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Manticora - Wikipedia

Manticora

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Illustrazione di una manticora
Illustrazione di una manticora

La manticora è una creatura mitica, una sorta di chimera dotata di testa umana (spesso munita di corna), corpo di leone e coda di drago o di scorpione, in grado di scagliare spine velenose per rendere inerme la preda (confondendo così la sua immagine con la criptozoologia di un porcospino). A volte la manticora può possedere ali di qualche genere. Il nome Manticora identifica anche un genere di insetto, Insectorum tigrides veloces a detta di Linneo, predatore, appartenente alle Cicindelinae.

Indice

[modifica] Descrizione

Il primo a descrivere l'animale era stato Ctesia di Cnido nei suoi Indikà, di cui sopravvive un riassunto nella Biblioteca del patriarca Fozio:

« Ctesia parla anche del manticora, una bestia che si trova presso gli Indiani e che ha il volto simile a quello degli uomini. Questa bestia è grande quanto un leone e ha il colore della pelle di un rosso simile a quello del cinabro; ha i denti disposti su tre file, le orecchie di un uomo e gli occhi glauchi simili a quelli di un uomo. La sua coda assomiglia a quella di uno scorpione di terra, misura più di un cubito ed è munita di un pungiglione. Nella coda, lateralmente, sono disposti, qua e là, altri pungiglioni, oltre a quello che, come nella coda dello scorpione, si trova sulla punta. È con questo pungiglione che il manticora colpisce chi gli si avvicina e chiunque venga da esso ferito trova una morte sicura. Se invece qualcuno lotta con il manticora a distanza, esso, sollevando la coda, si mette a saettare i suoi dardi, come da un arco, contro l'avversario che gli sta di fronte, oppure, voltandosi, cerca di colpirlo da dietro tendendo la sua coda in linea retta. Il manticora riesce a scagliare i suoi dardi fino a cento piedi di distanza e qualsiasi essere vivente venga da essi colpito (ad eccezione dell'elefante) trova una morte certa. I suoi pungiglioni misurano un piede e sono spessi quanto un giunco sottilissimo. Il termine "martichoras" significa in greco "antropofago", proprio per il fatto che questa bestia si nutre per lo più di uomini, oltre che di altri animali. Riesce a combattere anche con le unghie (oltre che con i pungiglioni). I suoi pungiglioni – così dice Ctesia - dopo che sono stati lanciati crescono di nuovo (molti infatti è possibile trovarne in India). In India ci sono molti esemplari di manticora: gli uomini li cacciano a dorso di elefante scagliando da lì le loro frecce. »
(Ctesia FrGrHist 688 F. 45, 15: Phot. Bibl. 45b 31- 46 a 12 Henry[1])

Jorge Luis Borges scrive citando Plinio:

« "multaque alia monstri similia" c'è in Etiopia un animale chiamato mantichora, il quale ha tre ordini di denti connessi come quelli di un pettine, faccia e orecchie d'uomo, occhi azzurri, corpo cremisi di leone, e coda terminante in aculeo come di scorpione. Corre con una somma rapidità ed è amantissimo della carne umana; la sua voce è come un concerto di flauto e tromba. »
(Jorge Luis Borges, Manuale di zoologia fantastica)

La descrizione è ripresa con più dettagli da Eliano, che sostiene sempre di citare Ctesia ma colloca la bestia in India e aggiunge all'aculeo lungo un cubito delle spine avvelenate, scagliabili all'occorrenza. L'unico animale che può tener testa alla manticora è il leone, però gli Indiani riescono a catturarne i cuccioli ancora privi di aculei e gli mozzano la coda, per renderli inoffensivi e portarli a spasso, tanto è vero che ne hanno regalato uno al re di Persia. Il vero nome sarebbe martikhoras (dal persiano mardkhora, "mangia uomini")[2].

Pausania non sembra molto convinto e ipotizza che si tratti di una versione distorta della tigre indiana, malgrado tripla fila di denti e aculeo non corrispondano[3].

Anche Filostrato avrebbe cercato la manticora in India, secondo quanto racconta nella biografia romanzata di Apollonio di Tiana[4].

Ad ogni modo, la manticora sopravvive e si moltiplica nei bestiari medioevali[5], spesso assunta come simbolo della tirannia e dell'invidia, o più alla grossa del demonio[6]. Ne parla Brunetto Latini[7], e forse ha suggestionato anche Dante Alighieri, nei tratti di un mostro della Divina Commedia[8].

Nei secoli successivi la ritroviamo in Topsell[9] e Rabelais[10], e in Gustave Flaubert[11]:

La manticora (gigantesco leone rosso, dal volto umano, con tre filari di denti):

« I marezzi del mio pelame scarlatto si confondono col riverbero delle grandi sabbie. Soffio dalle narici lo spavento delle solitudini. Sputo la peste. Mangio gli eserciti, quando s'avventurano nel deserto. Ho le unghie ritorte a succhiello, i denti tagliati a sega; e la mia coda roteante è irta di dardi che lancio a destra, a sinistra, in avanti, in dietro. Guarda! Guarda! (la manticora lancia le spine della coda, che si irradiano come frecce in tutte le direzioni. Gocce di sangue piovono schioccando sul fogliame.) »

Oggi il mitico animale prospera nei giochi di ruolo e videogiochi[12], per lo più in forma alata.

Oltre che nel fantasy[13] e nei cataloghi di esseri immaginari[14], la vera manticora compare ancora nei romanzi di Umberto Eco, ne Il nome della rosa e soprattutto in Baudolino, dove assieme a un gatto e a una chimera sbarra la strada per il favoloso regno del Prete Gianni (dove vivono anche una serie di razze fantastiche quali i blemmi, i panozi ecc.).

Anche la musica rock non ha mancato di citare la bestia, precisamente nel brano Tarkus del trio Emerson, Lake and Palmer mentre sulla copertina dell'album omonimo del 1971 figura un pangolino a carro armato.

Della manticora infine esiste anche una interpretazione positiva, ad esempio nel balletto L'unicorno, la Gorgone e la Manticora: le tre domeniche di un poeta, di Giancarlo Menotti, oppure in The Manticore of North Cerney, di Dorothy Spider.

[modifica] Ipotesi di identificazione

Molti hanno concluso che si tratti della tigre del Caspio, e questo perché le citazioni partono da Ctesia, che viveva in Persia.

Ma, a parte il fatto che Plinio sostiene di citare Ctesia anch'egli e parla di Etiopia, nessun felino ha voce di trombetta o vive nei luoghi aridi e rocciosi amati dalla manticora, e comunque i persiani conoscevano già la tigre, quindi non avrebbe avuto senso parlarne in termini distorti. Neppure può trattarsi di un mito venuto dall'India, perché il tipico mostro indiano mangiatore di uomini ha il corpo umano e solo la testa di tigre, cioè l'esatto contrario della manticora (il che può forse aver generato una sovrimpressione dei miti).

Vi sono però dei babbuini chiamati "gelada" che vivono in Etiopia, in terreni aridi e rocciosi. Hanno la voce a trombetta, il pelo fulvo, la coda spessa terminante con un ciuffone e camminano a quattro zampe. Non sono carnivori ma hanno denti enormi e quando si arrabbiano scoprono le gengive rosse.

Il fatto che un animale etiope sia finito nelle cronache persiane del V secolo a.C. può essere spiegato perché all'epoca i gelada vivevano in quasi tutta l'Africa del nord. Egizi e numidi solevano tenerne alcune al guinzaglio, e all'epoca l'Egitto era una colonia persiana.

Un'altra possibile spiegazione della stranezza della manticora sarebbe da ricercare nel repertorio iconografico dell'arte persiana e babilonese. Dal momento che Ctesia di Cnido era stato prigioniero nella corte degli Achemenidi, è possibile ipotizzare che abbia deciso di creare una versione letteraria di un motivo assai diffuso nell'arte orientale. Ctesia in altre parole avrebbe descritto il Lamassu, demone benevolo con il corpo di toro (e talvolta, appunto, di leone) e con il volto di un uomo persiano barbuto, attribuendo ad esso non poteri magici o divini, ma tratti ferini e cannibaleschi.

[modifica] Note bibliografiche

  1. ^ Vedi anche: Pietro Li Causi. Sulle tracce del manticora. La zoologia dei confini del mondo in Grecia e a Roma. Palermo, Palumbo.
  2. ^ Plinio il Vecchio (I secolo d.C.), Naturalis Historia, VIII 75 (che cita il passo di Ctesia cit. in n. 1). Prima di Plinio, il passo di Ctesia relativo alla manticora era già stato citato da Aristotele nella Historia Animalium (II, 1, 501 a 24 sgg.).
  3. ^ Pausania (II secolo d.C.), Guida della Grecia, IX.21.4.
  4. ^ Così riferisce Filostrato al principio del III secolo d.C nella sua Vita di Apollonio di Tiana, III 45. Più o meno con le stesse parole, anche Eusebio (IV secolo d.C.), nel Trattato di Eusebio contro Ierocle, XXI. Di Apollonio di Tiana, mago e filosofo neopitagorico, tutto è incerto, a cominciare dall'esistenza. Si narra anche che sia stato assunto in cielo dopo la sua morte, da cui il titolo di Cristo Pagano)
  5. ^ Non senza qualche confusione. A volte viene confusa con la bestia leucocroca, che invece ha il corpo d'asino, il retro di cervo, il petto e le cosce di leone, i piedi di cavallo, un corno biforcuto, una bocca tagliata fino alle orecchie da cui esce voce quasi umana e al posto dei denti un unico osso. In altre versioni le si attribuiscono non tre file di denti ma tre denti e basta, larghi e spessi al punto da riempire la bocca (questa versione torna in Mirrour of the World, di William Caxton, che nel quindicesimo secolo tradusse dal francese medievale un testo a sua volta tradotto dal latino). Per non dire dei miscugli con grifoni e altri leoni alati o, specie nella rara araldica, delle aggiunte di corna, spine, ali e zampe di drago, soffio velenoso o infuocato ecc..
  6. ^ Sampson, Low, Marston, Searle e Rivington. An illustrated dictionary of Words used in Art and Archaeology.
    Beryl Rowland. Animals with Human Faces: a Guide to Animal Symbolism.
    Alison Jones. Voce in Larousse Dictionary of World Folklore.
    Non manca però qualche interpretazione più strana: The Magical Worlds of Harry Potter, di David Colbert, riporta che, vivendo sotto terra, la manticora simboleggia il profeta Geremia, che fu gettato in un pozzo. Idem in [1]. Incidentalmente, l'Apocalisse di Giovanni, testo assai in voga verso la fine del millennio, al cap. 9 annovera tra i suoi flagelli delle locuste dal viso umano, grosse come cavalli e con la coda di scorpione. Trattandosi di emissari divini assai simili al nostro mostro, l'idea del simbolo malefico assoluto va forse riesaminata.
  7. ^ Nel Livre du Trésor, o almeno così sostiene Louis Charbonneau-Lassay nel suo Bestiario di Cristo.
  8. ^ Inferno, canto 17, dove si parla di Gerione. Il mito classico viene descritto come un gigante il cui tronco si ramificava in tre corpi diversi, con sei braccia e tre teste, ma invece Dante scrive:
    « La faccia sua era faccia d'uom giusto,
    tanto benigna avea di fuor la pelle,
    e d'un serpente tutto l'altro fusto;
      due branche avea pilose insin l'ascelle;
    lo dosso e 'l petto e ambedue le coste
    dipinti avea di nodi e di rotelle.
    [..]
      Nel vano tutta sua coda guizzava,
    torcendo in sù la venenosa forca
    ch'a guisa di scorpion la punta armava. »
    A voler forzare un po' la lettura, pare davvero una manticora alata, magari incrociata con un drago, come se ne vedono nei disegni più moderni.
  9. ^ Edward Topsell. The History of Four-footed Beafts and Serpents. Riprende quasi alla lettera la descrizione fatta da Eliano, allargandole però la bocca fino alle orecchie (qui ricorda la bestia Leucocroca). Alcuni brani reperibili su [2].
  10. ^ Pantagruel, con l'unica differenza che qui la bestia ha una voce melodiosa invece del suono di trombetta. Altri testi dell'epoca le attribuiscono un sibilo da rettile, che però ha ugualmente il potere di incantare chi la ascolta. Di Rabelais è molto più celebre la citazione di un altro mostro classico, la chimera, che appare nel titolo di una delle opere immaginarie trovate da Pantagruel nella biblioteca dell'abbazia di San Vittore a Parigi: «Quaestio subtilissima, utrum Chimera in vacuo bombinans possit com'edere secundas intentiones, et fuit dibattuta per decem hebdomadas in Concilio Constantiensi».
  11. ^ La Tentazione di sant'Antonio, infine. Il brano viene citato sia da Borges nel Manuale di zoologia fantastica sia da Salman Rushdie nei Versetti Satanici. Qui appare anche un'altra versione del mostro come uomo con testa di tigre (sul simbolismo, vedi [3]). È che nel tempo si siano fusi due miti: uno tipicamente indiano (il mangiatore di uomini, testa di tigre), e noto ai musulmani; l'altro greco-mediorientale (la manticora etiope, con la coda di scorpione).
  12. ^ Numerosissimi: tra questi Dungeons&Dragons per i giochi di carte, Magic the gathering per i giochi di carte collezionabili e la serie Might&Magic per i videogiochi.
  13. ^ Per citare gli autori più celebri: Gli animali fantastici, dove trovarli, di J.K. Rowling, quella di Harry Potter, e Sangue di drago, di George R. R. Martin
  14. ^ Ad esempio A Dictionary of Fabulous Beasts, di Richard Barber & Anne Riches; Encyclopedia of Things That Never Were: Creatures, Places and People, di Michael Page & Robert Inkpen; Mythical and Fabulous Creatures: A source Book and Research Guide, di David R. Cheney, ed. Malcolm South.

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