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Naturalis historia - Wikipedia

Naturalis historia

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Copertina di una edizione del 1669 della Naturalis historia di Plinio
Copertina di una edizione del 1669 della Naturalis historia di Plinio

La Naturalis historia (letteralmente: Storia naturale) è un trattato naturalistico in forma enciclopedica scritta da Plinio il Vecchio tra il 23 ed il 79.

Indice

[modifica] Struttura dell'opera

Nella forma giunta sino a noi, la Storia naturale è costituita da 37 libri, il primo dei quali comprende una prefazione ed un indice insieme ad una lista di fonti, che inizialmente precedeva ciascuno dei libri.

L'organizzazione dell'opera è la seguente:

Libro Contenuto
I Prefazione, indice e bibliografia
II Astronomia e meteorologia
III Geografia del Mar Mediterraneo occidentale
IV Geografia del Mediterraneo orientale
V Geografia dell'Africa, medio Oriente e Turchia
VI Geografia dell'Asia
VII Antropologia e Psicologia umana
VIII Zoologia degli animali terrestri
IX Zoologia degli animali marini
X Zoologia, Ornitologia o animali aerei, riproduzione animale e i cinque sensi
XI Zoologia, insetti, Zoologia comparata e tentativo di tassonomia
XII Botanica, piante esotiche, profumi, specie dell'India, Egitto, Mesopotamia, ecc.
XIII Botanica, comprese le piante acquatiche
XIV Botanica, la vite e il vino
XV Botanica, l'ulivo, l'olio e i suoi usi, frutta e noci
XVI Botanica, con altri alberi ed erbe
XVII Arboricoltura, frutteti e succhi
XVIII Come tenere una fattoria
XIX Giardinaggio e piante ornamentali, altri vegetali, erbe ed arbusti
XX Erboristeria, altre piante e arbusti da giardino
Libro Contenuto
XXI Fiori e floricoltura
XXII Botanica, miscellanea di piante
XXIII Botanica, piante medicinali e proprietà o virtù delle diverse piante, vini, aceti e frutti
XXIV Medicina, proprietà medicinali di alberi e erbe
XXV Medicina, proprietà medicinali delle erbe, farmacologia
XXVI Medicina, arbusti medicinali
XXVII Medicina, erbe medicinali in ordine alfabetico
XXVIII Medicina, usi medici dei prodotti animali
XXIX Medicina, usi medici dei prodotti animali (continua)
XXX Preambolo sopra la magia; altri usi medicinali di prodotti animali
XXXI Medicina, usi medicinali di prodotti del mare: sali, piante, spugne ecc.
XXXII Medicina, usi medicinali di animali marini
XXXIII Mineralogia e metallurgia dell'oro, argento e mercurio
XXXIV Mineralogia e metallurgia del bronzo; scultura
XXXV Mineralogia, usi della terra, pigmenti, discussione sull'arte della pittura e dell' uso dello zolfo
XXXVI Mineralogia, lapidario; scultura, architettura, obelischi, piramidi, labirinti creta, argilla, sabbia, pietra, vetro, uso del fuoco;
XXXVII Mineralogia, cristallo di rocca, ambra (gemma), gemme, diamante, pietre semipreziose, ecc.

[modifica] Pubblicazione

Plinio apparentemente pubblicò i primi dieci libri nel 77 e si preoccupò di rivedere e ampliare il resto durante i restanti due anni della sua vita. Il suo lavoro fu probabilmente pubblicato con scarsa o nessuna revisione da parte del nipote, Plinio il giovane, che quasi trent'anni dopo, riportando la storia di un delfino addomesticato e la descrizione dell'isola galleggiante del lago di Vadimone (VII 20, IX 33), sembra dimenticare che entrambe si trovano nell'opera dello zio (II 209, IX 26). Il Giovane descrive la Naturalis historia come una Naturae historia, e la caratterizza come un "lavoro erudito e pieno di materiale, e tanto variegato come la stessa natura".

La mancanza di una revisione finale può spiegare parzialmente le molte ripetizioni, alcune contraddizioni, gli errori nei passi trascritti dagli autori greci e l'inserimento di note a margine in pagine non corrette del testo.

[modifica] Fonti

Nella prefazione, l'autore afferma di avere raccolto ventimila fatti estratti da circa duemila libri e da cento autori selezionati. Le liste che a tutt'oggi esistono delle sue fonti giungono a molto più di quattrocento, includendo centoquarantasei fonti romane, e trecentoventisette greche, così come altre fonti di informazione. Le liste, come norma generale, seguono l'ordine del tema di ogni libro, come è stato chiaramente dimostrato nella Disputatio di Heinrich Brunn (Bonn, 1856).

La fonte principale di Plinio è Marco Terenzio Varrone. Nei libri geografici, Varrone è confrontato e complementato con i commenti topografici di Agrippa che furono completati dall'imperatore Cesare Augusto. Per la zoologia si basa in gran parte su Aristotele e Giuba II, l'erudito re di Mauretania, studiorum claritate memorabilior quam regno (v. 16). Giuba è inoltre la sua principale guida in botanica, e anche Teofrasto è nominato negli indici.

Nella storia dell'arte le fonti greche originali sulle quali si appoggiò furono Duride di Samo, Senocrate di Sicione e Antigono di Caristo. La tradizione attribuisce a Duride gli aneddoti (XXXIV 61, Lysippum Sicyonium Duris begat nullius fuisse discipulum etc); a Senocrate le informazioni sui successivi sviluppi dell'arte e a Antigono la lista dei lavoratori del bronzo, quella dei pittori e un gran numero di altri dati. Le ultime due fonti si menzionano in relazione a Parresio (XXXV. 68,hanc ei gloriam concessere Antigonus et Xenocrates, qui de pictura scripsere), mentre Antigono è menzionato negli indici di XXXIII-XXXIV come scrittore sull'arte toreutica.

Gli epigrammi greci contribuiscono alle descrizioni dei quadri e statue di Plinio. Una delle fonti di minore importanza per i libri XXXIV-XXXV è Eliodoro, autore di un lavoro sui monumenti di Atene. Negli indici del XXXIII-XXXVI occupa un posto importante Pasitele di Napoli, l'autore di una opera in cinque volumi su famose opere d'arte (XXXVI. 40), che probabilmente include l'essenza dei trattati greci più recenti; ciò nonostante, Augustus Kalkmann nega che Plinio fosse in debito con Pasitele a riguardo, e sostiene che Plinio utilizzò il lavoro cronologico di Apollodoro di Atene, così come un catalogo contemporaneo di artisti.

La conoscenza di Plinio delle fonti greche fu probabilmente mediata da Marco Terenzio Varrone, che cita spesso (es. XXXIV. 56, XXXV. 173, 156, XXXVI. 17, 39, 41). Varrone probabilmente si occupò della storia dell'arte in connessione con l'architettura, che era inclusa nelle sue Disciplinae.

Per vari articoli sulle opere d'arte della costa dell'Asia minore e delle isole adiacenti, Plinio deve molto al generale, uomo di stato, oratore e storico Licinio Muciano, che morì prima del 77. Plinio menziona le opere d'arte collezionate da Tito Flavio Vespasiano nel Tempio della Pace e nelle sue altre gallerie (XXXIV. 84), però molte delle sue informazioni a proposito dell'ubicazione di queste opere nella Roma antica, si devono alle sue letture e non a osservazioni dirette.

Il principale merito della sua raccolta sull'arte antica, l'unico lavoro classico di questo tipo che conserviamo, è che si basa sui testi, oggi perduti, di Senocrate, e sulle biografe di Duride e Antigono. Plinio non mostra un'attitudine speciale per la critica d'arte. In vari passaggi, ciò nonostante, dà prova di osservazioni indipendenti (XXXIV. 38, 46, 63, XXXV. 17, 20, 116). Afferma che preferisce il Laocoonte in marmo del palazzo di Tito a tutti i quadri e bronzi del mondo (XXXVI. 37). Nel tempio vicino al Circo Flaminio, Plinio ammira l'Ares e l'Afrodite di Scopas, "che basterebbero a rendere rinomato qualsiasi altro luogo". "A Roma (aggiunge) le opere d'arte sono moltissime, e inoltre, una eclissa l'altra nella memoria e nonostante la bellezza che possano avere, siamo distratti dal tremendo sforzo che i nostri doveri e obblighi ci impongono. Per ammirare l'arte necessiteremmo di tempo libero e profonda tranquillità " (ibid. 26-72).

[modifica] Bibliografia

  • August Kalkmann, Die Quellen der Kunstgeschichte des Plinius, Berlino, 1898

[modifica] Voci correlate

[modifica] Collegamenti esterni

[modifica] Testo

[modifica] Materiale secondario

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