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Carboneria - Wikipedia

Carboneria

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La Carboneria è stata una società segreta italiana fondata a Napoli durante i primi anni dell'Ottocento su valori patriottici e liberali.

Indice

[modifica] Caratteri generali

Il nome "Carboneria" derivava dal fatto che i settari dell'organizzazione avevano tratto il loro simbolismo ed i loro rituali dal mestiere dei carbonai, ovvero coloro che preparavano il carbone e lo vendevano al minuto. Come in ogni società segreta, chi si iscriveva alla Carboneria non ne doveva conoscere tutte le finalità fin dal momento della sua adesione: gli adepti erano infatti inizialmente chiamati "apprendisti" e solo in seguito diventavano "maestri" e dovevano impegnarsi a mantenere il più assoluto riserbo, pena la morte.

L'organizzazione, di tipo gerarchico, era molto rigida: i nuclei locali, detti "baracche", erano inseriti in agglomerati più grandi, detti "vendite", che a loro volta dipendevano dalle "vendite madri" e dalle "alte vendite". Anche le sedi avevano naturalmente dei nomi in codice: ad esempio, una di quelle oggi più note è Villa Saffi, presso Forlì, indicata coll'esoterico nome di Vendita dell'Amaranto.

Poco altro si conosce con certezza, ed il fatto che gli storici non conoscano bene le varie organizzazioni settarie dipende, ovviamente, dalla necessità per gli adepti di mantenere il più stretto riserbo, di non affidare a scritti o documenti le tracce di un'attività che, se scoperta dalla polizia, poteva portare in carcere o al patibolo.

[modifica] Gli iscritti

Gli iscritti alla Carboneria aspiravano soprattutto alla libertà politica ed a un governo costituzionale: appartenenti in gran parte alla borghesia e alle classi sociali più elevate, si erano divisi in due settori o logge: quella civile, destinata alla protesta pacifica o alla propaganda, e quella militare, destinata alle azioni di guerriglia.

Aderirono alla setta, in maniera esplicita o implicita, questi famosi personaggi dell'Italia risorgimentale: Silvio Pellico, Antonio Panizzi, Giuseppe Mazzini da giovane, Ciro Menotti, Piero Maroncelli, Napoleone Luigi Bonaparte, che morì a Forlì nel 1831,Carlo Bianco di San Jorioz e Federico Confalonieri.

[modifica] La storia

Nata inizialmente come forma di opposizione alla politica filo-napoleonica di Gioacchino Murat, la Carboneria fece successivamente seguiti in Francia ed in Spagna, puntando sulle libertà politiche e sulla concessione di una costituzione nei paesi d'Europa.

Dopo la caduta di Murat, essa lottò contro il re Ferdinando I delle Due Sicilie, che una volta asceso al trono aveva dimenticato le promesse di giustizia e libertà fatte nel periodo dell'esilio. Filippo Buonarroti (che carbonaro non era, ma che con la Carboneria si identificò), contribuì, all'indomani del Congresso di Vienna del 1815, a far assumere al movimento anche un carattere patriottico e marcatamente anti-austriaco.

Così la Carboneria si diffuse anche nel Nord Italia, e soprattutto in Lombardia ed in Romagna, grazie in particolare all'opera di Piero Maroncelli.

Dopo aver raccolto il favore di molti elementi della borghesia cittadina come artigiani e mercanti (che non avevano perdonato al sovrano borbonico la sua politica favorevole ai grandi proprietari terrieri) la Carboneria iniziò ad assecondare le volontà guerresche dei suoi capi, tralasciando altri gravi problemi politico-sociali che avrebbero creato all'interno di essa stessa un'ideologia e dei percorsi politici tortuosi e spesso contraddittori: ad esempio i carbonari si dichiaravano favorevoli all'indipendenza italiana, ma non accennavano minimamente all'eventuale governo che avrebbe dovuto guidare l'Italia libera.

Tale ambiguità (quella cioè di non poter affermare con certezza la collocazione politica della Carboneria, che unì elementi di "destra" con altri di "sinistra" e di "centro") terminerà solo quando, a seguito di una lunga sequela di disfatte militari, alcuni carbonari ripensarono il problema della libertà con una prospettiva più ampia mirante ad una azione comune e alla formazione di una nazione unita.


Per approfondire, vedi la voce Moti del 1820-1821.

La Carboneria passò per la prima volta dalle parole ai fatti nel 1820 a Napoli organizzando delle rivolte di carattere anti-assolutistico e liberal-costituzionale che prendeva spunto da quelle effettuata a Cadice l'1 gennaio dello stesso anno: i due ufficiali Michele Morelli e Giuseppe Silvati (che avevano avuto l'adesione di generali ex murattiani, come Guglielmo Pepe) l'1 luglio marciarono da Nola verso il capoluogo campano alla testa dei loro reggimenti della cavalleria.

Impaurito dalla protesta, il re Ferdinando I accettò di concedere una nuova carta costituzionale e l'adozione di un parlamento. La vittoria, seppur parziale, illusoria ed apparente, causò molte speranze nella penisola e a Torino i carbonari locali, guidati da Santorre di Santarosa, marciarono verso la capitale del Regno di Sardegna ed il 12 marzo 1821 ottennero la costituzione democratica.

Tuttavia la Santa Alleanza non tollerò tali comportamenti e a partire dal febbraio del 1821 spedirono un esercito nel sud che sconfisse gli insorti, numericamente inferiori e male equipaggiati. Anche in Piemonte il re Vittorio Emanuele I, indeciso sul da farsi, abdicò a favore del fratello Carlo Felice di Sardegna, che chiese all'Austria di intervenire militarmente: l'8 aprile l'esercito asburgico sconfisse i rivoltosi ed i moti del 1820-1821, scatenati quasi totalmente dalla Carboneria, potevano dirsi chiusi in maniera fallimentare.

Tra i principali capi della Carboneria, Morelli e Silvati furono condannati a morte; Pepe andò in esilio; Confalonieri, Pellico e Maroncelli furono incarcerati.

[modifica] I moti del 1831 e la fine della Carboneria

Sconfitti ma non battuti, i carbonari parteciparono nel 1830 alla rivoluzione di luglio che sostenne la politica del re liberale Luigi Filippo di Francia: sulle ali dell'entusiasmo per la vittoriosa sollevazione parigina, anche i carbonari italiani presero le armi contro alcuni stati centro-settentrionali, ed in particolare lo Stato Pontificio ed a Modena.

Nel capoluogo emiliano fu Ciro Menotti a prendere in mano le redini dell'iniziativa, cercando di trovare il sostegno del duca Francesco IV di Modena, che fece finta di rispondere positivamente in cambio della concessione del titolo di re dell'Alta Italia: tuttavia il duca fece il doppio gioco e Menotti, rimasto praticamente inerme, fu arrestato il giorno prima della data stabilita per la sollevazione. Francesco IV, su suggerimento dello statista austriaco Klemens von Metternich, fece condannare a morte lui e molti altri tra i suoi alleati.

Nello stato della Chiesa invece la rivolta partì nel febbraio del 1831 su impulso di alcune città quali Bologna, Reggio Emilia, Imola, Faenza, Ancona, Ferrara e Parma dove i cittadini, aiutati dai carbonari, innalzarono la bandiera tricolore e stabilirono un governo provvisorio. Un corpo di milizia volontaria, che avrebbe avuto nell'intenzione dei carbonari il compito di marciare su Roma, fu massacrato dalle truppe austriache chiamate in soccorso da Papa Gregorio XVI. Anche questa sollevazione, quindi, fu soffocata nel sangue.

Questa ulteriore sconfitta fece capire a molti carbonari che militarmente, soprattutto se da soli, non avrebbero potuto competere con l'Austria, una delle più grandi potenze del Vecchio Continente: Giuseppe Mazzini, uno dei carbonari più acuti, fondò una nuova società segreta chiamata Giovine Italia nella quale sarebbero confluiti molti ex aderenti alla Carboneria che, ormai quasi senza sostenitori, cessò praticamente di esistere, anche se la storia ufficiale di questa importante società si sarebbe protratta stancamente fino al 1848.

[modifica] Collegamenti esterni


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