Principio di equivalenza
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Ci sono due versioni del Principio di Equivalenza, entrambe dovute ad Einstein:
- la versione forte afferma che in un campo gravitazionale qualsiasi è sempre possibile scegliere un sistema di riferimento che sia localmente inerziale, cioè che in un intorno sufficientemente piccolo del punto le leggi del moto assumono la stessa forma che avrebbero in assenza di gravità;
- quella debole asserisce che la massa inerziale (la proprietà intrinseca del corpo materiale di opporsi alle variazioni di moto) e la massa gravitazionale (la proprietà di un corpo di essere sorgente e di subire l'influsso di un campo gravitazionale) sono numericamente uguali (il rapporto tra le due masse è stato sperimentalmente misurato da Eötvös essere diverso dall'unità per meno di un fattore di 10 − 14 ).
Gli appellativi di forte e debole si giustificano dal momento che se vale il principio di equivalenza nella forma forte deve valere anche quello nella forma debole, mentre da un punto di vista logico l'implicazione non è reversibile. Questa caratteristica fa sì che, anche se il principio in forma debole è stato sperimentalmente misurato essere falso[citazione necessaria] entro limiti strettissimi, ciò non è sufficiente a garantire lo stesso grado di certezza anche alla forma forte, che deve essere dunque considerata ancora come un postulato.
Questo principio è alla base della teoria della relatività di Albert Einstein. La formulazione matematica del Principio di Equivalenza e l'interpretazione del campo gravitazionale sono strettamente interconnesse; infatti, la formalizzazione della relatività avviene tramite il calcolo tensoriale, in cui esiste un'entità chiamata connessione che, nel caso particolare in cui essa sia metrica e simmetrica, cioè sia una connessione di Levi-Civita, può annullarsi localmente con un'opportuna scelta del sistema di riferimento - è questo il Teorema di Weyl: interpretando il campo gravitazionale come rappresentato dalla connessione di Levi-Civita, il teorema di Weyl è rileggibile come il fatto che esiste sempre la possibilità di trovare un sistema di riferimento opportuno rispetto al quale si può annullare localmente il campo gravitazionale - ed è questo il principio di equivalenza forte. Quindi, il principio di equivalenza forte è matematizzabile dal teorema di Weyl, una volta che si interpreta il campo gravitazionale come la connessione di Levi-Civita.
Siccome la connessione di Levi-Civita è esprimibile interamente in termini delle derivate parziali della metrica dello spaziotempo, il campo gravitazionale è pensabile avere la metrica dello spaziotempo come potenziale. Tuttavia, né la metrica dello spaziotempo (poiché è un tensore che non può mai annullarsi), né la sua connessione (che non è un tensore) possono esprimere il campo gravitazionale in modo covariante; per poter esprimere il campo gravitazionale in modo covariante si utilizza allora il solo tensore che è ottenibile dalla metrica, ovvero dalla connessione metrica simmetrica di Levi-Civita, e cioè il tensore di curvatura di Riemann: in tal modo, in un certo punto dello spazio si ha la presenza fisica di un campo gravitazionale se e solo se il tensore di curvatura calcolato in quel punto è diverso da zero, e si può dire che il campo gravitazionale è l'effetto fisico di ciò che geometricamente è la curvatura dello spaziotempo.
In questo senso il Principio di Equivalenza è l'idea fondamentale di geometrizzazione del campo gravitazionale.