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Legge di successione dinastica - Wikipedia

Legge di successione dinastica

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Con Legge di successione dinastica s'intende quell'insieme di norme che regolamentano la successione dinastica, cioè il trasferimento dell’Autorità e dei titoli relativi all'interno di una Dinastia. Essa rientra nell'ambito del diritto dinastico e di quello pubblico e si distingue dalla successione civile, regolamentata dal diritto civile.

Indice

[modifica] Introduzione

Le norme di successione dinastica stabiliscono i requisiti per la titolarità dei diritti di accesso al Trono: esse normalmente distinguono una linea Reale o principesca all’interno della quale si trasmette la Corona.

Le norme di successione hanno come principale finalità quella di facilitare la trasmissione della Corona in modo da evitare dispute per la conquista del potere; per questo motivo esse normalmente prevedono dei meccanismi automatici, senza che vi sia bisogno di una preventiva designazione da parte del Sovrano “uscente” o di altro organo. Questa automaticità della successione è spesso sintetizzata nella formula: "morto il Re, viva il Re".

Le leggi di successione non hanno per oggetto lo Stato, bensì la Dinastia che ha giurisdizione sovrana sullo Stato. Per questo motivo talvolta dette leggi non si trovano espresse nelle Costituzioni del Regno, in quanto queste ultime regolano i rapporti tra gli organi dello Stato o stabiliscono i principî fondamentali della convivenza civile nello Stato, mentre per la successione si rinvia, più o meno esplicitamente, a norme -scritte o non scritte- particolari e proprie della Dinastia. Talvolta uno Stato dispone di una propria legge di successione che può divergere da quella della Dinastia regnante, come nei casi dello Hannover o del Lussemburgo.

[modifica] Modifica delle leggi di successione

Il cambiamento delle leggi di successione ha causato nella storia numerosi conflitti tra coloro che perdevano i loro diritti e coloro che invece vi venivano ammessi: alcuni esempi sono le guerre carliste in Spagna e migueliste in Portogallo. In effetti, similmente a quanto avviene nel diritto internazionale nel caso della formazione di nuove norme consuetudinarie, la modifica di una legge di successione implica la violazione dell’antica legittimità, instaurandone una nuova e causando una serie di dispute connesse alla negazione di diritti acquisiti; è per questo che tale operazione deve avvenire il più possibile in modo condiviso e con il consenso di tutti i Principi ammessi alla successione e può eventualmente essere seguita o accompagnata da un pronunciamento del Parlamento o degli organi più autorevoli dello Stato.

Tradizionalmente il Re, se è sciolto dall’osservanza delle leggi che egli stesso sanziona (legibus solutus, assoluto), è comunque sottomesso alle “leggi fondamentali del Regno” [1], secondo un’espressione in voga ai tempi di Richelieu, cioè le leggi che regolamentano la successione, l’adesione ad una certa religione e l’insieme di norme morali e di rispetto delle tradizioni del Regno, che in realtà resteranno scarsamente definite e permetteranno l’opera riformistica e razionalizzatrice delle Monarchie assolute.

[modifica] Formazione delle leggi di successione

Conclusasi l’epoca carolingia, caratterizzata dal principio di spartizione territoriale tra i discendenti maschi del sovrano, con l’affermarsi delle Monarchie dinastiche ereditarie e gettate le prime basi del lungo processo di formazione dello Stato moderno, si impone in Europa la legge di primogenitura, normalmente accompagnata dalla prevalenza della discendenza maschile su quella femminile, regolamentata diversamente nei vari Regni e Principati: in particolare la Francia, l’Italia sabauda, la Monarchia Asburgica e la maggior parte dei Regni e Principati tedeschi seguono la legge salica che esclude la discendenza femminile dalla successione al Trono , salvo estinzione del ramo maschile. In Spagna è in discussione l’eliminazione della regola di prevalenza della discendenza maschile su quella femminile come già è avvenuto in alcune Monarchie nordiche. L’effetto di una simile cancellazione, volto forse ad eliminare lo spettro della discriminazione sessuale (ma che poco spiegherebbe il permanere del principio altrettanto “discriminatorio” della primogenitura), è però quello di indebolire la dinasticità della Monarchia, carattere fondamentale della stessa nella concezione tradizionale europea .

Differentemente che in Europa, i Paesi islamici hanno adottato una diversa legge di successione, che non tramanda il potere di padre in figlio, ma “secondo il principio del parente maschio più anziano e capace”[2]: questo avviene tutt’ora in Arabia Saudita, mentre da poco è stata modificata la successione in Giordania in senso più favorevole alla primogenitura.

In Europa le leggi di successione dinastica cominciano a fissarsi a partire dal XIII secolo e vengono incorporate nelle cosiddette Leggi Fondamentali dello Stato: esse regolano la modalità di successione (ad es. primogenitura maschile), stabilendo quali siano i requisiti per essere considerati candidati alla stessa. Infatti, non basta essere membri della Famiglia Reale, e per rientrare in detta categoria occorre essere legittimi discendenti (per linea usualmente, ma non sempre, maschile) del Principe sovrano dello Stato in questione, ma occorre rispettare un codice di onore e di sottomissione alla Monarchia che si manifesta in pieno nel contratto matrimoniale: in tutte le Leggi di successione dei Regni e Principati d’Europa si riscontra l’obbligo di contrarre matrimoni tra pari e con il preventivo assenso del Sovrano, che in casi del tutto eccezionali può acconsentire ad un’unione diseguale o ammettere alla successione rami non dinastici. Questo obbligo di contrarre matrimoni tra pari è previsto da quelle regole che normalmente si fanno rientrare nella categoria di Legge salica[3].

Un caso storico sulla necessità dell’approvazione regia è offerto da Gastone d'Orléans, fratello del Re di Francia Luigi XIII, il cui matrimonio con Margherita di Lorena, perfettamente paritario, venne annullato a causa della mancata autorizzazione del Re, che minacciava l’esclusione del fratello dalla successione. L’autorizzazione negata rientrava nei giochi di potenza tessuti dal Re di Francia e dal suo consigliere, il cardinale Richelieu.

Dopo la seconda Guerra mondiale, a seguito dell’affermarsi dell’ordine liberal-democratico (a prevalenza repubblicana) internazionale nel quale la rilevanza della Monarchia si è ridotta in modo più che sensibile, i matrimonî dinastici e politici sono a loro volta diminuiti. Al recente matrimonio visibilmente diseguale del Principe delle Asturie con una borghese non è potuto però mancare il necessario assenso del Re. In Olanda, il diritto di autorizzare o meno il matrimonio di un membro della Famiglia Reale è riconosciuto anche al Parlamento, che nel 2004 ha escluso dalla successione il principe Hans Friso a causa delle sue discusse nozze. Per quanto riguarda la discendenza da matrimonî in seguito dichiarati nulli dall’Autorità ecclesiastica, normalmente le si riconoscono i diritti di successione come discendenza pienamente legittima, ma la storia ha dato esempi anche contrarî .

Ricordiamo alcune date significative nell’evoluzione del diritto di successione al Trono in alcuni Paesi europei o per alcune Dinastie:

  • Danimarca: nuove disposizioni del 1953 che limitano i componenti della Famiglia Reale e gli ammessi alla successione[4]
  • Regno Unito: Act of Settlement (1701), Royal Marriages Act (1772)[5]
  • Russia: leggi emanate da Paolo I nel 1797
  • Savoia: RR.Lettere Patenti del 1780, R. Editto del 1782, Regio Statuto del 1848, Codice Civile del 1865 e del 1942[6]
  • Spagna: Pragmatica sanzione del 1767 emanata da Carlo III (esclude dalla successione chi contrae matrimonio con coniuge non di sangue reale)[7]

[modifica] Leggi di successione che regolano Casa Savoia

Vittorio Amedeo III
Vittorio Amedeo III

Casa Savoia è regolamentata da una serie di norme contenute in diversi atti: le RR. Lettere Patenti del 1780 e il R. Editto del 1782 di Vittorio Amedeo III, il Regio Statuto del 1848 e il Codice Civile del 1942 (artt. 92, 105 e 114).

Fin dalla morte di Umberto I Biancamano (XI sec.), comincia ad essere applicato il diritto di primogenitura in linea maschile, ma ancora alla fine del XIII secolo, le regole di successione non sono del tutto fissate e il diritto di primogenitura non è sempre rispettato: avviene così che Amedeo V, figlio di secondo letto di Tommaso II di Piemonte e di Fiandra, succeda nel 1285 nella dignità comitale in Savoia mentre al ramo primogenito discendente dal fratello maggiore viene lasciato il Piemonte, feudatario del Conte di Savoia. Dopo questo episodio, il diritto di primogenitura sarà sempre osservato unitamente al già affermato principio di esclusione della discendenza femminile, quest’ultimo il più tipico portato della legge salica[8].

I matrimoni dei principi di Casa Savoia, da Umberto I Biancamano fino a Umberto II Re d’Italia, avvengono rigorosamente tra pari: questo uso, vera e propria legge consuetudinaria connessa con la legge salica, è consacrato nelle Regie Patenti e nel Regio Editto di Vittorio Amedeo III, rispettivamente del 1780 e del 1782. Questi atti, codificando norme preesistenti, stabiliscono che il diritto di primogenitura e l’esclusione della discendenza femminile non sono principî e requisiti sufficienti a regolare la successione, ma è necessario che, salvo rare eccezioni, il matrimonio del candidato sia paritario[9] e riceva sempre l’assenso del Capo della Casa[10]. Nel caso di nozze principesche, cioè tra pari, che non siano state autorizzate, potranno derivare quelle conseguenze relative alla successione decise dal Capo della Casa, mentre nel caso di mancato assenso ad un matrimonio diseguale è prevista la decadenza automatica del Principe contraente siffatto matrimonio e l'esclusione della sua discendenza. Diverso infine è il caso del matrimonio morganatico, antico istituto introdotto dalla legge longobarda, che permette al Principe di continuare a godere dei suoi diritti senza però trasmetterli ai discendenti e alla consorte.

Il Regio Statuto del 1848, che si occupa dei rapporti tra i poteri e tra gli organi dello Stato, non si sofferma sulle leggi di successione, rinviando alle precedenti disposizioni[11]: “Lo Stato è retto da un Governo Monarchico Rappresentativo. Il Trono è ereditario secondo la legge salica”(art. 2). Con “legge salica” (che strictu sensu comporta l'esclusione della discendenza femminile) ci si è voluti riferire a quel complesso di norme consuetudinarie sulla primogenitura maschile e sugli usi matrimoniali raccolto e codificato nelle precedenti RR. Lettere Patenti, che continuano a regolare la successione dinastica durante il Regno d’Italia. Di nuovo a conferma di ciò gli articoli del Codice Civile del 1865 e del 1942, attualmente in vigore, che all’art. 92 stabilisce: “Per la validità dei matrimoni dei Principi e delle Principesse Reali, è richiesto l’assenso del Re Imperatore”[12].

Per completezza, occorre ricordare che nel periodo fascista, il Gran Consiglio del Fascismo poteva esprimersi in materia di successione al Trono.

[modifica] Matrimoni Reali

Normalmente si distinguono tre tipi di matrimonio: tra pari (omogamici), cioè tra persone di uguale condizione; ipogamici, cioè contratti con una persona di condizione inferiore; e ipergamici, ovverosia contratti con una persona di condizione più elevata[13]. Nel caso delle Famiglie Reali è difficile immaginare casi di matrimoni ipergamici, non riconoscendosi nessuno al di sopra della condizione regia.

[modifica] I matrimoni tra Pari (omogamici)

I matrimoni omogamici costituivano la regola fino alla fine dell’Ottocento e sostanzialmente fino alla fine della Prima e della Seconda Guerra Mondiale. A seguito però della caduta delle Monarchie spazzate via dalle due guerre, essendosi affermati i valori liberal-democratici borghesi con una forte pregiudiziale repubblicana, le Famiglie Reali hanno adottato costumi sempre più borghesi e conseguentemente i matrimoni tra Reali sono progressivamente diminuiti. È indubbio che questo implichi una definitiva resa della Monarchia intesa in senso tradizionale: una rinuncia a quei valori fondati sull’onore, sulla reputazione e sulla venerazione della tradizione e delle glorie della propria Dinastia, da parte degli stessi membri delle Famiglie Reali. L’obbligatorietà del matrimonio tra Pari si fonda(va) infatti su considerazioni di natura politica e di prestigio, manifestazione dell’importanza della Dinastia all’interno degli affari di Stato come nelle relazioni internazionali, e di onore ed orgoglio dinastico. Tutto questo è (era) strettamente connesso al principio del diritto di sangue, cioè dell’eccellenza del sangue regale , alla base dell’Autorità regia tradizionale.

[modifica] I matrimoni ipogamici: diseguali autorizzati, morganatici e non autorizzati

Bisogna distinguere tra matrimonio ipogamico ma aristocratico -e all’interno di questa categoria tra alta e bassa aristocrazia e alto notabilato- e matrimonio con persona né titolata né nobile. Soltanto la Russia ha una legge di successione veramente restrittiva, che esclude le nozze con coniugi non appartenenti a famiglie reali, anche se di antica e prestigiosa nobiltà.

Le altre Case Reali ammettevano matrimoni con esponenti di grandi famiglie nobili, che rientravano in una categoria ben precisa, come nel caso della nobiltà tornearia per gli Asburgo. I matrimoni con la bassa nobiltà erano evitati e se contratti erano normalmente considerati morganatici: è il caso del matrimonio dello sfortunato arciduca Francesco Ferdinando con la contessa Sofia Čotek[14]. I matrimoni diseguali non autorizzati comportano la perdita dei titoli e dei diritti di successione.

Ai nostri giorni il matrimonio diseguale è divenuto frequentissimo, tanto da far parlare di crisi definitiva degli ideali monarchici tradizionali.

  • La condizione "principesca" dei seguenti matrimoni si fa invece dubbia, nonostante il coniuge appartenga o discenda da persone appartenute alla nobiltà: tra la regina Beatrice dei Paesi Bassi ed il barone Claus van Amsberg, tra il granduca Enrico di Lussemburgo e doña Maria Teresa Mestre y Batista.
  • Il primogenito di Ottone d’Asburgo ha sposato Francesca Thyssen-Bornemisza, figlia del barone Hans Heinrich, in realtà più ricca ereditiera che nobildonna: stando alle antiche Leggi di quella Casa il matrimonio dovrebbe risultare morganatico. Il secondogenito, Giorgio, ha invece contratto nozze principesche con Eilka di Oldemburgo.

[modifica] Note

  1. ^ Università di Torino: voce Stato
  2. ^ R. Owen (2005) Stato, potere e politica nella formazione del Medio Oriente moderno, p.83
  3. ^ si veda in proposito Enciclopedia Italiana Treccani (1939), voce Matrimonio morganatico
  4. ^ Successione danese
  5. ^ Successione britannica
  6. ^ V. Miceli (1913), Principi di diritto costituzionale, p. 486
  7. ^ Successione spagnola
  8. ^ Enciclopedia Europea Garzanti (1980), Tomo 10, voce Savoia
  9. ^ E. Crosa (1922) La Monarchia nel diritto pubblico italiano, p. 20
  10. ^ Enciclopedia Italiana Treccani (1939), voce Re: in particolare si constati la necessità di “Nozze dichiarate Principesche”
  11. ^ V. Miceli (1913), Principi di diritto costituzionale, p. 486
  12. ^ Codice Civile-Capo III
  13. ^ Famiglia e lignaggio
  14. ^ Il 28 giugno 1900 nella Sala del Consglio Segreto della Hofburg, alla presenza dell'Imperatore, degli arciduchi maggiorenni, dei dignitari dell'Impero e della Corte, Francesco Ferdinando faceva giuramento solenne di accettare le conseguenze di un matrimonio morganatico. Quando esattamettamente lo stesso giorno di quattordici anni dopo Francesco Ferdinando e la moglie Sofia furono assassinati, l'Imperatore avrebbe detto: "L'Onnipotente non accettta provocazioni! Una potenza superiore ha ristabilito quell'ordine che io purtroppo non ero riuscito a mantenere"; in Franz Herre, Francesco Giuseppe, BUR Superclassici (1990), pp.425-426

[modifica] Bibliografia

  • Enciclopedia Europea Garzanti (1980), voci consultate: Savoia
  • Enciclopedia Italiana Treccani (1939), voci consultate: Legge salica, Matrimonio morganatico, Re
  • R. Owen (2005) Stato, potere e politica nella formazione del Medio Oriente moderno, il Ponte
  • E. Crosa (1922) La Monarchia nel diritto pubblico italiano, Bocca
  • V. Miceli (1913), Principi di diritto costituzionale, Soc. ed. Libraria

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