è dal settembre 1999 magistrato presso la procura di Potenza da dove coopera con Luigi de Magistris.

[modifica] Le inchieste

« Noi che viviamo in Tribunale siamo uomini fortunati perché, senza pagare il biglietto, abbiamo un posto in prima fila nel teatro della vita »
(Henry John Woodcock.)

Henry John Woodcock è titolare di numerose clamorose inchieste che hanno ottenuto grande visibilità presso i media nazionali.

[modifica] Le prime inchieste

Appena ricevuto l'incarico a Potenza, istruì un'inchiesta su Mario Campana, allora dirigente della Cancelleria del Tribunale Fallimentare della procura stessa, accusato di vendere in proprio gli immobili derivanti da fallimenti. Alla confessione dell'imputato seguì una condanna a 20 mesi e 25 mila euro di risarcimento [1].

L'anno successivo, nel 2000 lavorò ad un'inchiesta sulla Banca Mediterranea di Potenza, con l'accusa di falso in bilancio per aver emesso crediti inesigibili in favore della Icla, una società facente capo a Paolo Cirino Pomicino e già coinvolta in indagini su infiltrazioni di stampo camorristico. La legge 366 del 5 ottobre del 2001, varata dal governo Berlusconi, depenalizzò il reato. Woodcock nel maggio 2005 depositò un ricorso presso la Corte Costituzionale contro questo provvedimento, domanda tuttora in attesa di responso[1].

Nel 2000 si occupò anche di una inchiesta sulla dirigenza del Liceo Enrico Fermi di Potenza, che portò alla luce una associazione a delinquere formata da insegnanti e dirigenti d'istituto che aveva prodotto una "classe fantasma", inesistente e costruita falsificando registri e compiti in classe, al fine di aumentare i finanziamenti all'istituto ed evitarne la chiusura. Il processo si concluse con quattro patteggiamenti e dodici rinvii a giudizio. Nello stesso anno sostiene anche l'accusa in un processo verso due ragazzi accusati dell'omicidio di una insegnante, conclusosi con la condanna degli imputati.

Nell'ottobre dello stesso anno una sua inchiesta portò all'arresto del presidente della Commissione Tributaria Provinciale, Emanuele Casamassima. L'uomo, un ex magistrato della Corte di Cassazione, venne accusato di falso in scrittura privata.

Il 4 giugno del 2001, una sua inchiesta portò all'arresto del senatore Ds e sindaco di Castellaneta (TA), Rocco Loreto, accusato di calunnia e violenza privata nei confronti di un magistrato della Procura di Taranto. L'intervento del senato interruppe il processo, ma Woodcock ricorse alla Corte Costituzionale, sostenendo che le minacce e le calunnie non rientrino nella normale attività del senatore[1].

Nel 2002 ottenne visibilità precedendo di pochi giorni, con la sua inchiesta, un servizio televisivo della trasmissione TV "Le Iene" sull'acquisto di patenti di guida presso la Motorizzazione Civile di Potenza. Il processo è ancora in corso, ma alcuni imputati hanno già ammesso la colpevolezza e patteggiato la pena[1]. Sempre nel 2002, ottiene due condanne per omicidio nei confronti degli assassini di un sessantasettenne.

[modifica] Le tangenti Inail

Ancora nel 2002 lavorò sull'inchiesta delle "tangenti Inail", che vedeva alcuni dirigenti dell'istituto corrotti per favorire l'assegnazione di appalti a società compiacenti. L'inchiesta, nata per caso da una piccola indagine su un illecito amministrativo minore, si conclude con 20 arresti, di cui alcuni eccellenti come il direttore generale dell'INAIL Alberigo Ricciotti e la scoperta di una vasta rete di corruzione che coinvolgeva anche il gruppo Eni-Agip. Da qui partì l'inchiesta sulle "tangenti del petrolio", che portò ad altri 17 arresti, incluso quello di Carlo Fermiani, dirigente dell'Ente Nazionale Idrocarburi.

La rete di corruzione arrivò a coinvolgere a vario titolo, oltre ai fratelli De Sio, da cui era partita l'indagine, il banchiere Claudio Calza, Vito De Filippo (vicepresidente della giunta della Regione Basilicata), i deputati Angelo Sanza (Forza Italia) e Antonio Luongo (DS), il generale dei Carabinieri Stefano Orlando. L'iscrizione di quest'ultimo all'albo degli indagati, spinge il senatore a vita Francesco Cossiga a intervenire nel dibattito: l'ex-presidente, di cui Orlando fu responsabile alla sicurezza, si lanciò in una serie di grevi ironie e insulti al pool di magistrati che curavano l'inchiesta, tra cui Woodcock, Gerardina Romaniello e Giuseppe Galante.

Le accuse vennero tuttavia confermate il 13 giugno 2002 dal Tribunale del riesame, e solo 6 degli indagati (tra cui Orlando) furono rimessi in libertà o ebbero la pena convertita in interdizione dai pubblici uffici. L'inchiesta arrivò ai primi arresti nel tempo record di soli 12 mesi dall'apertura del fascicolo[1].

[modifica] Il Vip Gate

Dall'inchiesta INAIL/petrolio si distaccarono numerosi rami di indagine, che arrivarono a coinvolgere a diverso titolo alcuni personaggi molto noti. Tra i coinvolti nell'inchiesta, nota come Vip Gate:

  • Franco Marini e Nicola Latorre (segretario di Massimo d'Alema), indagati per favoreggiamento con l'accusa di aver avvertito Luciano Gaucci di essere oggetto di intercettazioni telefoniche (prosciolti dal Tribunale dei Ministri);
  • Ernesto Marzano, fratello del ministro Antonio Marzano, per la presunta vendita di nomine a cariche pubbliche;
  • Maurizio Gasparri, per aver avvertito un indagato delle intercettazioni telefoniche in corso (prosciolto dal Tribunale dei Ministri);
  • Francesco Storace (AN) per delle pressioni sul presidente dell'Istituto Autonomo Case Popolari per l'assegnazione di un abitazione ad una compagna di partito;
  • Umberto Vattani, diplomatico, per favoreggiamenti nella concessione di appalti;
  • Tony Renis, per delle raccomandazioni al ministro Giulio Tremonti riguardo un imprenditore amico;
  • Anna La Rosa, per aver ospitato nella sua trasmissioneTelecamere, sulla RAI, alcuni personaggi dietro cessione di regali (accusa caduta, ma la posizione della giornalista viene segnalata all'Ordine dei Giornalisti e alla azienda di stato).

In tutto l'inchiesta nel dicembre del 2003 coinvolge 78 persone, tra cui numerosi personaggi dello spettacolo, del giornalismo, due ministri, politici e funzionari di ministeri, Comuni ed Enti pubblici, accusati di associazione per delinquere per la turbativa di appalti, estorsione, corruzione, millantato credito e favoreggiamento, oltre ad altri reati secondari.

Tuttavia il G.I.P. respinse completamente la richiesta di emissione di ordinanza di custodia cautelare avanzata da Woodcock, dichiarando la propria incompetenza territoriale e la mancanza dei requisiti richiesti dall'art 291 c.p.p. per le prosecuzione delle indagini da parte di giudice incompetente per territorio per quanto atteneva le imputazioni di associazione per delinquere e corruzione, e affermando la totale assenza di elementi indiziari per alcuni dei reati contestati [2]. Una volta dichiarata l'incompetenza territoriale del Tribunale di Potenza, gli atti furono trasmessi al competente Tribunale di Roma che, anziché adottare i provvedimenti come sarebbe stato doveroso in caso di consistenza dell'accusa, archiviò l'inchiesta per impossibilità di sostenere l'accusa in giudizio, a norma dell'art. 125 delle disposizioni attuative del codice di procedura penale. Alcuni fascicoli, generati dal procedimento sopra riportato, furono stralciati e restano ancora aperti in alcune Procure; per alcuni degli imputati il Tribunale dei Ministri decretò la chiusura dell'inchiesta, mentre altri (tra cui il generale Orlando) sono scarcerati solo per assenza di necessità cautelari, e i processi continuano.

Alla luce del mancato accoglimento delle richieste accusatorie, la stampa si è poi accanita nel sostenere che le accuse erano destituite da ogni fondamento [3] facendo una facile ironia sul fatto che Woodcok non fosse in grado di distinguere la conduttrice di Telecamere dai concorrenti del Grande Fratello. I sostenitori di Woodcock, invece, sottolineano che il suo intervento non sarebbe rimasto senza conseguenze: dal punto di vista della rilevanza economica dei fatti contestati, la questione di maggior rilievo riguardava i crediti verso lo Stato del Concordato Preventivo Federconsorzi, per un ammontare di 500 milioni di euro, rinvenienti da rimborso di crediti fiscali e dalla cessata gestione ammassi grano, che in parte erano stati ceduti e in parte stavano per essere ceduti ad un prezzo pari ad un decimo del loro valore nominale a note società specializzate in questo genere di operazioni. Ma anche in questo caso, la procedura relativa non è ancora conclusa, e i teoremi di Woodcock sono ancora lungi dal ricevere conferme, ancorché indirette.

[modifica] L'inchiesta sulla criminalità in Basilicata

Il 22 novembre del 2004 fu la volta dell'operazione "Iene 2", sui legami tra criminalità e politica nella gestione degli appalti in Basilicata. Accusa il deputato di Forza Italia Gianfranco Blasi di legami con il clan mafioso dei Martorano, legato a Ndrangheta e Camorra: il deputato avrebbe, secondo l'accusa, favorito aziende legate al gruppo in cambio di sostegno elettorale. 51 arresti, tra cui il presidente della Camera Penale della Basilicata Piervito Bardi, e nell'inchiesta compaiono i nomi dei deputati Antonio Luongo (DS, già coinvolto nell'inchiesta INAIL) e Antonio Potenza (Udeur), oltre che di un consigliere comunale di Forza Italia. Le accuse non reggono la prova del Tribunale del Riesame, e le richieste di Woodcock vengono respinte, nonostante il tribunale del riesame riconosca gravi indizi di reità in ordine ai delitti scopo dell'associazione mafiosa[1].

Il massiccio annullamento dei rinvii a giudizio di questo processo spinge il ministro Roberto Castelli a istruire un indagine sull'operato del PM Woodcock, inchiesta che non ha riscontrato nessuna scorrettezza nell'operato del pool.

[modifica] Il Somaliagate

Il 6 maggio del 2006 nell'ambito dell'inchiesta "Somaliagate" Woodcock scopre una rete di truffatori che estorcevano denaro a imprenditori millantando rapporti con servizi segreti e organizzazioni internazionali. L'inchiesta ha portato la Polizia a 17 arresti, tra cui il faccendiere salernitano Massimo Pizza e il funzionario del SISDE Fausto Del Vecchio (in seguito allontanato dal servizio), quest'ultimo già oggetto di altre indagini tra cui il processo ad alcuni marocchini coinvolti per un falso attentato all'ambasciata americana a Roma. Pizza si dichiara agente dei servizi segreti, ed in effetti può dimostrare di aver partecipato ad una missione ufficiale in Somalia per la ricerca di contatti di Al Qaeda. Pizza rende una dichiarazione, in un verbale di 326 pagine, in cui afferma di aver organizzato un giro di truffe in complicità con leader locali dell'area africana e mediorientale e con lo stesso Del Vecchio. Risulta essere il consigliere di Hussein Mohammed Aidid, un signore della guerra somalo: l'incarico è confermato dalla presenza di un atto ufficiale firmato dal ministro Gianfranco Fini e datato 24 novembre 2004. Grazie a questo incarico conclude contratti con imprenditori italiani, per affari che poi non vengono conclusi, incassando alcuni milioni di euro in tangenti. Nell'ambito di un'affare legato al traffico di armi, entra in contatto con Achille De Luca, consigliere di Vittorio Emanuele di Savoia. In seguito Pizza afferma di aver svolto dei lavori per Vittorio Emanuele, in particolare per la rimozione di materiale compromettente presente online tramite attacchi informatici [4].

Woodcock non considera Pizza un testimone attendibile, ma conduce ugualmente i dovuto approfondimenti sulle dichiarazioni: dalle parole di Pizza arriva a indagare, su Vittorio Emanuele, che viene sottoposto ad intercettazioni telefoniche.

[modifica] Il Savoiagate

L'inchiesta, cominciata il 16 giugno 2006, arriva ai mass media quando Woodcock chiese ed ottenne l'arresto a Varenna di Vittorio Emanuele di Savoia con le accuse di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e al falso, ed associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione nell'ambito di attività legate al casinò di Campione d'Italia. L'indagine portò a coinvolgere 24 persone, di cui 13 vennero arrestate. Di queste, 7 finirono in carcere e 6 agli arresti domiciliari, tra cui il sindaco di Campione d'Italia Roberto Salmoiraghi e Salvatore Sottile, portavoce di Gianfranco Fini, Presidente di AN. Tra gli indagati anche Simeone II di Sassonia Coburgo Gotha, cugino e coetaneo di Vittorio Emanuele, ex premier della Bulgaria, accusato di istigazione alla corruzione di membri di stati esteri.

Nel frattempo, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha chiesto notizie al Consiglio Superiore della Magistratura sul fascicolo personale di Woodcock.[5]

Il 13 Marzo 2007 i Pm della Procura di Como, a cui era stata affidata l'inchiesta per competenza territoriale, dopo aver ascoltato le intercettazioni integrali (compresi perciò gli "omissis"), hanno chiesto al gip l'archiviazione della posizione di Vittorio Emanuele di Savoia e di tutti gli altri indagati dai reati di "corruzione per i contratti di procacciamento clienti del casinò e di sfruttamento della prostituzione per il reclutamento di prostitute per i frequentatori della casa da gioco di Campione". Il 27 Marzo il gip Pietro Martinelli ha accolto l'istanza di archiviazione, poiché per quanto relativo alle posizioni degli indagati "i fatti non hanno rilevanza penale".[6]

[modifica] Vallettopoli

All'inizio del dicembre 2006, viene alla luce una sua nuova inchiesta che occupa le prime pagine dei giornali: "Vallettopoli". Riguarda ricatti che avrebbero, a vario titolo, interessato manager, giornalisti, vallette e personale in genere del mondo dello spettacolo. L'inchiesta si incentra dapprima sui rapporti tra la soubrette Elisabetta Gregoraci e il portavoce di Gianfranco Fini Salvatore Sottile, per poi arrivare a coinvolgere anche il manager Lele Mora, il fotografo Fabrizio Corona e numerosi personaggi della televisione e della moda. La Gregoraci denuncerà qualche mese dopo di avere subito pressioni di varia natura da Woodcock, il quale, secondo gli stralci del verbale di interrogatorio sinora resi noti (apparsi anche sul sito del quotidiano la Repubblica), avrebbe insistito per farsi descrivere i particolari degli incontri sessuali tra la Gregoraci e Sottile. L'avvocato della soubrette, Fabio Lattanzi, ha chiesto che venga pubblicata la fonoregistrazione dell'interrogatorio.

L'inchiesta è tuttora in corso.

[modifica] Le critiche

Il 18 marzo 2004 è stato avviato un procedimento disciplinare, promosso dal Ministro della giustizia Roberto Castelli; la commissione disciplinare del CSM ha concluso il provvedimento in fase istruttoria con il proscioglimento. Castelli lo ha impugnato davanti alla Cassazione che ha ribadito il proscioglimento di Woodcock ed ha condannato il ministro al pagamento delle spese processuali.

Nell'ambito della vicenda "Vip Gate", secondo questa impostazione, il suo castello accusatorio si rivelò inconsistente, al punto che lo stesso Giudice per le Indagini Preliminari si rifiutò di emettere un'ordinanza di custodia cautelare, nonostante lunghe indagini ed intercettazioni (a causa della propria incompetenza territoriale per taluni reati, e per carenza di indizi per altri), ed al punto che i Pubblici Ministeri del Tribunale territorialmente competente non solo non chiesero l'emissione di alcun ordine di cattura, ma anzi ne chiesero l'archiviazione. Nell'ambito di tale inchiesta - coinvolgente personaggi di primo piano - Woodcock sarebbe arrivato a chiedere l'arresto, tra gli altri, di Tony Renis, Flavio Briatore ed Anna la Rosa, conduttrice della trasmissione di cronaca parlamentare Telecamere.

La fine dell'inchiesta "Savoiagate" è per molti aspetti identica a quella della vicenda "Vip Gate", ed ha rivelato l'inconsistenza dell'ipotesi d'accusa formulata da Woodcock: inizialmente a Potenza (foro non territorialmente competente), questi iscrive nel registro degli indagati 24 persone, di cui ben 7 vengono sottoposte a custodia cautelare in carcere e 6 agli arresti domiciliari con la pesante accusa di associazione per delinquere, il tutto anche e soprattutto sulla base di trascrizioni di intercettazioni telefoniche - a detta della difesa degli indagati - non fedeli e non complete; successivamente, quando l'inchiesta raggiunge i Tribunali competenti per territorio, gli stessi Sostituti Procuratori di Como chiedono al Giudice per le indagini preliminari l'archiviazione di tutto perché "i fatti non sono penalmente rilevanti", ed il GIP accoglie la richiesta.

La frase "è un pazzo", pronunciata dall'ex-ministro delle Telecomunicazioni Maurizio Gasparri, ha portato all'emissione di un rinvio a giudizio per diffamazione aggravato emesso a carico del politico[1].

il 2 giugno 2002 Vittorio Feltri pubblica su Il Foglio un violento editoriale contro Woodcock. Feltri viene condannato per diffamazione il 13 febbraio 2005 con atto del Tribunale di Monza. La linea editoriale del quotidiano è tuttora molto critica nei confronti del magistrato.

[modifica] Bibliografia

Articoli di Marco Travaglio nella rubrica Uliwood Party:

  • Il Grande Bordello [3] (20 giugno),
  • La Procura di Don Abbondio [4] (27 giugno),
  • Dieci ragazze per me posson bastare [5] (29 giugno),
  • Vizio Capitale [6] (2 luglio),
  • Woodcock, il silenzio è d’oro [7] (3 luglio).

[modifica] Note

  1. ^ a b c d e f g "Il magistrato e le bolle di sapone", di Gianni Barbacetto e Giuliano Colonna, Diario, 23 giugno 2006.
  2. ^ http://www.credfed.com/roma4.pdf
  3. ^ Corriere.it
  4. ^ La strana connection del signor Pizza, di Giacomo Amadori, su Panorama del 26/06/2006
  5. ^ Cani scelti e cani sciolti, articolo di Marco Travaglio pubblicato su L'Unità del 1 marzo 2007 [1]
  6. ^ [2]

[modifica] Voci correlate

[modifica] Altri progetti

[modifica] Collegamenti esterni

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