Aleksandr Vasil'evič Kolčak
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Aleksandr Vasil'evič Kolčak (in russo Александр Васильевич Колчак [?]) (San Pietroburgo, 16 novembre 1874 – Irkutsk, 7 febbraio 1920) è stato un esploratore, ammiraglio e politico russo nonché comandante in capo di parte delle forze anti-bolsceviche dell'Armata Bianca durante la Guerra civile russa.
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[modifica] Biografia
[modifica] Studi e carriera
Figlio di un ufficiale della marina russa, si diplomò nel 1894 nel Collegio della Marina di San Pietroburgo, arruolandosi quello stesso anno nel settimo Battaglione navale della capitale. Fu presto trasferito nell'estremo oriente del Paese, a Vladivostok, dove rimase dal 1895 al 1899. Tornato nella Russia occidentale, a Kronštadt, nel 1900 si unì alla spedizione polare di Toll come comandante di uno dei due gruppi di esploratori.
Dopo aver corso innumerevoli difficoltà e pericoli, fece ritorno nel Dicembre 1902; l'altro gruppo, incluso Toll, non riuscì invece a sopravvivere al viaggio. Prese parte a tre spedizioni artiche e, per un certo periodo, fu soprannominato "Kolčak-Poljarnyj" ("Kolčak il Polare").
Allo scoppio della guerra russo-giapponese, nel Marzo 1904 Kolčak fu assegnato al Battaglione di stanza a Port Arthur. Posto al comando di un incrociatore gli fu conferita una medaglia al valore. Dopo che l'assedio al porto si intensificò gli fu conferito il comando di alcune unità di terra. Ferito, fu fatto prigioniero di guerra delle truppe nipponiche.
Liberato alla fine del conflitto, dal 1906 fece parte del comando Generale della marina russa e, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, fu assegnato alla flotta baltica. A bordo della nave ammiraglia Pograničnik, Kolčak sovraintese alle difese costiere e diresse le forze navali nel Golfo di Riga. Nell'Agosto 1916 fu promosso a vice-ammiraglio , il più giovane in tale rango nelle forze di mare russe, e nominato comandante della flotta del Mar Nero, rimpiazzando l'ammiraglio Eberhart.
Il suo compito primario fu supportare il Generale Judenič nelle operazioni belliche contro l'Impero Ottomano. Gli fu anche conferito l'incarico di contrastare gli U-boat e di iniziare ad organizzare un'invasione del Bosforo (che tuttavia non fu mai portata a termine). La flotta di Kolčak collezionò innumerevoli successi affondando un gran numero di carboniere turche. Poiché non c'era alcuna linea ferroviaria che collegasse le miniere dell'estremo oriente ottomano con Costantinopoli, i suoi continui attacchi ai rifornimenti di tale minerale causarono immense difficoltà al governo turco. Nel 1916, in un attacco combinato terra-mare, la flotta russa del Mar Nero diede un'essenziale contributo nella conquista della città di Trebisonda.
Un notevole disastro navale cui fu testimone accadde il 7 ottobre 1916 quando sotto i suoi occhi la corazzata russa "Imperatrice Maria" saltò in aria nel porto di Sebastopoli. Le indagini ufficiali non riuscirono a determinare se tale avvenimento fosse stato accidentale o causato da un sabotaggio.
Dopo la Rivoluzione di Febbraio del 1917, la situazione politica condizionò i ruoli gerarchici all'interno della Flotta del Mar Nero: Kolčak fu deposto dal comando nel giugno e gli fu conferito l'incarico, ritenuto dai più fittizio, di osservatore militare, ruolo che lo portò a visitare la Gran Bretagna e gli Stati uniti d'America.
[modifica] La Guerra civile russa
Allo scoppio della Rivoluzione d'Ottobre, Kolčak si trovava in Giappone. Sostenitore del Governo provvisorio (vedi Rivoluzione russa), tornò in Russia arrivando a Vladivostok dopo aver attraversato la Manciuria. Informato della resa e del colpo di stato bolscevico, chiese di arruolarsi nell'esercito britannico per continuare la guerra contro la Germania. Inizialmente la Gran Bretagna si dimostrò incline ad accettare l'offerta di Kolčak, pensando di impegnarlo in Mesopotamia (il moderno Iraq), ma successivamente il governo di Londra decise che il vice-ammiraglio sarebbe stato più utile alla causa alleata cercando di rovesciare il governo bolscevico e riportando in guerra la Russia. Recalcitrante , Kolčak accettò il suggerimento inglese. Arrivato a Omsk, Siberia, al fine di unirsi all'Armata dei Volontari, accettò di diventare ministro del Governo Regionale della Siberia (Bianco). Figura di prestigio, il Governo provvisorio sperò di assicurarsi l'appoggio degli Alleati grazie anche ai rapporti di amicizia intercorsi tra Kolčak e il comandante della missione militare inglese, Alfred Knox.
Nel novembre 1918 il governo regionale fu rovesciato da un colpo di Stato interno. I leader e membri del Partito Socialista-Rivoluzionario (SR) furono arrestati il 18 novembre da una truppa di Cosacchi guidati dall'etmano Krasilnikov. I rimanenti membri del governo si riunirono e nominarono Kolčak Capo di Stato con poteri dittatoriali. Fu nominato Capo Supremo (Verchovnyi Pravitel) e si auto-promosse Ammiraglio. I leader degli SR arrestati furono espulsi dalla Siberia e si ritirarono in Europa. I membri del Direttivo degli SR rimasti in Russia denunciarono la manovra di Kolčak e si adoperarono per ucciderlo. Le loro attività sfociarono in una piccola rivolta a Omsk il 22 dicembre 1918, che fu velocemente soffocata dai Cosacchi e dalla Legione Ceca, che giustiziarono sommariamente quasi 500 ribelli. I SR aprirono allora delle negoziazioni con i Bolscevichi e, nel gennaio 1919, l'Armata SR del Popolo confluì nell'Armata Rossa.
La dittatura di Kolčak fu di stampo eminentemente militare. Dichiarò infatti in seguito: "Non avevo alcun obiettivo politico [...] ma ho solo cercato di creare un'armata regolare [...] in grado di sconfiggere i Bolscevichi."
[modifica] La dittatura
Inizialmente le forze dell'Armata Bianca sotto il suo comando conseguirono alcuni successi. Kolčak non si sentiva a proprio agio nei combattimenti di terra e delegò quindi la maggior parte dei piani strategici a D. A. Lebedev, Paul J. Bubnar ed al suo staff. L'esercito del nord comandato dal russo Anatolij Pepeljaev e dal ceco Rudolf Gajda assediò Perm, che capitolò il 24 dicembre 1918. Il piano dei Bianchi prevedeva tre grandi offensive– Gajda verso Arcangelo, Chanžin verso Ufa e i Cosacchi guidati da Aleksander Dutov verso Samara e Saratov. Kolčak aveva nel proprio esercito 110.000 uomini contro all'incirca 95.000 soldati bolscevichi. Le sue buone relazioni con il Generale Knox gli consentirono inoltre di equipaggiare perfettamente (con armi, divise e munizioni) le proprie truppe.
L'esercito bianco prese Ufa nel marzo 1919 e avanzò successivamente per conquistare Kazan e avvicinarsi a Samara e al Volga. Le rivolte anti-bolsceviche scoppiate a Simbirsk, Kazan, Viatka, e Samara favorirono gli sforzi degli uomini di Kolčak. La neo-formata Armata Rossa si ritirò permettendo ai Bianchi di avanzare su una linea ideale che passava da Glazov attraverso Orenburg fino Uralsk. I territori di Kolčak coprivano ora 300.000 km² e contenevano all'incirca 7 milioni di persone. In Aprile un allarmato Comitato Centrale Bolscevico fece del contrasto alle truppe di Kolčak la propria priorità. Nella primavera la situazione nell'esercito bianco degenerò: la parte più avanzata era tagliata fuori dai rifornimenti, i soldati erano esausti e l'Armata Rossa aveva inviato nell'area nuove truppe.
Kolčak aveva perso l'appoggio di potenziali alleati quali la legione Ceca e la Quinta divisione fucilieri polacca che si ritirarono dal conflitto nel ottobre 1918 ma rimasero in loco. Il loro nuovo leader Maurice Janin infatti considerava il dittatore un mero strumento dei britannici e appoggiava i SR. Kolčak non poté neppure contare sull'aiuto dei giapponesi che, temendo che volesse interferire con la loro occupazione dell'estremo oriente russo, rifiutarono la propria collaborazione creando uno "Stato fantoccio" ad est del Lago Baikal sotto il controllo dei Cosacchi. Le 7.000 truppe americane stanziate in Siberia si dichiararono strettamente neutrali riguardo "gli affari interni russi" e rimasero solo per sovraintendere la costruzione della Ferrovia Transiberiana nell'estremo oriente. Il comandante americano William S. Graves aveva inoltre una personale antipatia per il governo di Kolčak, che considerava Realista e autocratico, una visione politica condivisa con il presidente statunitense Woodrow Wilson.
[modifica] Sconfitta e morte
Quando nel 1919 le forze dell'armata Rossa riuscirono a riorganizzarsi e passarono al contrattacco l'esercito di Kolčak iniziò a perdere terreno. I bolscevichi scatenarono la controffensiva nell'Aprile al centro della linea dei Bianchi, puntando a Ufa. Lo scontro fu duro e sanguinoso: Ufa fu conquistata il 9 giugno e, alla fine di quello stesso mese, le forze rosse guidate da Michail Tuchačevskij sfondarono le difese Bianche sugli Urali. Superato tale bastione naturale i Rossi fecero rapidi progressi catturando Čeljabinsk il 25 luglio e attaccando contemporaneamente a nord e sud l'esercito Bianco al fine di non rimanere intrappolati in una sacca. L'armata Bianca si riorganizzò intorno ai fiumi Tobol e Išim riuscendo a bloccare temporaneamente la controffensiva. Tennero questa linea di difesa fino a ottobrer, ma la perdita costante di uomini uccisi o feriti era superiore a quanto i Bianchi potessero sopportare. Avuti rinforzi, i Rossi attraversarono il Tobol a metà ottobre. Le forze bianche, sconfitte, abbandonarono il campo di battaglia e si ritirarono disorganicamente verso Omsk. I Bolscevichi si riorganizzarono allora per affrontare le truppe di Anton Ivanovič Denikin che da meridione stavao puntando verso Mosca.
Kolčak era anche sotto la minaccia di nemici interni al proprio Stato: oppositori locali iniziarono a cospirare contro il suo potere e persino il supporto inglese venne meno, riponendo il governo britannico più fiducia in Denikin. Gajda, radiato dal comando dell'esercito del nord, a metà novembre fu protagonista di un fallito Colpo di Stato. Omsk fu evacuata il 14 novembre e l'Armata Rossa prese la città senza incontrare alcuna seria resistenza. Furono catturati un gran numero di ammutinati dell'esercito Bianco, tra cui quasi 50.000 soldati e dieci generali. A causa del notevole flusso di rifugiati verso est, nella città e nei dintorni si scatenò un'epidemia di tifo.
Kolčak aveva lasciato Omsk per Irkutsk utilizzando la Ferrovia Transiberiana il 13 novembre. Avversando tratti controllati dai Ceco-Slovacchi fu più volte fermato, tanto che in Dicembre aveva raggiunto solo Nižneudinsk. Alla fine di Dicembre Irkutsk cadde sotto il controllo di un gruppo di sinistra (che includeva gli SR) e formò un 'Centro politico'. Una delle sue prime iniziative fu di dichiarare Kolčak decaduto. Il 4 gennaio 1920, ricevuta la notizia, annunciò le proprie dimissioni, conferendo la carica di Dittatore a Denikin e consegnando il controllo delle rimanenti truppe intorno a Irkutsk all'atamano, G. M. Semenov.
Sembra che a Kolčak fu allora promesso che sarebbe stato consegnato dai Ceco-Slovacchi al comando britannico a Irkutsk. Invece il 14 gennaio fu tradotto al "Centro politico". Il 20 gennaio il governo di Irkutsk rimise il potere a un comitato bolscevico. L'Armata Bianca sotto il comando di Vladimir Kappel si era intanto assestata nei pressi di Irkutsk mentre Kolčak era "investigato" avanti a una commissione bolscevica. A seguito dell'arrivo di un ordine da Mosca, fu sommariamente condannato a morte insieme al Primo Ministro Viktor Pepeljaev. Furono fucilati all'alba del 7 febbraio e i loro corpi furono abbandonati in un fiume locale, l'Ušakovka. Kappel fu messo a conoscenza dell'esecuzione e, valutata il numero e la forza delle proprie truppe, decise di ritirarsi verso est: ne seguì la Grande marcia nel ghiaccio siberiano. L'Armata Rossa non entrò a Irkutsk fino al 7 marzo e solo allora fu data ufficialmente la notizia della morte di Kolčak .
[modifica] Eredità
L'ammiraglio Kolčak fallì su quasi ogni livello dal momento in cui prese il titolo di Comadante Supremo fino alla sua morte, anche se è opportuno ricordare che operò in circostanze oltremodo difficoltose. Come comandante militare fu incapace di elaborare piani strategici di successo o di coordinarsi con gli altri generali dell'Armata Bianca, come Judenič o Denikin.
Come leader di un movimento politico e capo di stato del territorio da lui amministrato ha senza dubbio delle responsabilità per i vari atti di brutalità, rapine, stupri e uccisioni che si verificarono nell'area nominalmente sotto al suo controllo politico e che spesso vedevano come protagonisti uomini delle truppe da lui comandate.
Come diplomatico i suoi fallimenti furono persino peggiori. Infatti non riuscì a convincere i potenziali stati alleati, quali Finlandia, Polonia e Repubbliche baltiche a unirsi a lui contro i Bolscevichi. Si alienò le simpatie persino della potentissima Legione Ceca che per qualche tempo fu la forza militare organizzata più potente della Siberia nonché profondamente anti-bolscevica. Discorso analogo vale per Gran Bretagna (che pure in parte lo appoggiò) e Stati Uniti d'America. Se a questo si aggiunge che gran parte delle forze menzionate erano, per varie ragioni, oltremodo ostili a bolscevichi il suo insuccesso si fa ancora più stridente.
Dopo essere stato dileggiato per decadi dal potere sovietico, Kolčak è oggi una figura storica controversa nell'odierna Russia. Il Movimento di estrema destra "Per la Fede e la Terra patria" ha cercato di riabilitarlo. tuttavia due domande di riabilitazione sono state negate. la prima dalla una corte militare regionale nel 1999, la seconda dalla Corte Suprema della Federazione russa nel 2001. Nel 2004 la Corte Costituzionale russa riaffidò "il caso Kolčak" a una corte militare per un secondo parere. Monumenti a lui dedicati sono stati eretti a San Pietroburgo nel 2002 e a Irkutsk nel 2004, nonostante le obiezioni di alcuni ex-comunisti, politici di sinistra e associazioni di veterani sovietici.
[modifica] Voci correlate
[modifica] Fonti
- (RU) Допрос Колчака / Публ. и предисловие К.А. Попова. Л.: Гиз, 1925. Существуют многочисленные переиздания, полностью, либо частично воспроизводящие текст по этой советской публикации (например: Допрос Колчака // Арестант пятой камеры. М., 1990; Колчак А. В.: Последние дни жизни / Сост. Г. В. Егоров. Барнаул, 1991). Другой текст, несколько отличающийся, опубликован И. В. Гессеном: Протоколы допроса адмирала Колчака чрезвычайной следственной комиссией в Иркутске в январе — феврале 1920 г. // Архив русской революции. М., 1991. Кн. 5. Т. 10. С. 177—321.
- (RU) Гинс Г. К. Сибирь, союзники и Колчак. В 2-х тт. Пекин: Общество Возрождения в г. Харбин, 1921. Наиболее информативные мемуары о Белом движении на востоке России.
- (RU) Иностранцев М. А. Адмирал А. В. Колчак и его катастрофа. Воспоминания. Прага, 1922.
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- (RU) Князев В. В. Жизнь за всех и смерть за всех: Записки личного адъютанта Верховного правителя адмирала Колчака ротмистра В. В. Князева. Тюмень, Киров. 1991. 32 с.
- (RU) Дроков С. В., Коновалова О. В. К истории рода адмирала Колчака // Отечественные архивы. 1992. № 5. С. 95-99.
- (RU) Процесс над колчаковскими министрами. Май 1920. / Отв. ред. В. И. Шишкин. М.: Фонд «Демократия», 2003.