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Giovanni Pesce - Wikipedia

Giovanni Pesce

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

« Mi giunge ora, mentre presiedo i lavori della Camera dei deputati, la notizia della morte di Giovanni Pesce. Il dolore per la morte di questo grande vecchio della Repubblica italiana si accompagna all'orgoglio di essergli stato amico. La Repubblica gli deve molto »
« La sua medaglia d'oro rifulgerà all'infinito. Ci inchiniamo tutti dinanzi a Giovanni Pesce, compagno e combattente, figura esemplare di antifascista, di democratico, di comunista »
« Il suo impegno per la libertà si è tradotto in una coraggiosa lotta in prima linea durante gli anni della dittatura nazifascista, quando divenne protagonista della Resistenza e, ancor prima quando, giovanissimo, scelse di combattere per la democrazia in Spagna. Per questo desideriamo offrire Palazzo Marino per l'ultimo saluto che gli vorranno dare i milanesi e tutti gli italiani »

Giovanni Pesce (Visone22 febbraio 1918 – Milano27 luglio 2007) è stato un comandante partigiano e politico italiano. È stato consigliere comunale di Milano dal 1951 al 1964.

Indice

[modifica] Biografia

Aveva solo sei anni, nel 1924, quando con la famiglia, dalla provincia di Alessandria, emigrò in Francia, nella regione mineraria delle Cévennes, ove il padre Riccardo, un operaio antifascista, fu costretto a recarsi per vivere, non trovando più lavoro in Italia.

Sin da bimbo aiutava il padre nella piccola vineria che la famiglia aveva aperto a La Grand-Combe, e che era frequentata soprattutto da minatori che il piccolo Jeanu ascoltava parlare della loro dura esistenza. Iniziò prestissimo a lavorare, d'estate, come guardiano di vacche sulle montagne nella vicina regione della Lozère, suo unico compagno un cane, Medoc, che Pesce ricorderà con affettuosa tenerezza sino alla fine dei suoi giorni. Nel 1931 affrontò - non ancora quattordicenne - la dura vita del lavoro in miniera per contribuire al precario bilancio della famiglia.

Ben presto prese a frequentare la "Jeunesse communiste", l'organizzazione giovanile del PCF, il Partito Comunista Francese. Nel 1935 aderì al Partito Comunista d'Italia e, nel 1936, in febbraio, si recò in gita a Nîmes con gli amici e, più tardi, per festeggiare la vittoria elettorale del Fronte Popolare, a Parigi, ove visitò la sede del giornale del PCF, L'Humanité, che da giovane minatore comunista diffondeva ogni domenica alla Grand-Combe. Qui raccolse i volantini a favore del governo repubblicano spagnolo firmati ed illustrati da Joan Miró e ascoltò l'appello della Pasionaria, Dolores Ibárruri, ad arruolarsi nelle Brigate Internazionali per prendere parte alla guerra civile di Spagna. Pesce, ingannata la madre Maria con il pretesto di recarsi al confine belga per incontrare una ragazza, si arruolò e si recò in Spagna insieme a numerosi altri giovani antifascisti d'origine italiana che aderirono alla Brigata Garibaldi alla parola d'ordine "Oggi in Spagna, domani in Italia" dei fratelli Nello e Carlo Rosselli, assassinati il 9 giugno 1937 da sicari fascisti inviati dal governo Mussolini.

[modifica] La partecipazione alla guerra civile di Spagna

In risposta all'aggressione fascista condotta dalle falangi di Francisco Franco contro il regime repubblicano spagnolo, con il forte sostegno militare, in termini di uomini e mezzi dell'Italia fascista e della Germania nazista, si vennero formando, a partire dall'ottobre del 1936 formazioni armate di volontari a sostegno della Repubblica di Spagna, le "Brigate Internazionali". Costituite soprattutto da antifascisti provenienti dalle Americhe e da tutt'Europa, giunsero a contare circa 40.000 uomini di ben 70 nazionalità diverse, con prevalenza di francesi, italiani e tedeschi, animati non solo da spirito di solidarietà verso i repubblicani spagnoli, ma anche dalla speranza di porre un freno all'espansione del fenomeno fascista anche nei propri Paesi d'origine.

Pesce, tra i primi a giungere in Spagna, come gli altri volontari fu, una volta giunto sul posto, aggregato ai volontari italiani organizzati nella "Brigata Garibaldi", costituita ad Albacete nel novembre del 1936, sebbene - causa il forzato esilio della famiglia d'origine sin dalla sua più tenera età - fosse nel frattempo divenuto quasi madre lingua francese.

Il suo primo impiego in battaglia si ebbe il 17 dicembre nei pressi di Madrid, a Boadilla del Monte. Impegnato spesso in prima linea durante tutta la durata dell'impiego delle Brigate Internazionali nel conflitto, rimase più volte ferito in combattimento (riportandone lesioni anche serie e rose di schegge mai rimosse dalle sue carni), prima a Brunete, quindi due volte presso Saragozza e in occasione dell'offensiva sul fiume Ebro.

Sul finire del 1938 la Repubblica congedò le Brigate internazionali e di lì a pochi mesi crollò. Il 1 aprile 1939, Franco annunciò la fine della guerra e l'inizio di una dittatura di stampo fascista, il Franchismo, conclusasi solo con la sua morte, il 20 novembre 1975. Si avverava così la profezia di Dolores Ibárruri, che in un celebre discorso ascoltato dal giovane Giovanni Pesce, aveva previsto che, in caso di vittoria di Franco e del fascismo, "un torrente di sangue avrebbe travolto l'intera Europa", come purtroppo avvenne esattamente cinque mesi dopo la vittoria franchista: il 1 settembre 1939 scoppiava, per iniziativa di Adolf Hitler, la seconda guerra mondiale.

[modifica] Il rientro in Italia e la guerra partigiana

Lasciata la Spagna e poi la Francia, Pesce rientrò in Italia nel 1940 ma fu subito arrestato e inviato al confino sull'isola di Ventotene, ove conobbe alcuni tra i massimi rappresentanti politici dell'antifascismo italiano, come lui ristretti nell'isola dal regime fascista.

Liberato nell'agosto del 1943, si unì alle prime formazioni partigiane e fu tra i fondatori dei GAP di Torino. Qui svolse, con il nome di battaglia "Ivaldi", numerose azioni di sabotaggio contro l'occupante nazifascista e uccise diversi esponenti del regime fascista, spie e collaborazionisti, tra i quali il maresciallo della Milizia e amico personale di Benito Mussolini Aldo Mores, e il giornalista fascista Ather Capelli (31 marzo 1944). A Torino ebbe anche luogo, il 18 maggio 1944, il sacrificio eroico di Dante Di Nanni, membro del GAP comandato da Pesce, subito dopo l'attentato contro la stazione radio dell'Eiar che disturbava le trasmissioni di Radio Londra.

In seguito a questi ultimi drammatici avvenimenti, nel mese di maggio 1944 Giovanni Pesce si trasferì a Milano, dove riorganizzò la formazione locale, la III Brigata GAP "Rubini", prendendone il comando col nome di battaglia di "Visone". Tra le sue azioni a Milano, è da ricordare l'esecuzione del colonnello della Milizia Cesarini, dirigente fascista della fabbrica aeronautica Caproni (15 marzo 1945). Qui Giovanni Pesce operò con la staffetta partigiana "Sandra", Nori Brambilla, che dopo la Liberazione, il 14 luglio 1945, divenne sua moglie.

[modifica] L'esperienza politica, umana e civile nel dopoguerra

Dopo la seconda guerra mondiale è stato consigliere comunale a Milano nelle file del Partito Comunista Italiano, dal 1951 al 1964, e consigliere nazionale dell'ANPI fin dalla fondazione. Nel 1991 entrò nel Partito della Rifondazione Comunista, continuando sino alla fine la sua attività politica e di testimonianza sulla Resistenza e i suoi valori, riconoscendosi nelle posizioni dell'area Essere comunisti. Ha cofirmato con Claudio Grassi il secondo documento congressuale all'ultima assise nazionale del PRC.

Per le sue attività nella Resistenza italiana, il 23 aprile 1947 è stato insignito della Medaglia d'Oro al Valor Militare per decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri Alcide De Gasperi.

Un'iniziativa per nominare Giovanni Pesce Senatore a Vita ha raccolto 2450 firme fino al 26 luglio 2007, e continua a ricevere firme come omaggio postumo alla figura del "Comandante Visone".

[modifica] Onorificenze

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria

Medaglia d'oro al valor militare

«Valoroso combattente garibaldino, lottò strenuamente in Spagna per la causa della libertà e della democrazia riportando tre gravi ferite. Il movimento di ribellione alla tirannide nazifascista lo trovò ancora, ardito ed instancabile partigiano, al suo posto di lotta e di onore. Tra innumerevoli rischi, alla testa dei suoi valorosi G.A.P. organizzava e conduceva audacissime azione armate, facendo sempre rifulgere il valore personale e l' epica virtù dell' italica gente. Ferito ad una gamba in un audace e rischiosa impresa contro la radio trasmittente di Torino fortemente guardata da reparti tedeschi e fascisti, riusciva miracolosamente a sfuggire alla cattura portando in salvo un compagno gravemente ferito e dal martirio delle carni straziate e dal sacrificio di molti compagni caduti, seppe trarre nuova e maggiore forza combattiva, mantenendo pura ed intatta la fede giurata. In pieno giorno nel cuore della città di Torino affrontava da solo due ufficiali tedeschi e dopo averli abbattuti a colpi di pistola, ne uccideva altri due accorsi in aiuto dei primi e sopraffatto e caduto a terra, fronteggiava coraggiosamente un sopraggiunto gruppo di nazifascisti che apriva intenso fuoco contro di lui, riuscendo a porsi in salvo incolume. I suoi numerosi sabotaggi, gli arditi e decisi attacchi alle caserme ed ai comandi nemici furono e saranno sempre fulgida gloria per il movimento di rinascita nazionale e per l’Italia tutta. Noncurante delle fatiche e dei disagi, inaccessibile allo scoraggiamento, infondeva sempre ardore ed entusiasmo in quanti lo seguirono nella dura ma radiosa via della libertà. Organizzatore eccezionale ed eroico combattente, dotato di irresistibile leggendario coraggio conquistò con il suo valore un luminoso primato alla gloria delle formazioni garibaldine ed alla gloria immortale della Patria.»
— Piemonte, settembre 1943- maggio 1944; Lombardia, maggio 1944 - aprile 1945.


[modifica] Bibliografia

Giovanni Pesce narrò le sue esperienze nei libri:

  • Soldati senza uniforme (1950)
  • Un garibaldino in Spagna (Editori Riuniti 1955, ristampato Arterigere-EsseZeta 2006)
  • Senza tregua. La guerra dei GAP (Feltrinelli 1967, ristampato 2005)
  • Franco Giannantoni - Ibio Paolucci, Giovanni Pesce "Visone", un comunista che ha fatto l'Italia, edizioni Arterigere-EsseZeta, Varese, 2005
  • Speroni Gigi, Mussolini deve morire. Dicembre 1944 quando Giovanni Pesce tentò di uccidere il duce, edizioni Bompiani) (2004).

[modifica] Filmografia

  • Film-documentario Senza tregua di Marco Pozzi (2003).

[modifica] Voci correlate

[modifica] Collegamenti esterni


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