Abramo Abulafia
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Abramo Abulafia, nome italianizzato di Abraham ben Samuel Abulafia (in ebraico: אברהם בן שמואל אבולעפיה; Saragozza, 1240 – Comino, ?[1]), è stato un filosofo e mistico spagnolo di origini e cultura ebraiche. È considerato uno dei maggiori studiosi della Qabbalah dell'epoca medioevale.
Abulafia nacque nel 1240 a Saragozza, in Aragona. Ancora fanciullo passò con la famiglia in Navarra, nella cittadina di Tudela. Qui fu introdotto dal padre allo studio della Torah (La Bibbia ebraica) e del Talmud.[2] A diciott'anni, dopo la morte del padre, iniziò una vita errabonda.
Si imbarcò per l'Oriente alla ricerca del favoloso fiume di pietre, il Sambation, oltre il quale si sarebbero trovate le Dieci Tribù perdute di Israele.[2] Benché affatto scientifica nel senso odierno la credenza nell'esistenza del Sambation era molto salda tra i dotti ebrei e cristiani del XIII secolo, e non pochi partivano alla sua ricerca. Gli Ebrei vi ricercavano le vagheggiate tribù perdute, i Cristiani l'altrettanto vagheggiato regno del Prete Gianni. Tutto quello che si sapeva, o si supponeva, del Prete e delle Tribù era che si trovavano "in India", cioè vagamente a oriente.
Abramo, sbarcato ad Acri, trovò solo la desolazione lasciata dalle Crociate e decise di non proseguire.
Giunse invece alla determinazione di tornare in Occidente per ottenere udienza dal papa. Perché volesse incontrare il papa non si sa con certezza; si è supposto che il giovane entusiasta volesse tentare di convincerlo della bontà del giudaismo.
Sbarcò a Capua e vi soggiornò. Fu a Capua che conobbe un filosofo e medico di nome Hillel che lo introdusse all'opera di Mosè Maimonide. È piuttosto probabile che Hillel altri non fosse che il celebre Rabbi Samuel ben Eliezer, meglio noto come Hillel di Verona.
Abulafia lesse con passione Maimonide; ma, benché lo stimasse sopra ogni studioso e ne citasse spesso dei brani, il giovane non fu soddisfatto della scienza di Maimonide. Per la verità la sua sete di conoscenza sembra non potersi placare nella lettura di alcuno dei filosofi conosciuti. Secondo Scholem, fu un convinto sostenitore di Maimonide, la cui dottrina (filosofica) non riteneva in contrasto con la mistica e che questa stessa derivasse dalle premesse della "Guida dei Perplessi" di cui scrisse addirittura due commenti, in effetti cercò di trovare un nesso logico tra le proprie posizioni e quelle di Maimonide[3].
Abramo era di carattere estroverso, e con facilità trovava chi l'ascoltasse. Fu dunque a Capua che iniziò a scrivere ed a insegnare. Scrisse infaticabilmente di Qabbalah, filosofia, grammatica, e si circondò di discepoli a cui trasmetteva molto del suo entusiasmo.
Dopo il suo ritorno in Spagna, all'età di trentun anni, ebbe le prime esperienze mistiche. A Barcellona si immerse nello studio del Sefer yetzirah e dei suoi numerosi commentari. Lo studio della Yetzirah e degli scritti del mistico tedesco Eleazaro di Worms esercitarono su di lui una profonda influenza. Le lettere della Scrittura e i loro valori numerici, con le loro combinazioni e permutazioni, divennero per lui segni di altri segni. E tutti i segni erano complementari e si spiegavano l'un l'altro. Di tutti i segni del creato quello eccelso erano le quattro lettere del nome di Dio, il Tetragrammaton. Il Tetragrammaton andava oltre l'uomo perché non si poteva pronunciare, si poteva solo meditare, analizzarne le lettere, ricombinarle, studiarne le corrispondenze e, attraverso esso, risalire l'albero delle sefirot.
Per mezzo di questi esercizi mistici e con l'osservanza di pratiche ascetiche l'uomo di Abulafia si innalza dallo stato mondano a uno stato superiore e diviene profeta. Ma non si diventa profeti per dar spettacolo di sé con miracoli, bensì per giungere a uno stadio di percezione più sottile e per poter penetrare intuitivamente la natura imperscrutabile dell'Altissimo, i misteri della creazione, i problemi posti dalla vita umana, dal "Da-sein", i significati più reconditi della Torah.
Nel 1272 Abulafia si trovava a Patrasso, in Grecia. Lì compose il primo dei suoi libri profetici, il Sefer ha-Yashar (Libro del Giusto).
Ma il suo spirito inquieto continuava a spingerlo verso l'incontro col papa. La richiesta di udienza raggiunse papa Niccolò III a Soriano. Il papa, che non era un mistico, ordinò di mettere al rogo quell'Ebreo se si fosse presentato. Abulafia si presentò ugualmente, e fu incarcerato. Fu liberato dopo solo quattro settimane - nel frattempo il papa era stato colpito da un'apoplessia.
Abulafia fece la sua comparsa in Sicilia dove si manifestò alle comunità ebraiche come Messia. Lo scandalo suscitato da questa affermazione costrinse il filosofo a fuggire ancora. Nell'isola maltese di Comino compose il Sefer ha-Ot (Libro del segno) tra il 1285 e il 1288.
Nel 1291 scrisse la sua opera più difficile, gli Imre Shefer (Parole di bellezza); dopo questa data si perde ogni traccia di lui.
Abulafia chiama il suo sistema Qabbalah mistica. Egli vuol distinguersi così dai suoi predecessori nella misura in cui la loro filosofia si accontenta di caratterizzare Dio come l'En Sof, con le sefirot come intermediari non ben definiti. Questo sarebbe semplicemente un metodo propedeutico al fine ultimo del profeta, la comunione con Dio. I mezzi sono forniti dallo studio dei nomi di Dio - in particolare delle quattro lettere del Tetragrammaton YHWH - e dalla gematriyah, l'uso delle lettere come numeri con intendimenti simbolici. È assai probabile che molto in queste concezioni sia dovuto alla lettura di Eleazaro di Worms e in generale al misticismo tedesco.
L'influenza di Abulafia sullo sviluppo della Qabbalah fu, secondo l'opinione prevalente, di ritardarlo piuttosto che di favorirlo. Dopo di lui e per la sua grande influenza si moltiplicò la tentazione di "giocherellare" coi nomi di Dio e degli angeli e a impiegare la gematriyah per gli scopi più diversi.
Abulafia considerava sé stesso Messia e figlio di Dio. Il suo grande zelo lo spingeva a tendere continuamente ad estendere il suo insegnamento ai Cristiani; pare che proprio per questo avesse tentato di introdurre nel suo sistema una sorta di Trinità. Imbevuto dell'ideale dell'unità dei credenti, lavorò sull'idea trinitaria applicandola al sistema delle sefirot. Introdusse i termini "Padre", "Madre", "Figlio" e "Spirito Santo", tratti dal credo cristiano, nella letteratura cabalistica del XIII secolo.
[modifica] Note
[modifica] Bibliografia
- Moshe Idel, L'esperienza mistica in Abraham Abulafia. Milano, Jaca Book, 1992. ISBN 88-399-1694-6
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