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Gilberto Govi - Wikipedia

Gilberto Govi

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« Essere riuscito a far amare il dialetto genovese: questo è il mio vanto »
(Gilberto Govi)

Gilberto Govi

Gilberto Govi, nome d'arte di Amerigo Armando Gilberto Govi (Genova22 ottobre 1885 – Genova28 aprile 1966), è stato un attore italiano. Fondatore del teatro dialettale genovese, è considerato uno dei simboli della città della Lanterna.

Tra i suoi maggiori successi figurano classici di questo genere teatrale, diventati suoi cavalli di battaglia come I manezzi pe majâ na figgia, Pignasecca e Pignaverde, Colpi di timone. Inoltre, si devono ricordare anche Quello buonanima, Gildo Peragallo, ingegnere, I Guastavino e i Passalacqua e Sotto a chi tocca.

Indice

[modifica] La maschera, il volto

Dotato di grande talento artistico, Govi - forte degli studi compiuti all'Accademia di Belle Arti – usava disegnare grottesche autocaricature che delineavano compiutamente ogni ruga e riproducevano su carta il suo viso in ogni sua parte; poté sviluppare in tal modo un sistema originale per creare personaggi nuovi per le sue interpretazioni.

Il trucco di scena era il risultato di grande abilità e di un lungo e paziente studio. Le sue ispirazioni venivano da una grande collezione di fotografie di personaggi più o meno noti, dai quali carpiva ora una barba o un pizzetto, oppure una ruga, una pettinatura o un'espressione che tornasse utile per creare un nuovo personaggio. Formidabile caratterista, era una miniera di fantasia.

All'apice della carriera era considerato in tutto il mondo un grande interprete: sapeva far muovere i suoi personaggi con una semplicità e una facilità solo apparenti; in realtà aveva la capacità e la spontaneità, un vero e proprio talento naturale, per far scaturire il riso anche con una sola espressione o un semplice ammiccamento.

Nelle sue interpretazioni Govi faceva rivivere la vita di tutti i giorni con una grande facilità. A chi lo accusava di non essersi mai esibito in un repertorio teatrale impegnato o di non aver affrontato argomenti più colti, lui replicava affermando che i teatri erano già pieni di attori impegnati che si atteggiavano in scena ma che non rappresentavano la vita di tutti i giorni; lui preferiva raccontare la storia della gente umile, dall'operaio al falegname, e raccontarla con semplicità, facendo divertire (ma anche riflettere) il pubblico fino a farlo ridere di cuore.

[modifica] Biografìa

[modifica] Le origini

Nato nel popolare quartiere di Oregina-Lagaccio, in via Sant’Ugo 13, da Anselmo, funzionario delle ferrovie di origine modenese, e dalla bolognese Francesca Gardini, detta Fanny, gli venne dato il nome di Gilberto in onore di uno zio paterno, uno scienziato cui è tuttora dedicata una via nella città di Parma.

Frequentò le scuole insieme al fratello Amleto, ma fu durante una vacanza a Bologna presso lo zio materno Torquato, attore dilettante, che iniziò a entusiasmarsi per il teatro e a divertirsi nel vederlo recitare. Nonostante il padre desiderasse per lui una carriera nelle Ferrovie, si appassionò sempre più per il teatro iniziando a frequentare una compagnia teatrale: a dodici anni, nel 1897, recitava già in una filodrammatica.

La predisposizione al disegno lo portò ad iscriversi all'Accademia di Belle Arti: questo studio gli risulterà utilissimo nella sua carriera di attore. A sedici anni completò il corso all'Accademia e venne assunto presso le Officine Elettriche Genovesi come disegnatore; nello stesso tempo entrò in una nuova compagnia teatrale dilettante facente parte dell'Accademia Filodrammatica Italiana con sede al Teatro Nazionale di Genova, struttura nella quale erano consentite solo recite in perfetto italiano.

[modifica] L'incontro con Rina Gaioni

Nel 1911 incontrò per la prima volta, in filodrammatica, Caterina Franchi, in arte Rina Gaioni, cognome del patrigno, divenuta poi sua moglie con una cerimonia intima e riservata il 26 settembre 1917 e che gli restò sino alla fine accanto, sia nella vita che come partner nella carriera teatrale.

Intanto formò una piccola compagnia di attori dilettanti, recitando in dialetto genovese e interpretando commedie scritte da Niccolò Bacigalupo; la sua massima aspirazione era quella di entrare a far parte della compagnia del celeberrimo Virgilio Talli, e quando questi ebbe modo di assistere ad una sua rappresentazione fu talmente entusiasta della sua figura e dei suoi personaggi che lo stimolò a proseguire la carriera suggerendogli di fondare un vero e proprio teatro dialettale genovese, che a quei tempi non aveva una tradizione consolidata.

Con Alessandro Varaldo e Achille Chiarella, intorno al 1913 fondò la compagnia La dialettale, recitando a Genova e in provincia con sempre crescente successo: si divideva tra il ruolo di capocomico, direttore artistico e animatore. Un po' accentratore (qualcuno dice anche stretto di borsa), di fatto instancabile. La compagnia continuò ininterrottamente a recitare anche durante la Prima guerra mondiale.

[modifica] La rottura con l'Accademia

Dopo l'invito esplicito dell'Accademia filodrammatica a non recitare più in dialetto, nel 1916 decise di continuare per la sua strada (venne poi riammesso come socio onorario una quindicina di anni dopo, nel 1931). Fondò così una nuova compagnia, la Compagnia dialettale genovese, esibendosi nei maggiori teatri cittadini sempre con grande successo.

Nel 1923 rappresentò al Teatro Filodrammatici di Milano la commedia I manezzi pe majâ na figgia (Gli artifici per maritare una figlia, di Niccolò Bacigalupo): fu l'inizio del successo, a livello nazionale e successivamente internazionale.

A questo punto decise con grande coraggio di lasciare il posto fisso, sicuro, di disegnatore alle Officine Elettriche Genovesi per dedicarsi solo al teatro. Gli inizi non furono semplici, soprattutto per la scelta del repertorio da rappresentare, ma in breve tempo sopperì a questa necessità uno stuolo di autori pronti a mettersi a disposizione di un astro nascente teatrale, come Niccolò Bacigalupo, Emanuele Canesi, Carlo Bocca, Luigi Orengo, Aldo Aquarone, Emerico Valentinetti, Enzo La Rosa, Sabatino Lopez, e tanti altri.

Tutti i testi che venivano scritti erano poi rielaborati dallo stesso Govi, tanto che gli autori lo contattavano con largo anticipo per concordare eventuali modifiche ai copioni in funzione delle sue preferenze. Redatti in italiano, i testi venivano poi tradotti dall'attore rigorosamente in dialetto genovese.

Intanto Govi non smetteva di disegnare le sue maschere da cui nascevano i personaggi da portare in scena. Il suo volto, tracciato con mano ferma in tutte le posizioni, di fronte come di profilo, ed in ogni ruga ed espressione, campeggiava nei foyer dei teatri come una galleria di quadri che entusiasmava ulteriormente gli spettatori gratificandoli di un valore aggiunto.

[modifica] Lunga tournée in Sudamerica

Nel 1926 Govi lasciò per la prima volta l'Italia per la sua prima tournée in America Latina, una vera e propria spedizione in piroscafo, durata mesi, che lo portò a rappresentare in giro per il mondo ben settantotto commedie, direttamente nei luoghi dove vivevano numerosi italiani, che da pochi anni avevano ripreso un intenso movimento migratorio, specie verso l'Argentina e l'Uruguay.

[modifica] La guerra

Fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale la sua carriera fu sempre in ascesa, con ripetute tournée teatrali sia in Italia che all'estero. Il conflitto mondiale non risparmiò tuttavia neppure la sua abitazione genovese, colpita dai pesanti bombardamenti portati dal mare e dal cielo, e assieme ad essa l'attore avrebbe voluto ricostruire anche il proprio repertorio, che sentiva forse ormai superato da nuove istanze; in quel periodo era dubbioso, non avendo la certezza che il pubblico lo gradisse ancora, nonostante le sue commedie riscuotessero il consueto successo e la gente accorresse sempre numerosa ai suoi spettacoli in ogni città.

[modifica] Attore cinematografico

Nel periodo bellico e post-bellico si cimentò come attore cinematografico in quattro film dall'esito piuttosto insoddisfacente: i titoli che si ricordano - due dei quali tratti da suoi lavori teatrali - sono Colpi di timone (1942), diretto da Gennaro Righelli, Che tempi! (1947), diretto da Giorgio Bianchi, Il diavolo in convento (1950), diretto da Nunzio Malasomma e infine Lui, lei e il nonno (1961), girato a Napoli da Anton Giulio Majano e prodotto dall'armatore Achille Lauro, il suo unico film a colori[1].


Ma i ritmi del cinema, con le ripetute pause, e la tecnica recitativa differente rispetto a quella del palcoscenico non lo entusiasmavano. Ebbe però l'occasione di lanciare brillanti comici, che apparentemente lo lasciavano un po' in soggezione sul set, i giovanissimi Walter Chiari e Alberto Sordi.

[modifica] La grande popolarità televisiva

Non fece realmente neppure a tempo ad avere un rapporto approfondito con il mezzo televisivo, nato da pochi anni quando Govi stava ormai avviandosi verso la parte finale della carriera; il piccolo schermo, tuttavia, gli consentì - grazie alla registrazione dal vivo di alcuni spettacoli - di farsi conoscere dal grande pubblico e dalle generazioni successive.

Fortunatamente oggi possiamo ancora vedere sei commedie rappresentate in televisione, salvate dalla distruzione in maniera rocambolesca negli anni settanta da un impiegato collezionista appassionato di teatro e proposte da Vito Molinari e Mauro Manciotti nel 1979 in una trasmissione di Rai Tre a lui dedicata.

Si tratta di sei delle quattordici (o quindici, a seconda delle fonti) commedie registrate dalla RAI. Di un'altra di esse, Impresa trasporti, si è salvato in video soltanto il terzo atto, ed il primo ed il secondo si possono ascoltare in solo audio. Di altre cinque commedie (Articolo quinto, I Guastavino e i Passalacqua, Parodi & C., Il porto di casa mia, Tanto per la regola) si è salvato integralmente soltanto l'audio. Le dodici commedie sono state pubblicate in DVD nel 2004, insieme ai documentari sull'attore, alle partecipazioni televisive ed alle partecipazioni radiofoniche, per cui è ora disponibile al pubblico l'intera produzione residua, eccezion fatta per i frammenti, alcuni dei quali sono comunque visibili nell'ambito dei documentari.

[modifica] L'ultima rappresentazione

Quella del 1960 fu la sua ultima stagione teatrale, quando portò in scena la commedia Il porto di casa mia scritta dal poeta Enrico Bassano; a 75 anni di età capì che era giunto il momento di lasciare il palcoscenico e dedicarsi ad un meritato riposo: sosteneva infatti che «Il teatro è come una bella donna: bisogna lasciarla prima che sia lei a lasciare te».

[modifica] A Carosello, come Baccere Baciccia

Apparve ancora sugli schermi televisivi in qualche rara intervista e in diversi Caroselli del 1961, per una marca di tè, dove interpretava il simpatico personaggio di Baccere Baciccia, portiere di un caseggiato genovese, conosciuto da tutti per l'estrema tirchieria ma adorato dai bambini, ai quali ripeteva una frase rimasta celebre: «Da quell'orecchio, non ci sento; da quell'altro, così così...».
Va ricordato che la macchietta era ripresa direttamente da una antica maschera genovese: quella, appunto, del Baciccia.

Nel 1962 si ammalò; morì a Genova nella primavera di quattro anni dopo. Ai funerali, celebrati nella centrale Chiesa di Santa Zita, affollata all'inverosimile, partecipò tutta la città. Tra i presenti alla cerimonia, anche Erminio Macario, visibilmente commosso.

[modifica] Pochi riconoscimenti sotto la Lanterna

I Giardini intitolati a Gilberto Govi alla Foce
I Giardini intitolati a Gilberto Govi alla Foce

Sebbene fosse molto amato dai suoi concittadini, non ebbe dalla città natale molti riconoscimenti: basti pensare che fino a poco tempo fa le uniche opere pubbliche intitolate a lui all'ombra della Lanterna sono i "Giardini Gilberto Govi", edificati negli anni ottanta nella zona di Punta Vagno, alla Foce, sopra il principale depuratore cittadino.

Tuttavia la voglia di alcuni genovesi di rendere omaggio al grande attore è ancora viva, ed infatti il Teatro Verdi di Genova Bolzaneto, dopo una lunga ristrutturazione, ha riaperto i battenti con il nome di "Teatro Rina e Gilberto Govi".

Esiste inoltre una compagnia dialettale a lui intitolata che continua a proporre le sue vecchie commedie, oltre a testi contemporanei in lingua (o dialetto) genovese.

[modifica] I film e le commedie

[modifica] Cinema

[modifica] Commedie televisive

Parzialmente superstite:

  • 1957: Impresa trasporti di Umberto Montrucchio (registrazione incompleta, rimasto soltanto il terzo atto ripreso in tv)

Integralmente superstiti:

Superstiti soltanto in audio:

  • Articolo Quinto di Ugo Palmerini (anche su disco)
  • Tanto per la regola di Domenico Varagnolo (anche su disco)
  • Parodi & C. di Sabatino Lopez (inedito, pubblicato nel 2004 su DVD)
  • Porto di casa mia di Sabatino Lopez (inedito, pubblicato nel 2004 su DVD)
  • I Guastavino e i Passalacqua di Emanuele Canesi (inedito, pubblicato nel 2004 su DVD)

[modifica] Discografia

Ecco un piccolo elenco delle commedie di Govi pubblicate su LP. Quasi sicuramente ne sono state pubblicate delle altre.

  • Pignasecca e Pignaverde di Emerico Valentinetti (Cetra LPB 35036, 33 giri)
  • Articolo Quinto di Ugo Palmerini (Cetra LPB 35041, 33 giri)
  • Tanto per la regola di Domenico Varagnolo (Cetra LPB 35045, 33 giri)
  • Sotto a chi tocca di Luigi Orengo (Cetra LPB 35046, 33 giri)
  • In pretura, commedia in un atto di Giuseppe Ottolenghi (Cetra LPB 35047, 33 giri)

[modifica] Note

  1. ^ Gaetano Fusco, Le mani sullo schermo. Il cinema secondo Achille Lauro, Napoli, Liguori, 2006, pp. 52-62.

[modifica] Bibliografia

  • Serena Bassano e Mauro Montarese: "Il teatro di Govi: 6 commedie - 6 successi", edizioni Erga
  • Serena Bassano e Mauro Montarese: "Il tetaro di Govi- 2", Erga
  • Maurizio Ternavasio: "Gilberto Govi. Vita d'attore", collana Le comete, edizioni Lindau di Torino, 2001

[modifica] Voci correlate

[modifica] Collegamenti esterni

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