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Luigi Meroni - Wikipedia

Luigi Meroni

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Luigi Meroni
Immagine:Gigi meroni.GIF
{{{didascalia}}}
Dati biografici
Nome Luigi Meroni
Nato 24 febbraio 1943
Como
Paese bandiera Italia
Nazionalità
Passaporto {{{passaporto}}}
Morto 15 ottobre 1967
Torino
Altezza 170 cm
Peso kg
Dati agonistici
Disciplina Calcio
Specialità {{{specialità}}}
Categoria {{{categoria}}}
Record
Ranking {{{ranking}}}°
Ruolo Ala destra
Squadra Torino
Ritirato {{{Terminecarriera}}}
Carriera
Giovanili
1960/1961 Como
Club professionistici  
1960/1962 Como B 25 (3)
1962/1964 Genoa A 40 (6)
1964/1967 Torino A 103 (22)
Nazionale
1966/1967 Bandiera dell'Italia Italia 6 (2)
Carriera da allenatore
Incontri disputati

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Palmarès
Il simbolo → indica un trasferimento in prestito

Luigi Meroni detto Gigi (Como24 febbraio 1943 – Torino15 ottobre 1967) è stato un calciatore italiano.

Morì a ventiquattro anni investito da un'auto mentre attraversava un viale del capoluogo piemontese (Corso Re Umberto) insieme al suo grande amico e compagno di squadra Fabrizio Poletti, poco dopo la fine di una partita tra il Torino Calcio, la squadra in cui militava, e la U.C. Sampdoria. Aveva fino ad allora disputato 145 partite in Serie A realizzando ventinove reti.

Ala destra del Como (la squadra della sua città natale), del Genoa e del Torino, Meroni è ricordato per il talento sportivo ma anche per il modo anticonformista di concepire la vita fuori dai campi da gioco; personaggio a tutto tondo, non semplice campione di calcio, diventò ben presto un personaggio nell'Italia che stava cambiando degli Anni Sessanta.

Indice

[modifica] Il calciatore

Cominciò a giocare a calcio in un piccolo cortile di 60 metri quadrati; dall'età di due anni era orfano di padre, e la madre aveva difficoltà economiche nell'allevare i tre figli.

Cresciuto calcisticamente nelle formazioni giovanili del Como, giunto a giocare in prima squadra sia pure nella seconda divisione, Meroni venne ceduto al Genoa, la più antica squadra di calcio italiana, che all'epoca riviveva un momento di rilancio. All'ombra della Lanterna, Meroni ebbe momenti di grande notorietà. Meroni si accattivò subito le simpatie del pubblico, coi suoi gol impossibili e le finte ubriacanti. La magia rischiò di incrinarsi nell'ultima gara della stagione, quando, chiamato ad un controllo antidoping, Meroni si rifiutò di sottoporsi agli esami di rito (affermò di essersi dimenticato il test in albergo): altri tre giocatori della squadra risultarono positivi alle anfetamine, e Meroni fu squalificato per le prime cinque giornate del campionato 1963.

Nel 1964 nonostante il malcontento della tifoseria genoana fu ceduto al Torino (allenato dal "duro" Nereo Rocco), squadra in ascesa dopo il tragico declino seguito alla Tragedia di Superga (per la cronaca, il pilota dell'aereo che si schiantò contro il terrapieno della Basilica si chiamava, scherzi del destino, Pierluigi Meroni).

Nel 1967 a San Siro, con uno spettacolare pallonetto dal limite dell'area insaccatosi nel "sette" della porta nerazzurra, frantumò il record di imbattibilità detenuto dalla "Grande Inter" di Helenio Herrera, costringendo la squadra milanese alla sconfitta dopo tre anni di imbattibilità.

Con la maglia della nazionale azzurra partecipò all'infausta spedizione guidata dall'allenatore Edmondo Fabbri ai Mondiali di Inghilterra del 1966 - strepitoso un suo goal all'Argentina durante un'amichevole di preparazione disputata nella "sua" Torino - per riprendere con rinnovato entuasiamo la stagione agonistica nelle fila del Toro, fino alla tragica conclusione della sua vita.

Nel 1967 una rivolta dei tifosi granata fece sfumare il ricchissimo contratto da 750 milioni di lire offerto dalla Juventus per l'acquisto del giocatore.

Meroni è stato un'ala destra (giocava con il numero 7) di notevole valore tecnico: amante del dribbling stretto, calzettoni sempre abbassati alla Sivori (all'epoca il regolamento lo consentiva), non si sottraeva all'agonismo, pronto ad affrontare con tenacia e vigoria, nonostante la minuta struttura fisica, i più arcigni difensori della Serie A dell'epoca.

[modifica] Il personaggio

« Era un simbolo di estri bizzarri e libertà sociali in un paese di quasi tutti conformisti sornioni »
(Gianni Brera nel necrologio di Gigi Meroni)

Con Sivori, oltre allo stile, condivideva le idee politiche legate all'anarchia, tanto che la stampa gli attribuì il nomignolo di Sivori Italiano.

Generoso sul campo, abbigliamento stravagante nel tempo libero, fortemente condizionato dal clima culturale beat in auge al principio degli anni Sessanta - ma dotato anche di un talento pittorico che avrebbe potuto farne un artista di fama - Meroni fu tanto estroverso negli atteggiamenti pubblici (un'istantanea lo ritrae mentre passeggia per il corso con una gallina al guinzaglio) quanto riservato nella sua vita privata.

L'episodio della gallina era legato al suo conflittuale rapporto con la stampa: dopo che alcuni giornali comaschi avevano avanzato critiche nei confronti di alcuni suoi comportamenti bizzarri, Meroni decise di dare loro di proposito qualcosa di cui parlare. Con la complicità di Fabrizio Poletti arrivò nella piazza centrale di Como su una Lancia Aprilia, fece qualche giro con la gallina al guinzaglio e infine si diresse verso il lago, dove cercò inutilmente di mettere al volatile un bizzarro costume da bagno.

Meroni era un ribelle, un anarchico, un provocatore: portava i capelli lunghi e la barba in un epoca in cui questo significava accomunarsi a rivoluzionari come Castro e Che Guevara agli occhi dell'uomo comune. Per poter giocare in Nazionale, gli fu imposto da Fabbri un taglio di capelli. La stampa si azzannava in diatribe a proposito delle acconciature di Meroni.

Alla seconda convocazione in nazionale, per la partita di qualificazione con la Polonia nel 1965, si rifiutò di tagliarli di nuovo. "Spero di aver mostrato che posso giocare bene anche con una lunga chioma", disse; il fallimento della spedizione mondiale del 1966 però attirò l'odio della stampa su Meroni, che venne additato come "squallido personaggio", "lo zingaro", "Hidalgo", "il Vagabondo". Gli venne attribuita la colpa delle scarse prestazioni nonostante avesse giocato in una sola partita del torneo.

La pressione della stampa fu notevole - e probabilmente al limite del sopportabile per un giovane di poco più di vent'anni che come tanti suoi coetanei amava ascoltare la musica dei Beatles ed il jazz.

Sui giornali apparvero notizie di una sua relazione d'amore con Cristiana Uderstadt, una ragazza italo-polacca che lavorava in un Luna park e che - per andare a vivere nella mansarda che il calciatore occupava nel centro di Torino - fuggì letteralmente da un matrimonio (poi reso nullo) che le era stato imposto dalla famiglia. Meroni l'aveva conosciuta nel 1962, nei pressi del porto di Genova. Meroni era solito regalare a Cristiana una rosa rossa tutti i giorni.

Nereo Rocco non tollerava la presenza di mogli e fidanzate in ritiro, e il sesso era assolutamente fuori discussione. Meroni presentò Cristiana come sua sorella: tutti i giocatori erano a conoscenza della verità, e l'inganno funzionò solo nei confronti di Rocco. Ogni volta che poteva, fuggiva dai ritiri per vedere Cristiana.

L'immagine di Meroni, sicuramente forte per l'epoca, la sua vita in concubinato, il rifiuto di assimilarsi agli stilemi proposti dal mondo del calcio di allora gli valsero però non pochi fastidi culminati in alcune mancate convocazioni in nazionale.

Nell'arco - assai breve - della sua carriera, fece a tempo a diventare un simbolo per gli appassionati di calcio: una icona di quel talento in grado di trasformare una giocata in una pennellata artistica.

[modifica] La tragedia

« Gigi non era soltanto carne, muscoli e nervi. Era genialità, coraggio, comprensione, altruismo »
(Don Francesco Ferraudo, discorso al funerale di Meroni)

La sera del 15 ottobre 1967, dopo l'incontro contro la Sampdoria dominato dai granata per 4-2, Meroni fu convinto dal suo grande amico Poletti, giocatore nella stessa squadra, ad abbandonare il ritiro post-partita della squadra prima del suo termine.

Dirigendosi verso il bar che di solito frequentava, attraversò avventatamente, nei pressi del civico 46, il corso Re Umberto: percorse la prima metà della carreggiata, fermandosi in mezzo alla strada cercando un momento buono per passare nell'intenso traffico.

Dalla sua destra arrivò rapidamente un'auto troppo vicina. Meroni e Poletti fecero un passo indietro. Poletti fu urtato di striscio da una Fiat 124 Coupé proveniente dal lato opposto, e Meroni invece fu colpito in pieno alla gamba sinistra; fu sollevato in aria dall'impatto e cadde a terra dall'altra parte della carreggiata, per poi venire travolto da una Lancia Aprilia, che ne agganciò il corpo trascinandolo per 50 metri mentre la Fiat 124 Coupé si fermava a bordo strada. Meroni morì poche ore dopo, alle 22.40, all'ospedale Mauriziano, dove venne portato da un passante, tal Giuseppe Messina, poiché l'ambulanza rimase imbottigliata nel traffico post-partita. Arrivò al nosocomio con le gambe e il bacino fratturati, e con un grave trauma cranico.

La Fiat era guidata da Attilio Romero, un diciannovenne neopatentato, di buona famiglia e figlio di un medico agiato, tifosissimo del Torino e grande fan di Meroni di cui aveva copiato anche la capigliatura e con cui aveva una lieve somiglianza fisica. Romero, nel 2000, sarebbe diventato presidente del Torino e nel 2005 l'avrebbe portato al fallimento.

Dopo l'incidente, Romero si presentò spontaneamente alla Polizia, dove venne interrogato fino a tarda notte. Tornò a casa propria in corso Re Umberto, a soli 13 numeri di distanza dalla casa di Meroni. [1]

20.000 persone parteciparono ai suoi funerali, e il lutto scosse la città. Dal carcere delle Nuove di Torino alcuni detenuti raccolsero soldi per mandare fiori. La stampa sembrò per un attimo perdonare la bizzarria contestata in vita, ma la Chiesa si oppose al funerale e criticò aspramente don Francesco Ferraudo per aver celebrato il funerale di un "peccatore pubblico" con riti religiosi. Il quotidiano torinese La Stampa si unì alle richieste dei prelati, e si raccolse un movimento d'opinione per chiedere provvedimenti disciplinari contro il sacerdote.

[modifica] Dopo il lutto

La settimana dopo il funerale, la squadra del Torino avrebbe affrontato la Juventus nel derby piemontese. Tra il silenzio funereo delle tifoserie di entrambi gli schieramenti, il campo fu inondato di fiori da un elicottero, che furono raccolti poi sulla fascia destra, quella di competenza del giocatore deceduto.

Nestor Combin, un attaccante argentino molto amico di Meroni, insistette per giocare nonostante la febbre che lo aveva colpito pochi giorni prima. In memoria dell'amico, lottando con furia, al terzo minuto segnò un gol, e raddoppiò al settimo, per poi firmare una tripletta al 15° della ripresa. Il quarto gol fu segnato dal successore di Meroni, il nuovo numero 7, Alberto Carelli. È il miglior risultato ottenuto ad oggi in un derby, e ha metaforicamente vendicato i sette derby senza vittorie giocati da Meroni.

Il Torino chiese all'assicurazione di Romero un rimborso per i danni patrimoniali causati dalla perdita del giocatore. All'epoca era un fatto quasi inedito, e i precedenti tentativi (sempre del Torino, dopo Superga), erano stati respinti dai giudici che non avevano riconosciuto il plusvalore rappresentato dall'investimento della squadra in un giocatore di classe.

Nel 1971 la sentenza stabilì che si sarebbe dovuto erogare un risarcimento: la decisione, storica, marcò un netto cambiamento di posizione nel tema dei rimborsi per sinistri.

L'arrivo alla presidenza di Romero, nel 2000, espose la società ad aspre critiche da parte dei tifosi che in parte attribuivano ancora al neopresidente la responsabilità dell'accaduto. Secondo la vedova di Meroni, con l'arrivo di Romero il Torino smise di mandare fiori sulla tomba del giocatore nel giorno del suo compleanno, una tradizione che resisteva da oltre 30 anni.

La tomba di Meroni fu vandalizzata da un tifoso che non riusciva a comporre il dolore per la perdita.

Ancora oggi in occasione di vittorie della squadra, è usanza di una parte della tifoseria andare a porgere omaggio nel punto dove Meroni fu investito. In occasione del quarantesimo anniversario della morte è stato collocato un monumento nel luogo in cui è avvenuto l'incidente.

A Meroni sono stati dedicati vari libri - tra cui quello di Nando Dalla Chiesa, La farfalla granata - e una canzone: "Chi si ricorda di Gigi Meroni?" degli Yo Yo Mundi. A suo nome sono stati intitolati diversi club sportivi e il ricordo di un calciatore che avrebbe potuto dar molto al calcio italiano rimane immutato.

[modifica] "Fattore Meroni"

I risultati delle partite del Torino disputate il 15 ottobre (giorno della scomparsa di Meroni) dal 1967 al 2006

15-10-1972 Torino - Ternana 2-0 Pulici 39',90'

15-10-1973 Torino - Roma 1-0 Pulici 66'

15-10-1978 Torino - Avellino 1-0 Greco 85'

15-10-1989 Torino - Padova 3-1 Romano, Skoro, Cravero

15-10-1995 Torino - Roma 2-2 Abedì Pelé 16', Aut.Cervone 27'

15-10-2003 Torino - Cagliari 4-2 Fabbrini 5', Ferrante 37', Conticchio 66', Pinga 72'

15-10-2005 Ternana - Torino 0-0

15-10-2006 Torino - Chievo 1-0 Stellone 48'

[modifica] Carriera in cifre

  • Como - Serie B
    • stagione 1960-61
    • stagione 1961-62 - 3 gol
  • Genoa - Serie A
    • stagione 1962-63 - 1 gol
    • stagione 1963-64 - 5 gol
  • Torino - Serie A
    • stagione 1964-65 - 5 gol
    • stagione 1965-66 - 7 gol
    • stagione 1966-67 - 9 gol
    • stagione 1967-68 - 1 gol

Nazionale A - Convocazioni: 8 Presenze: 6 Reti: 2 Partecipa al Mondiale 1966

[modifica] Bibliografia

  1. ^ Calcio. 1898-2007 Storia dello sport che ha fatto l'Italia, di John Foot, Rizzoli Storica, 2007

[modifica] Collegamenti esterni

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