Pederastia greca
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Il termine pederastia deriva dal greco antico παιδ- paid-, "ragazzo", e ἐραστής erastès, "amante". Nell'antica Grecia indica il peculiare fenomeno del rapporto ritualizzato e socialmente codificato del rapporto fra due maschi di età diversa.
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[modifica] Caratteristiche
Nella Grecia antica la pederastia consisteva in un legame tra un uomo e un adolescente (a partire da almeno dodici anni di età).
Questo genere di coppia traeva la sua legittimazione da numerosi equivalenti simbolici o mitologici tra figure divine o eroiche (Zeus e Ganimede, Apollo e Giacinto o tra lo stesso Apollo e Ciparisso, come tra Eracle e Iolao ed Ila, o ancora tra Teseo e Piritoo).
Alcuni indizi hanno fatto supporre che il fenomeno si sia evoluto a partire dai riti di iniziazione e di passaggio della cultura indoeuropea.
Si trattava di un modo riconosciuto di formazione delle elités sociali, che traduceva la relazione maestro-allievo. I vocaboli indicanti l'uomo e il ragazzo potevano variare da una città all'altra: per esempio erastes ("amante") e eromenos ("amato") ad Atene, eispnelas ("ispiratore") e aites ("auditore") a Sparta.
Anche le modalità della relazione differivano a seconda delle città e i rapporti sessuali potevano o meno essere permessi all'interno della relazione.
[modifica] L'arpaghè cretese
Creta ci offre il modello più antico di pederastia codificata attraverso il ratto rituale detto arpaghé ("rapimento"), che ci è stato tramandato dallo storico Eforo di Cuma.
Dopo averne fatto l'annuncio e aver ottenuto l'approvazione del padre, l'uomo procedeva al rapimento rituale del ragazzo.
Incominciava così un periodo di apprendistato sotto la responsabilità dell'adulto, che si ritirava in campagna con il ragazzo per un periodo di due mesi, nel corso del quale questi imparava a diventare un abile cacciatore e un coraggioso combattente.
In questo periodo, se il ragazzo voleva, la coppia praticava attività sessuali. Si considerava normale che il ragazzo si offrisse al suo maestro per desiderio e come segno di riconoscenza per gli sforzi che costui consacrava alla sua formazione.
Al termine del periodo il ragazzo era ricondotto in città e veniva festeggiato pubblicamente il suo ritorno e la sua "rinascita" nella società, nella quale poteva ora assumere il suo ruolo di uomo e cittadino. Tre doni rituali erano d'obbligo: un bue, un'armatura e una coppa, in riferimento all'agricoltura, alla guerra e alla religione. Adesso pure poteva denunciare l'adulto e rompere le relazioni se costui lo aveva costretto. Questa iniziazione rituale non riguardava (come rivela anche il costo notevole dei tre doni rituali) l'insieme dei cittadini, ma solo i membri delle elités dominanti: coloro che l'avevano portata a termine si vedevano riconoscere particolari segni di onore.
[modifica] Sparta
A Sparta questo tipo di rapporto era previsto e regolato dalle leggi (codice di Licurgo). L'uomo doveva preliminarmente guadagnarsi l'affezione del ragazzo, a differenza che a Creta o ad Atene, dove questo consenso, sebbene considerato preferibile, non era tuttavia richiesto.
Era considerato in generale normale per un uomo essere attratto da un ragazzo, il quale doveva tuttavia possedere la kalokagathia, cioè le due caratteristiche della bellezza e del valore (essere καλός kalos, ossia "bello" e ἀγαθός agathos, "buono", "coraggioso", "onesto").
[modifica] Atene
Ad Atene la pratica sembra aver subito un'evoluzione, trasformandosi da rituale aristocratico e guerriero rivolto alla formazione dei giovani, in uso meno rigoroso, maggiormente centrato sull'estetica e i sensi.
Questa differente modalità comportò deviazioni, spesso criticate dagli autori antichi. Degli uomini potevano rivaleggiare in regali nel cercare di conquistarsi le attenzioni di un ragazzo e alcuni giovani ne approfittavano, accordando i propri favori al più alto offerente.
Contro questa sorta di prostituzione, Platone fu particolarmente critico, criticando prima le deviazioni di questa pratica istituzionalizzata (nei dialoghi del Simposio e di Fedro) e successivamente arrivando ad ipotizzarne l'abolizione nel testo de Le Leggi.
[modifica] Bibliografia
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