Carlo Giuliani
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Carlo Giuliani (Roma, 14 marzo 1978 – Genova, 20 luglio 2001) è stato un attivista italiano simpatizzante del movimento no-global, ucciso da un colpo di pistola esploso da un carabiniere durante gli scontri di piazza tra forze dell'ordine e dimostranti che protestavano contro la riunione dei G8 tenuta a Genova tra il 19 al 21 luglio del 2001.
L'episodio che portò alla morte del giovane manifestante fu il momento di maggiore drammaticità di quelli che, storicamente, sono ricordati come fatti del G8 di Genova.
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[modifica] I fatti del 20 luglio
Questa sezione di biografie è ritenuta non neutrale: per contribuire, partecipa alla discussione.
Motivo: la sezione presenta fin dall'incipit una malcelata partecipazione emotiva, con richiami a momenti privati della famiglia non sempre chiaramente conferenti alla ricostruzione dei fatti. Nell'analisi di questi ultimi e nella cronistoria delle prime notizie (giocoforza confuse) adotta una prospettiva poco prudente, fino a suggerire coperture dolose, generalmente senza curare l'aspetto documentativo. Vedi discussione. Vedi anche: Progetto biografie Portale biografie Segnalazione di l'Erinaceuschimmevò?
Amici e genitori raccontano che Carlo quel giorno volesse trascorrerlo al mare. Tuttavia, dopo aver avuto notizia degli scontri, avrebbe deciso di cambiare programma e, indignato per le violenze che stavano sconvolgendo Genova, si sarebbe recato a vedere cosa stesse accadendo[1]. Unitosi così ai manifestanti, affrontava le cariche delle forze dell'ordine nella zona di via Tolemaide nel quartiere Foce, verso la stazione Brignole.
A seguito di una carica abortita in via Caffa (l'unica che caricò lateralmente il corteo) da parte dei carabinieri della compagnia CCIR "Echo" - 12° btg carabinieri "Sicilia" (la cui utilità, numero di uomini impegnati e valutazione di fattibilità saranno oggetto successivamente di pareri e testimonianze contrastanti da parte degli ufficiali responsabili del reparto, uno dei quali riconoscerà durante la visione dei filmati nel processo sui fatti del 20 luglio che il reparto lanciò dei sassi in direzione dei manifestanti)[2], in piazza Alimonda, durante la frettolosa ritirata dei circa 70 militari presenti, una Land Rover Defender con tre Carabinieri a bordo (l'autista Filippo Cavataio, Mario Placanica e Dario Raffone) facendo manovra per seguire la ritirata degli uomini rimane apparentemente bloccata contro un grosso contenitore per rifiuti. L'autista sosterrà poi che sarebbe rimasto bloccato a causa di una manovra errata di un altro veicolo Land Rover Defender che seguiva la carica delle forze dell'ordine.
Sulla credibilità di tale dichiarazione getta un'ombra una serie di fotografie a disposizione della magistratura sin dai giorni successivi al 20 luglio 2001, la cui diffusione è stata resa possibile solo successivamente all'archiviazione del procedimento aperto nei confronti del carabiniere Mario Placanica. Da queste fotografie emerge con chiarezza come il contenitore fosse utilizzato come schermo protettivo da almeno un carabiniere: questa circostanza renderebbe piuttosto credibile che il carabiniere Filippo Cavataio non abbia tentato di spostare il contenitore per non rischiare di travolgere il collega[3].
La posizione dei due defender e il loro ruolo operativo in quella situazione sono stati messi fortemente in discussione dallo stesso capitano Cappello che durante il processo spiega come sia improponibile in linea generale farsi scortare da mezzi non blindati in operazioni di OP. In particolare Cappello specifica di non aver avuto percezione della presenza dei mezzi in quella posizione, e dichiara di non aver dato nessuna disposizione sui due defender specificando che dal suo punto di vista sarebbe stato un suicidio disporli a seguito del contingente.
Il veicolo rimane così fermo per alcuni secondi durante i quali viene presa d'assalto da alcuni dei manifestanti che stavano inseguendo le forze dell'ordine in ritirata verso la parte bassa di via Caffa e piazza Tommaseo, dove vi era il raggruppamento dei carabinieri e delle forze di polizia. Tra questi, Carlo Giuliani, con il volto coperto da un passamontagna, che raccoglie e solleva un estintore, già precedentemente scagliato contro il mezzo da un altro manifestante e poi caduto a terra, manifestando l'intenzione di lanciarlo a propria volta contro il veicolo dei carabinieri[4].
Dall'interno del veicolo un carabiniere - identificato come Mario Placanica secondo le sue stesse dichiarazioni - dopo aver estratto e puntato la pistola verso i manifestanti intimandogli di andarsene, spara due colpi. Un colpo raggiunge allo zigomo sinistro Carlo Giuliani che morirà nei minuti successivi. Il fuoristrada, nel tentativo di fuggire rapidamente dai manifestanti, riprende la manovra passando sul corpo del ragazzo due volte (una prima in retromarcia, la seconda a marcia avanti). Sono le 17:27 del 20 luglio 2001. Tutta la sequenza è registrata nei filmati degli operatori presenti sul posto.
La sorella Elena racconterà di aver telefonato a Carlo sul cellulare intorno alle 19, poco dopo la morte, ma di aver parlato con un sedicente amico del fratello. Le prime notizie di stampa comunicano che un sasso lanciato dai manifestanti avrebbe ucciso un ragazzo spagnolo e questa informazione si diffonde rapidamente. Dalle immagini relative a quei momenti si evidenzia l'apparizione di un sasso a fianco della testa di Giuliani, che nelle immagini immediatamente successive all'arrivo delle forze dell'ordine sul luogo del delitto non c'era. La tesi del sasso lanciato durante gli scontri come causa della morte di Giuliani verrà sostenuta nell'immediato da uno dei responsabili delle forze dell'ordine arrivati sul posto dalla vicina via Caffa, che urlando accuserà un dimostrante che si stavano avvicinando all'area[5] [6]:
« Bastardo! Lo hai ucciso tu, lo hai ucciso! Bastardo! Tu l'hai ucciso, col tuo sasso, pezzo di merda! Col tuo sasso l'hai ucciso! Prendetelo! » | |
(Vicequestore Adriano Lauro)
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A seguito dell'ordine dell'allora vicequestore Adriano Lauro, un carabiniere e un agente di PS accennarono un inseguimento del dimostrante, che si esaurì dopo pochi metri e permise al dimostrante stesso di fuggire. La notizia che voleva le forze dell'ordine estranee alla morte del giovane, ancora non identificato, comunque viene smentita già verso le 21, nel mentre si rendono disponibili le immagini scattate da un fotografo dell'agenzia Reuters.
Il ragazzo caduto era stato in realtà immediatamente identificato proprio grazie al suo telefono cellulare, ma i parenti vengono infatti avvisati solo verso le 22.
[modifica] Il decesso di Giuliani e le ferite riportate
L'autopsia del 5 novembre 2001 recita:
« In regione frontale mediana si osserva una ferita lacero contusa di forma irregolarmente stellata inserita in un'area escoriata di circa cm. 3x2. Il fondo della ferita è sottominato con presenza di lacinie connettivali. Ai lati di detta lesione si osservano altre piccole contusioni escoriate a stampo, di forma irregolare.
La piramide del naso mostra due contusioni escoriate senza segni di frattura alle ossa proprie sottostanti. La guancia destra evidenzia una soffusione ecchimotica, più evidente a livello zigomatico. » |
Il medico legale dott. Marco Salvi (esecutore materiale dell'autopsia) rileva che
« le lesioni cranio-encefaliche riscontrate abbiano determinato la morte del soggetto nel lasso di tempo di alcuni minuti. » |
Si evidenzia la presenza di sangue nelle vie aeree, con segni di aspirazione bronchiale; ciò suggerirebbe un'attività respiratoria dopo il ferimento da arma da fuoco. [7] Lo zampillo di sangue ([9]) dal foro del proiettile riportato in alcune immagini confermerebbe la presenza di attività cardiaca.[8]
La conferma della morte in alcuni minuti dell’autopsia confuta le prime tesi sulla morte che i periti, negli esami del giorno successivo al decesso di Giuliani, volevano immediata dopo il colpo di pistola.[9]
Nei mesi successivi alla morte di Carlo Giuliani molte sono state le ricostruzioni sull’accaduto. In particolare alcune di queste pongono l’accento sulle ferita riportate da Giuliani di cui si parla nell’autopsia, in particolare sulla ferita lacero contusa frontale che non trova spiegazioni ufficiali. Le foto della polizia scientifica evidenziano chiaramente la ferita ([10] [11]) e nel contempo l’integrità del passamontagna all’altezza della fronte ([12] [13]). Il Comitato Piazza Carlo Giuliani (o.n.l.u.s. che si occupa dei fatti di Genova e della morte di Giuliani, svolgendo indagini indipendenti sui fatti) avanza l'ipotesi della manipolazione effettuata da membri delle forze dell'ordine per avvalorare la tesi del sasso come arma del delitto, eseguita con lo spostamento del sasso sporcato di sangue vicino al viso di Giuliani e i colpi violentemente inferti alla fronte dopo avergli spostato il passamontagna (con probabilità utilizzando lo stesso sasso posizionato artificiosamente vicino al cadavere come corpo contundente). Questa tesi è stata ribadita da Giuliano Giuliani, padre di Carlo, durante l’intervista rilasciata a “Blu notte – Misteri italiani” del 9 settembre 2007. Sempre secondo il Comitato Piazza Carlo Giuliani, questa delicata operazione giustificherebbe sia il nervosismo delle stesse forze dell’ordine (che secondo alcune immagini e le dichiarazioni del fotografo francese Bruno Abile, presente in loco, avrebbe portato alcuni agenti di PS e carabinieri a confrontarsi fisicamente) e il pestaggio di Eligio Paoni, il fotografo che fece le prime fotografie ravvicinate al corpo di Giuliani (che andarono perdute con la distruzione delle macchine fotografiche).
[modifica] L'inchiesta sulla morte
[modifica] Archiviazione
Il procedimento aperto nei confronti del carabiniere Mario Placanica, indagato per l'omicidio del giovane, fu archiviato il 5 maggio 2003 dal GIP Elena Daloiso, la quale rilevò "la presenza di caus[e] di giustificazione che esclud[ono] la punibilità del fatto" e prosciolse Placanica per uso legittimo delle armi, oltre che per legittima difesa, come richiesto dal PM Silvio Franz.
Le indagini condotte dalla magistratura, dagli stessi carabinieri e le conclusioni dell'inchiesta sono state criticate dai manifestanti, nonché da alcuni politici e giornalisti.
La perizia realizzata durante l'istruttoria, basata su un filmato, ha concluso che il colpo che ha ucciso Carlo Giuliani, fosse stato sparato verso l'alto e fosse rimbalzato su un sasso scagliato da un altro manifestante.
L'investimento con il mezzo di servizio, invece, venne giustificato dai carabinieri come un tentativo di fuga dai manifestanti armati di pietre e bastoni, ed i militari affermarono di non essersi accorti della presenza del ragazzo a terra.
Tale versione, accolta dai magistrati, è sempre stata ritenuta poco credibile dai manifestanti e dalla famiglia Giuliani che ha commissionato una ulteriore perizia secondo la quale il colpo è stato sparato in direzione della vittima. I familiari assieme al "comitato Piazza Carlo Giuliani" hanno realizzato un documentario sui fatti in cui raccolgono le documentazioni fotografiche disponibili per tentare di ricostruire i fatti e smentire la tesi della magistratura inquirente.[10] Nel documentario, si avanza anche l'ipotesi che a sparare dalla camionetta non fu Placanica, sulla base di un confronto tra alcune fotografie.
[modifica] La posizione della famiglia Giuliani
Secondo il medico legale della Procura, Marco Salvi, intervenuto in un altro procedimento riguardante le tragiche giornate di Genova, il colpo sparato era "diretto" e non venne deviato da alcun corpo esterno. La tesi è stata contestata anche dalla perizia di parte, presentata dai genitori di Giuliani, e da ricostruzioni indipendenti basate sul video e sulle numerose foto dove si vede la pietra incriminata frantumarsi contro la scritta "Carabinieri" presente sul retro del mezzo, ammaccandola, per cui non potrebbe aver deviato il colpo.
L'altro colpo, esploso dal carabiniere, è stato ritrovato nella facciata di un palazzo mesi dopo il fatto, essendo sfuggito alle prime indagini.
La stessa autopsia di parte mostra come il foro del proiettile che ha colpito Giuliani sia incompatibile con i normali proiettili usati dai carabinieri: secondo la difesa, questo fatto è spiegabile sempre attraverso l'ipotesi del colpo deviato dal sasso, che avrebbe deformato il proiettile, mentre i genitori di Giuliani sostengono che i carabinieri avessero in dotazione dei proiettili non standard, illegali per uso civile.
Secondo la ricostruzione del Comitato Piazza Giuliani, Carlo aveva visto che dall'interno del mezzo il carabiniere di leva Mario Placanica puntava la pistola verso i manifestanti, fortemente intenzionato a sparare, e avesse reagito lanciando contro l'estintore anche se, secondo la perizia di parte presentata dagli avvocati della famiglia Giuliani, la distanza tra il manifestante e il mezzo era di 6,50 m, troppi perché l'estintore potesse avere qualche esito.
Non è chiaro se Giuliani fosse morto sul colpo oppure fosse ancora in fin di vita e l'evento fatale fosse stato dovuto dal doppio investimento del mezzo, comunque la copiosa fuoriuscita di sangue viene interpretata dai medici di parte come prova di una attività cardiaca in atto subito dopo il colpo di pistola. Dubbi esistono anche sulla versione del mezzo incastrato e bloccato dalla folla dei manifestanti in quanto, subito dopo il tragico evento, esso si era facilmente liberato ed aveva preso la fuga.
Nel giugno 2006 Haidi Giuliani, madre di Carlo, ha inviato una raccomandata a Mario Placanica per interrompere il decorso della prescrizione, lasciando aperta la possibilità di effettuare una causa civile nei confronti dell'ex carabiniere. Eletta nel frattempo senatrice della Repubblica, la signora Giuliani ha tuttavia dichiarato di non averlo fatto per chiedere un risarcimento danni a Placanica, ma al fine di ottenere un processo "che faccia luce non solo su piazza Alimonda, su chi ha effettivamente sparato, ma anche sulle responsabilità politiche e sulla catena di comando"[11].
[modifica] La posizione di Placanica
Dopo il proscioglimento per la morte di Carlo Giuliani, Mario Placanica è intervistato dal quotidiano Calabria Ora[12][13][14]
Nell'intervista Placanica ricostruisce il clima di tensione di quei giorni, sottolineando l'enorme pressione a cui fu sottoposto e soffermandosi sull'evitabilità del fatto. Placanica si sofferma su alcuni episodi, come il fatto che nessuno fosse intervenuto per disperdere i manifestanti nonostante fosse evidente che il mezzo dove era non riusciva a spostarsi e come la reazione dei colleghi fu di compiacimento ("Mi dissero benvenuto tra gli assassini").
[modifica] Conseguenze politiche
Nel febbraio 2002, il ministro Claudio Scajola dichiarò di avere autorizzato ad aprire il fuoco in caso di ingresso dei manifestanti nella zona rossa ("...Fui costretto a dare ordine di sparare...")[15]. Tali dichiarazioni suscitarono sconcerto e vivaci polemiche. Vittorio Agnoletto, portavoce del movimento, chiese le dimissioni del ministro, sostenendo che le affermazioni di questi costituivano prova dell'esistenza di "un piano di repressione organizzato da governo, carabinieri e servizi segreti."[16]. In seguito Scajola ritrattò, definendo "non del tutto propria sotto il profilo giuridico e approssimativa se estrapolata dal contesto" la dichiarazione da egli stesso rilasciata e affermando di non aver mai dato ordine alle forze dell'ordine di aprire il fuoco sui manifestanti[17].
Dopo anni dall'accaduto questa vicenda continua ad essere una ferita aperta per la città di Genova, ove sono tuttora vivi il ricordo del G8 e del clima di paura che si instaurò quell'estate per gli scontri nella città. La vicenda ha avuto ampia risonanza nel dibattito politico nazionale. Per la sinistra è divenuta la dimostrazione dell'incapacità e della brutalità con cui il governo avrebbe gestito la piazza a Genova, culminate in questo fatto estremo; per la destra è divenuta la dimostrazione delle conseguenze cui porterebbero l'asserita violenza e pericolosità delle manifestazioni del movimento no-global.
Il dibattito acceso tra i genovesi è testimoniato dalla votazione a maggioranza avvenuta in Consiglio comunale il 26 luglio 2005 per la posa di una lapide commemorativa nella piazza ove è avvenuta l'uccisione con la semplice epigrafe:
« Carlo Giuliani, ragazzo. 20 luglio 2001. » |
La posa della lapide è stata infatti approvata con tre soli voti di scarto tra favorevoli e contrari[18]. Ancora oggi numerose inchieste indipendenti sono aperte e mirano a fare chiarezza sulla morte di Carlo Giuliani che, secondo alcuni, è avvolta ancora da molti dubbi.
A seguito degli eventi accaduti a Genova tra il 19 e il 21 luglio 2001, il Parlamento Europeo ha approvato una "Relazione sulla situazione dei diritti fondamentali nell'Unione europea (2001)"[19] nella quale, tra l'altro, "deplora le sospensioni dei diritti fondamentali avvenute durante le manifestazioni pubbliche, ed in particolare in occasione della riunione del G8 a Genova, come la libertà di espressione, la libertà di circolazione, il diritto alla difesa, il diritto all'integrità fisica" ed "esprime grande preoccupazione per il clima di impunità che sta sorgendo in alcuni Stati membri dell'Unione europea (Austria, Belgio, Francia, Italia, Portogallo, Svezia e Regno Unito), in cui gli atti illeciti e l'abuso della violenza da parte degli agenti di polizia e del personale carcerario, soprattutto nei confronti dei richiedenti asilo, dei profughi e delle persone appartenenti alle minoranze etniche, non vengono adeguatamente sanzionati ed esorta gli Stati membri in questione a privilegiare maggiormente tale questione nell'ambito della loro politica penale e giudiziaria".
Dal canto suo, Amnesty International, nel suo rapporto sui fatti di Genova, ha parlato di "una violazione dei diritti umani di proporzioni mai viste in Europa nella storia recente". Valutazioni dello stesso tenore sono state espresse in un documento emesso dalla sezione USA di Amnesty ancora a cinque anni dall'accaduto, sottolineando le inadempienze italiane in termini di rispetto dei diritti umani[20].
[modifica] Riconoscimenti
Nell'aprile 2003 l'AUSER RisorsAnziani, una ONLUS impegnata nella solidarietà e la valorizzazione delle persone anziane nata per iniziativa della Cgil e del suo Sindacato Pensionati Spi-Cgil ha partecipato con una propria delegazione alla cerimonia di inaugurazione di una scuola elementare edificata nel Saharawi e dedicata a Carlo Giuliani, costruita grazie ai fondi (43.000 Euro) raccolti dai soci Auser. Al progetto ha dato il proprio contributo finanziario anche la Fondazione "Carlo Giuliani", sorta per volontà dei genitori del ragazzo ucciso[21].
Nell'ottobre 2006 il gruppo di Rifondazione comunista al Senato della Repubblica ha deciso di intitolare a Carlo Giuliani la sede del proprio ufficio di presidenza. Questa iniziativa ha generato vivaci polemiche da parte di esponenti del centro-destra e di rappresentanti sindacali delle Forze di Polizia e del COCER dei Carabinieri, che hanno anche fatto appello al Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, per contrastare la decisione dei senatori del PRC. Il Presidente della Repubblica, intervenendo in risposta a tali sollecitazioni con una propria lettera sulla materia, ha posto fine alle contestazioni facendo osservare come «Questa scelta rientra nella autonomia di ciascuna componente della rappresentanza parlamentare e della relativa Camera di appartenenza, nel merito della quale il presidente della Repubblica non ha titolo ad intervenire.» ed esprimendo al contempo il proprio sostegno alle Forze Armate[22].
Con l'esclusione del Partito della Rifondazion Comunista dalla rappresentanza parlamentare del a seguito delle elezioni del 13 e 14 aprile 2008, la targa è stata rimossa.
[modifica] Note
- ^ «Quel giorno Carlo era incerto se andare al mare con un amico. Esce di casa a mezzogiorno e si dirige, con l'amico, verso Sant'Agata. Fanno un giro. Alle due del pomeriggio vengono fotografati in corso Torino, curiosi e preoccupati e soprattutto indignati nel vedere quel putiferio scatenato dai Black block e dalle forze dell'ordine» tratto da: Haidi e Giuliano Giuliani Un anno senza Carlo con Antonella Marrone, Baldini&Castoldi, Genova, 2002, pagina 45.
- ^ Adriano Lauro, vicequestore responsabile di PS del reparto, si riconosce nel poliziotto che raccoglie e lancia una pietra in direzione dei dimostranti. Il passaggio del dibattimneto in questione è riportato nel documentario "OP - Genova 2001"
- ^ A questo proposito vedere il filmato "Quale verità per Piazza Alimonda" (alta risoluzione) o (bassa risoluzione) a partire dal minuto 16:06.
- ^ I fatti sono documentati da alcune fotografie [1], [2], [3], [4], [5]
- ^ Filmato ed audio originali dal Programma Mediaset Terra! di Toni Capuozzo, riportato in "Quale verità per Piazza Alimonda" (alta risoluzione) o (bassa risoluzione) nel quale è possibile udire la frase pronunciata del vicequestore Adriano Lauro dal minuto 31:19 al 31:31
- ^ Breve estratto dal filmato di Indymedia in cui è possibile udire la frase del vicequestore Adriano Lauro
- ^ Ricostruzione dei fatti immediatamente successivi alla morte di Carlo Giuliani dal sito di controinchiesta Pillola Rossa [6]
- ^ Controdeduzioni dagli esami dei periti dal sito di controinchiesta Pillola Rossa[7]
- ^ Le prime notizie sulla morte di Giuliani del 21 luglio 2001 dal sito Rai News [8]
- ^ Quale verità per Piazza Alimonda (alta risoluzione) o (bassa risoluzione)
- ^ Il manifesto, 21 giugno 2006
- ^ corriere.it Intervista di Placanica al quotidiano Calabria Ora
- ^ Il testo dell'intervista a Placanica su carta.org
- ^ da Repubblica.it
- ^ http://www.rainews24.rai.it/notizia.asp?newsid=18160
- ^ G8. Agnoletto: cade ipotesi della legittima difesa del carabiniere. Scajola si dimetta, RaiNews24, 15 febbraio 2002
- ^ http://www.repubblica.it/online/politica/scajola/dichiarazioni/dichiarazioni.html
- ^ Comitato Piazza Carlo Giuliani, Storia di un sasso
- ^ europarl.europa.eu Testo della "Relazione sulla situazione dei diritti fondamentali nell'Unione europea (2001)"
- ^ amnestyusa.org Documento originale di Amnesty USA del 21 luglio 2006
- ^ AuserInforma: Carlo Giuliani vive nel deserto: la delegazione Auser in partenza per il Saharawi. un segnale di pace e speranza
- ^ Repubblicaonline: Sala Giuliani, Napolitano chiude la polemica - "Scelta legittima dei senatori del Prc"
[modifica] Filmografia
- Il documentario Carlo Giuliani, ragazzo - Francesca Comencini (2002) nell'Internet Movie Database
- Il documentario Quale verità per Piazza Alimonda? - ARCI e Liberazione (2006)
[modifica] Bibliografia
- Simona Orlando. Anche se voi vi credete assolti. Aliberti, 2006. ISBN 88-7424-181-X
- Haidi Giuliani. Un anno senza Carlo. Baldini e Castoldi, 2002. ISBN 88-8490-247-9
- Concita De Gregorio. Non lavate questo sangue. , 2001. ISBN 88-4206-510-2
- Giulietto Chiesa. G8/Genova. Einaudi, 2001. ISBN 88-06-16170-9
- Nichi Vendola. Lamento in morte di Carlo Giuliani. Fratelli Frilli Editori. ISBN 88-87923-17-5
[modifica] Citazioni
Il nome di Carlo Giuliani è stato fatto in numerosi brani di musica italiana e molti di questi trattano proprio la tematica della sua uccisione:
- Dalla A Alla Zeta di Fabri Fibra, contenuta nell'album Turbe giovanili del 2001
- Fantasma dei Linea 77, contenuta nell'album Numb del 2001
- New Enemy dei Meganoidi, contenuta nell'album Into the Darkness, Into the Moda del 2001
- Odio Rappresaglia dei 99 Posse, contenuta nell'album NA9910° del 2001
- 200701 degli Skruigners, contenuta nell' album Finalmente Vi Odio Davvero del 2001
- La Legge Giusta dei Modena City Ramblers, contenuta nell'album Radio Rebelde del 2002
- Solamente Por Pensar degli Ska-p, contenuta nell'album ¡¡Que Corra la Voz!! del 2002
- Solamente Per Pensare degli Ska-p, contenuta nell'album Incontrolable del 2003 (versione live e in italiano di Solamente Por Pensar)
- Piazza Alimonda di Francesco Guccini, contenute nell'album Ritratti del 2004
- Rotta Indipendente degli Assalti Frontali, contenuta nell'album Hic Sunt Leones (album) del 2004
- Un Mestiere Qualunque dei Cor Veleno, contenuta nell'album Heavy Metal del 2004
- Venerdì 17 di Fabri Fibra, contenuta nell'album Mr. Simpatia del 2004
- Non Mi Avrete Mai di Inoki, contenuta nell'album Fabiano detto Inoki del 2005
- Il Mio Paese Se Ne Frega di Inoki, contenuta nell'album Nobiltà di strada del 2007
- Dogologia della Dogo Gang, contenuta nell'album Benvenuti nella giungla del 2008
- Riot di Nesli, contenuta nell'album Le Verità Nascoste del 2007
- Milano odia Ted Bundy e Guè Pequeno
[modifica] Voci correlate
[modifica] Collegamenti esterni
- Sito web ufficiale del Comitato Piazza Carlo Giuliani ONLUS
- Versione dei fatti di Lello Voce di Sherwood Comunicazione