Regno indo-greco
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Massima estensione del Regno indo-greco, sotto Menandro I (155-130 a.C.) | |
Lingua ufficiale | greco (alfabeto greco) pali (alfabeto kharoshthi) sanscrito, pracrito (scrittura brahmi) forse aramaico |
Capitale | Alessandria del Caucaso Sirkap Taxila Sagala Sialkot Pushkalavati |
Area (totale) | India nord-occidentale |
Istituzione | 180 a.C. |
Dissoluzione | 10 |
Il Regno indo-greco (talvolta Regno greco-indiano)[1] si estese su varie zone collocate a nord e a nord-ovest del subcontinente indiano tra il 180 a.C. e il 10 d.C., venendo governato da una successione di più di trenta sovrani elleni ed ellenistici,[2] spesso in contrasto tra di loro.
Il regno ebbe origine dall'invasione dell'India da parte del sovrano del Regno greco-battriano Demetrio I, nel 180 a.C., che portò alla creazione di una entità statale che si separò infine dall'originario regno, centrato in Battria (il moderno Afghanistan settentrionale). Il regno ebbe numerose capitali, anche contemporanee l'un l'altra, in considerazione del fatto che sotto il nome di Regno indo-greco si riuniscono diverse linee dinastiche; una delle prime capitali fu Taxila, nel Pakistan settentrionale, mentre altre dinastie ebbero la propria sede a Pushkalavati e Sagala (la più vasta capitale) e, secondo quanto scritto da Claudio Tolomeo nella sua Geografia e quanto deducibile dai nomi degli ultimi sovrani, la città di Theophila nel sud fu ad un certo punto una sede regale o quantomeno satrapale.
Durante i due secoli di governo indo-greco, i sovrani combinarono le lingue e i simboli greci e indiani, come visibile sulla loro monetazione, operando una commistione di pratiche religiose greche, induiste e buddiste, come diviene chiaro esaminando i resti delle loro città. La cultura indo-greca raggiunse un elevato grado di sincretismo, il cui influsso è sentito ancor oggi, specialmente attraverso la diffusione dell'arte greco-buddista.
Gli indo-greci terminarono di essere una entità politica indipendente intorno all'anno 10, a seguito delle invasioni degli indo-sciti, sebbene è plausibile ritenere che enclavi di popolazioni greche rimasero per secoli sotto le dominazioni indo-sasanidi e dell'Impero Kushan.
Indice |
[modifica] Storia
[modifica] Origini
[modifica] Prime presenze greche in India
Nel 326 a.C. Alessandro Magno conquistò la parte nord-occidentale del subcontinente indiano, fino al fiume Hypasis, fondando satrapie e diverse città, come Alessandria Bucefala, finché le sue truppe si rifiutarono di avanzare ulteriormente a oriente. Le satrapie indiane del Punjab vennero lasciate ai re Poro e Taxile, cui vennero rinnovate col Trattato di Triparadiso del 321 a.C., mentre le truppe greche di stanza in queste satrapie vennero poste sotto il comando del generale Eudemo. Dopo il 321 a.C. Eudemo rovesciò Taxile e regnò fino al 316 a.C., quando lasciò l'India. Un altro generale di Alessandro governò l'India, Peitone,[3] finché non partì per Babilonia nel 316 a.C.. Un ultimo generale, Sofite, potrebbe aver regnato nel Punjab settentrionale fino al 294 a.C. circa.
Secondo fonti indiane, truppe greche ("yavana") sostennero Chandragupta Maurya nel rovesciare della dinastia Nanda e nella formazione dell'Impero Maurya.[4] A partire dal 312 a.C. circa, Chandragupta aveva raccolto sotto il proprio dominio vasti territori dell'India nord-occidentale.
Nel 303 a.C. Seleuco I portò un esercito fino all'Indo dove incontrò Chandragupta: il confronto terminò con un trattato di pace e un "accordo per matrimoni misti" (epigamia), o un matrimonio dinastico o un accordo per matrimoni tra indiani e greci; secondo questo trattato, Seleuco cedette i propri territori nordorientali, forse fino ad Arachosia, a Chandragupta, in cambio di 500 elefanti da guerra, che giocarono un ruolo fondamentale nella battaglia di Ipso:
« Gli Indiani occupano alcuni paesi situati lungo l'Indo, che precedentemente erano appartenuti ai Persiani: Alessandro li tolse agli Ariani e vi stabilì degli insediamenti suoi. Ma Seleuco Nicator li diede a Sandrocottus a seguito di un contratto di matrimonio, ricevendone in cambio cinquecento elefanti. » |
Venne anche deciso di inviare diversi greci, tra cui lo storico Megastene e Deimaco e Dionisio, a vivere alla corte maruyana; le due corti continuarono a scambiarsi doni.[5]
Pare che le popolazioni greche siano rimaste nella parte nord-occidentale del subcontinente indiano durante la dinastia maurya. Il nipote di Chandragupta, Ashoka, si convertì al buddismo e fece professione di fede negli Editti di Ashoka, che vennero incisi nella pietra; alcuni di essi sono scritti in greco e riferiscono che le popolazioni greche del suo reame si erano anche loro convertite al buddismo:
« Qui nel dominio del re tra i Greci, i Nabhaka, i Nabhapamkit, i Bhoja, i Pitinika, gli Andhra e i Palida, ovunque la gente segue le istruzioni dell'Amato-dagli-Dei nel Dharma » | |
(Editto della Roccia numero 13)
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Nei suoi editti, Ashoka afferma di aver inviato emissari buddisti ai sovrani greci, fino al Mediterraneo (Editto numero 13) e di aver promosso lo sviluppo della produzione di erbe officinali nei loro territori, per il bene delle persone e degli animali (Editto numero 2).
I Greci d'India sembrano aver giocato un ruolo attivo nella diffusione del buddismo, tanto che alcuni degli emissari di Ashoka, come Dharmaraksita, sono descritti dalle fonti in pali come importanti monaci buddisti greci (yona) attivi nel proselitismo.[6] Si ritiene anche che i Greci contribuirono alla scultura dei Pilastri di Ashoka.[7]
Ancora nel 206 a.C. il re seleucide Antioco III condusse un esercito in India, dove ricevette elefanti da guerra e altri doni dal re Sofagaseno:
« "Egli (Antioco) attravesrò il Caucaso (Hindu Kush) e scese in India; rinnovò l'amicizia con Sofagaseno re degli Indiani; ricevette altri elefanti, finché non ne ebbe riuniti cento e cinquanta tutti insieme; e avendo ancora una volta rafforzato le proprie truppe, ritornò indietro con il proprio esercito, lasciando a Androstene di Cizico il compito di portare a casa il tesoro che questo re aveva acconsentito a cedergli. » | |
(Polibio, xi.39)
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[modifica] Dominio greco in Battria
Per approfondire, vedi la voce Regno greco-battriano. |
Alessandro Magno aveva fondato numerose città (Ai-Khanoum, Begram) anche nella vicina Battria, principiando una amministrazione che sarebbe durate per più di due secoli sotto i Seleucidi e i Greco-battriani, sempre a contatto con il territorio indiano.
I Greco-Battriani mantennero una cultura di forte impronta ellenistica in prossimità dell'India durante l'Impero Maurya, come chiaramente visibile negli scavi archeologici di Ai-Khanoum. Quando l'Impero Maurya fu rovesciato dai Sunga, i Greco-Battriani ebbero l'occasione di espandersi in India, formando il Regno indo-greco.
[modifica] Ascesa dei Sunga
Per approfondire, vedi la voce Impero Sunga. |
In India, la dinastia Maurya venne rovesciata attorno al 185 a.C., quando Pusyamitra Sunga, comandante in capo delle forze imperiali maurya e bramino, assassinò l'ultimo imperatore maurya, Brhadrata. Una volta salito al trono, Pusyamitra Sunga fondò l'Impero Sunga, che giunse a controllare il Punjab.
Fonti buddiste come l'Asokavadana riferiscono che Pusyamitra era ostile ai buddisti e che perseguitò la loro fede. Un gran numero di monasteri buddisti (vihara) sarebbero stati convertiti in templi induisti, in luoghi come Nalanda, Bodhgaya, Sarnath o Mathura. Sebbene sia stato dimostrato che all'epoca induismo e buddismo erano in competizione, e che i Sunga favorivano il primo, studiosi moderni rigettano le notizie di persecuzione sunga come una esagerazione delle fonti buddiste. [8]
[modifica] Fondazione del Regno
[modifica] Ricostruzione della conquista greca
Il re greco-battriano Demetrio I, figlio di Eutidemo I, invase l'India da nord-ovest intorno al 180 a.C., guidando le proprie truppe attraverso l'Hindu Kush. L'invasione greca sembra essere avanzata fino alla capitale di Pataliputra, per poi arretrare e consolidarsi nell'India nors-occidentale. Apollodoto, pare un parente di Demetrio, guidò l'invasione verso meridione, mentre Menandro, uno dei generali di Demetrio, diresse la penetrazione verso oriente. Per le sue conquiste, Demetrio ricevette l'appellativo ανικητος ("aniketos"), "l'invincibile", un titolo mai assunto da alcun re prima di lui.[9]
La campagna di invasione greca è ricostruibile in base alle monete e alle prove architettoniche; le fonti letterarie sono sia greche, Strabone e Marco Giuniano Giustino, sia sanscrite, con citazioni presenti nei lavori di Patanjali e Kalidasa e nella Yuga Purana
[modifica] Fonti greco-romane
I Greco-Battriani, dopo aver attraversato l'Hindu Kush, tentarono prima di rioccupare l'area di Arachosia, dove le popolazioni greche avevano vissuto sin dalla concessione di quel territorio a Chandragupta Maurya da parte di Seleuco I: Isidoro di Charax descrive le città greche della zona, una delle quali è chiamata Demetrias, probabilmente in onore del conquistatore Demetrio I.[10]
Secondo Strabone, i l'avanzata greca raggiunse temporaneamente la capitale dei Sunga, Pataliputra (moderna Patna), nell'India orientale:
« Delle regioni orientali dell'India, allora, ci sono giunte notizie di tutte quelle che giacciono da questo lato dell'Hypanis, come pure di ogni parte oltre l'Hypanis che sia stata descritta da quelli che, dopo Alessandro, avanzarono[11] oltre l'Hypanis, al Gange e a Pataliputra. » | |
(Strabone, xv.1.27)
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Lo storico greco del I secolo a.C. Apollodoro di Artemita afferma, citato da Strabone, che sotto la guida di Demetrio I e di Menandro i Greco-Battriani conquistarono l'India occupando un territorio più vasto di quello vinto dai Macedoni di Alessandro Magno, in quanto si estendeva oltra l'Hypanis verso l'Himalaya:[12]
« I Greci divennero signori dell'India e più tribù vennero soggiogate da loro che da Alessandro — da Menandro, in particolare, in quanto alcune vennero soggiogate da lui stesso e altre da Demetrio, figlio dell'Eutidemo re dei Battriani. » | |
(Apollodoro di Artemita, citato in Strabone, xi.11.1.)
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Anche lo storico romano Giustino menziona le conquiste indo-greche, descrivendo Demetrio come il Rex Indorum ("Re degli Indiani") e spiega poi che dopo averlo sconfitto, Eucratide a sua volta Indiam in potestatem redegit ("mise l'India in proprio potere"):[13]
(LA)
« Multa tamen Eucratides bella magna uirtute gessit, quibus adtritus cum obsidionem Demetrii, regis Indorum, pateretur, cum CCC militibus LX milia hostium adsiduis eruptionibus uicit. Quinto itaque mense liberatus Indiam in potestatem redegit. »
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(IT)
« Euticrade condusse molte guerre con grande coraggio e, mentre era da esse indebolito, fu messo sotto assedio da Demetrio, re degli Indiani. Fece numerose sortite, riuscendo a sconfiggere 60.000 nemici con 300 soldati, ed essendosi così liberato dopo quattro mesi, mise l'India in proprio potere. »
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(Giustino, Historiarum Philippicarum libri XLIV, xli.6 )
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Giustino cita anche Apollodoto e Menandro come re degli Indiani:
(LA)
« Indicae quoque res additae, gestae per Apollodotum et Menandrum, reges eorum. »
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(IT)
« Sono anche incluse le imprese in India di Apollodoto e Menandro, loro re. »
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(Giustino, citato in Seldeslachts, p. 284 )
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Le fonti greche e indiane tendono a suggerire che i Greci avanzarono fino a Pataliputra, dove vennero obbligati a ritirarsi a seguito del colpo di stato operato da Eucratide in Battria, intorno al 170 a.C., e suggeriscono un periodo di occupazione di circa otto anni.[14] In alternatica, Menandro potrebbe aver semplicemente accompagnato i re indiani in un attacco giù per il Ganga,[15] in quanto il territorio indo-greco è stato confermato solo dalla valle di Kabul fino al Punjab
A sud, i Greci occuparono le aree del Sindh e del Gujarat fino alla regione del Surat, Saraostus in greco, nei pressi di Bombay, inclusa il porto strategico di Barigaza (Bharuch),[16] come affermato da diversi scrittori[17] e come evidente da monete databili al re indo-greco Apollodoto I.
Nel Periplo del Mar Eritreo (I secolo) vengono descritte numerose costruzioni e fortificazioni greche a Barigaza, sebbene vengano erroneamente attribuite ad Alessandro, e viene testimoniata la circolazione di monete indo-greche nella regione:
« La metropoli di questa regione è Minnagara, dalla quale molti panni di cotone vengono portati giù fino a Barygaza. In questi luoghi rimangono anche al giorno d'oggi i segni della spedizione di Alessandro, come antichi templi, mura, forti e grandi pozzi » | |
(Periplo del Mar Eritreo, 41)
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« Al giorno d'oggi antiche dracme sono moneta corrente in Barygaza, provenendo da questo paese, recanti legende in lettere greche di coloro che regnarono dopo Alessandro, Apollodoro [sic] e Menandro. » | |
(Periplo del Mar Eritreo, 47)
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Dalle fonti antiche è ricavabile una lista di province, satrapie o semplici designazioni regionali, e città greche dei territori del Regno indo-greco possono essere riconosciute, dal bacino dell'Indo all'alta valle del Gange:
- Patalene - l'intera regione del delta dell'Indo, con probabile capitale in Demetrias-in-Patalene, probabilmente fondata da Demetio (Claudio Tolomeo, Geographia, VII.1.55; Strabone, xi.11.1);
- Abiria - a nord del delta dell'Indo, il suo nome deriva probabilmente dalla popolazione degli Ahbira (Claudio Tolomeo, Geographia, vii.1.55);
- Prasiane - a nord di Abiria e ad est del canale principale dell'Indo (Plinio, Naturalis historia, vi.71);
- Surastrene - a sud-est di Patalene, comprendente la penisola di Kathiawar e parti di Gujerat sino a Bharuch (moderna Saurashtra e Surat), con la città di "Theophila". (Claudio Tolomeo, Geographia, VII.1.55; Strabone, xi.11.1; Periplo del Mar Eritreo, xli–xlvii);
- Sigerdis - una regione costiera oltre la Patalene e la Surastrene, ritenuta corrispondente alla Sindh (Strabone, xi.11.1);
- Souastene - suddivisione di Gandhara, inclusa la Valle dello Swat (Claudio Tolomeo, Geographia, VII.1.42);
- Goryaea - piccolo distretto posto tra il corso inferiore dello Swat e il Kunar (Bajaur), con la città di «Nagara, anche chiamata Dionysopolis» (Claudio Tolomeo, Geographia, VII.1.42);
- Peucelaitas - il distretto immediatamente attorno a Pushkalavati (greco: Peucela) (Arriano, Indica, iv.11);
- Kaspeiria - comprendente le valli superiori del Chenab, del Ravi e del Jhelum, corrispondente quindi al Kashmir meridionale (Claudio Tolomeo, Geographia, VII.1.42);
- Pandouorum - regione del Punjab lungo il fiume Hydaspes, con la «città di Sagala, anche detta Euthydemia» e un'altra città chiamata «Bucephala» (Claudio Tolomeo, Geographia, VII.1), o «Bucephalus Alexandria» (Periplo, 47).
- Kulindrene - secondo Tolomeo, una regione comprendente le valli superiori dei fiumi Sutlej, Jumna, Beas, e Gange: questa descrizione potrebbe essere errata, e l'estensione della regione inferiore (Claudio Tolomeo, Geographia, VII.1.42).
[modifica] Fonti indiane
Diverse fonti indiane descrivono attacchi degli Yavana contro Mathura, Panchala, Saketa, e Pataliputra: il termine Yavana è ritenuto una traslitterazione di "Ioni" ed è stato accertato che veniva usato per indicare i greci ellenistici[18], ma potrebbe essere stato usato anche per altri stranieri, in particolare negli ultimi secoli.
Patanjali, un grammatico e un commentatore di Pāṇini vissuto nel 150 a.C. circa, descrive nel Mahabhasya delle invasioni, per due volte utilizzando il tempo imperfetto della lingua sanscrita, indicazione di un evento recente:[19]
- «Arunad Yavanah Sāketam» ("Gli Yavana stavano assediando Saketa");
- «Arunad Yavano Madhyamikām» ("Gli Yavana stavano assediando Madhyamika", il "Paese di mezzo").
L'Anushasanaparava del Mahabharata afferma che il paese di Mathura, il cuore dell'India, era sotto il controllo comune degli Yavana e dei Kambojas. Il Vayupurana afferma che Mathura fu governata da sovrani greci per 82 anni.[20] Racconti di battaglie tra Greci e Sunga in India centrale sono contenuti anche nel Malavikagnimitram, un'opera di Kalidasa che racconta dell'incontro tra le forze greche e Vasumitra, nipote di Pusyamitra Sunga, durante il regno di quest'ultimo.[19][21]
Anche il testo braminico dello Yuga Purana, che descrive gli eventi storici dell'India sotto forma di una profezia, racconta degli attacchi degli Indo-Greci contro la capitale Pataliputra, una magnifica fittà con 570 torri e 64 porte, secondo Megastene,[22] e descrive la distruzione definitiva delle mura della città:
« Allora, dopo aver raggiunto Saketa assieme ai Panchala e ai Mathura, gli Yavana, valenti in battaglia, raggiungeranno Kusumadhvaja ["la città del fiore-stendardo", Pataliputra]. Allora, una volta che Puspapura [altro nome di Pataliputra] sarà stata raggiunta e il suo fango [le mura di fango] distrutte, tutto il reame sarà in disordine. » | |
(Yuga Purana, 47-48.)
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Secondo lo Yuga Purana, seguì una situazione di completi disordini sociali, in cui gli Yavana governarono e si unirono al popolo, e le posizioni dei Bramini e dei Sudra vennero invertite:
« I Sudra proferiranno bho [un modo di rivlgersi a persone di rango uguale o inferiore], e i Bramini proferiranno arya [un modo per rivolgersi a persone di rango superiore], e gli anziani, i più timorosi del dharma, sfrutteranno senza paura la gente. E nella città degli Yavana, i principi si faranno conoscere dalla gente; ma gli Yavana, infatuati della guerra, non resteranno in Madhyadesa. » | |
(Yuga Purana, 55–56.)
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Sono note molte raffigurazioni di Greci nell'India centrale, risalenti al II-I secolo a.C., come i soldati greci a Bharhut o un fregio a Sanchi che raffigura stranieri di aspetto greco che onorano la stupa di Sanchi con doni, preghiere e musica: vestono il chlamys sopra un corto chitone senza pantaloni, ed indossano sandali con allacciatura alta; sono senza barba con capelli ricci e corti e fasce allacciate in testa, mentre due uomini indossano dei cappelli di tipo pilo; suonano differenti strumenti, tra cui due trombe di tipo carnyx e un doppio flauto (diaulos).[23] Questo fregio si trova non lontano da Vidisa, dove è presente un monumento indo-greco, il Pilastro di Eliodoro.
[modifica] Resti archeologici
[modifica] Resti urbani
La città di Sirkap, nel moderno Pakistan nord-occidentale e vicino a Taxila, fu costruita seconda lo schema a griglia "ippodamea" tipica delle città greche, e fu una fortezza ellenistica di proporzioni rilevanti, con mura di 6 km di circonferenza e di 10 m di altezza. Le case del livello indo-greco sono «quelle progettate meglio di tutti e sei gli strati, e le strutture di pietra di cui sono costituite le sue mura sono le più solide e compatte.»[24] Si ritiene che questa città fu costruita da Demetrio.
[modifica] Artefatti
Sono stati ritrovati molti resti archeologici ellenistici, in particolare monete di re indo-greci, contenitori per cosmetici in pietra decorati con scene della mitologia greca e piccole statuine. Alcuni artefatti sono puramente ellenistici, altri mostrano l'evidenza di una evoluzione dello stile greco-battriano presente ad Ai-Khanoum verso stili più indianizzati; per esempio, sono stati ritrovati accessori come bracciali per caviglie indiani decorati con scene delle mitologia greca, come raffigurazioni di Artemide.
In realtà, gli scavi dei livelli greci di Sirkap sono stati molto limitati, sviluppandosi inoltre solo in aree periferiche per evitare di andare a toccare i più recenti strati archeologici (quelli indo-sciti e in particolare quelli indo-parti) e le costruzioni religiose, oltre a causa della difficoltà di scavare estensivamente a sei metri di profondità. Sebbene molto interessanti, i risultati sono parziali e le conclusioni tratte non possono essere considerate definitive.[25] Oltre a Sirkap, nessuno scavo archeologico di rilievo di città indo-greche è mai stato effettuato.
Artifatti ellenistici sono stati ritrovati in tutta l'India settentrionale.[26] Sigilli di argilla raffiguranti divinità greche e la raffigurazione di un re indo-greco identificato con Demetrio sono stati ritrovati a Benares.[27]
[modifica] Stupa
Quando gli Indo-Greci si insediarono nell'area di Taxila, imponenti strutture buddiste erano già presenti nell'area: tra queste, la stupa di Dharmarajika, costruita da Ashoka nel III secolo a.C. Queste strutture vennero rinforzate nei secoli successivi, attraverso la costruzione di anelli si piccole stupa e altre costruzioni intorno a quelli originali: diverse monete del re indo-greco Zoilos II furono trovate sotto nelle fondamenta di una di queste stupa del I secolo a.C.[30]
Nel II secolo a.C. numerose strutture buddiste, come la stupa di Buktara nella regione dello Swat furono ingrandite e decorate con elementi architettonici ellenistici, specialmente sotto il regno di Menandro I.[31] Le stupa erano solamente delle collinette rotonde quando gli Indo-Greci si insediarono in India, forse con qualche decorazione sulla sommità, ma subito aggiunsero varie strutture e elementi decorativi come cinture di rafforzamento, nicchie, decorazioni architettoniche come plinti, tori e cavetti, stucchi colorati. Le nicchie dovevano probabilmente contenere delle statue o dei fregi, un indizio della prima arte decorativa buddista attestata all'epoca degli Indo-Greci.[32] Monete di Menandro I furono trovate in queste costruzioni, permettendo di datarle al 150 a.C. circa. Tra la fine del dominio indo-greco e durante il periodo indo-scito (I secolo a.C.), le stupa vennero riccamente decorate con scale ornate da colonne e fasce ellenistiche con foglie d'acanto.
[modifica] Consolidamento
[modifica] Ritiro dalle regioni orientali
La prima invasione greca fu completata entro il 175 a.C., quando gli Indo-Greci costrinsero i Sunga nei territori a est di Pataliputra e stabilirono il loro dominio sul nuovo territorio. In Battria, però, intorno al 170 a.C. un usurpatore di nome Eucratide riuscì a rovesciare la dinastia eutidemide, assumendo il titolo regale e iniziando una guerra civile con l'invasione del territorio indo-greco; gli Indo-Greci furono obbligati ad abbandonare i territori più a oriente, spostando la frontiera con i Sunga a Mathura, per poter fare fronte a questa nuova minaccia:
« «Gli Yavana, infatuati della guerra, non resteranno a Madhadesa (la "Terra di Mezzo", Madhya Pradesh). Ci sarà un accordo tra loro per andarsene, a causa dello scoppio di una terribile e terrificante guerra nel loro reame. » | |
(Yuga Purana, 56–57)
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L'iscrizione di Hathigumpha, scritta da re Kharavela di Kalinga, testimonia la presenza del re degli Yavana, Demetrio, e del suo esercito nell'India orientale, forse fino alla città di Rajagriha, una delle più importanti città sacre buddiste e a 70 km a sud-ovest di Pataliputra; prosegue dicendo che alla fine Demetrio si ritirò a Mathura dopo aver sentito dei successi di Kharavela a sud:
« «Poi nell'ottavo anno, avendo [Kharavela] saccheggiato con un grande esercito Goradhagiri, mise pressione su Rajagaha [Rajagriha]. Quando ebbe sentito di questo atto di valore, il re Yavana Dimi[ta] si ritirò a Mathura dopo aver strappato via il suo esercito demoralizzato e i suoi trasporti.» » | |
(Iscrizione di Hathigumpha, in Epigraphia Indica, vol. xx.[33])
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In ogni caso, Eucratide sembra aver occupato un territorio che si estendeva fino al fiume Indo, tra il 170 e il 150 a.C. Le sue avanzate furono alla fine bloccate da sovrano indo-greco Menandro I, precedentemente generale di Demetrio, che consolidò il proprio potere nella parte indiana dell'impero "greco-indo-battriano", anche se pare che abbia conquistato la Battria, come testimoniato dall'emissione di monete in stile greco-battriano, e iniziò persino le ultime avanzate verso oriente.
[modifica] Ascesa di Menandro
Menandro I è considerato il più vittorioso sovrano indo-greco, conquistatore di un vasto territorio. I ritrovamenti di sue monete sono i più numerosi e più sparsi geograficamente rispetto a tutti gli altri re indo-greci. Nell'antichità, per lo meno a partire dal I secolo, col nome di Menander Mons, "Monte di Menandro", ci si riferiva alla catena montuosa all'estremità orientale del subcontinente indiano, le moderne Naga e Arakan, come testimoniato dalle mappe basate sulla Geografia di Claudio Tolomeo, geografo ellenistico del I secolo.
Anche la letteratura buddista ricorda Menandro, con il nome di Milida: nel Milinda Panha viene ricordato come un convertito al buddismo, divenendo un arhat le cui reliquie vennero poste in un tempietto in un modo simile a quelle del Buddha.
Va notato anche che Menandro iniziò la coniazione di una nuova moneta, raffigurante Atena Alkidemos ("Protettrice del popolo") al rovescio, continuata poi dai suoi successori orientali.
Sotto il suo regno si ebbero le conquiste a est del Punjab. Alla sua morte gli succedette la moglie Agatocleia, come tutrice per il figlio Stratone I.[34] Dopo di lui, altri circa venti sovrani indo-greci regnarono in successione la parte orientale del territorio indo-greco.
[modifica] Penetrazioni greco-battriane
A partire dal 130 a.C., gli Sciti, seguiti poi dagli Yuezhi, penetrarono nella Battria da nord, dopo una lunga migrazione lungo il confine della Cina. Intorno al 125 a.C., il re greco-battriano Eliocle, figlio di Euticrade I fu ucciso, probabilmente durante questa invasione, e il Regno greco-battriano vero e proprio terminò di esistere. Alla caduta di Eliocle sopravvisse probabilmente il suo parente Eucratide II, che regnò a sud dell'Hindu Kush, in aree non interessate dall'invasione. Altri re indo-greci come Zoilo I, Lisia e Antialcide potrebbero essere stati parenti della dinastia eucratidea o di quella eutidemide; tutti coniarono monete con legende sia greche che bilingue e fondarono regni propri.
Una alleanza con gli Yuezhi pare sia seguita all'invasione: sulle monete di Zoilo I viene raffigurata la clava di Ercole con un arco ricurvo del tipo usato sulle steppe all'interno di una corona della vittoria.
Gli Indo-Greci soffrirono così della penetrazione greco-battriana nei loro territori occidentali: il dominio indo-greco fu così diviso in sue reami, con la casata di Menandro che regnò i territori che andavano dalla sponda orientale del fiume Jhelum fino a Mathura e i re occidentali che controllarono il più vasto regno comprendente Paropamisadae, il Punjab occidentale e Arachosia verso sud.
[modifica] Declino e caduta
Durante il I secolo a.C., gli Indo-Greci persero progressivamente terreno nei confronti degli Indiani a oriente e degli Sciti, gli Yuezhi e i Parti a occidente. Circa diciannove re indo-greci di questo periodo sono noti, fino all'ultimo di essi, Stratone II, che regnò nel Punjab fino all'anno 10.
[modifica] Perdita di Mathura e dei territori orientali (100 a.C. circa)
Gli Indo-Greci regnarono fino a Mathura ancora nel I secolo a.C.: l'iscrizione di Maghera, proveniente da un villagio sito nei pressi di Mathura, registra l'inaugurazione di un pozzo «nel centosedicedimo anno di regno degli Yavana», che potrebbe essere identificato non oltre il 70 a.C..[35] Poco dopo i re indiani riconquistarono l'area di Mathura e il Punjab sud-orientale, a oveste del fiume Yamuna, iniziando a coniare monete proprie. Gli Arjunayana, nell'aera di Mathura, e gli Yaudheya celebrarono le proprie vittorie militari sulle rispettive monete ("Vittoria degli Arjunayana", "Vittoria degli Yaudheya"). Durante il primo secolo i Trigarta, gli Audumbaras e infine anche i Kuninda (i più vicini al Punjab) iniziarono a coniare le proprie monete, solitamente con uno stile molto simile alla monetazione indo-greca.
Il re occidentale Filosseno occupò per un breve periodo il restante territorio greco da Paropamisadae al Punjab occidentale tra il 100 e il 95 a.C.; in seguito il territorio indo-greco si frammentò nuovamente. I re occidentali riconquistarono i propri territori verso ovest fino ad Arachosia, mente i re orientali continuarono a governare a intermittenza fino all'inizio dell'Era Volgare.
[modifica] Invasione degli Sciti (80-20 a.C.)
Per approfondire, vedi la voce Indo-sciti. |
Intorno all'80 a.C. un re indo-scita, Maues, forse un generale al servizio degli Indo-Greci, regnò per alcuni anni nell'India del nord-ovest, prima che i Greci riconquistassero la zona. Re Ippostrato (65-55 a.C.) sembra sia stato uno dei più vittoriosi tra i successivi re indo-greci, ma alla fine venne sconfitto dall'indo-scito Azes I, che fondò la dinastia indo-scita.
Sebbene il predominio militare e politico degli Indo-Sciti sia indubitabile, rimasero sorprendentemente molto rispettosi delle culture greca e indiana. Le loro monete vennero coniate nelle zecche greche e continuarono ad utilizzare legende greche e kharoshthi in maniera corretta, raffigurando persino divinità del pantheon greco, in particolare Zeus. L'iscrizione sul capitello del leone di Mathura afferma che adottarono la fede buddista, così come testimoniano le raffigurazioni di divinità che formano i vitarka mudra sulle loro monete. Le comunità greche non solo non vennero sterminate, ma continuarono ad esistere sotto il dominio indo-scito. Esiste la possibilità che le due comunità, i Greci e gli Indo-Sciti, si siano fuse: in una moneta pubblicata di recente, il re indo-greco Artemidoro si dichiara «figlio di Maues»,[36] mentre i rilievi di Burner mostrano Indo-Greci e Indo-Sciti mentre festeggiano insieme.
Gli Indo-Greci continuarono a governare un territorio nel Punjab orientale, finché il regno dell'ultimo re indo-greco, Stratone II, venne conquistato dal sovrano indo-scita Rajuvula intorno all'anno 10.
[modifica] Espansione degli Yuezhi a occidente (dal 70 a.C.)
Per approfondire, vedi la voce Yuezhi. |
Sono noti circa otto re indo-greci occidentali. L'ultimo re di una certa importanza fu Ermeo, che regnò fino al 70 a.C. circa; poco dopo la sua morte gli Yuezhi invasero i suoi territori dalla Battria. Le cronache cinesi, la Hou Hanshu in particolare, raccontano che il generale cinese Wen-Chung aveva fatto da intermediario nella stipula dell'alleanza tra Ermeo e gli Yuezhi contro gli Indo-Sciti.[37] Va notato come sulle monete in cui è raffigurato a cavallo, Ermeo appare armato di arco ricurvo e faretra tipici delle steppe, da cui provenivano gli Yuezhi.
Dopo il 70 a.C. gli Yuezhi divennero i nuovi signori di Paropamisadae: coniarono grandi quantità di emissioni postume di Ermeo, per lo meno fino al 40 d.C., quando la loro monetazione si fonde con quella del re kushan Kujula Kadphises. Il primo principer yuezhi storico, Sapadbizes, regnò intorno al 20 a.C.: egli coniò monete con legende greche e con lo stesso stile dei re indo-greci occidentali, probabilmente utilizzando zecche e incisori greci.
[modifica] Dominio indo-parto (10-60)
Per approfondire, vedi la voce Regno indo-parto. |
I Parti, rappresentati dai Surena, una famiglia parta nobile di discendenza arsacide iniziarono a penetrare nei territori che erano stati occupati dagli Indo-sciti e dagli Yuezhi, fino alla deposizione dell'ultimo re indo-scito, Azes II, intorno al 12 a.C. I Parti arrivarono a controllare tutta la Battria e vasti territori in India settentrionale, dopo aver combattuto contro molti signori locali come Kujula Kadphises dell'Impero Kushan nella regione del Gandhara. Intorno al 20 Gondophares, uno dei conquistatori parti, dichiarò la propria indipendenza dall'Impero parto e fondò il Regno indo-parto nei territori conquistati, con capitale Taxila.
Pare che alcune città greche siano rimaste intatte sotto il dominio parto, come nel caso dell'Arachosia, descritta da Isidoro di Charax nella sua opera del I secolo Stazioni parte, in cui ci sono le città di Demetrias e Alexandopolis.[10]
[modifica] Supremazia kushan (dal 60)
Per approfondire, vedi la voce Impero Kushan. |
Gli Yuezhi si espansero a est durante il I secolo, per fondare l'Impero Kushan. Il primo imperatore kushan, Kujula Kadphises, si fece associare ostentatamente con Ermeo sulle proprie monete, suggerendo un legame con lui per merito dell'antica alleanza o quanto meno rivendicandone l'eredità: gli Yuezhi, da cui discesero poi i Kushan, erano infatti eredi politici e culturali degli Indo-Greci sotto molti punti di vista, come indicato dalla loro adozione della cultura greca (sistema di scrittura, arte greco-buddista, ...) e dalla loro pretesa appartenenza alla dinastia di Ermeo.
L'ultima menzione di un sovrano indo-greco è suggerita da una iscrizione su di un anello con sigillo del I secolo, recante il nome del re Theodamas, dall'area di Bajaur in Gandhara, moderno Pakistan: non sono state ritrovate sue monete, ma il sigillo reca una scritta in kharoshthi, Su Theodamasa, con Su interpretato come la traslitterazione greca del titolo regale kushan shau, da shah, "re".
[modifica] Lista di sovrani indo-greci e loro territori
Ad oggi sono noti 36 sovrani indo-greci. Sebbene molti di loro siano ricordati dalle fonti, sia occidentali che indiane, la maggior parte di loro sono noti attraverso rinvenimenti numismatici. L'esatta cronologia e succesione dei loro regni è ancora oggetto di discussione, con correzioni regolarmente applicate in seguito a nuove analisi e a nuovi rinvenimenti di monete.
Sovrani indo-greci e loro territori | ||||||||||||
Territorio/ Periodi |
Paropamisadae | Arachosia | Gandhara | Punjab occidentale | Punjab orientale | |||||||
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200-190 a.C. | Demetrio I | |||||||||||
190-180 a.C. | Agatocle | Pantaleone | ||||||||||
185-170 a.C. | Antimaco I | |||||||||||
180-160 a.C. | Apollodoto I | |||||||||||
175-170 a.C. | Demetrio II | |||||||||||
160-155 a.C. | Antimaco II | |||||||||||
170-145 a.C. | Eucratide | |||||||||||
155-130 a.C. | Menandro I | |||||||||||
130-120 a.C. | Zoilo I | Agatocleia | ||||||||||
120-110 a.C. | Lisia | Stratone I | ||||||||||
110-100 a.C. | Antialcida | Eliocle II | ||||||||||
100 a.C. | Polissenio | Demetrio III | ||||||||||
100-95 a.C. | Filosseno | |||||||||||
95-90 a.C. | Diomede | Aminta | Epandro | |||||||||
90 a.C. | Teofilo | Peucolao | Traso | |||||||||
90-85 a.C. | Nicia | Menandro II | Artemidoro | |||||||||
90-70 a.C. | Ermeo | Archebio | ||||||||||
Tribù Yuezhi | Maues (indo-sciti) | |||||||||||
75-70 a.C. | Telefo | Apollodoto II | ||||||||||
65-55 a.C. | Ippostrato | Dioniso | ||||||||||
55-35 a.C. | Azes I (indo-sciti) | Zoilo II | ||||||||||
55-35 a.C. | Apollofane | |||||||||||
25 a.C.- 10 d.C. | Stratone II | |||||||||||
Rajuvula (indo-sciti) |
[modifica] Religione
Oltre alla venerazione degli dei del pantheon greco classico, attestata dalle raffigurazioni di queste divinità (Zeus, Ercole, Atena, Apollo,...) sulle monete, gli Indo-Greci vennero influenzati dalle fedi locali, in particolare dal buddismo, ma anche dall'induismo e dal zoroastrianesimo.
[modifica] Buddismo
Per approfondire, vedi la voce Greco-buddismo. |
Dopo che i Greco-Battriani ebbero occupato militarmente l'India settentrionale intorno al 180 a.C. ebbero a che fare con la fede buddista, con interazioni di cui rimangono testimonianze.
[modifica] Conversione di Menandro
Pare che Menandro I il "Re Salvatore", noto nelle fonti in sanscrito come Milinda, si sarebbe convertito al buddismo; viene infatti descritto dai testi sacri buddisti come un suo grande benefattore di questa religione, al pari di Ashoka e del successivo re kushan Kanishka. Menandro è famoso per i suoi dialoghi con il monaco buddista Nagasena, pervenuti all'interno del Milinda Panha ("Le domande di re Milinda"), che spiega come divenne un arhat buddista:
« E dopo, prendendo piacere della saggezza dell'Anziano, egli [Menandro] lasciò il proprio regno al figlio e abbandonando la vita sotto un tetto per una condizione senza tetto, divenne grande in introspezione e raggiunse lo stato di arhat! » | |
(Milinda Panha, trad. W. Rhys Davids)
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Un altro testo indiano, lo Stupavadana di Kṣemendra, cita sotto forma di profezia che Menandro costruì una stupa a Patalinutra.[38]
Anche Plutarco parla del governo benevolo di Menandro, raccontando di come, alla sua morte, l'onore di dividersi le sue spoglie venne rivendicato dalle varie città sotto il suo governo, e che i suoi resti vennero custoditi in "monumenti" (μνημεία, probabilmente delle stupa), in maniera simili a quanto accaduto al Buddha storico:
« Ma quando un certo Menandro, che aveva regnato con benevolenza sui Battriani, morì nell'accampamento, le città celebrarono certamente di comune accordo i suoi funerali; ma giunte a contesa sulle sue spoglie, vennero con difficoltà portate a questo accordo, che le sue ceneri fossero distribuite, che ciascuno portasse via una uguale parte, e che tutte gli erigessero dei monumenti » | |
(Plutarco, Precetti politici, 28.6))
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[modifica] Proselitismo buddista
Sono registrate nelle fonti le partecipazioni dei Greci ai pellegrinaggi buddisti. Sotto il regno di Menandro I, il monaco buddista greco (pali: yona, "ionico") Mahadharmaraksita (sanscrito: Mahadharmaraksita, "Gran protettore del dharma") è detto proveniente da Alasandra (identificata con Alessandria del Caucaso, la città fondata da Alessandro Magno, nei pressi della moderna Kabul) con 30.000 monaci in occasione della cerimonia di inaugurazione della Maha Thupa ("Grande stupa") costruita da re Dutthagamani ad Anuradhapura in Sri Lanka intorno al 130 a.C., a riprova dell'importanza del buddismo nelle comunità dell'India nord-occidentale e del ruolo prominente svoltovi dai monaci buddisti greci.
« Da Alasanda città degli Yona venne l'anziano Mahadhammarakkhita con trentamila bhikkhu. » | |
(Mahavamsa, XXIX)
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Sono conservate anche numerose iscrizioni buddiste greche in India, alcune come quella del meridarca (governatore civile di una provincia) greco, Teodoro, che descrive in kharoshthi come aveva messo in un tempio le reliquie di Buddha. Le iscrizioni vennero trovate in un vaso in una stupa, datata al regno di Menandro o di uno dei suoi successori nel I secolo a.C.:[39]
« Il meridarca Teodoro ha posto in un tempio le reliquie del Signore Shakyamuni, per il bene dell'intero popolo » |
Sebbene la diffusione del buddismo in Asia centrale e settentrionale sia normalmente attribuita ai Kushan uno o due secoli dopo, esiste la possibilità che sia stato introdotto in quelle aree da Gandhara «anche prima, al tempo di Demetrio e Menandro».[40] Esiste però un indizio testuale che suggerisce come il buddismo possa essere penetrato molto prima in Asia centrale: i primi due discepoli del Buddha erano chiamati Tapassu e Bhallika, ed erano originari della regione di Balhika (l'attuale Balkh, e il nome sanscrito della Battria); sebbene non sia possibile dedurre che una azione di proselitismo importante sia avvenuta dopo il loro viaggio di ritrono, il fatto che il nome sanscrito per la Battria derivi dal nome di un monaco buddista battriano suggerisce una qualche sorta di influenza iniziale.
[modifica] Simbolismo buddista
Dal 180 a.C. circa, Agatocle e Pantaleone, probabili successori di Demetrio I nella regione di Paropamisadae e i più antichi re greci a coniare monete quadrate di standard indiano con legende bilingue greco-bramino, fecero raffigurare il leone buddista con la dea indù Lakshmi. Alcune monete di standard indiano di Agatocle raffigurano anche una stupa a sei archi e un albero con una inferriata, simbolo tipico dell'albero della Bodhi nel buddismo antico.[41] Queste monete mostrano la volontà, mai registrata prima, di di adattarsi ad ogni aspetto della cultura locale: la forma delle monete, la loro dimensione, la loro lingua e religione.
In seguito, alcune monete indo-greche incorporarono il simbolo buddista della ruota a otto raggi, come nel caso di Menanadro I e del suo probabile nipote Menandro II. Su queste monete la ruota è associata alla simbologia greca della vittoria, la palma della vittoria o la corona intrecciata della vittoria porta dalla dea Nike. Questa simbologia ha suggerito ad alcuni studioni che Menandro abbia adottato durante il suo regno il ruolo di chakravartin, "colui per il quale la ruota della legge gira", tradotto come "re della ruota" nei testi occidentali.
L'ubiquo simbolo dell'elefante potrebbe essere associato al buddismo o meno. È interessante che su alcune monete di Antialcide l'elefante svolga lo stesso ruolo per Zeus e Nike che la ruota buddista svolge sulle monete di Menandro II, suggerendo un significato comune per i due simboli. Alcuni delle prime monete del re Apollodoto I permettono di associare direttamente l'elefante al simbolismo buddista; presentano anche la collina stupa sormontata da una stella già presente sulle monete dell'Impero Maurya e su quelle del successivo Regno Kuninda.
Dopo il regno di Menandro I, diversi sovrani indo-greci — Agatocleia, Aminta, Nicia, Peucolao, Ermeneo, Ippostrato, Menandro II e Filosseno — fecero raffigurare sé stessi o le proprie divinità greche con la mano destra atteggiata in un gesto di benedizione identico al vitarka mudra buddista (pollice e indice uniti, le altre dita estese), che nel buddismo indica la trasmissione degli insegnamenti del Buddha.[42]
Esattamente nello stesso periodo, dopo al morte di Menandro, molti sovrani indo-greci iniziarono anche ad adottare sulle loro monete il titolo pali di dharmikasa, "seguace del dharma" (il titolo del grande re indiano buddista Ashoka era dhrmaraja, "re del dharma").[43] Questo utilizzo è presente in Stratone II, Zoilo I, Eliocle II, Teofilo, Peucolao, Menandro II e Archebio.
Allo stesso tempo, la conversione di Menandro I al buddismo suggerita dal Milinda Panha sembra aver causato l'introduzione dell'uso del simbolismo buddista, in una forma o in un'altra, nelle emissioni monetrarie di quasi la metà dei re che gli succedettero. In particolare, tutti i re dopo Menandro di cui è attestato il regno su Gandhara (a parte il poco conosciuto Demetrio III) mostrano simboli buddisti; fa eccezione il poetente Ippostrato, che probabilmente prese sotto la propria protezione molti greci gandhariani in fuga dagli Indo-sciti.[34]
Un rilievo del II secolo a.C. dalla stupa buddista di Bharhut, nel Mandhya Pradesh orientale, ora conservato al Museo indiano di Calcutta), raffigura un soldato straniero con i capelli ricci di un greco e la fascia regale con le estremità svolazzanti di un re greco cinta sulla testa; nella mano sinistra regge un ramo d'edera simbolo di Dioniso; indossa alcune vesti di stile ellenistico, con righe di pieghe geometriche; sulla sua spada compare il simbolo buddista dei tre gioielli, il triratana.
[modifica] Raffigurazioni del Budda
[modifica] Statuaria
Gli Indo-greci potrebbero essere stati i primi a produrre raffigurazioni antropomorfe del Budda nella statuaria, forse già dal II-I secolo a.C.; le stupa costruite all'epoca di Menandro, come la stupa di Butkara, erano provviste di nicchie destinate ad ospitare statue o rilievi, costituendo un indizio di un'arte figurativa buddista all'epoca degli Indo-greci.[44] Esistono anche dipinti cinesi che raffigurano l'imperatore Wu di Han mentre venera delle statue di Budda portate dall'Asia centrale intorno al 120 a.C..
Alfred Foucher considerava le statue a tutto tondo di Budda in piedi come «le più belle, e probabilmente le più antiche, statue di Budda», riconducendole al II-I secolo a.C., durante il regno di Menandro e facendole l'ispirazione per le successive raffigurazioni antropomorfiche di Budda:
« Mai, in verità, vi furono circostanze più favorevoli che durante il regno [di Menandro] (tra il 150 e il 100 a.C.) per seminare il germe dell'intero sviluppo successivo dell'arte greco-buddista con la creazione del tipo indo-greco del Budda. » | |
(Alfred Foucher, The beginnings of Buddhist Art, p. 127.)
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La predisposizione dei Greci a raffigurare e venerare divinità autoctone è attestata anche in Egitto, con la creazione del dio Serapide in stile ellenistico come adattamento della divinità egizia di Apis, o in Frigia con la raffigurazione ellenistica della divinità locale Cibele. Al contrario, l'arte buddista indiana era tradizionalmente aniconica (Budda era rappresentato solo tramite simboli), come pure nella tradizione iranica (il cui influsso fu dovuto agli Indo-parti nel I secolo), in cui le divinità non erano raffigurate in forma umana.[45] Una tradizione indo-cinese spiega inoltre che Nagasena, che fu maestro di buddismo di Menandro I, creò nel 43 a.C., a Pataliputra, una statua del Budda, nota come Budda di smeraldo.
La datazione delle prime statue di Budda può essere stimata da un confronto stilistico con la monetazione indo-greca: le monete coniate prima del 50 a.C. mostrano infatti l'elevato realismo tipico della cultura ellenistica, che tende a diminuire dopo quella data, in conseguenza delle invasioni degli Indo-sciti, Yuezhi e Indo-parti. Le più antiche statue di Budda pervenute sono molto realistiche e mostrano stilemi ellenistici; questa considerazione ne permette la datazione al periodo che intercorre tra la morte di Menandro I (130 a.C.) e le invasioni (50 a.C.), quando il simbolismo buddista entra a far parte della monetazione indo-greca. Menandro e i suoi successori potrebbero dunque essere stati i principali protagonisti della difuzione delle idee e delle raffigurazioni di Budda.[47]
Le raffigurazioni del Budda potrebbero essere connesse anche alla sua progressiva divinizzazione, che è solitamente associata alla diffusione del pricipio indiano del bhakti, la devozione personale ad una divinità. Il bhakti è un principio evolutosi all'interno del movimento religioso Bhagavata e si ritiene abbia permeato il buddismo a partire dal 100 a.C. circa, fornendo un contributo fondamentale alla rappresentazione umana del Budda. L'associazione tra gli Indo-greci e il movimento Bhagavata è documentato dal Pilastro di Eliodoro, eretto durante il regno del re indo-greco Antrialcide (115-95 a.C.): in quel periodo le relazioni con i Sunga sembrano essere migliorate, con scambi religiosi di qualche genere; il 100 a.C. sarebbe quindi l'epoca in cui il bhakti avrebbe incontrato la tradizione artistica ellenistica.
La maggior parte delle raffigurazioni più antiche del Budda sono anepigrafiche, cratteristica che le renbde difficili da datare; la prima rappresentazione del Budda cui è possibile attribuire una data è il portagioie di Bimaran, che è stato trovato sepolto con monete del re indo-scito Azes II (o forse Azes I), risalenti al periodo 30-10 a.C.,[48] sebbene questa data non sia accettata da tutti gli studiosi. La datazione, lo stile ellenistico e la raffigurazione dei Budda (rappresentazione del vestito in stile ellenistico, attitudine da "contrapposto") fanno pensare che il portagioie sia un lavoro indo-greco, utilizzato per cerimonie indo-scite subito dopo la fine del dominio indo-greco nell'area di Gandhara. L'iconografia di tipo già avanzato — Brahma e Sakra come attendenti, la presenza di bodhisattva — suggerisce che raffigurazioni di Budda erano già frequenti all'epoca, fin dall'epoca indo-greca.[49]
[modifica] Monetazione
Raffigurazioni antropomorfiche di Budda sono totalmente assenti dalla monetazione indo-greca: questo fatto potrebbe suggerire il rispetto dei sovrani indo-greci per la norma indiana delle raffigurazioni aniconiche del Budda, che prevede la rappresenazione dei soli simboli buddisti (la ruota del dharma, il leone seduto). Secondo questa interpretazione, la raffigurazione del Budda sarebbe un fenomeno posteriore, datato normalmente al I secolo e promosso dai sovrani indo-sciti, indo-parti e kushan per mezzo di manodopera greca e, in seguito, indiana.
Una differente interpretazione è che gli Indo-greci non abbiano considerato Budda un dio vero e proprio, ma piuttosto un saggio o un filosofo umano, in linea con la tradizionale dottrina buddista del Nikaya; proprio come i filosofi venivano raffigurati sulle statue ma non sulle monete, l'immagine del Budda sarebbe apparsa solo nella statuaria.
Infine, sebbene i sovrani indo-greci raffigurarono divinità indiane sulle loro monete, come nel caso delle monete di Agatocle (180 a.C.), in seguito la pratica venne interrotta.[50] Dunque gli Indo-greci decisero non non raffigurare divinità locali sulle loro monete, per ragioni non note.
[modifica] Note
- ^ La denominazione corretta sarebbe "greco-indiano", in quanto in costruzioni simili, come "afro-americano" e "indo-europeo", l'area di origine viene indicata prima di quella di destinazione. La forma "indo-greco" viene preferita per la sua maggiore diffusione.
- ^ Eutidemo I era, secondo quanto riportato da Polibio (11.34) un greco di Magnesia; dunque il figlio Demetrio I, fondatore del Regno indo-greco, era ellenico almeno per discendenza paterna. Demetrio sposò la figlia del re seleucide Antioco III, di discendenza in parte persiana, sempre secondo quanto riferito da Polibio. L'etnicità dei successivi signori indo-greci è meno chiara: per esempio, Artemidoro (80 a.C.) potrebbe essere stato di discendenza indo-scita. Del resto è plausibile che vi siano stati matrimoni inter-etnici, come già accaduto ad Alessandro Magno, che sposò Rossana, e a Seleuco I, che sposò Apama.
- ^ «Alle colonie stabilite in India venne inviato Peitone, figlio di Agenore.» Marco Giuniano Giustino, Epitome delle Storie Filippiche, xiii.4
- ^ Sulla partecipazione degli yavana alle campagne di Chandragupta: "Kusumapura (Patna) fu assediata da ogni direzione dalle forze di Parvata (Poro) e Chandragupta: Shakas, Yavanas, Kiratas, Kambojas, Parasikas, Bahlikas e altri si riunirono su consiglio di Chanakya." Mudrarakshasa, 2. (dalla traduzione francese in Le Ministre et la marque de l'anneau, ISBN 2-7475-5135-0.)
- ^ Le fonti classiche riportano che a seguito del loro trattato di pace, Chandragupta e Seleuco si scambiarono dei doni, come quando Chandragupta inviò diversi afrodisiaci a Seleuco: "E Teofrasto dice che alcuni medicamenti sono di grande efficacia in queste cose [come rendere le persone innamorate]. E Filarco concorda con lui, riferendo di alcuni dei dono che Sandrakottus, re degli Indiani, inviò a Selecuco; che dovevano agire come incantesimi nel produrre un meraviglioso effetto di affezione, mentre altri, al contrario, dovevano bandire l'amore." (Ateneo di Naucrati, Deipnosophistai, i.32.
- ^ Mahavamsa, xii.
- ^ "I pilastri più belli vennero scolpiti da scultori greci o greco-persiani; gli altri da artigiani locali, con o senza supervisione straniera". Marshall, The Buddhist art of Gandhara, p. 4.
- ^ Etienne Lamotte, History of Indian Buddhism, Institut Orientaliste, Louvain-la-Neuve 1988 (1958), p. 109; Romila Thapar, Asoka and the Decline of the Mauryas, Oxford University Press, 1960, p. 200.
- ^ Il titolo "aniketos" compare sulle monete di Agatocle, che fanno riferimento ai suoi antenati.
- ^ a b Nel I secolo a.C., il geografo Isidoro di Charax riferisce del dominio parto sulle popolazioni e sulle città greche in Arachosia: «Oltre c'è Arachosia. E i Parti la chiamano India Bianca; ci sono la città di Biyt e la città di Pharsana e la città di Chorochoad e la città di Demetrias; infine Alexandropolis, la metropoli di Arachosia; è greca, e attraverso di essa scorre il fiume Arachontus. Fino a questo luogo la terra è sotto il dominio dei Parti» Isidoro di Charax, Stazioni parte, I secolo a.C. (citato in Bopearachchi, Monnaies Greco-Bactriennes et Indo-Grecques, p. 52; Testo originale al paragrafo 19 di "Parthian stations".
- ^ La parola tradotta con "avanzare" è προελθοντες, che indica una spedizione militare.
- ^ Citazioni di Apollodoro in Strabone riguardo all'estensione delle conquiste greche:
- «Apollodoro, per esempio, autore della Storia Partica, quando parla dei Greci che causarono la rivolta della Battriana contro i re siriani, successori di Seleuco Nicator, affera che quando divennero potenti invasero l'India. Non aggiunge nessuna novità a quanto noto in precedenza e giunge persino ad affermare, in contraddizione con gli altri, che i Battriani avevano soggiogato una parte di India più vasta che i Macedoni; in quanto Eucratide (uno di questi re) aveva mille città sotto il suo dominio.» Strabone, xv.1.3.
- «I Greci che causarono la rivolta della Battria divennero così potenti in virtù della fertilità del loro paese che divennero signori, non solo dell'Ariana, ma anche dell'India, come Apollodoro di Artemita afferma: e molte più tribù vennero soggiogate da loro che da Alessandro — da Menandro in particolare (almeno se davvero attraversò l'Hypanis verso est e avanzò fino all'Imaus), in quanto alcune vennero soggiogate da lui stesso e altre da Demetrio, figlio dell'Eutidemo re dei Battriani.» Strabone, xi.11.1.
- ^ Sin dall'epoca delle ambasciate di Megastene nel III secolo a.C., "India" si riferiva all'intero subcontinente, e così era rappresentata dai cartografi dell'epoca come Eratostene di Cirene.
- ^ «Pataliputra fut occupée par les forces coalisées Grecques pendant presque huit ans» ("Pataliputra fu occupata dalla coalizione greca per circa otto anni"), Mario Bussagli, L'Art du Gandhara, p. 100.
- ^ A.K. Narain e Keay 2000.
- ^ «Menandro divenne il signore di un regno che si estendva lungo la costa occidentale dell'India, inclusa l'intera Saurashtra e il porto di Barukaccha. Il suo territorio comprendeva Mathura, il Punjab, Gandhara e la valle di Kabul.» Bussagli, p. 101.
- ^ Strabone, xi; Periplo del mare Eritreo, xli-xlvii.
- ^ Gli Editti di Ashoka parlano del «re degli Yavana Antioco»
- ^ a b Bopearachchi, Osmund, Indo-Greek, Indo-Scythian and Indo-Parthian coins in the Smithsonian institution, p. 16.
- ^ Morton Smith ritiene che l'ocupazione sia durata dal 175 al 93 a.C.
- ^ «Kalidasa racconta nel suo Malavikagnimitram (5.15.14-24) che Puspamitra incaricò il nipote Vasumitra di fare la guardia al suo cavallo sacrificale, che vagava sulla sponda destra del fiume Sindhu e che fu catturato da cavalieri Yavana - che furono poi sconfitti da Vasumitra. Il "Sindhu" di cui si parla in questo contesto potrebbe essere il fiume Indo: ma una tale estensione del dominio dei Sunga sembra improbabile, ed è molto più probabile che si riferisca ad uno dei due fiumi dell'India centrale, o il fiume Sindhu che è tributario dello Yamuna, o il Kali-Sindhu che è tributario dello Chambal.» Mitchener, The Yuga Purana, 2002.
- ^ «La più grande città dell'India è quella chiamata Palimbothra, nel dominio dei Prasia [...] Megastene ci informa che questa città si estendeva nei suoi quartieri residenziali fino all'estremità, per ciascun lato, di ottanta stadi, e che la sua larghezza era di quindici stadi, e che un fosso la racchiudeva tutto intorno, e che era di seicento piedi in larghezza e trenta cubiti di profondità, e che le mura erano coronate da 570 torri ed avevano quattro-e-sessanta porte.» Arrano, Indica, x, "Di Paliputra e dei costumi degli Indiani" [1]
- ^ Marshall, John, A guide to Sanchi. Questi "stranieri dall'aspetto greco" sono descritti anche in Huntington, Susan, The art of ancient India, p. 100.
- ^ Marshall, Sirkap Archeological Report, pp. 15–16.
- ^ Gli scavi di John Marshall a Taxila sono l'unica altra indagine archeologica di rilievo fatta, ma solo una parte piccola e periferica di Sirkap è stata scavata fino al livello greco: «L'area principale in cui sono state effettuate delle indagini fino al livello greco è a oriente della strada principale nei pressi della porta settentrionale. [...] Fosse stato possibile, avrei preferito scegliere un'area più vicina al centro cittadino, dove ci si può attendere la presenza di strutture più interessanti che non nella zona periferica a ridosso delle mura cittadine.» (Taxila, p. 120). In generale, gli scavi greci hanno rappresentato solo una piccola parte degli scavi: «Mi sia concesso di dire che sette-ottavi dell'area di scavo sono stati dedicati alle strutture saka-parte del secondo strato; un ottavo solo per i più antichi resti saka e greci più sotto.» (Taxila, p. 119).
- ^ Narain, The Indo-Greeks.
- ^ "An ancient reference to Menander's invasion", The Indian Historical Quarterly XXIX/1, Agrawala, 1953, pp. 180–182.
- ^ Faccenna, Domenico, Butkara I, Swat Pakistan, 1956–1962, parte I, IsMEO, Roma, 1980.
- ^ Marshall, Taxila, p. 120.
- ^ «Gli unici ritrovamenti di piccole dimensioni interessanti recuperati in questo edificio furono venticinque monete d'argeto di peso ridotto del re greco Zoilo II, che vennero portate alla luce sotto le fondamenta della cappella più antica.» Marshall, John, Excavations at Taxila, p. 248.
- ^ «Da Buktara I sappiamo che l'attività edilizia non ebbe mai pausa. La stupa fu allargata in una seconda fase sotto Menandro e ancora quando le monete di Azes II erano ancora in circolazione.» Falk, Harry, Afghanistan, ancien carrefour entre l'Est et l'Ouest, p. 347. «La diffusione, a partire dal II secolo a.C., di influenze ellenistiche nell'architettura dello Swat è anche attestata dai ritrovamenti nel santuario di Buktara I, che vide la sua stupa "monumentalizzata" proprio in quel periodo per mezzo di elementi della base e incavi decorativi derivati dall'architettura ellenistica.» Callieri, Pierfrancesco, De l'Indus a l'Oxus: archaelogie de l'Asie Centrale, 2003, p. 212.
- ^ «Erano destinati a contenere un pannello figurato, un rilievo o qualcosa del genere.» Facenna, Domenico, Buktara I.
- ^ Testo in inglese dell'iscrizione
- ^ a b Tarn.
- ^ L'originale sanscrito è: «Yavanarajyasya sodasuttare varsasate 100 10 6» Salomon, R., "The Indo-Greek era of 186/5 B.C. in a Buddhist reliquary inscription", in Afghanistan, ancien carrefour entre l'est et l'ouest, p. 373.
- ^ La moneta è descritta in Senior, R.C., The Decline of the Indo-Greeks, [2]; si veda a proposito anche [3].
- ^ A seguito dell'ambasciata di Zhang Qian in Asia centrale nel 126 a.C., a partire dal 110 a.C. «sempre più carovane vennero inviate [dalla Cina] in Anxi [Partia], Yancai, Lixuan, Tiazhi, and Shendu [India] [...] Le ambasciate più grandi presso stati stranieri ammontavano a diverse centinaia di persone, mentre anche le missioni più piccole avevano più di 100 membri» (Sima Qian, Shi Ji, trad. Robert Watson, pp. 240-241). Secondo l'Hou Hanshu, W'ou-Ti-Lao (Spalirises), re di Ki-pin (Kophen, alta valle di Kabul), uccise alcuni inviati cinesi. Dopo la morte del re, suo figlio (Spalagadames) inviò un'ambasciata in Cina con doni. Il generale cinese Wen-Chung, comandante dell'area frontaliera nel Gansu occidentale, accompagnò indietro gli inviati. Il figlio di W'ou-Ti-Lao istigò l'uccisione di Wen-Chung: quando il generale scoprì il piano, si alleò con Yin-Mo-Fu (Hermaeus), «figlio del re degli Yung-Kiu» (Yonaka, i Greci). Attaccarono Ki-Pin (probabilmente con l'aiuto degli Yuezhi, alleati dei Cinesi dall'anno 100 a.C. circa, stando al'Hou Hanshu) e uccisero il figlio di W'ou-Ti-Lao's son. Yin-Mo-Fu (Ermeo) divenne allora re di Ki-Pin, come vassallo dell'Impero cinese, ricevendo il sigillo e il fiocco d'investitura cinesi. In seguito anche Yin-Mo-Fu (Ermeo) è ricordato come uccisore di messi cinesi durante il regno dell'imperatore Yuan-ti (48-33 a.C.): inviò messi per ottenere il perdono dalla corte cinese, ma non lo ricevete. Sotto il regno di Ching-ti (51-7 a.C.), vennero inviati altri messi, congedati però dalla corte imperiale come semplici commercianti (Tarn, The Greeks in Bactria and India).
- ^ Stupavadana, 57.15, citato in Seldeslachts.
- ^ Tarn, p. 391.
- ^ Puri, Buddhism in Central Asia.
- ^ «Distintive iconografie religiose indiane sembrano comparire sulle monete coniate da due dei principi greci — "l'albero nell'inferriata" e il Chaitya su alcune monete di Agatocle e la "ruota", che è stata ragionevolmente identificata con la "ruota della legge" (dharma-chakra) del buddismo, su una delle numerose emissioni di Menandro.» Banerjee, Hellenism in ancient India, p. 136.
- ^ Bopearachchi.
- ^ Crossroads of Asia, p12. Si noti anche che: «A partire da questo periodo, sia il titolo (Dharmikasa) che il simbolo (il Dharmachakra) furono indissolubilmente asociati al buddismo e il loro uso fu sufficiente a proclamare l'adesione del re a quella religione.» Marshall, John, Taxila, p. 33.
- ^ «Queste [le nicchie] erano destinate a contenere un pannello figurato, un rilievo, o qualcosa del genere.» Domenico Facenna, Butkara I.
- ^ «Al contrario dell'Iran, i culti greco-battriani utilizzano spesso rappresentazioni delle loro divinità.» Gorshemina, Svetlana, e Claude Rapin, Les Archeologues de l'Asie Centrale, ISBN 2-07-076166-5, p. 83.
- ^ Il capitello è stato trovato con un reliquiario e una moneta di Azes II seppelliti sotto la sua base, permettendone la datazione certa a prima del 20 a.C.: "Terre Lontane" > O2
- ^ «La diffusione del buddismo di Gandhara potrebbe essere stato stimolato dal regale patrocinio di Menandro, come pure può essere accaduto allo sviluppo e alla diffusione della scultura gandhariana, che sembra essersi accompagnata al primo.» Mc Evilly, The shape of ancient thought, p. 378.
- ^ «Nell'arte di Gandhara, la prima immagine nota del Budda in piedi e sommariamente databile è quella del reliquiario di Bimaran, che gli specialisti attribuiscono al periodo indo-scitia, più precisamente al regno di Azes II.» Christine Sachs, De l'Indus à l'Oxus
- ^ «Mi sembra altamente probabile che l'artista sconsciuto che creò il modello iniziale [per il Budda] fosse uno yavana, sia artista che filosofo, che apparteneva sia alla Grecia che all'India.» Bussagli, Marco, L'art du Gandhara, p. 378.
- ^ Boppearachchi.
[modifica] Bibliografia
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