Regolamento
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Nel diritto italiano, il termine regolamento indica una fonte normativa secondaria, sottordinata rispetto alla legge nel sistema della gerarchia delle fonti, la cui emanazione costuisce una facoltà riconosciuta al potere esecutivo.
Esistono regolamenti ministeriali e interministeriali o regolamenti governativi. In particolare, i regolamenti governativi sono deliberati dal Consiglio dei Ministri, previa consultazione del Consiglio di Stato, sono emanati con D.P.R. e sono registrati presso la Corte dei Conti che ne controlla la legittimità, dopodiché pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale.
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[modifica] Caratteri propri di un regolamento
- Nessun regolamento può essere deliberato dal Governo senza la presenza di una sorta di "autorizzazione", ossia di una base fornita dalla legge caso per caso di volta in volta. La legge 400/1988 fornisce soltanto uno schema generale del regolamento, ma non è fonte sulla produzione, altrimenti avrebbe potere normativo, che, secondo l'articolo 70 della Costituzione, è proprio del Parlamento.
- Il regolamento non può inoltre dettare norme in contrasto con disposizioni di legge.
- Il regolamento non può disciplinare materie coperte da riserva di legge. Spesso, oltre all'autorizzazione presente in una fonte primaria, esso necessita anche di una sostanziale legittimazione nel contenuto.
Il regolameento può indicare le modalità attuative di una legge vigente. Il Consiglio di Stato esprime un parere obbligatorio, in particolare in merito all'osservanza della legge e alla sua concreta fattibilità tecnica, per la pubblica amministrazione.
Il Consiglio di Stato può chiedere modifiche, integrazioni, documentazione, nell'ambito di questa attività. La Corte dei Conti valuta il provvedimento dal punto di vista economico.
Un eventuale regolamento che fosse in contrasto con una legge adottata dal Parlamento sarebbe invalido e non potrebbe trovare alcuna applicazione. Tale incompatibilità è accertata dalla magistratura ordinaria.
I regolamenti, a differenza delle norme aventi forza di legge, non sono sottoposti al controllo di costituzionalità da parte della Corte Costituzionale, ma al solo controllo giurisdizionale da parte dell'autorità giudiziaria ordinaria.
[modifica] Tipologie di regolamento
La dottrina distingue tradizionalmente diverse tipologie di regolamento:
- regolamenti di esecuzione: sono di norma previsti dalla legge al fine di dettare norme specifiche per la sua corretta esecuzione, ovvero predispongono gli strumenti più opportuni per l'effettiva messa in pratica delle disposizioni di legge; possono inoltre assolvere all'importante funzione di precisare e integrare le norme predisposte dalla legge (funzione interpretativa).
- regolamenti di attuazione e integrazione: essi sono adottati quando una disciplina è coperta da riserva di legge relativa e nel caso in cui una legge definisca soltanto norme di principio; tale tipo di regolamento favorisce una migliore applicazione della legge, colmando eventuali incompletezze (mai per materie coperte da riserva di legge assoluta).
- regolamenti indipendenti: essi sono adottati autonomamente dal Governo per regolamentare materie che non sono affatto disciplinate da una fonte primaria (con esclusione di quelle coperte da riserva di legge assoluta) e che quindi sono solitamente di modesta rilevanza. Non possono mai derogare ad una norma di legge.
- regolamenti delegati (o autorizzati): previsti al fine di dare corso ad un processo di delegificazione (ossia dell'attribuzione al Governo del compito di regolamentare certe materie anche in deroga ad una disciplina precedentemente posta dalla legge). Tale processo è garantito da una legge avente contenuto autorizzatorio del Parlamento che permette di disciplinare con regolamento un oggetto già regolato da legge, anche su una materia coperta da riserva di legge (purché non assoluta). La legge di autorizzazione dispone l'abrogazione della normativa vigente con effetto però dall'entrata in vigore del regolamento (abrogazione differita).
- regolamenti organizzativi: disciplinano l'organizzazione interna dei pubblici uffici, e prima del 1948 godevano di un ampio raggio d'azione. Dall'entrata in vigore della Costituzione repubblicana, essendo la materia coperta da riserva di legge relativa[1], essi non si distinguono più nella sostanza dai regolamenti di esecuzione o di attuazione e integrazione. Tuttavia, nel 1997 la materia è stata oggetto di delegificazione[2], per cui ad essi si sono sostituiti i regolamenti delegati.
[modifica] Altri significati del termine "regolamento"
Con il termine "regolamento" sono inoltre indicate due fonti che nulla hanno in comune con il regolamento inteso come fonte secondaria di diritto interno italiano.
Si tratta anzitutto dei regolamenti interni agli organi costituzionali quali le Camere del Parlamento, la Corte Costituzionale, il Consiglio Superiore della Magistratura. Tali regolamenti sono fonti atipiche, non subordinate alla legge.
Il termine è inoltre utilizzato per riferirsi ai regolamenti comunitari, fonti esterne all'ordinamento italiano, ma idonee a produrvi direttamente effetti giuridici.
[modifica] Voci correlate
- Fonti del diritto
- Gerarchia delle fonti di diritto
- Costituzione della Repubblica Italiana
- Legge ordinaria
- Regolamento dell'Unione Europea
- Legge Regionale
- Delegificazione
[modifica] Note
- ^ Art. 97 Cost.
- ^ Art. 17 L. 23 agosto 1988 n. 400, comma 4bis aggiunto dall'art. 13, L. 15 marzo 1997, n. 59
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