Johann Joachim Winckelmann
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Johann Joachim Winckelmann, dipinto da Anton Raphael Mengs (ca. 1755)
Johann Joachim Winckelmann (Stendal, 9 dicembre 1717 – Trieste, 8 giugno 1768) è stato un archeologo e storico dell'arte tedesco.
Fu il primo ad adottare, nella storia dell'arte, il criterio dell'evoluzione degli stili cronologicamente distinguibili l'uno dall'altro.
Indice |
[modifica] Vita
Nacque a Stendal, figlio di un povero maestro calzolaio. Frequentò il ginnasio a Berlino e il liceo a Salzwedel: nel 1738 si trasferì nella città di Halle come studente di teologia, dedicandosi tuttavia soprattutto ben presto e con grande entusiasmo alla letteratura e all'arte greca. Frequentò le lezioni di medicina matematica all'università di Jena. La mancanza di mezzi economici adeguati lo costrinsero ad accettare un posto da precettore a Hadmersleben vicino a Magdeburgo. Dal 1743 al 1748 fu rettore associato presso la scuola di Seehausen (Altmark). Dal settembre 1748 all'ottobre 1754 ebbe il posto di bibliotecario presso il conte dell'impero Heinrich von Bünau a Nöthnitz vicino a Dresda e si occupò di raccogliere materiali per la storia del Sacro Romano Impero che questi stava scrivendo. L'11 giugno 1754 avvenne la conversione al cattolicesimo per poter coronare il suo sogno di recarsi a Roma. Dall'ottobre 1754 al settembre 1755 soggiornò a Dresda. Qui scoprì i tesori delle raccolte elettorali che risvegliarono in lui un profondo interesse nei confronti dell'arte, che approfondì con il pittore Adam Friedrich Oeser, che più tardi avrebbe esercitato una forte influenza su Goethe. Nel giugno 1755 pubblicò i Gedanken über die Nachahmung der griechischen Werke in Malerei und Bildhauerkunst ("Pensieri sull'imitazione delle opere greche in pittura e scultura"), seguito da un preteso attacco all'opera da parte di un fittizio corrispondente e da una "Spiegazione" dei suoi principi da parte dell'autore. I "Pensieri" contengono la prima asserzione delle dottrine che successivamente sviluppò e furono molto ammirati, non solo per le idee che contenevano, ma anche per il suo stile.
Augusto III, elettore di Sassonia e re di Polonia gli fornì una pensione di 200 talleri per permettergli di proseguire i suoi studi. Il 24 settembre 1755 iniziò il viaggio verso Roma, dove arrivò il 19 novembre. Conobbe, attraverso il cardinale Alessandro Albani, il pittore Anton Raphael Mengs. Ebbe rapporti con i cardinali Archinto, Passionei e Alessandro Albani. Nel gennaio 1757 divenne bibliotecario del cardinale Archinto. Nel giugno 1759 assunse l'incarico di biliotecario del cardinale Albani che in quegli anni stava costruendo la sua magnifica villa presso la Porta Salaria. Nell'aprile 1763 fu nominato prefetto delle antichità di Roma.
Nel 1760 apparve la sua Description des pierres gravées du feu baron de Stosch; nel 1762 le sue Anmerkungen über die Baukunst der Alten ("Osservazioni sull'architettura degli antichi"), che comprendeva un resoconto sui templi di Paestum. Tra il 1758 e il 1762 visitò Napoli e gli studiosi ebbero dai suoi volumi Sendschreiben von den Herculanischen Entdeckungen ("Lettera sulle scoperte di Ercolano, 1762) e Nachrichten von den neuesten Herculanischen Entdeckungen ("Notizie sulle ultime scoperte di Ercolano" 1764) le prime informazioni sui tesori rinvenuti a Pompei ed Ercolano.
Visitò nuovamente Napoli nel 1765 e nel 1767 e scrisse per il principe elettore di Sassonia i suoi Briefe an Bianconi ("Lettere a Bianconi") che fu pubblicato undici anni dopo la sua morte nell' Antologia romana.
Il 10 aprile 1768 partì in compagnia dello scultore Bartolomeo Cavaceppi per fare ritorno in patria in seguito ad un'assenza di oltre dodici anni. Dopo aver attraversato le Alpi, decise di interrompere improvvisamente il suo viaggio e di ritornare a Roma. Il 12 maggio si recò a Vienna, dove fu ricevuto con grandi onori dall'imperatrice Maria Teresa e dalla corte imperiale. Ricevette in dono dal cancelliere Kaunitz e da Maria Teresa rispettivamente una medaglia commemorativa in oro e un'altra in oro e due in argento. Il 28 maggio partì da Vienna e il 1 giugno arrivò a Trieste. Prese una stanza alla “Locanda grande” in attesa di una nave per Ancona. Fece la conoscenza di Francesco Arcangeli, un cuoco originario di Pistoia con precedenti penali, che aveva l'intenzione di derubarlo delle medaglie ricevute in regalo alla corte imperiale. L'8 giugno venne assassinato da Arcangeli e il 9 giugno venne sepolto nel cimitero della cattedrale di San Giusto. Il 20 luglio Arcangeli venne giustiziato.
[modifica] Opere
Il suo capolavoro la Geschichte der Kunst des Altertums ("Storia dell'arte nell'antichità", ma tradotto in italiano con il titolo di "Storia delle arti del disegno presso gli antichi"), apparso a Dresda nel 1764, fu ben presto riconosciuto come contributo importante alla letteratura europea. In quest'opera la storia dell'arte antica è considerata come il prodotto di determinate condizioni politiche, sociali e intellettuali che erano alla base dell'attività creativa e quindi frutto di successive evoluzioni, in questo modo fonda le sue partizioni cronologiche, dall'origine dell'arte greca all'Impero romano, su l'analisi stilistica. L'idea fondamentale della sua teoria è che lo scopo dell'arte sia la bellezza pura e che questo scopo possa essere raggiunto solo quando gli elementi individuali e quelli comuni siano strettamente subordinati alla visione generale dell'artista. Il vero artista seleziona dalla natura i fenomeni adatti per i suoi propositi e li seleziona per mezzo dell'immaginazione, creando un tipo ideale, caratterizzato da "edle Einfalt und stille Größe" ("nobile semplicità e quieta grandezza"). In questo tipo ideale sono mantenute le normali proporzioni naturali e le parti, come muscoli e vene, non rompono la generale armonia delle linee. Nella parte storica utilizzò, oltre alle opere d'arte che egli stesso aveva studiato, in larga parte copie romane che lui erroneamnte considerava originali, anche tutte le sparse notizie sull'argomento che potevano essere trovate nelle fonti antiche. Le sue ampie conoscenze e un'attiva immaginazione gli permisero di offrire utili suggerimenti anche per i periodi per i quali disponeva di poche informazioni dirette. Molte delle sue conclusioni, basate sull'evidenza insufficiente delle copie romane, sono state in seguito modificate o rovesciate dalle successive ricerche, ma il genuino entusiasmo per le opere, il suo stile forte e insieme gradevole, le sue vivide descrizioni, rendono tuttora utile e interessante la lettura. Segnò un'epoca indicando lo spirito con cui lo studio dell'arte greca doveva essere abbordato e i metodi con cui i ricercatori potevano sperare di ottenere solidi risultati. I contemporanei percepirono quest'opera come una rivelazione ed essa esercitò una profonda influenza sulle migliori menti dell'epoca. Fu letta per esempio con grande interesse da Lessing, che aveva trovato nelle prime opere di Winckelmann lo spunto per il suo Laocoon ("Laocoonte").
Contribuì con vari saggi alla Bibliothek der schönen Wissenschaften und der freyen Künste. Nel 1766 pubblicò il Versuch einer Allegorie, besonders für die Kunst ("Saggio sull'allegoria, specialmente per l'arte"). Di importanza gran lunga maggiore fu la splendida opera Monumenti antichi inediti (1767-1768), con la prefazione intitolata Trattato preliminare, che presentava un generale schema per la storia dell'arte. Le tavole di quest'opera rappresentavano oggetti che erano stati erroneamente spiegati o di cui mancava ogni illustrazione. Le sue spiegazioni furono un grande servizio reso all'archeologia, mostrando che per molte opere d'arte connesse con la storia romana, la prima fonte di ispirazione deve essere individuata in Omero.
La Geschichte der Kunst des Altertums venne tradotta in italiano in due diverse edizioni: la prima apparve nel 1779 a Milano con il titolo Storia delle arti del disegno presso gli antichi, curata da Carlo Amoretti; la seconda uscì nel 1783-84 a Roma con lo stesso titolo a cura di Carlo Fea.
Un'edizione delle sue opere fu iniziata da Fernow nel 1808 e completata da Meyer e Schulze nei dodici anni successivi. Un notevole studio sulle sue opere e il suo carattere è costituito dall'opera di Goethe Winckelmann und sein Jahrhundert ("Winckelmann e il suo secolo", 1805), con contributi di Meyer e di Wolf, e nella 'Renaissance" di Walter Pater (1902). La migliore biografia è ancora quella di Carl Justi, Winckelmann und seine Zeitgenossen ("Winckelmann e i suoi contemporanei", II ed., 3 vols., Leipzig, 1898). ==
[modifica] Bibliografia
- Johann Joachim Winckelmann. Monumenti antichi inediti spiegati ed illustrati da Giovanni Winckelmann prefetto delle antichità di Roma. 2 voll. Roma, A spese dell'Autore, Nella Stamperia di Marco Pagliarini, 1767.
- Distinta relazione del premeditato, atroce, proditorio omicidio commesso in Trieste li 8 dello scaduto giugno 1768 da Francesco Arcangeli nella persona del celebre Signor Giovanni Winckelmann ... non che dell'esemplare sentenza pronunziata contro l'omicida, ed eseguita li 20 luglio dello stesso anno. In Trieste, ed in Roma, Si vende da Giovanni Bartolomich a Strada Fratina incontro il Palazzo Gavo, s.a. [1768].
- Opere di G. G. Winckelmann, prima edizione italiana completa. Prato, Per i Fratelli Giachetti, 1830-34, 12 voll.
- Johann Joachim Winckelmann. Federico Pfister (a cura di), Il bello nell'arte. Scritti sull'arte antica. Torino, G. Einaudi, 1942 (varie edizioni successive).
- Johann J. Winckelmann. Storia dell'arte nell'antichità. Trad. di Maria Ludovica Pampaloni, Milano, SE, 1990.
- Johann J. Winckelmann. Saggio sull'allegoria, specialmente per l'arte, a cura di Elena Agazzi, Bologna, Minerva, 2004 ("I figli di Mercurio"). ISBN 8873810683.
- Cesare Pagnini e Elio Bartolini (a cura di). L'assassinio di Winckelmann. Gli atti originali del processo criminale (1768). Milano, Longanesi, 1971 ("Olimpia", 25).
- Wolfgang Leppmann. Winckelmann: una vita per Apollo. Traduzione di Giovanna Agabio. Milano, Longanesi, 1987 (I ed. ital. ivi 1982).
- Johann Wolfgang Goethe. Vita di J. J. Winckelmann. Traduzione e cura di Elena Agazzi. Bergamo, Moretti & Vitali, 1992 ("Scrivere le vite", 5). ISBN 8871860241.
- Maria Fancelli (a cura di). J. J. Winckelmann tra letteratura e archeologia. Venezia, Marsilio, 1993. ISBN 8831757911.
- Fausto Testa. Conservare per imitare. Winckelmann e la tutela del patrimonio artistico in età neoclassica. Pavia, Cyrano, 1996. ISBN 8886531044.
- Fausto Testa. Winckelmann e l’invenzione della storia dell’arte. I modelli e la mimesi. Bologna, Minerva, 1999 ("I figli di Mercurio").
- Winckelmann Bibliographie, Stendal. CD + volume, Muenchen, Biering und Brinkmann, 1999.
- Edouard Pommier. Più antichi della luna. Studi su J. J. Winckelmann e A. Ch. Quatremère de Quincy. Introduzione, traduzione e cura di Michela Scolaro, Bologna, Minerva, 2000 ("I figli di Mercurio").
- Stefano Ferrari. Le transfert italien de Johann J. Winckelmann pendant la seconde moitiée du XVIIIe sicèle, Recherches germaniques, 2003, 33, 1-19.
- Francesca Lui. L'antichità tra scienza e invenzione. Studi su Winckelmann e Clerisseau. Bologna, Minerva, 2006. ISBN 8873811442.
- Efthalia Rentetzi. Johann Joachim Winckelmann und der altgriechische Geist, in “Philia -Universität Würzburg”, vol. I, (2006), pp. 26-30.
[modifica] Altri progetti
- Wikiquote contiene citazioni di o su Johann Joachim Winckelmann
- Wikimedia Commons contiene file multimediali su Johann Joachim Winckelmann