Trasformazione lineare
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In matematica, una trasformazione lineare (chiamata anche applicazione lineare o mappa lineare) è una funzione tra due spazi vettoriali che preserva le operazioni di somma di vettori e di moltiplicazione per scalare. In altre parole, preserva le combinazioni lineari, cioè le composizioni che caratterizzano la specie di struttura spazio vettoriale; quindi nel linguaggio dell'algebra astratta, una trasformazione lineare è un omomorfismo di spazi vettoriali, in quanto conserva la forma di ogni istanza dell'operazione che caratterizza gli spazi vettoriali.
Indice |
[modifica] Definizione e prime conseguenze
Siano V e W due spazi vettoriali sullo stesso campo K. Una funzione è una trasformazione lineare se soddisfa le seguenti proprietà
- (additività)
- (omogeneità)
per ogni coppia di vettori x e y in V e per ogni scalare a in K.
Equivalentemente, f è lineare se "preserva le combinazioni lineari", ovvero se
per ogni insieme finito di vettori e di scalari .
Quando V e W possono essere considerati come spazi vettoriali su differenti campi, è importante evitare ogni ambiguità e specificare quale campo è stato utilizzato nella definizione di "lineare". In questo caso parliamo di mappe K-lineari.
Se è una applicazione lineare, allora necessariamente
dove 0V e 0W sono i vettori nulli rispettivamente di V e W.
[modifica] Esempi
- La moltiplicazione per una costante fissata a in K
- Una rotazione del piano euclideo rispetto all'origine di un angolo fissato.
- Una riflessione del piano euclideo rispetto ad una retta passante per l'origine.
- La proiezione di uno spazio vettoriale V decomposto in somma diretta
- Una matrice A di tipo con valori reali definisce una trasformazione lineare
- L'integrale di una funzione reale su un intervallo definisce una mappa lineare dallo spazio vettoriale delle funzioni continue definite sull'intervallo nello spazio vettoriale R.
- La derivata definisce una mappa lineare dallo spazio vettoriale di tutte le funzioni derivabili in qualche intervallo aperto di R nello spazio di tutte le funzioni.
- Lo spazio C dei numeri complessi ha una struttura di spazio vettoriale complesso di dimensione 1, e anche di spazio vettoriale reale di dimensione 2. La coniugazione
[modifica] Matrice associata
Per approfondire, vedi la voce matrice associata ad una applicazione lineare. |
Siano V e W due spazi vettoriali di dimensione finita. Scelte due basi BV e BW per V e W, ogni trasformazione lineare da V a W è rappresentabile come una matrice nel modo seguente.
Scriviamo nel dettaglio le basi
Ogni vettore v in V è univocamente determinato dalle sue coordinate , definite in modo che
Se è una trasformazione lineare,
Quindi la funzione f è determinata dai vettori Ciascuno di questi è scrivibile come
Quindi la funzione f è interamente determinata dai valori di ai,j, che formano la matrice associata a f nelle basi BV e BW.
La matrice associata A è di tipo , e può essere usata agevolmente per calcolare l'immagine f(v) di ogni vettore di V grazie alla relazione seguente:
dove e sono le coordinate di v e w nelle rispettive basi.
Notiamo che la scelta delle basi è essenziale: la stessa matrice, usata su basi diverse, può rappresentare applicazioni lineari diverse.
[modifica] Struttura di spazio vettoriale
- La composizione di trasformazioni lineari è anch'essa una trasformazione lineare: se e sono applicazioni lineari, allora lo è anche
- Se e sono lineari, allora lo è la loro somma f + g, definita dalla relazione (f + g)(v) = f(v) + g(v).
- Se è lineare e a è un elemento del campo K, allora la mappa af, definita da (af)(v) = a(f(v)), è anch'essa lineare.
Le proprietà precedenti implicano che l'insieme Hom(V,W) delle applicazioni lineari da V in W è un sottospazio vettoriale dello spazio vettoriale formato da tutte le funzioni da V in W.
Nel caso finito-dimensionale, dopo aver fissato delle basi, composizione, somma e prodotto per scalare di mappe lineari corrispondono rispettivamente a moltiplicazione di matrici, somma di matrici e moltiplicazione di matrici per scalare. In altre parole, le basi definiscono un isomorfismo
tra gli spazi vettoriali delle applicazioni lineari e delle matrici , dove m e n sono le dimensioni rispettivamente di V e W.
[modifica] Nucleo e immagine
Per approfondire, vedi la voce teorema della dimensione. |
Se è lineare, si definisce il nucleo (in inglese kernel) e l' immagine di f come
ker(f) è un sottospazio di V e im(f) è un sottospazio di W. Se V e W hanno dimensione finita, il teorema della dimensione asserisce che:
[modifica] Isomorfismi
Se V e W sono due spazi vettoriali su K. Un isomorfismo di V con W è una applicazione lineare biunivoca f: V→W. Conseguenza immediata di questa definizione è che f è isomorfismo se e solo se Kerf = 0V e Imf= W.
[modifica] Endomorfismi e automorfismi
Una trasformazione lineare è un endomorfismo di V. L'insieme di tutti gli endomorfismi Endo(V) insieme a addizione, composizione e moltiplicazione per uno scalare come descritti sopra formano un'algebra associativa con unità sul campo K: in particolare formano un anello e un spazio vettoriale su K. L'elemento identità di questa algebra è la trasformazione identità di V.
Un endomorfismo biiettivo di V viene chiamato automorfismo di V; la composizione di due automorfismi è di nuovo un automorfismo, e l'insieme di tutti gli automorfismi di V forma un gruppo, il gruppo generale lineare di V, chiamato Aut(V) o GL(V).
Se la dimensione di V è finita basterà che f sia iniettiva per poter affermare che sia anche suriettiva (per il teorema della dimensione). Inoltre l'isomorfismo
fra gli endomorfismi e le matrici quadrate descritto sopra è un isomorfismo di algebre. Il gruppo degli automorfismi di V è isomorfo al gruppo lineare generale GL(n, K) di tutte le matrici invertibili a valori in K.
[modifica] Pull-Back di funzioni ed applicazione trasposta
Siano A,B,C degli insiemi ed F ( A, C ), F ( B, C ) le famiglie di funzioni da A in C e da B in C rispettivamente. Ogni φ: A → B determina univocamente una corrispondenza φ*: F ( B, C ) → F ( A, C ), chiamata pull-back tramite φ, che manda f in f φ.
Se nello specifico prendiamo A = V, B = W due spazi vettoriali su campo k = C, e anzich'è prendere gli interi F ( V, k ), F ( W, k ) ci restringiamo agli spazi duali V* e W*, abbiamo che ad ogni trasformazione lineare φ : V → W possiamo associare l'opportuna restrizione del pull-back tramite φ, φ*: W* → V*, che prende il nome di trasposta di φ.
Seque direttamente da come sono definite le operazioni in V* e W* che φ* è a sua volta lineare. Con un semplice calcolo si vede che fissate delle Base (algebra lineare) basi per V e W, e le rispettive duali in V*, W*, la matrice che rappresenta φ* è la trasposta di quella di φ (o, se rappresentiamo i funzionali come matrici riga e quindi viene tutto trasposto, le due matrici sono uguali).
Segue dalla definizione che un funzionale w* ∈ W* viene mandato a 0 se e solo se l'immagine di φ è contenuta nel nucleo di w* cioè, indicando con U⊥ il sottospazio dei funzionali che annullano U ⊂ W, si ha ker φ* = (im φ)⊥.
[modifica] Generalizzazioni
Le trasformazioni lineari possono essere definite anche per i moduli, strutture della specie che generalizza quella di spazio vettoriale.
[modifica] Voci correlate
- Matrice di trasformazione
- Autovettore e autovalore
- Trasformazione affine
- Funzionale lineare
- (EN) wikibooks:Linear_Algebra/Linear_Transformations
[modifica] Collegamenti esterni
Spazio vettoriale: Applicazione lineare · Base · Teorema della dimensione · Formula di Grassmann · Teorema di Rouché-Capelli · Rango · Determinante
Diagonalizzabilità: Autovettore e autovalore · Polinomio caratteristico · Polinomio minimo · Forma canonica di Jordan
Prodotto scalare: Forma bilineare · Spazio euclideo · Base ortonormale · Gram-Schmidt · Forma hermitiana · Teorema spettrale
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