Carta del Carnaro
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La Carta del Carnaro, dettata da Alceste De Ambris e curata nella forma da Gabriele d'Annunzio, fu promulgata l'8 settembre 1920. Vi si affermava l'italianità di Fiume e vi si sosteneva un futuro stato rivoluzionario-corporativo. Proprio dalla Carta del Carnaro "dannunziana" anche il regime fascista in seguito prenderà spunto per la propria dottrina politica economica riproposta nella Carta del lavoro del 1927, dove attraverso la politica del corporativismo si voleva, in teoria ,creare un sistema antagonista nei confronti della società capitalistica, e di quella marxista.
« Art. 2 - La Repubblica del Carnaro è una democrazia diretta, che ha per base il lavoro produttivo e come criterio organico le più larghe autonomie funzionali e locali. Essa conferma perciò la sovranità collettiva di tutti i cittadini senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di classe e di religione; ma riconosce maggiori diritti ai produttori e decentra, per quanto è possibile, i poteri dello Stato, onde assicurare l'armonica convivenza degli elementi che la compongono. » |
« Art. 5 - La Costituzione garantisce inoltre a tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, l'istruzione primaria, il lavoro compensato con un minimo di salario sufficiente alla vita, l'assistenza in caso di malattia o d'involontaria disoccupazione, la pensione per la vecchiaia, l'uso dei beni legittimamente acquistati, l'inviolabilità del domicilio, l'habeas corpus, il risarcimento dei danni in caso di errore giudiziario o di abuso di potere. » |
La Carta ha contenuti riferibili all'interventismo di sinistra, che a Fiume trovava espressione sulle pagine del giornale Testa di ferro. Il suo direttore, Mario Carli, era infatti filobolscevico, come filobolscevica e libertaria era una parte della legione fiumana.
Alcuni considerano la Carta del Carnaro opera del genio e delle idee di Gabriele d'Annunzio, ma tale ipotesi non è realistica o quantomeno enormemente riduttiva rispetto ai fermenti del periodo storico in cui si sviluppò l'impresa di Fiume.
D'Annunzio per sue caratteristiche di esteta e di narcisista fu attratto dall'aspetto creativo dell'avventura rivoluzionaria di Fiume che gli permetteva di esternare tali sue caratteristiche. Non escludendo per nulla, al momento che vi fosse anche buona fede e passione, da parte del poeta, nel pensare all'edificazione di una società ben superiore a quella italiana sia del tempo sia, per diversi aspetti, di quella attuale.
Indice |
[modifica] Cenni al periodo storico
Si ricorda che in quel periodo Lenin giudicava d'Annunzio l'unico in grado di guidare la rivoluzione in Italia, in un periodo caratterizzato anche dalla presenza di una frangia di futuristi di sinistra. La Carta ha una matrice che discende dall'interventismo di sinistra dei Fasci d'Azione Internazionalista, ma soprattutto dal sindacalismo rivoluzionario di Alceste De Ambris, Filippo Corridoni e Vittorio Picelli e che in parte si ritrova nel Manifesto dei fasci italiani di combattimento di piazza San Sepolcro (sansepolcrismo). Nello specifico, dal manifesto pubblicato su Il Popolo d'Italia viene estrapolata la parte più legata al sindacalismo rivoluzionario del manifesto di San Sepolcro (tralasciando la parte imperialistica) e quindi il manifesto pubblicato risulta teoricamente base del fascismo, ma non verra mai applicato dal fascismo affermato che agirà invece in senso diametralmente opposto.
È da ricordare, per miglior comprensione, che l'Impresa di Fiume fu il brodo di coltura da cui poi scaturirono anche gli Arditi del popolo ed il Fiumanesimo di sinistra.
Esempio ne è la difesa della camera del lavoro di Bari in cui Arditi del Popolo, squadre di autodifesa antifascista di varia connotazione politica e ufficiali ex legionari fiumani (fra i più importanti comandanti di questo coagulo di forze vi era Giuseppe Di Vittorio) sconfissero gli squadristi del ras Caradonna.
Solo l'intervento degli organi istituzionali di repressione dello Stato permetterà ai fascisti di passare, così come accadrà in moltissime occasioni in altri posti.
[modifica] Voci correlate
- Ercole Miani
- Arditi
- Arditi del Popolo
- Antonio Cieri
- Guido Picelli
- Filippo Corridoni
- Argo Secondari
- Alberto Acquacalda
- Vincenzo Baldazzi
- Alceste De Ambris
- Armando Vezzelli
- Gaetano Perillo
- Lorenzo Parodi
- Orazio Raimondo
- Storia del movimento partigiano a Genova
- Strade di Genova intitolate a partigiani ed antifascisti
- Fatti di Sarzana
- Formazioni di difesa proletaria
[modifica] Bibliografia
- G. Negri - S. Simoni, Le Costituzioni inattuate, Roma, Colombo, 1990.
- C. Salaris - Alla festa della Rivoluzione
[modifica] Approfondimento
il libro seguente puo' fornire informazioni sul complesso rapporto che ebbe il D'Annunzio col fascismo,anche in riferimento ad avvenimenti successivi al periodo della Carta del Carnaro, ad esempio in relazione alla guerra di Etiopia,tale intervento fu condannato dal D'Annunzio in modo durissimo
« La "piovra" che ha avviluppato Silone avvolse nei suoi tentacoli, come vittima, un personaggio illustre: Gabriele D'Annunzio. Il Duce non si fidava del Vate, anzi lo vedeva come un possibile antagonista, "fascista per convenienza, antifascista (o, meglio, a-fascista) per implicita convinzione", al punto di dire di lui:"D'Annunzio è il dente cariato d'Italia: o strapparlo o ricoprirlo d'oro". È così che il poeta divenne "l'uomo più controllato d'Italia", come scrive nelle sue memorie il Federale di Brescia, Giovanni Comini. » |
da sito del SISDE,recensione "D’Annunzio e la piovra fascista" di Roberto Festorazzi minotauro editore
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