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Letteratura in lingua veneta - Wikipedia

Letteratura in lingua veneta

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La letteratura in lingua veneta affonda le sue radici nella produzione di testi poetici e in prosa in lingua volgare, che si sviluppa nell'area corrispondente all'incirca all'odierna regione Veneto a partire dal XII secolo. La letteratura veneta, dopo un primo periodo di splendore nel Cinquecento con il successo di artisti come il Ruzante, giunge al suo massimo apogeo nel Settecento, grazie all'opera del suo massimo esponente, il drammaturgo Carlo Goldoni. Successivamente la produzione letteraria in lingua veneta subisce un periodo di declino a seguito della caduta della Repubblica di Venezia, riuscendo comunque nel corso del Novecento a raggiungere vette liriche mirabili con poeti come Biagio Marin di Grado.

Indice

[modifica] Le origini

La pergamena che riporta il testo dell'Indovinello veronese
La pergamena che riporta il testo dell'Indovinello veronese

La prima testimonianza della nascita della lingua volgare veneta (e italiana) è l'Indovinello veronese, databile fra la fine dell'VIII e l'inizio del IX secolo, scritto in una lingua a metà tra il latino e il volgare. Di area veneta è il primo frammento totalmente in volgare risalente al 1100, il Ritmo bellunese che tratta della Conquista del Castel d'Ard. Sempre databile al XII secolo sono i versi d'amore della canzone Quando eu stava in le tu' cathene.

[modifica] Il Duecento

In questo secolo si assiste in Veneto ad un'esplosione di componimenti volti a soddisfare i gusti letterari delle emergenti classi urbane. Particolarmente ragguardevole è la produzione della Scuola Veronese, con in primis Giacomino da Verona, autore del poema in due parti, De Jerusalem celesti e De Babilonia civitate infernali. Di area padovana (ma secondo alcuni autori trevisana) è il Lamento della Sposa Padovana o della Bona çilosia di autore anonimo, opera in novenari rimanti a coppie, in cui una giovane sposa piange il marito partito per le crociate, rifiutando ogni altro conforto che non sia il ricordo dello sposo.

[modifica] Il Trecento

Per tutto il XIV secolo, il centro della produzione letteraria veneta continua ad essere Padova e la corte carrarese. In questo secolo compare la Bibbia istoriata padovana e viene tradotto dal latino un trattato di medicina originariamente in arabo, il Libro Agregà de Serapiom. Sono poi da ricordare, per il loro espressionismo, i sonetti in pavano rustico di Marsilio da Carrara e di Francesco di Vannozzo. Anche nella capitale della Marca zoiosa esisteva un attivo centro di produzione letteraria, in cui al volgare trevisano si accompagnavano il toscano e il provenzale: della fine del trecento è la celebre Canzone contro l'amore di Auliver, scritta in un trevisano arcaico molto più vicino al bellunese che al veneziano. A testimoniare la fioritura e la varietà dei volgari veneti del Trecento, è la cosi detta Tenzone dei tre volgari contenuta nel Canzoniere di Nicolò de' Rossi, in cui il trevisano si alterna al veneziano e al padovano. Tra i componimenti a carattere storiografico è da segnalare la Cronaca de la guera tra Veniciani e Zenovesi di Daniele da Chinazzo sui fatti della guerra di Chioggia del 1379-1381.

Originali opere trecentesche sono quelle che nel loro complesso vanno sotto il nome di Letteratura franco-veneta, caratterizzate da una singolare mescolanza dei volgari veneti con il francese medievale. Tra le opere più note vi sono l'Entrée d'Espagne, di autore anonimo, e il suo proseguimento, La prise de Pampelune di Niccolò da Verona.

[modifica] Il Quattrocento

Per approfondire, vedi la voce Rinascimento veneto.

A partire dal Quattrocento Venezia inizia a far sentire la propria influenza in tutto il Veneto ed oltre, grazie al preminente ruolo politico assunto e al fiorire delle sue attività culturali (già alla fine del secolo saranno stati stampati a Venezia circa due milioni di volumi). Fra i più importanti autori lagunari del secolo vi è Leonardo Giustinian, creatore delle Canzonette e degli Strambotti, opere di carattere amoroso di ambito popolare e cittadino, scritte in un veneziano colto ed elegante, dotato di intrinseca musicalità e di numerose suggestioni letterarie. A Padova opera Iacopo Sanguinacci, erede della tradizione cortigiana di Francesco di Vannozzo e di Antonio Beccari. A partire dagli anni Sessanta comincia ad imporsi la poesia satirica, con autori quali il veronese Giorgio Sommariva e il veneziano Antonio Vinciguerra.

Nello stesso periodo iniziano a circolare numerosi sonetti in pavano ed in veronese di ambientazione rustica, ma di evidente matrice letteraria e cittadina e un genere teatrale quale quello dei Mariazi, farse in rima che mettono in scena la lotta tra i diversi pretendenti alla mano di una donna, e che già preannunciano l'emergere nel secolo successivo del genio del Ruzante. Sempre in quest'epoca autori anonimi effettuano due traduzioni in veneto del romanzo di Tristano, conosciute come Tristano Veneto e Tristano Corsiniano.

[modifica] Il Cinquecento

Statua del Ruzante in Piazza Capitaniato, Padova
Statua del Ruzante in Piazza Capitaniato, Padova

Il Cinquecento è il secolo in cui il genere teatrale giunge alla sua maturazione. Enorme è il successo delle commedie di Angelo Beolco detto il Ruzante (1500-1542), scritte in un padovano rustico (pavan), che rappresentano in maniera molto efficace il mondo quotidiano dei poveri contadini, con le loro gioie, le loro disperazioni e la costante lotta contro le ingiustizie e l'ipocrisia dei potenti. Il linguaggio rustico del Ruzante è poi ripreso dal poeta Giambattista Maganza detto Magagnò, autore con i due poeti vicentini Agostino Rava e Bartolomeo Rustichello delle Rime di Magagnò, Menon e Begotto in lingua rustica padovana.

Un interessante fenomeno linguistico è costituito invece dall'opera di Andrea Calmo (1550-1571); nelle sue commedie interagiscono personaggi che parlano ognuno con la propria lingua o dialetto, in una babele linguistica certo non troppo dissimile dall'ambiente veneziano dell'epoca, centro dei traffici commerciali e percorso da persone di ogni lingua e paese.

Nell'ambito della poesia erotica, già portata al successo da Pietro Aretino (che trascorse a Venezia la seconda parte della sua vita), si distingue Maffio Venier (1550-1586), noto tra l'altro per le sue accese diatribe in versi con la poetessa veneziana Veronica Franco.

Altre opere di questo periodo sono la commedia anonima La Venexiana, riscoperta solo nel 1928, e il poemetto anonimo La guerra de' Nicolotti e Castellani dell'anno 1521, che descrive la tradizionale guera dei pugni veneziana, in cui le due fazioni rivali dei Nicolotti e dei Castellani si affrontavano presso il ponte dei pugni. A quest'epoca risale inoltre la traduzione in veneto de La navigazione di San Brandano, ad opera di un autore anonimo.

[modifica] Il Seicento

Nel corso del Seicento la poesia, così in Veneto come nel resto d'Italia, non dà grandi frutti. Uno dei pochi poeti dialettali di questo periodo che siano degni di nota è Dario Varotari il giovane, pittore figlio del Padovanino e autore anche di dodici satire in lingua veneta. Del 1693 è invece la traduzione in veneto della Gerusalemme liberata del Tasso ad opera di Tomaso Mondini, stampato col titolo El Goffredo del Tasso cantà alla barcariola.

[modifica] Il Settecento

Carlo Goldoni
Carlo Goldoni

Nel Settecento Venezia, pur in declino e costretta ad un'attenta politica di neutralità, conosce una stagione di incredibile fioritura di tutte le arti, e tra queste la letteratura, che con Carlo Goldoni (1707-1793) giunge al punto più alto della sua storia. La riforma goldoniana del teatro riesce a far evolvere la commedia dell'arte, focalizzata sull'intreccio della vicenda e basata solamente su un canovaccio che lasciava molto spazio all'improvvisazione, in commedia organica e "di carattere", mettendo l'accento sul carattere dei personaggi, sui loro vizi e sulle loro virtù. Delle numerose commedie scritte da Goldoni in lingua veneziana, vale la pena citare perlomeno I rusteghi, Le baruffe chiozzotte e Sior Todero brontolon. Goldoni è autore inoltre di numerose poesie e poemetti in veneziano e in italiano.

Giorgio Baffo
Giorgio Baffo

Nello stesso filone di Maffio Venier due secoli prima, cioè la poesia di argomento erotico, si inserisce Giorgio Baffo (1694-1768), autore di numerosi componimenti poetici licenziosi, ma spesso anche polemici verso la corruzione dilagante della città di Venezia, e soprattutto del clero. Molto critico verso il Goldoni, intraprende con lui una diatriba in versi in occasione della rappresentazione del Filosofo inglese scritto da quest'ultimo. Apollinaire, che tradurrà in francese alcune sue poesie, lo definirà "il più grande poeta priapeo mai esistito, ma, al contempo, uno dei massimi poeti lirici".[1]


Un altro fondamentale protagonista del Settecento veneziano è il poeta Anton Maria Lamberti (1757-1832), autore di numerose e celebri canzonette, la più nota delle quali è probabilmente La biondina in gondoleta, musicata da Johann Simon Mayr. Sono da ricordare inoltre le due traduzioni dell'Iliade di Omero da parte di Giacomo Casanova e Francesco Boaretti. Altri importanti autori tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento sono Anton Maria Labia, autore di intelligenti satire conservatrici in difesa della morale; Lodovico Pastò, che in due ditirambi elogia rispettivamente la polenta e il vino Friularo di Bagnoli, oltre ai poeti Francesco Gritti e Pietro Buratti.

[modifica] L'Ottocento

Giacinto Gallina
Giacinto Gallina

A seguito della caduta della Repubblica veneta ad opera di Napoleone e del passaggio sotto l'impero asburgico, anche la produzione letteraria in lingua veneta subisce un brusco declino, e in generale il livello artistico delle opere non è all'altezza rispetto al secolo precedente. Vi sono tuttavia alcuni autori interessanti, come Giacinto Gallina (1852-1897), che rilancia il teatro dialettale veneziano, in crisi dopo la morte di Goldoni.

In campo poetico degni di una citazione sono Jacopo Vincenzo Foscarini, Camillo Nalin, Antonio Negri, Pietro Pagello, Attilio Sarfatti e Riccardo Selvatico, che è anche sindaco di Venezia alla fine del secolo. Anche due noti librettisti e autori di testi teatrali in lingua italiana, Arrigo Boito e Francesco Maria Piave, si cimentano occasionalmente con la lingua veneta, con risultati tutt'altro che da scartare, come l'Elogio de la polenta di Boito e la canzonetta La regata veneziana di Piave, musicata da Gioachino Rossini. Sempre in questo periodo lo storico dell'arte Gianjacopo Fontana realizza una traduzione in veneziano del Vangelo secondo Matteo.

[modifica] Il Novecento

Già nell'Ottocento, con il declassamento di Venezia da capitale a semplice città fra le tante, Venezia perde a poco a poco la sua egemonia anche in campo culturale. Questo fenomeno si fa però molto più evidente nel corso del Novecento, con l'emergere di diversi importanti poeti dialettali, quasi tutti non veneziani. Il maggiore poeta veneto del XX secolo è probabilmente Biagio Marin (1891-1985), che scrive in una particolare varietà della lingua veneta parlata a Grado, sua città natale. Importanti sono anche il veronese Berto Barbarani (1872-1945), il triestino Virgilio Giotti (1885-1957), il vicentino Eugenio Ferdinando Palmieri (1903-1968), il trevisano Ernesto Calzavara (1907-2000) e Giacomo Noventa (1898-1960) da Noventa di Piave. Ognuno di questi si esprime nel proprio dialetto e contribuisce quindi ad arricchire la cultura veneta, in precedenza focalizzata quasi esclusivamente su Venezia, portandovi la propria specificità e le caratteristiche proprie delle tante culture locali del Veneto. Il trevigiano Andrea Zanzotto (1921-vivente) giunge perfino ad elaborare un proprio linguaggio artificiale, il petèl, ispirato al modo in cui gli adulti sono soliti vezzeggiare i neonati. In anni recenti il poeta Nereo Zeper ha tradotto in triestino l'Inferno di Dante.

Nel teatro il maggior autore di questo periodo è il poeta e drammaturgo veneziano Domenico Varagnolo (1882-1949), che dà al teatro veneziano una forte spinta innovatrice. Nella scia di Varagnolo si pongono anche il veronese Renato Simoni (1875-1952) e il mantovano Gino Rocca (1891-1941), che pur non essendo veneziani producono anch'essi opere teatrali di buon livello in lingua veneziana. Tra gli autori di commedie in dialetto triestino figura il duo Carpinteri & Faraguna, forse più conosciuti per la serie di volumi delle Maldobrìe, raccolte di storie e racconti di ambiente giuliano-dalmata.

Lo scrittore forse più rappresentativo dell'epoca è però il vicentino Luigi Meneghello (1922-2007), il cui romanzo Libera nos a Malo è ritenuto una delle opere più importanti del Novecento, non solo per la cultura veneta ma per quella italiana in generale. Meneghello nelle sue opere, scritte in una lingua italiana letteraria contaminata dal dialetto vicentino e da colte citazioni inglesi, traccia un affresco dell'ambiente paesano di Malo, il suo paese natale, descrivendone i mille fatterelli della vita quotidiana, sempre cercando di cogliere la vena umoristica di una società contadina che oggi si sta estinguendo.

[modifica] Altri progetti

[modifica] Voci correlate

[modifica] Note

[modifica] Bibliografia

  • Elettra Bedon. Il filo di Arianna. Letteratura contemporanea in lingua veneta. Longo Editore, 1999. ISBN 9788880631958
  • Bruno Rosada. I secoli della letteratura veneta. Complementi dell'Offerta Formativa, a cura della Regione Veneto e della Provincia di Venezia. Arti Grafiche Venete, Venezia, 2002.


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