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Torquato Tasso - Wikipedia

Torquato Tasso

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Torquato Tasso

Torquato Tasso (Sorrento11 marzo 1544 – Roma25 aprile 1595) è stato uno scrittore e poeta italiano.

La sua opera più importante e conosciuta è la Gerusalemme liberata (1575), in cui vengono descritti gli scontri tra cristiani e musulmani alla fine della Prima Crociata, durante l'assedio di Gerusalemme.

Indice

[modifica] Biografia

Nacque a Sorrento l'11 marzo 1544. La nascita in tale località fu determinata da ragioni casuali; né il padre, né la madre erano campani. Infatti la madre, Porzia de' Rossi, era discendente da una nobile famiglia toscana, mentre il padre Bernardo, proveniente da un altrettanto nobile famiglia bergamasca, era conosciuto come uno dei più eleganti uomini letterati. Ciò favorì il sentimento costante di sradicamento da parte di Torquato, che proseguiva e radicalizzava la tradizione - già aperta da Petrarca - di nascite "in esilio" e di scrittori senza patria. All'età di 6 anni fece un viaggio in Sicilia e frequentò la Scuola siciliana dove coltivò profondi interessi riguardo il Manierismo. Negli anni seguenti durante un breve viaggio a Venezia si avvicinò alla pittura nordica.

Aveva dieci anni quando, nel 1554, raggiunse a Roma il padre Bernardo, segretario del principe di Salerno; la madre, rimasta a Napoli, morì due anni dopo, forse assassinata dai suoi stessi fratelli. Il padre lo mandò inizialmente a Bergamo da alcuni parenti e successivamente lo richiamò ad Urbino. Nel 1559 si trasferì col padre a Venezia dove a 15 anni cominciò a scrivere il suo primo poema, il Gerusalemme, poi interrotto. Frequentò l'università a Padova, dove studiò prima diritto, poi letteratura e filosofia. Il 1565 segna una data importante per la sua carriera di intellettuale: in quell'anno, infatti, si trova a Ferrara, dove entra nella corte estense al servizio del cardinale Luigi d'Este. In questo periodo riprende il poema sulla prima crociata che terminerà nel 1575. Con la terminazione del poema però termina anche il periodo più felice della vita di Tasso.

Infatti, preoccupato del fatto che il suo poema non rispettasse le convenzioni di genere, sottopose l'opera al giudizio di cinque autorevoli letterati che criticarono l'opera. Anche se da una parte difese il suo lavoro, il poeta accolse le critiche e revisionò il poema cambiando il titolo da Gerusalemme liberata a Gerusalemme conquistata e rimuovendo tutte le scene amorose. Nel frattempo cominciò a soffrire di manie di persecuzione. Ci furono vari episodi che confermano questa tesi: aggredì con un coltello un servo, accusandolo di seguirlo e spiarlo. Fu inizialmente spedito dal duca nel convento di S. Francesco, dal quale però riuscì a fuggire. Andò dalla sorella travestito e le disse che suo fratello era morto, così da vedere la sua reazione; quando vide che la sorella era estremamente addolorata, le svelò la sua vera identità.

Nel 1579 ritornò a Ferrara. Poiché fu accolto freddamente dal signore di Ferrara, lo insultò in pubblico durante il suo matrimonio con Margherita Gonzaga. Il duca Alfonso II d'Este lo fece così rinchiudere nell'Ospedale Sant'Anna, nella celebre cella del Tasso, dove rimase per sette anni. Grande documento della sua clausura è il ricco epistolario e gran parte dei Dialoghi, che ebbero luogo proprio a Sant'Anna. Scrisse anche diverse lettere a vari signori pregandoli di liberarlo. Durante la prigionia fu pubblicata, senza il suo consenso, un'edizione non corretta della Gerusalemme che comprendeva solo i primi 14 canti (su venti) e chiamata Goffredo di Buglione (dal nome del suo protagonista). Decise allora di pubblicare da sé la Gerusalemme liberata, che uscì nel 1581. Il 12 luglio 1586 fu liberato per intercessione dei Gonzaga.

Nel marzo del 1588 il Tasso, ripreso il frenetico peregrinare tra le corti e le città italiane, ritornò a Napoli dove intendeva risolvere felicemente le cause contro i parenti per il recupero della dote paterna, consistente in 3500 ducati, e contro il fisco, che aveva incamerato i beni del padre Bernardo. Benché potesse contare sulla parentela e sull'amicizia con la nobiltà partenopea (i Carafa, i Gesualdo, i Caracciolo di Avellino, i Manso), preferì accettare l'ospitalità dei frati Olivetani, in onore dei quali dette inizio al "Monte Oliveto", poemetto rimasto interrotto al I libro.

La permanenza a Napoli produsse graditissima impressione all'animo avvilito del Tasso per la magnificenza dei monumenti, esaltati in una lettera al cardinale Antonio Carafa (Se la patria si potesse eleggere con i padroni, io non avrei eletta altra che Napoli, la più riguardevole città del mondo) e per la leggiadria delle donne napoletane e in particolare di Maria d'Avalos, moglie di Carlo Gesualdo, alla quale dedicò il sonetto Questa del puro ciel felice imago.

Ma anche a Napoli si lasciò prendere dalla malinconia per le sue precarie condizioni di salute e per le ristrettezze economiche a cui si aggiunsero le polemiche letterarie religiose sulla Gerusalemme liberata da parte dei pedanti. Fu così che accettò l'invito dell'amico Giovan Battista Manso di accompagnarlo nel suo feudo di Bisaccia, dove poteva acchetarvi alcune discordie sorte tra quei suoi vassalli[1]. A Bisaccia, dove si trattenne per il mese di ottobre e novembre, il Tasso trovò grandissimo sollievo e, come si apprende da una lettera di Manso al principe di Conca, si diede alla caccia, mentre, quando le condizioni del tempo erano cattive, passava lunghe ore udendo suonare e cantare.

E poiché il Tasso credeva nell'esistenza degli spiriti, il conte di Bisaccia lo persuase di averne a familiare uno; questo spirito amoroso come racconta il Tasso nel dialogo Il messaggero, che lo visitava nei suoi sogni, gli appariva sotto la figura di un giovanetto dagli occhi azzurri, simili a quelli che Omero alla dea d'Atene attribuisce. Morì a Roma nel 1595 a 51 anni, poco prima di ricevere la laurea poetica promessagli da Ippolito Aldobrandini. Fu sepolto nella Chiesa di Sant'Onofrio al Gianicolo, presso il cui convento fu ospite in cerca di sollievo spirituale nell'ultimo periodo della sua vita.

[modifica] Opere

Pannello su mattonelle di ceramica a Sorrento
Pannello su mattonelle di ceramica a Sorrento

[modifica] Rime

Torquato Tasso compone un gran numero di poesie liriche, lungo l'arco di tutta la vita. Le prime furono pubblicate nel 1567 col titolo di Rime degli Accademici Eterei. Nel 1581 uscirono Rime e prose. Tasso lavorò fino al 1593 ad un riordino complessivo dei testi, distinguendo rime amorose e rime encomiastiche. Previde poi una terza sezione, dedicata alle rime religiose, ed una quarta, di rime per musica, ma non realizzò il progetto.

Nel 1573, in occasione di una festa a corte, Tasso presentò con grande successo, nei giardini di Belvedere, il dramma pastorale Aminta, idealizzazione lirica della vita della nobiltà, ancora oggi ritenuto uno dei migliori esempi del genere. Questa favola pastorale narra l'amore del pastore Aminta per la ritrosa Silvia che, indifferente, si dedica alla caccia. L'amore tra i due è infine celebrato dopo che entrambi hanno creduto morto il futuro amato. Figure importanti dell'opera sono Tirsi, personaggio sazio di gioie e piaceri, che vede il mondo con disincanto (un'evidente proiezione del poeta nel testo), e Dafne, matura e disillusa figura femminile esperta d'amore.

Nelle Rime amorose è ben riconoscibile l'influenza della poesia petrarchesca e della vasta produzione petrarchistica del Quattrocento e Cinquecento; contemporaneamente, però, il gusto per le preziosità linguistiche e la intensa sensualità rivelano l'evoluzione verso un linguaggio nuovo che maturerà nel Seicento. L'uso frequente di forme metriche poco usate dai poeti precedenti, come il madrigale e la raffinata musicalità dei versi fecero sì che molti di essi fossero musicati da grandi autori come Claudio Monteverdi e Gesualdo da Venosa.

Più solenni e classicheggianti le Rime encomiastiche, dedicate alle figure e alle famiglie signorili che ebbero rilievo nella vita del poeta. Fra tutte, la più famosa è la Canzone al Metauro, intessuta di fitti elementi autobiografici.

[modifica] Aminta

« L'Aminta non è un dramma pastorale e neppure un dramma. Sotto nomi pastorali e sotto forma drammatica è un poemetto lirico, narrazione drammatizzata, anzi che vera rappresentazione, com'erano le tragedie e le commedie e i così detti drammi pastorali in Italia. ... Essa è in fondo una novella allargata a commedia, di quel carattere romanzesco che dominava nell'immaginazione italiana, aggiuntavi la parte del buffone, che è il Ruffo, la cui volgarità fa contrasto con la natura cavalleresca de' due protagonisti, Virginia e il principe di Salerno. Gli avvenimenti più strani si accavallano con magica rapidità, appena abbozzati, e quasi semplice occasione a monologhi e capitoli, dove paion fuori i sentimenti dei personaggi misti alla narrazione. ... L'Aminta è un'azione fuori del teatro, narrata da testimoni o da partecipi con le impressioni e le passioni in loro suscitate. L'interesse è tutto nella narrazione sviluppata liricamente e intramessa di cori, il cui concetto è l'apoteosi della vita pastorale e dell'amore: "s'ei piace, ei lice". Il motivo è lirico, sviluppo di sentimenti idillici, anzi che di caratteri e di avvenimenti. Abbondano descrizioni vivaci, soliloqui, comparazioni, sentenze, movimenti appassionati. Vi penetra una mollezza musicale, piena di grazia e delicatezza, che rende voluttuosa anche la lacrima. Semplicità molta è nell'ordito, e anche nello stile, che senza perder di eleganza guadagna di naturalezza, con una sprezzatura che pare negligenza ed è artificio finissimo. Ed è perciò semplicità meccanica e manifatturata, che dà un'apparenza pastorale a un mondo tutto vezzi e tutto concetti. È un mondo raffinato, e la stessa semplicità è un raffinamento. A' contemporanei parve un miracolo di perfezione, e certo non ci è opera d'arte così finamente lavorata.  »

L'Aminta è una fabula pastorale composta nel 1573 e pubblicata nel 1580 ca.

Trama
Un pastore, Aminta, si innamora di una ninfa, Silvia, ma non viene ricambiato. Dafne, amica di Silvia, gli consiglia di recarsi alla fonte dove si bagna di solito Silvia. Silvia viene aggredita alla fonte da un fauno che la sta violentando quando arriva Aminta che la salva. Ma lei ingrata scappa senza ringraziarlo. Aminta trova un velo appartenente a Silvia sporco di sangue e pensa che sia stata sbranata dai lupi. Addolorato per la presunta morte dell'amata decide di suicidarsi gettandosi da una rupe. Silvia, che in realtà non è morta, ricevuta la notizia del suicidio di Aminta, presa dal rimorso si avvicina al corpo piangendo disperata. Ma Aminta è ancora vivo perché un cespuglio ha attutito la caduta e riprende i sensi e così la vicenda si conclude con il matrimonio dei due.

[modifica] Re Torrismondo

Intorno al 1573-1574 Tasso scrisse una tragedia, Galealto re di Norvegia, che però interuppe alla quarta scena del secondo atto. Tasso la riprese e la completò negli anni successivi alla liberazione dall'Ospedale di Sant'Anna cambiando però il titolo, diventato Re Torrismondo, e nome dei personaggi. L'ambientazione è nordica: frequenti le immagini di distese boschive. In questo, il Tasso mostra la sua forte curiosità per le leggende nordiche, come ad esempio la lettura dell'Historia de gentibus septentrionalibus di Olao Magno.

Trama
Torrismondo è intimamente segnato dal conflitto tra amore e amicizia: il sovrano ama Alvida, che però promette in sposa all'amico Germondo, re di Svezia. Ma quando Torrismondo scopre che la donna amata non è altri che la sorella, la situazione culmina nel suicidio dei due.

La tragedia del "Re Torrismondo" è molto importante perché anticipa le tragedie barocche, nelle quali si riprendono alcune caratteristiche fondamentali delle tragedie senecane: la meditatio mortis e il gusto dell'orrido. Nel Tasso, però, ciò che compare fortemente e caratterizza le sue tragedie, è il conflitto intimo che dilania l'animo dei personaggi; l'uomo si sente intrappolato dal fato, poiché impossibilitato all'agire, a modificare il corso degli eventi ormai già predisposti.

[modifica] Il "Rinaldo"

All’età di diciotto anni Tasso riprese la materia del romanzo cavalleresco e nel 1562 pubblicò il “Rinaldo”, che narra in dodici canti la giovinezza del paladino della tradizione carolingia e le sue imprese di armi e di amori. Nella prefazione al poema Tasso dichiara di voler imitare in parte gli “antichi” (Omero e Virgilio), in parte i “moderni” (Ariosto). Si concentra però su un unico protagonista, secondo le esigenze di unità proposte dall’aristotelismo. Si tratta di un’opera tipicamente giovanile, ancora priva di originalità, ma compaiono già alcuni temi e toni fondamentali che caratterizzeranno il Tasso maturo.

[modifica] Gerusalemme liberata

Per approfondire, vedi la voce Gerusalemme liberata (poema).

La Gerusalemme liberata è considerata il capolavoro del Tasso. Il poema tratta di un avvenimento veramente accaduto cioè la prima crociata. Tasso iniziò a scrivere l'opera con il titolo di Gierusalemme nel 1559 durante il soggiorno a Venezia e la concluse nel 1575. L'opera fu pubblicata integralmente nel 1581 con il titolo di Gerusalemme liberata. In seguito alla pubblicazione del poema il poeta rimise mano all'opera e la riscrisse eliminando tutte le scene amorose e accentuando il tono religioso e epico della trama. Cambiò anche il titolo in Gerusalemme Conquistata.

Trama
Goffredo di Buglione nel sesto anno di guerra raduna i crociati, viene eletto comandante supremo e stringe d'assedio Gerusalemme. Uno dei guerrieri musulmani decide di sfidare a duello il crociato Tancredi. Chi vince il duello vince la guerra.Il duello però viene sospeso per il sopraggiungere della notte e rinviato. I diavoli decidono di aiutare i musulmani a vincere la guerra. Uno strumento di Satana è la maga Armida che con uno stratagemma riesce a rinchiudere tutti i migliori eroi cristiani in un castello incantato tra cui Tancredi. L'eroe Rinaldo per aver ucciso un altro crociato che lo aveva offeso fu cacciato via dal campo. Il giorno del duello arriva e poiché Tancredi è scomparso viene sostituito da un altro crociato aiutato da un angelo. I diavoli aiutano il musulmano e trasformano il duello in battaglia generale. I crociati sembrano perdere la guerra quando arrivano gli eroi imprigionati liberati da Rinaldo che rovesciano la situazione e fanno vincere la battaglia ai cristiani. Goffredo ordina ai suoi di costruire una torre per dare all'assalto a Gerusalemme ma Argante e Clorinda (di cui Tancredi è innamorato) la incendiano di notte. Clorinda non riesce a entrare nelle mura e viene uccisa in duello proprio da colui che la ama, Tancredi, che non l'aveva riconosciuta. Tancredi è addolorato per aver ucciso la donna che amava e solo l'apparizione in sogno di Clorinda gli impedisce di suicidarsi. Il mago Ismeno lancia un incantesimo sul bosco in modo che i crociati non possano ricostruire la torre. L'unico in grado di spezzare l'incantesimo è Rinaldo, prigioniero della maga Armida. Due guerrieri vengono inviati da Goffredo per cercarlo e alla fine lo trovano e lo liberano. Rinaldo vince gli incantesimi della selva e permette ai crociati di assalire e conquistare Gerusalemme.

[modifica] Influenze culturali

La figura del Tasso, anche per la sua pazzia, divenne subito popolare. La lucidità delle opere scritte durante il periodo di prigionia nell'Ospedale di Sant'Anna fece diffondere la leggenda secondo cui il poeta non era veramente pazzo ma fu fatto passare per tale dal duca che voleva punirlo per aver avuto una relazione con sua sorella imprigionandolo. Questa leggenda si diffuse rapidamente e rese popolare la figura del Tasso, fino a ispirare a Goethe il dramma omonimo (1879).

In età romantica il poeta divenne il simbolo del conflitto individuo-società, del genio incompreso e perseguitato da tutti coloro che non sono in grado di comprendere il suo genio. In particolare il poeta Giacomo Leopardi lo considerava come un fratello spirituale, ricordandolo in numerosi passi delle sue opere tra cui ricordiamo il Dialogo di Torquato Tasso e del suo Genio famigliare (facente parte delle Operette morali).

[modifica] Note

  1. ^ Cap. IV della Vita

[modifica] Voci correlate

[modifica] Altri progetti

[modifica] Collegamenti esterni

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