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Giorgio Almirante - Wikipedia

Giorgio Almirante

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bussola Nota disambigua – Se stai cercando l'attore interprete del Teatro pirandelliano, vedi Luigi Almirante.
Stemma della Camera dei deputati Parlamento Italiano
Camera dei deputati
On. Giorgio Almirante

Luogo nascita Salsomaggiore Terme
Data nascita 27 giugno 1914
Luogo morte Roma
Data morte 22 maggio 1988
Titolo di studio
Professione Politico
Partito MSI
Legislatura
Gruppo MSI
Coalizione
Circoscrizione Roma
Regione {{{regione}}}
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Senatore a vita
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Incarichi parlamentari
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Giorgio Almirante (Salsomaggiore Terme27 giugno 1914 – Roma22 maggio 1988) è stato un politico italiano.

Giorgio Almirante fu il più importante esponente del Movimento Sociale Italiano, partito politico di destra, da lui fondato nel 1946 insieme ad altri reduci della Repubblica Sociale Italiana (come Pino Romualdi ed ex esponenti del regime fascista come Augusto De Marsanich).

Indice

[modifica] La formazione

Il padre Mario Almirante, attore e direttore di scena della compagnia di Eleonora Duse e di quella di Ruggero Ruggeri, in seguito regista del cinema muto, apparteneva ad una famiglia di attori e di patrioti, con ascendenti appartenenti all'alta nobiltà di Napoli (gli Almirante erano stati dal 1691 i duchi di Cerza Piccola).

A causa del lavoro del padre visse i primi 10 anni di vita in giro per l'Italia per poi stabilirsi prima a Torino e quindi a Roma.

In questa città si laurea in lettere nel 1937 con una tesi sulla fortuna di Dante nel Settecento italiano con l'italianista Vittorio Rossi.

[modifica] Periodo fascista

« Non rinnegare, non restaurare »
(Augusto De Marsanich, ripresa da Almirante)

Parallelamente agli studi, compiuti a Torino presso il Liceo Classico Vincenzo Gioberti, iniziò la sua carriera come cronista presso il quotidiano fascista Il Tevere dove lavorò fino al 1943 e di cui fu caporedattore. Firmatario nel 1938 del Manifesto della razza, dal 1938 al 1942 collaborò alla rivista La difesa della razza come segretario di redazione.

Su questa rivista si occupò di far penetrare in Italia le tesi razziste provenienti dalla Germania nazista, che già avevano portato all'approvazione nel 1938 delle leggi razziali fasciste, e che faticavano ad imporsi nella società italiana, dov'erano percepite come un elemento estraneo alla cultura nazionale. All'accusa che il regime si stesse appiattendo sempre più sulle posizioni naziste, Almirante, nell'ottobre del 1938, rispondeva che:

« il razzismo è il più vasto e coraggioso riconoscimento di sé che l'Italia abbia mai tentato. Chi teme ancor oggi che si tratti di un'imitazione straniera non si accorge di ragionare per assurdo: perché è veramente assurdo sospettare che il movimento inteso a dare agli italiani una coscienza di razza […] possa servire ad un asservimento ad una potenza straniera »
(Giorgio Almirante,[1] 1938)

Ancora nel maggio del 1942 Almirante, nell'articolo "Contro le pecorelle dello pseudo-razzismo antibiologico", ribadiva l'adesione del regime alle tesi razziste rispondendo alle accuse che le indicavano come un corpus estraneo alla cultura cattolica e nazionale:

« Noi vogliamo essere, e ci vantiamo di essere, cattolici e buoni cattolici. Ma la nostra intransigenza non tollera confusioni di sorta […] Nel nostro operare di italiani, di cittadini, di combattenti – nel nostro credere, obbedire, combattere – noi siamo esclusivamente e gelosamente fascisti. Esclusivamente e gelosamente fascisti noi siamo nella teoria e nella pratica del razzismo »
(Giorgio Almirante,[2] 1942)

La collaborazione a La difesa della razza fu l'unica esperienza che Almirante sconfessò completamente affermando "di aver superato la sua adesione al movimento razzista per ragioni umane e concettuali, per uno di quei superamenti di coscienza ai quali bisogna pur pervenire se si vive con piena onestà la propria fede e la propria dottrina".[3]

[modifica] Durante la Repubblica Sociale Italiana

Dopo aver partecipato alla campagna d'Africa, con l'armistizio dell'8 settembre e la successiva creazione della Repubblica Sociale Italiana, Almirante passò a Salò arruolandosi nella Guardia Nazionale Repubblicana con il grado di capomanipolo. Successivamente, dopo aver ricoperto il ruolo di capo di gabinetto del ministro della Cultura popolare di Mussolini, passò al ruolo di tenente della brigata nera dipendente dal Minculpop, come veniva chiamato il Ministero della cultura popolare della RSI. In questa veste, al pari delle altre camicie nere, si impegnò nella lotta ai partigiani in particolare in Val d'Ossola e nel grossetano. Qui, il 10 aprile 1944, apparve un manifesto firmato da Almirante:

« tutti coloro che non si saranno presentati saranno considerati fuorilegge e passati per le armi mediante fucilazione nella schiena.
I gruppi di sbandati qualunque ne sia il numero dovranno inviare presso i comandi militari di Polizia Italiani e Tedeschi un proprio incaricato per prendere accordi per la presentazione dell'intero gruppo e per la consegna delle armi. »

Nel 1971 il volantino verrà ritrovato nell'archivio comunale di Massa Marittima e la sua pubblicazione sul giornale l'Unità del 27 giugno 1971 susciterà roventi polemiche[4].

[modifica] Il dopoguerra

« Vivi come se tu dovessi morire subito. Pensa come se tu non dovessi morire mai. »
(Giorgio Almirante, da Autobiografia di un 'fucilatore')
« Quando vedi la tua verità fiorire sulle labbra del tuo nemico, devi gioire, perché questo è il segno della vittoria. »
(Giorgio Almirante)

Dal 25 aprile 1945 fino al settembre 1946 rimase in clandestinità. Il 26 dicembre 1946 Almirante partecipò a Roma alla riunione costitutiva del Movimento Sociale Italiano (MSI). Diresse "Rivolta Ideale" settimanale di propaganda. Nel nuovo partito assunse subito la carica di Segretario, che mantenne fino al gennaio 1950. Nel 1947 fu condannato al confino di polizia per collaborazionismo con i nazisti e per le sua attività successive alla guerra. [5]

Fu eletto in Parlamento fin dalla prima legislatura (1948) e sempre rieletto alla Camera. Dopo la morte del segretario Arturo Michelini, tornò dal 29 giugno 1969 fino al dicembre 1987 al vertice del partito.

Durante la sua lunghissima permanenza alla segreteria del MSI Almirante seppe far valere la propria personalità pacata e consensuale, indispensabile in un partito dove, soprattutto dopo la fusione con i monarchici nel 1971, militavano personalità diversissime per provenienza politica e per caratteristiche caratteriali[citazione necessaria]. Almirante fu l'artefice di quella che fu definita la "politica del doppiopetto", in bilico tra le rivendicazioni dell'eredità fascista e l'apertura al sistema.

  • Si distinse in diverse battaglie per la difesa dell'italianità sul territorio nazionale, pronunciando discorsi fiume (anche di nove ore) a favore del ritorno all'Italia di Trieste, la cui "questione" non era ancora stata risolta, e poi contro la modifica dello statuto speciale del Trentino-Alto Adige, con la quale veniva attuata la tutela della comunità di lingua tedesca ma che a suo vedere era troppo sbilanciata a sfavore della comunità italiana, e contro l'istituzione delle regioni nel 1970. Criticò anche la legge Scelba che vietava la ricostituzione del Partito Fascista.
  • Agli inizi degli anni Sessanta si batté contro la nazionalizzazione dell'energia elettrica; agli inizi degli anni Settanta, per disciplina di partito, contro l'introduzione del divorzio. La sua posizione di apertura era stata infatti messa in minoranza durante le discussioni alla direzione del MSI [1]. Egli stesso si era avvalso delle possibilità offerte dalla legge Fortuna-Baslini per divorziare da Gabriella Magnatti e risposarsi con Assunta Stramandinoli, conosciuta quando era sposata con il marchese De Medici e rimasta poi vedova del primo marito.
  • Nel 1972, grazie anche alla fusione con il PDIUM il MSI ottenne il suo massimo storico alle elezioni politiche (diventando MSI-Destra Nazionale), 8,7% alla Camera e 9,2% al Senato, eleggendo 56 deputati e 26 senatori. Già l'anno prima il MSI (ormai Msi-Dn) aveva ottenuto un notevole risultato alle elezioni regionali in Sicilia, con un clamoroso 16 per cento.
  • Divenuto il principale simbolo della destra anticomunista, fu spesso attaccato dalle forze della sinistra soprattutto estrema, che lo accusarono anche di esser stato un "fucilatore"[citazione necessaria] durante il suo passato nella Repubblica Sociale Italiana. [6]

Almirante rispose a queste accuse per vie legali ed editoriali, pubblicando Autobiografia di un fucilatore: «Un titolo doppiamente bugiardo, poiché non è un'autobiografia, né io sono un fucilatore». I giornalisti che vennero querelati da Almirante vennero tutti assolti da diversi tribunali della Repubblica «per avere dimostrato la verità dei fatti».[7][8]

L'allora Procuratore Generale di Milano, Luigi Bianchi d'Espinosa, decise di chiedere alla Camera l'autorizzazione a procedere nei suoi confronti per tentata ricostituzione del Partito fascista; l'autorizzazione fu concessa il 24 maggio 1973 con 484 voti a favore contro 60, ma l'inchiesta non ebbe alcun esito e venne archiviata. Una raccolta di firme promossa dalla sinistra extraparlamentare per lo scioglimento del MSI non ebbe miglior successo. La storiografia ha peraltro accertato con numerose prove che il noto volantino sugli "sbandati" della RSI a firma di Almirante (e che lui sostenne poi essere un falso), era assolutamente originale.

  • Nel 1977 affrontò con serenità la scissione che portò alla nascita di Democrazia Nazionale, effimero partito composto per lo più da elementi di provenienza monarchica ma anche da esponenti "storici" del Msi come De Marzio, Cerullo e Anderson che con un programma moderato intendevano tentare un aggancio con il centro democristiano. Alle elezioni politiche del 1979 Democrazia Nazionale non ottenne alcun seggio e sparì dalla scena politica.
  • Nella seconda metà degli anni Settanta, in piena emergenza terrorismo, si schierò per l'introduzione della pena di morte per i terroristi colpevoli di omicidio.
  • Sempre negli anni Settanta Almirante si rese autore di favoreggiamento aggravato nei confronti di Carlo Cicuttini, dirigente dell'MSI friulano e autore della Strage di Peteano nella quale furono uccisi tre Carabinieri. Per tale crimine Almirante chiese in seguito l'amnistia che gli venne concessa in quanto maggiore di 70 anni.
  • Successivamente avversò la legalizzazione dell'aborto, e sostenne i provvedimenti del Governo Craxi per l'attuazione del decreto legge per la liberalizzazione del mercato televisivo.

Le sue condizioni di salute lo obbligarono nel 1987 ad abbandonare la segreteria del partito, a favore del suo delfino Gianfranco Fini, già segretario del Fronte della Gioventù. Una scelta che aveva il significato di tagliare i ponti col passato, perché «Nessuno potrà dare del fascista a chi è nato nel dopoguerra».

Il 24 gennaio 1988 fu eletto presidente del partito dalla maggioranza del comitato centrale. Morì a Roma il 22 maggio dello stesso anno, dopo anche un intervento eseguito a Parigi successivamente al quale le sue condizioni peggiorarono notevolmente[2]. La sua morte cadde il giorno successivo a quella di Pino Romualdi. La presidente della Camera dei deputati Nilde Jotti e il leader comunista Giancarlo Pajetta si recarono alla camera ardente a rendere omaggio ai due capi storici del Msi. Lo stesso Almirante nel 1984 si era recato insieme a Pino Romualdi a rendere omaggio alla salma di Enrico Berlinguer a Botteghe Oscure. Per i due leader missini si svolsero esequie comuni a Roma, a Piazza Navona.

Il successore di Almirante Gianfranco Fini, da lui stesso designato, onorò il suo predecessore e maestro definendolo "un grande italiano" e "il leader della generazione che non si è arresa".

Il 28 Maggio 2008, a seguito delle polemiche sorte per la proposta del sindaco di Roma Gianni Alemanno, ex missino ed ex esponente di AN, di dedicargli una via di Roma, alla Camera dei Deputati è stata data lettura di alcuni brani tratti da articoli che Giorgio Almirante aveva scritto nel 1942, quando dirigeva la rivista La difesa della razza, in cui sosteneva che era necessario proteggere l'Italia da meticci ed ebrei. Il presidente della Camera dei Deputati Gianfranco Fini, anch'egli ex missino ed ex leader di Alleanza Nazionale, ha preso le distanze da quelle affermazioni razziste e antisemite di Almirante, il quale però, come da citazione sopra riportata, aveva rigettato egli stesso tali tesi in precedenza.

[modifica] Riconoscimenti

Da circa 15 anni a Corato gli è stata intitolata una piazza.

A Giarre[9] a Rieti, Locorotondo, San Severo, Foggia, Montecorvino Rovella, Ragusa, Lecce, Praia a Mare, a Veglie ed a Santa Caterina Villarmosa (tutte località del meridione tranne Rieti) gli è stata intitolata una via.

Predecessore: Segretario del MSI Successore: [[Immagine:{{{immagine}}}|30x30px]]
nessuno 1946 - 1950 Augusto De Marsanich I
Arturo Michelini 1969 - 1987 Gianfranco Fini II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
con
con
nessuno {{{data}}} Augusto De Marsanich
MPE italiano Gruppo Lista di elezione Partito italiano Area Preferenze
1979 - 1984

giugno 1984 -
maggio 1988

Non iscritti

Destre europee

MSI

MSI

MSI

MSI

-

-

-

-

[modifica] Note

  1. ^ G. Almirante: Né con 98 né con 998. La difesa della razza, I, n. 6, pp. 47-48,1938
  2. ^ G. Almirante: .. Che la diritta via era smarrita...Contro le «pecorelle» dello pseudo-razzismo antibiologico.La difesa della razza, V, n. 13, pp. 9-11, 1942
  3. ^ http://www.ildomenicale.it/approfondimento.asp?id_approfondimento=16
  4. ^ R. Vanni: La Resistenza dalla Maremma alle Apuane pp. 95
  5. ^ Almirante e gli scheletri di Salò la Repubblica — 29 maggio 2008
  6. ^ Ebbe molta risonanza all'epoca l'episodio avvenuto all'Autogrill di Cantagallo (BO) dove il personale si rifiutò di servire il pasto ad Almirante in quanto "fascista": episodio minore, ma emblematico del periodo.
  7. ^ Sentenza della Cassazione dell'8 maggio 1978
  8. ^ Almirante e gli scheletri di Salò la Repubblica — 29 maggio 2008
  9. ^ Una strada giarrese dedicata a Giorgio Almirante (da azionegiovanigiarre.org)

[modifica] Bibliografia

  • 1972 Giorgio Almirante - La destra avanza
  • 1972 Giorgio Almirante - Processo al parlamento
  • 1973 Giorgio Almirante - Autobiografia di un 'fucilatore'
  • 1980 Giorgio Almirante - Processo alla repubblica
  • 1981 Giorgio Almirante - Pena di morte
  • 2004 Franco Franchi - Giorgio Almirante: un protagonista contro corrente ISBN 887509409
  • 2004 Felice Borsato - Almirante è ancora attuale ISBN 8875570663
  • 2005 Domenico Calabrò - Giorgio, la mia fiamma - Assunta Almirante racconta ISBN 88-87509-59-X

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