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Necropoli dei bambini di Lugnano - Wikipedia

Necropoli dei bambini di Lugnano

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La necropoli dei bambini di Lugnano è un eccezionale ritrovamento archeologico di epoca tardo romana, consistente in una numerosa serie di sepolture che, sulla base delle ceramiche ritrovate, sono state datate intorno alla metà del [[V secolo|V secolo]]. Una delle tante particolarità, da cui deriva il nome, dipende dal fatto che le sepolture riguardano esclusivamente corpi di bambini (in maggioranza neonati) e feti abortivi, in numero, rispettivamente, di 25 e 22.[1]

Una forte serie di indizi suggerisce che le morti si siano tutte consumate in un arco di tempo brevissimo; una circostanza questa che ha indirizzato gli studiosi verso l'ipotesi di una pestilenza. La ricerca delle esatte cause della morìa ha dato origine ad un fruttuoso filone di ricerca interdisciplinare che, con buone argomentazioni, è giunto alla convinzione di essere di fronte alla prima evidenza archeologica della malaria. Sono state inoltre rinvenute evidenze della sopravvivenza di antichi riti di stregoneria e sacrifici pagani in un'area ormai da tempo cristianizzata. Di converso, la mancanza di alcun segno di cristianità nelle sepolture può far pensare ad una comunità ancora pagana.[2]

Oltre alle importanti implicazioni sulla storia epidemiologica della penetrazione della malaria in occidente, sono state affacciate affascinanti ipotesi sul ruolo attivo della malaria nella decadenza del mondo antico e sulle ripercussioni che l'epidemia del V secolo può aver avuto sulla repentina ritirata di Attila nel 452 a.C., tuttora inspiegata.

Indice

[modifica] Gli scavi

Gli scavi, compiuti negli anni 1988-1992 dall'equipe del prof. David Soren dell'Università dell'Arizona a Tucson, hanno riportato alla luce la necropoli in una località collinare detta Poggio Gramignano, sita nella media valle del Tevere, sulla sinistra idrografica del fiume, nel comune di Lugnano in Teverina (TR), ad un'altezza di 185 m slm. Le sepolture sono state rinvenute all'interno di una villa romana di età augustea, costruita intorno al 15 d.C.,[3] ma già in rovina dal III secolo,[4] la cui costruzione si adagiava su ondulazioni collinari affacciate sul Tevere, il cui corso si snoda circa 3,5 km più a sud. La villa era già in piccola parte conosciuta grazie alle sessioni di scavo condotte da Daniela Monacchi nel 1982 e 1984. Gli scavi di Soren e collaboratori, per inciso, hanno rivelato che i pochi resti della villa fino ad allora conosciuti, facevano parte di un ben più esteso complesso, articolato su oltre 1800 mq. L'area interessata dalla necropoli è costituita da cinque stanze degli ambienti residenziale della servitù, collocati in posizione dominante rispetto alla dimora gentilizia.

[modifica] Le sepolture

Tra i sistemi di inumazione utilizzati vi è quello che vien detto a cista, in cui i corpi, in posizione raccolta, sono inseriti all'interno di contenitori, in questo caso anfore riadattate allo scopo.[5] Non si tratta comunque dell'unico sistema adoperato: altri corpi sono stati semplicemente inumati oppure collocati sotto frammenti di anfora o protetti, in altri casi, all'interno di rudimentali alloggiamenti, rettangolari o spioventi, realizzarti con tegole e frammenti ceramici provenienti dalla villa in rovina. I feti e i neonati sono confinati in due delle cinque camere; a loro sono dedicate le sepolture meno elaborate.

[modifica] Reperti e resti animali e vegetali

Molto peculiare è la varietà dei reperti che hanno accompagnato le inumazioni:

Gli strati portati alla luce hanno rivelato la contemporanea deposizione di interessanti resti animali e vegetali, come:

[modifica] Sopravvivenza di rituali magici in una società cristianizzata

Sia gli oggetti che gli animali, di certo non direttamente collegabili ai defunti, sono stati interpretati come evidenti indizi di sacrifici e rituali magici e apotropaici, eseguiti in occasione delle sepolture ed in assenza di alcuna simbologia cristiana; è un importante testimonianza della sopravvivenza di rituali pagani in un'area da tempo cristianizzata.

In particolare, agli occhi degli scopritori, i resti dei cani, dilaniati prima della loro deposizione, appaiono come elementi di un rituale sacrificale di purificazione delle donne abortenti.[6] In effetti gli autori forniscono un completo resoconto dei riscontri sull'utilizzo di oggetti ed animali simili in connessione a riti di stregoneria. È attestato ad esempio l'utilizzo di sacrifici di cani sia in funzione apotropaica[7] sia in riti di purificazione,[8] essendo nota peraltro le superstizioni sull'impurità delle madri abortenti.[9]

Per quanto riguarda i destinatari dei sacrifici e delle offerte rituali, deve trattarsi sicuramente divinità infere e non celesti. Soren ritiene plausibile doversi trattare di Ecate, deità ctonia e psicopompa, collegata al culto dei morti e, specificamente, all'accompagnamento dei morti prematuri; è significativa l'associazione del suo culto ai cani e, in particolare, ai cuccioli.

[modifica] Lo schema inusuale di deposizione

La deposizione dei cadaveri occupa cinque stanze addossate a una ondulazione della collina a nordovest e si sviluppa secondo uno schema che gli scopritori non esitano a definire inusuale per una necropoli di epoca romana:[10]

  • il lavoro di inumazione ha dato luogo ad una successione di sottili accumuli di terra, gli ultimi dei quali contenenti in prevalenza ceneri, stratificatisi fino a raggiungere un notevole spessore, elevando il livello del suolo nelle stanze di circa tre metri.
  • all'interno di questa successione i resti umani sono distribuiti su vari livelli di profondità, con una intensificazione degli eventi al livello superiore
  • nonostante la fitta stratificazione, l'uniformità dei resti ceramici e la corrispondenza tra giunzioni di frammenti ceramici appartenenti a diversi livelli, hanno permesso di concludere che tutte le deposizioni appartengono ad un unico strato archeologico.
  • l'analisi dei campioni dei suoli interessati ha confermato l'uniformità dei vari strati
  • sui resti dei cani dilaniati, di cui si è già detto, non vi è nessuno dei tipici segni rilevatori di un'avvenuta esposizione agli agenti atmosferici: la loro dispersione su più strati non può essere attribuita a casuali interramenti successivi ma deve essere avvenuta in un breve arco di tempo

Questi elementi permettono di affermare, come già anticipato, che le sepolture si susseguirono in uno strettissimo lasso di tempo, valutabile nell'ordine di poche settimane, se non addirittura di pochi giorni, con un ritmo di inumazione che si è andato intensificando dalla prima e singola deposizione, attraverso sepolture multiple che si sono via via sovrapposte.

[modifica] La stagione dei decessi

È stato anche possibile individuare la stagione dell'anno a cui risalgono le morti: la presenza di resti carbonizzati di caprifoglio,[11] un arbusto di macchia mediterranea che, come noto, fiorisce e va a seme in piena estate, ha permesso di collocare gli eventi nella stagione più calda.

Questo collima con i sacrifici animali. È nota da Plinio l'usanza dei sacrifici di cani contro le febbri estive; il cane era infatti collegato a Sirio, stella della costellazione del Cane, un astro associato fin dall'antichità al pieno della stagione estiva, quando avveniva la sua sorgenza eliaca.[12]

[modifica] La causa delle morti

[modifica] L'ipotesi di Mario Coluzzi

Gli elementi esposti nelle sezioni precedenti hanno portato gli studiosi a credere che tante morti infantili in un breve tempo siano dovuti ad una forma di epidemia. Le ossa dei bambini peraltro, con la loro struttura a nido d'ape, mostravano chiari i segni dell'anemia; una circostanza questa che ha fatto emergere un'affascinante ipotesi sulla possibile causa dei decessi, da imputarsi, secondo Mario Coluzzi, parassitologo dell'Università La Sapienza, alla malaria, la cui recrudescenza, sul territorio italiano, è tradizionalmente associata la periodo estivo.[13]

[modifica] Riscontri storico letterari

Esiste un preciso riscontro letterario alla conclamata insalubrità dei luoghi: nell'estate del 467 - siamo a pochi anni dal dramma consumatosi tra i neonati di Lugnano - Sidonio Apollinare, nobile vescovo di origini galliche, attraversò l'Italia da Ravenna a Roma per incontrare l'imperatore Antemio. Nel suo viaggio attraversò proprio i luoghi insalubri dell'Umbria e dell'Etruria lasciandoci una testimonianza degli effetti dei miasmi venefici, febbri e accessi di sete insaziabile, evidenti sintomi malarici:

« Poi attraversai le altre città della via Flaminia - una dopo l'altra - lasciando i Piceni sulla sinistra e gli Umbri alla destra; e qui il mio corpo esausto soccombé allo scirocco calabro o all'aria insalubre delle terre toscane dense di miasmi venefici, con accessi ora di sudore ora di freddo. Sete e febbre devastavarono il mio animo fino al midollo; invano assicurai alla loro avidità sorsi da piacevoli fontane, da sorgenti ascose e da ogni corso d'acqua che incontravo, fossero le trasparenze vitree del Velino, le acque gelide del Clitumno o quelle cerulee dell'Aniene, o le sulfuree del Nera, o le limpide acque del Farfa o quelle flave del Tevere... »
(Sidonio Apollinare, Epistulae, i.5.8-9[14])

[modifica] Possibili collegamenti con la ritirata di Attila

Gli anni della morìa dei bambini di Lugnano sono gli stessi in cui Attila e i suoi Unni sembravano sul punto di precipitarsi su Roma. Nel 452 Attila desisterà inspiegabilmente dai suoi propositi facendo marcia indietro con il suo esercito: le Leges novellae divi Valentiniani (V secolo) ricordano, tra i motivi che determinarono la rinuncia, l'imperversare di una pestilenza, non meglio precisata, più a sud, sulla strada che conduceva a Roma. Non è azzardato, secondo gli autori degli scavi, collegare questa notizia alla cronaca epistolare di Sidonio, di pochi anni successiva, e concludere così che dietro quella pestilenza non vi nascondesse altro che la malaria.

[modifica] Riscontri genetici

Le ossa, sottoposte ad analisi presso l'University of Manchester Institute of Science and Technology e l'Uppsala University Dept of Evolution, Genomics and Systematics, hanno rivelato la presenza inequivocabile di resti di DNA appartenenti al parassita Plasmodium falciparum.

Le sequenze di amminoacidi di rRNA individuate sono:

  • agaaataaca atacaatatc gaaaaatgat tttgtaattg gaatgatagg aatttacaag gttcctagag aaaccattgg agggcaagt
  • agaaataaca atacaatatc gaaaaatgat tttgtaattg gaatgatagg aattgacaag gttcctagag aaacaattgg agggcaagt[15]

Si tratterebbe in questo caso di una scoperta archeologica di straordinaria importanza per la ricerca medica: la necropoli di Poggio Gramignano è la più antica testimonianza della penetrazione, in Europa e nel mondo mediterraneo, del falciparum, la specie di plasmodium responsabile della forma fatale di malaria, un evento epidemiologico che avrà notevoli ripercussioni sulla storia europea dei secoli a venire.

[modifica] Esposizione museale

Gli scavi hanno visto il sorgere di una fruttuosa collaborazione tra la Soprintendenza per l'Umbria, gli archeologi e i loro studenti, il comune, l'associazione Pro loco e la gente del luogo che ha preso materialmente parte agli scavi. Un risultato collaterale è stato l'affascinante esposizione dei reperti all'interno di un antiquarium allestito nel palazzo comunale di Lugnano, in via Umberto I.

[modifica] Note

  1. ^ Le sepolture, in totale 47, riguardavano 18 feti, 22 neonati e solo 7 bambini di età superiore ai sei mesi; di questi solo uno mostra un'età di 2-3 anni. A questi numeri andrebbe aggiunta circa una dozzina di sepolture che, secondo la stima degli autori, sono ancora da riportare alla luce. È da osservare, come fanno notare gli autori, che di una corrispondente necropoli di adulti nessuna traccia è stata mai trovata.
  2. ^ Unico segno di un influsso cristiano può essere considerata la stessa di sepoltura i bambini di così breve esistenza, usanza sconosciuta in epoca non cristiana.
  3. ^ Nell'area sono state trovate tegole recanti marchi del I e del II secolo: la datazione di poco successiva al 10 è del prof. Soren. Un altro dei contributori (Archer Martin), si esprime nei termini di una datazione lievemente più tarda, intorno alla metà del I secolo (p. 229 del resoconto degli scavi).
  4. ^ La rovina della costruzione è datata all'inizio del III secolo, con utilizzi solo sporadici e accidentali in epoca successiva. Tuttavia, la presenza di bolli laterizi delle Figlinae Publilianae (Monacchi in Soren e Soren, A Roman villa..., cit., 1999, pag. 382), databili ai primi decenni del III secolo (cfr. Eva Margareta Steinby, La cronologia delle figlinae doliari urbane dalla fine dell'eta repubblicana fino all'inizio del III secolo. BCAR 84, Roma, 1974-75, 1977), potrebbe indicare un serio tentativo di manutenzione in quell'epoca.
  5. ^ Un immagine è visibile a questo indirizzo: [1].
  6. ^ Si veda Soren e Soren, The UoA excavations at Lugnano..., cit. in bibliografia.
  7. ^ Plinio, Naturalis historia, XXX 42 e XXX 64 ((LA) su LacusCurtius).
  8. ^ Pausania, III. L'usanza romana di sacrificare cani è riportata anche da Ovidio (Fasti, Libro IV), nella festa Robigalia. L'usanza, sconosciuta ai greci, è invece tipica dell'ambiente culturale etrusco-italico (si veda la voce Sacrifici su Mauro Cristofani, Dizionario della civiltà etrusca, Giunti, 1999, ISBN 8809217284, p. 254.
  9. ^ Plutarco, De superstitione 170b.
  10. ^ «This is not the normal burial pattern for a Roman cemetery», nelle parole di Soren.
  11. ^ Si veda l'immagine: [2].
  12. ^ Si tratta della cosiddetta canicola, un periodo variamente e approssimativamente collocato, secondo le latitudini e le culture, tra luglio e agosto.
  13. ^ È da aggiungere, come osservato da Soren nel primo articolo in bibliografia, che già in Plinio, Naturalis historia, XXVII, 94 è attestato l'utilizzo del caprifoglio, i cui resti carbonizzati sono stati trovati nella necropoli, nella cura dei malanni della milza, e in articolare della splenomegalia, che, specialmente nelle forme più massive, è tipico sintomo malarico (si veda per questo Splenomegaly su en.wikipedia).
  14. ^ Testo latino su The Latin library.
  15. ^ Il lettore può divertirsi a confrontarle con i dati presenti nel database del National Center for Biotechnology Information, inserendo le sequenze nel Basic Local Alignment Search Tool. (Avvertenza: i risultati AJ426488 e AJ426487 non vanno tenuti in considerazione in quanto sono proprio quelli inseriti dal gruppo degli autori della ricerca sulla necropoli di Lugnano).

[modifica] Bibliografia

[modifica] Approfondimenti

[modifica] Archeologia

  • Il voluminoso resoconto degli autori degli scavi:
    • David Soren, Noelle Soren (ed.). A Roman villa and a late Roman infant cemetery: excavation at Poggio Gramignano Lugnano in Teverina. Roma, L'Erma di Bretschneider, 1999 ISBN 9788870629897
  • Una guida sulle tecniche di scavo da applicarsi in casi analoghi:
    • David Soren, Can Archaeologists Excavate Evidence of Malaria?. World Archaeology, Vol. 35, No. 2, Archaeology of Epidemic and Infectious Disease (Oct., 2003), pp. 193-209 (da JSTOR) Abstract

[modifica] Storia e della malaria e paleopatologia

Da uno degli autori delle indagini genetiche:

[modifica] Collegamenti esterni

[modifica] Mass media

[modifica] Banche dati molecolari

[modifica] Altre immagini

  • [3] altre immagini dal sito della Comunità Montana Amerino Croce di Serra


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