Carlo Magno precursore dell'Unione Europea
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In un documento celebrativo di un poeta anonimo, redatto durante gli incontri a Paderborn tra l'Imperatore e Papa Leone III; si celebra la figura di Carlo Magno Rex Pater Europae il padre dell'Europa. Nei secoli successivi si è molto discusso sulla consapevolezza, da parte del re franco, di essere stato il promotore di uno spazio politico ed economico che può essere fatto ricondurre all'attuale concetto di continente europeo unificato.
Immediatamente verso la fine del XIX secolo, e durante tutta la prima metà del XX; il problema veniva posto in termini prettamente nazionalisti: in particolar modo, storici francesi e tedeschi si disputavano la primogenitura del Sacro Romano Impero. Oggi è acclarato che rivisitazioni di natura nazionalistica non hanno fondamento preciso, tanto più che Carlo Magno non poteva essere considerato né francese né tedesco poiché i due popoli non si erano ancora formati. È pur vero che il re franco governava su di un regno dove la frattura etnica tra germani e latini aveva lasciato una forte impronta geografica nell'area. All'epoca però quando ci si rifaceva all'appartenenza ad una certa etnia, non si prendeva in considerazione la lingua di ciascuno popolo come aspetto fondamentale di demarcazione. I franchi ad esempio, specialmente in Neustria ed Aquitania, costituivano un'infima minoranza rispetto ai residenti di origine gallo-romana e quindi, pur essendo un popolo di origine germanica parlavano la lingua romanza degli abitanti della zona. Oltre la Senna, in special modo in Neustria continuavano a tramandarsi la lingua dei padri che poteva essere assimilata ad altre lingue teutoniche parlate da Sassoni e Turingi. Semmai quindi, queste popolazioni avevano una comunanza e si rifacevano ad un'etnia ben precisa, dal ricordo delle invasioni. Bisogna capire che questi popoli, ancorché all'epoca di Carlo Magno, avevano ben presente la distinzione tra "Romano" e "Germanico". Nella prima metà del XX secolo, verso la fine degli anni Trenta, l'analisi venne indirizzata in altri metodi; soprattutto grazie all'opera dello storico belga Henri Pirenne che analizzava gli avvenimenti storici secondo un'altra prospettiva. L'Impero governato dal re dei Franchi doveva essere studiato secondo la sua posizione politico-economico-amministrativa rispetto a quell'Impero Romano di cui portava avanti se non l'eredità, almeno il nome.
Pirenne affermava che dal punto di vista sociale, le invasioni barbariche non comportarono grandi mutamenti e per questo si può benissimo parlare di età tardo-antica almeno sino all'avvento di Maometto ed alla conseguente espansione Araba. Espansione che costrinse l'Europa a precludersi quegli spazi commerciali con il Mediterraneo che erano stati alla base della ricchezza degli imperatori romani. Di conseguenza, tutto il continente si ripiegò su se stesso contraendo il volume dei commerci,ed infeudandosi a livello territoriale.
Questa visione è contestata da molti studiosi i quali, al giorno d'oggi, hanno potuto collocare con precisione temporale l'inizio della cosiddetta epoca tardo-antica; vale a dire immediatamente dopo le riforme di Diocleziano e Costantino. Inoltre l'abbandono dei traffici mediterranei, il decadimento della vita urbana e l'abbandono quasi totale del sistema monetario come unità di conto, possono essere fatti risalire chiaramente al periodo tardo-romano o tuttalpiù alle disastrose campagne militari dell'Imperatore Giustiniano. Possiamo suddividere così l'analisi storica in due grandi correnti: quella della continuità e quella della discontinuità. Al momento attuale sembrano prevalere le ragioni degli storici appartenenti alla prima corrente. Fatto salvo che evidentemente, non si ha una frattura tra l'espansionismo arabo e l'inizio dell'epoca medievale, non si può neanche affermare che l'Impero carolingio fosse diretto continuatore a livello amministrativo e politico ed economico degli ultimi cesari. È innegabile il fatto che il Regnum Francorum si stanziava su un territorio prevalentemente isolato, a livello economico-commerciale dal bacino mediterraneo. Senza dimenticare l'asse portante su cui si muovevano le merci e dove circolavano le monete, che era quello del Reno.
La teoria della continuità con l'epoca antica, si suddivide a sua volta in altre categorie: quella degli "iper-romanisti" o fiscalisti, e quella degli analisti del sistema sociale e produttivo. I primi, affermano che in un certo senso, un embrione amministrativo, dominate nell'economia europea, non si era affatto disgregato dopo le invasioni barbariche . A sostegno dell'ipotesi, gli storici pretendono di ritrovare nella documentazione carolingia delle disposizioni che rimandino alla politica fiscale dei romani. L'imposta fondiaria ad esempio, non scomparse del tutto ma dovette essere percepita dalle popolazioni come una specie di tassa, senza un uso specifico, che andava a confluire nelle casse regie. Gli altri analisti invece sostengono che il problema debba essere analizzato dal punto di vista sociale e produttivo: la condizione sociale dei contadini (coloni,servi,liberti o schiavi casati) che lavoravano nei fondi fiscali non si discostava troppo dalla posizione giuridica che avevano gli schiavi dell'antica Roma. Anche questa teoria è stata quasi completamente smantellata anche perché si è visto che dal punto di vista sociale, i lavoratori avevano fatto considerevoli passi avanti (seppur pochi). Sotto il regno di Carlo Magno, questi lavoratori (servi della gleba) rimanevano si incorporati al possedimento terriero da essi lavorato in precaria, ma potevano addirittura contrarre matrimonio e il loro signore era tenuto a rispettarne la decisione.Infine possedevano una propria abitazione nella quale venivano spesso casate diverse famiglie contadine . Oltretutto la religione incoraggiava alla liberazione degli schiavi, esortando i padroni a compiere quest'atto di clemenza che veniva riconosciuto a livello giuridico con la denominazione di "manipolazione". Insomma è lampante che l'Impero carolingio conservasse sotto alcuni aspetti, elementi continativi con l'età tardo-romana (più evidenti peraltro ai contemporanei) ma è altrettanto pacifico che il processo di trasformazione del continente europeo era già partito proprio dal progressivo disgregamento della finanza pubblica e dell'amministrazione a seguito della calata dei barbari.
In definitiva, il continente governato da Carlo Magno, agli occhi del cittadino moderno appare straordinariamente familiare: un continente dove abbiamo un settentrione Italiano più integrato del sud. Una regione,la Catalogna, più "europea" nei confronti del resto della Spagna e una Francia dominante insieme alla Germania con la Gran Bretagna sostanzialmente estranea alle tribolazioni delle istituzioni centrali comunitarie.