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Imperatore del Giappone - Wikipedia

Imperatore del Giappone

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Politica del Giappone


Questa voce è parte della serie:
Politica e governo del
Giappone


  • Imperatore (lista)
  • Famiglia Imperiale del Giappone




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Secondo la Costituzione del Giappone, l'Imperatore (天皇 tennō?, letteralmente "sovrano celeste") è il simbolo della nazione giapponese e dell'unità del suo popolo. È a capo della famiglia imperiale del Giappone. Secondo l'attuale costituzione, l'imperatore è una figura simbolica e cerimoniale della monarchia costituzionale; è, nel mondo, l'unico imperatore in carica. L'attuale imperatore è Sua Maestà Imperiale l'Imperatore Akihito, che è salito al Trono del Crisantemo dopo la morte del padre Imperatore Hirohito nel 1989.

Il ruolo dell'imperatore del Giappone ha sempre oscillato tra quello di un capo religioso di alto grado, con grandi poteri simbolici, e quello di autentico regnante imperiale. È esistito un autentico culto imperiale (l'Arahitogami) che vedeva l'imperatore come discendente delle divinità. Fino al 1945, i monarchi giapponese sono sempre stati, formalmente, comandanti militari. Tuttavia, contrariamente a quanto accadeva per i monarchi occidentali, essi nella pratica non agivano come tali. Gli imperatori giapponesi sono stati quasi sempre controllati da altre forze politiche, in misura più o meno maggiore.

Dalla seconda metà del diciannovesimo secolo, il Palazzo Imperiale è stato denominato prima "Kyūjō" (宮城), poi Kōkyo (皇居), ed era situato nell'antico sito del Castello di Edo(江戸城)nel cuore di Tokyo. I precedenti imperatori hanno risieduto a Kyōto per quasi undici secoli.

Indice

[modifica] Storia

Nonostante l'imperatore sia sempre stato un simbolo della continuità con il passato, il grado di potere da esso esercitato è variato considerevolmente durante la storia del Giappone.

[modifica] Origine

I più antichi imperatori di cui si abbia testimonianza nei libri Kojiki e Nihonshoki, così come l'imperatore Jinmu, sono considerati oggi storicamente non credibili. Il primo monarca riconosciuto come imperatore, e generalmente accettato dagli storici come effettivamente esistito, fu l'imperatore Ōjin. I due libri affermano che la famiglia imperiale ha mantenuto una discendenza continua, anche se molti storici credono oggi che molti degli antichi imperatori descritti come discendenti di Ojin, non avessero in realtà alcun collegamento genealogico con il loro predecessore. Tuttavia, la genealogia che inizia con l'Imperatore Keitai può essere considerata realistica; ciò significa che la dinastia è continuata almeno per 1500 anni.

[modifica] Consolidamento della dinastia

Fino al VI secolo d.C., l'odierna stirpe imperiale (regno di Yamato) era solo un semplice regno locale nel Giappone centrale. Nel V e VI secolo, esso accrebbe gradualmente il suo dominio sui regni vicini, costituendo uno stato relativamente centralizzato (Principato Shotoku). Vi erano presenti praticamente tutte le aree geografiche della cultura giapponese, come le zone centrali dell'attuale Giappone. Ciò significa che le aree remote, popolate principalmente da tribù indigene come Emishi, Hayato e Kumaso, si trovavano al di fuori dei confini. Il V secolo fu anche l'ultimo ad essere interessato da avvenimenti significativi, come le immigrazioni di massa, che favorirono la formazione del popolo giapponese. Alla metà del VI secolo, la antiche famiglie regnanti si erano congiunte anche genealogicamente con la nascita di Kinmei e di suo figlio, da cui deriva la continua linea di discendenza imperiale.

Alcune date e alcuni dettagli sono al centro di una disputa tra gli storici giapponesi. Molti degli imperatori presenti nella lista tradizionale degli Imperatori del Giappone morirono giovanissimi, cosa che non permette di dire che abbiano "governato" nel vero senso della parola. Altri furono manovrati dai loro predecessori, che si ritiravano spesso in monastero ma continuavano ad esercitare la loro influenza in un processo chiamato "governo del chiostro".

[modifica] La famiglia Fujiwara e altre

Ci sono state sei famiglie non di origine imperiale che hanno controllato gli imperatori giapponesi: i Soga (circa 530 - 645), i Fujiwara (circa 850 - 1070), i Taira (per un periodo relativamente breve), i Minamoto (e il bakufu Kamakura)(1192 - 1331), gli Ashikaga (1336 - 1565) e i Tokugawa (1603 - 1867). Tuttavia, ogni shogun a partire dalle famiglie Minamoto, Ashigaka e Tokugawa doveva essere riconosciuto ufficialmente dagli imperatori, che rimanevano "formalmente" al comando del potere militare, per quanto non potessero imporre la loro volontà.

[modifica] Dispute

L'affermazione del ceto dei samurai a partire dal decimo secolo indebolì gradualmente il potere della famiglia imperiale sulla nazione, portando un periodo di instabilità. Gli imperatori del chiostro entravano spesso in conflitto con quelli regnanti; un notevole esempio è la ribellione di Hōgen del 1156, in cui l'ex Imperatore Sutoku tentò di prendere il potere dall'Imperatore Go-Shirakawa allora regnante, con l'appoggio ad entrambi di diversi clan di samurai. Altri esempi, come la ribellione dell'Imperatore Go-Toba contro lo shogunato Kamakura, e la restaurazione Kemmu sotto l'Imperatore Go-Daigo, mostrano la grande lotta di potere tra la Dinastia Imperiale e il governo militare del Giappone.

[modifica] Questioni territoriali

Fino a secoli recenti, il territorio del Giappone non comprendeva alcune regioni remote che fanno parte dell'attuale territorio. Il nome Nippon si diffuse solo molti secoli dopo l'inizio dell'attuale dinastia imperiale. Il governo centrale iniziò ad apparire realmente per poco tempo prima e durante il regno del Principe Shotoku. L'imperatore era considerato una incarnazione riverita dell'armonia divina piuttosto che il capo dell'amministrazione del governo. In Giappone è sempre stato facile per ambiziosi signori locali detenere il potere effettivo, in quanto questo non era in contraddizione con la posizione dell'imperatore. L'odierno governo parlamentare rappresenta la continuazione di questa coesistenza con l'imperatore così come è accaduto in passato con gli shogun, i reggenti, i signori della guerra, i guardiani, etc.

Storicamente, il titolo di tennō in giapponese non ha mai incluso designazioni territoriali, al contrario di quanto succedeva per i sovrani europei. La posizione di imperatore è un fenomeno indipendente dal fattore territoriale; l'imperatore è l'imperatore, anche se ha seguaci in una sola provincia (come accadeva talvolta con le corti settentrionali e meridionali).

[modifica] Gli Shogun

A partire dagli ultimi anni del XII secolo fino al 1867, il potere effettivo era nelle mani degli shogun, che ricevevano in teoria la loro autorità dall'imperatore. Quando gli esploratori portoghesi e spagnoli ebbero contatti per la prima volta con il Giappone (nel cosiddetto periodo Nanban), paragonarono il rapporto fra imperatore e shogun a quello tra Papa (figura sprituale, con poco potere temporale) e re (figura temporale con grande potere politico), sebbene questo non possa essere considerato pertinente, in quanto, come l'Imperatore, il Papa ha esercitato il potere politico con diverse intensità nella storia.

[modifica] Il Rinnovamento Meiji

Il Rinnovamento Meiji fu, negli effetti, una sorta di rivoluzione, con il dominio di Satsuma e Chōshū unito alla caduta dello Shogunato Tokugawa. Il padre dell'imperatore Meiji, l'imperatore Komei, iniziò ad affermarsi politicamente dopo che la nave del Commodoro Matthew C. Perry ebbe visitato la città di Edo. Nei primi anni sessanta del 1800 , le dinamiche tra la corte imperiale e lo shogunato cambiarono radicalmente. Ironicamente, Komei riuscì ad affermarsi contro lo Shogunato proprio perché quest'ultimo non era riuscito ad espellere gli intrusi, suscitando le ire dei nobili e dello stesso imperatore. I territori contrari allo shogun e i ronin iniziarono a unirsi nello slogan "sonno, joi", ossia "rispetto per l'imperatore, espellete i barbari". Satsuma e Chōshū approfittarono di questi disordini per attaccare il loro nemico storico, ottenendo un'importante vittoria militare nei dintorni di Kyoto contro le forze di Tokugawa. Nel 1868 fu dichiarata la "restaurazione imperiale", e lo Shogunato fu spogliato di tutti i suoi poteri. Gli anni successivi avrebbero visto importanti disordini, tumulti e sporadiche ribellioni.

[modifica] Il ruolo attuale dell'Imperatore

Il ruolo dell'Imperatore è definito nel Capitolo I della Costituzione del Giappone del 1947. L'articolo 1 definisce l'imperatore come il simbolo dello stato e dell'unità del suo popolo; l'articolo 3 richiede l'assenso del Gabinetto per tutti gli atti dell'imperatore nelle questioni di stato; l'articolo 4 afferma specificatamente che l'imperatore non deve avere poteri relativi al governo; l'articolo 6 dà all'imperatore il potere di nominare il Primo Ministro ed il giudice-capo della Corte Suprema, secondo la volontà, rispettivamente, della Dieta e del Gabinetto; l'articolo 7 dà all'imperatore il potere di svolgere varie funzioni ministeriali tipiche per un capo di stato, soggette alla proposta e all'approvazione del Gabinetto. Diversamente da altri sovrani costituzionali, l'Imperatore del Giappone non ha i poteri generalmente affidati ai capi di Stato (ad esempio il potere di veto).

Sebbene l'imperatore svolga attualmente numerosi ruoli tipici di un sovrano cerimoniale come capo di stato, ci sono state persistenti controversie in Giappone sul fatto se l'imperatore sia effettivamente un vero monarca in senso politico o semplicemente un pretendente che svolge dette funzioni all'interno di una repubblica parlamentare. In una monarchia tradizionale, il potere politico emana dal sovrano monarchico, la cui prerogativa reale è poi esercitata da un legislatore eletto, secondo quanto stabilito dalla convenzioni costituzionali. Tuttavia, quando non esiste una prerogativa reale, la sovranità emana dal popolo così come è stabilito dalla Costituzione del Giappone. Quindi l'imperatore è semplicemente un attore politico in una forma di governo che non è basata esattamente sul modello Westminster, dove la carica di "capo di stato" richiede una persona dotata di sovranità monarchica o con mandato popolare. Gli sforzi compiuti negli anni cinquanta dai conservatori per emendare la costituzione in modo che affermasse esplicitamente che l'imperatore è il capo dello stato, furono vani. Nonostante ciò, l'imperatore svolge tutte le funzioni diplomatiche normalmente riservate ai capi di stato e, come tale è riconosciuto dagli altri stati.

[modifica] Il nome dell'Imperatore

La denominazione degli imperatori è sempre stata problematica, a causa delle differenze linguistiche e culturali tra Giappone e mondo occidentale. Mentre i giapponesi usano "{nome} tennō" (per gli imperatori passati) o "Kinjō Heika" (今上陛下) per l'imperatore attuale, gli studiosi angolofoni hanno usato numerose varianti, come "Imperatore {nome}" e, meno comunemente, "{nome} Tenno". Ciò che spesso non viene compreso, tuttavia è che gli imperatori sono nominati "{nome} tennō" a posteriori, e quindi la parola "tennō", o "emperor", è parte integrante del loro nome. Questo è particolarmente frainteso per gli imperatori da Meiji in poi, da quando la convenzione è di nominare a posteriori gli imperatori con lo stesso nome dell'era in cui regnarono, dal momento che il regno di un imperatore poteva contenere una successione di brevi ere. Termini come "Imperatore Meiji" sono quindi comprese in inglese (e in italiano) con il significato di "il periodo dell'imperatore Meiji", che non è sempre compreso in giapponese.

In inglese, il termine mikado (御門 o 帝 o みかど) (precedente), che significa letteralmente "la Porta", era usato per riferirsi all'imperatore del Giappone; questo uso è ormai obsoleto. In giapponese, gli imperatori del Giappone, ma non quelli di altri paesi, sono conosciuti come tennō (天皇). Letteralmente, la parola tennō include i caratteri di "regnante" e "paradiso", ma ciò non è un segno di divinità; l'uso di ten (天, "paradiso") nella parola giapponese è l'adozione del concetto cinese del Mandato del Paradiso, che significava che l'imperatore era nominato nei cieli per bilanciare gli affari politici e quelli religiosi del suo regno.

Ci sono due parole giapponesi equivalenti alla parola italiana "imperatore": tennō (天) è usata specificatamente per riferirsi all'imperatore del Giappone, kōtei (皇帝, il titolo usato per l'imperatore cinese) è usato per riferirsi a imperatori stranieri. Sumeramikoto (letteralmente "Re del cielo oltre le nuvole") era usato nell'antica lingua giapponese.

Secondo la tradizione giapponese, è scortese chiamare una persona di rango imperiale con il suo nome proprio. Questa convenzione non è quasi più seguita, ma è ancora osservata per la famiglia imperiale. La parola Tenno (imina) diventa il prefisso del nome dell'imperatore dopo la sua morte, ma non di quello regnante. I passati imperatori sono anche chiamati con il nome postumo come Imperatore Jimmu, Imperatore Kammu e Meiji. Dall'era Meiji, i nomi delle ere giapponesi sono usati anche come nomi postumi. Ci si riferisce all'imperatore regnante con l'appellativo di Tennō Heika (天皇陛下, letteralmente "Sua Maestà l'Imperatore") o solennemente con quello di Kinjō Heika (今上陛下). D'altro canto, nelle conversazioni ordinarie si usa l'appellativo di Heika, Okami o To-gin san ('To-gin' è una espressione informale per Kinjō). L'imperatore regnante non viene chiamato con il nome dell'era corrente, che diventerà il suo nome postumo.

Oggi però questa usanza tende a essere seguita meno rigidamente, come descritto nell'esempio qui sotto. In italiano, gli imperatori recenti sono chiamati con il loro nome personale secondo le convenzioni occidentali. Come spiegato sopra, in giapponese questo può suonare offensivo e, in qualche misura, blasfemo.

Ad esempio, il precedente imperatore è chiamato solitamente Hirohito in italiano, ma dopo la sua morte fu denominato Shōwa Tennō ed in giapponese ci si riferisce a lui solo con questo appellativo. Tuttavia, durante il suo regno, non vennero mai usati gli appellativi Hirohito o Shōwa Tennō in giapponese. Piuttosto, veniva usato semplicemente l'appellativo di Tennō Heika (ossia "Sua Maestà l'Imperatore").

[modifica] Origine del titolo

L'imperatore del Giappone veniva anche chiamato ヤマト大王/大君 (yamato ōkimi, Grande Re di Yamato), 倭王/倭国王 (waō/wakokuō, Re di Wa, usato fuori dal Giappone), o 治天下大王 (amenoshita shiroshimesu ōkimi o sumera no mikoto, Grande Re che governa su tutto ciò che è sotto il cielo, usato all'interno del Giappone) nel fonti cinesi e giapponese precedenti al VII secolo. Il documento più antico che riporta la parola "tennō" è una tavoletta di legno, mokkan, ritrovata a Asuka nel 1998 e risalente al regno dell'Imperatore Tenji e dell'Imperatrice Jitō.

[modifica] Il matrimonio

L'Imperatore Akihito e l'Imperatrice Michiko del Giappone.
L'Imperatore Akihito e l'Imperatrice Michiko del Giappone.

Nel corso della storia, contrariamente a qualsiasi pratica che non riconoscesse alcuna moglie ufficiale e permettesse il mantenimento di numerose concubine (harem), gli imperatori e i nobili giapponesi hanno sempre riconosciuto una moglie principale.

La dinastia imperiale giapponese ha praticato ufficialmente la poliginia fino alla fine del periodo Taisho (1912-1926). Oltre all'imperatrice, l'imperatore poteva prendere, e quasi sempre lo ha fatto, diverse "concubine" di vari gradi gerarchici. Anche agli altri membri della dinastia era permesso avere delle concubine. Dopo una decisione decretata dall'Imperatore Ichijo, alcuni imperatori hanno avuto anche due imperatrici contemporaneamente (kogo e chugu sono i due distinti titoli usati in questo caso). Grazie alla poligamia, la famiglia imperiale fu capace di dar vita a diverse progenie; i figli delle consorti secondarie era solitamente riconosciuti come principi imperiali e avevano diritto al trono se l'imperatrice non riusciva a dar alla luce un erede.

Delle otto donne tennō (imperatrici regnanti) del Giappone, nessuna si sposò o ebbe un figlio dopo l'ascesa al trono. Alcune di loro, essendo vedove, avevano avuto un figlio prima di salire al trono.

Nella successione, i figli delle imperatrici erano preferiti ai figli delle concubine.

La più antica tradizione riguardante i matrimoni ufficiali all'interno della dinastia imperiale fu quella dei matrimoni tra membri della dinastia stessa, anche tra fratelli di sangue o tra zio e nipote. Questo tipo di matrimonio era necessario per preservare meglio il sangue imperiale o era incoraggiato come simbolo di riconciliazione tra due rami della famiglia imperiale. Le figlie degli altri membri della famiglia che non fossero di rango imperiale, rimanevano concubine, almeno fino al regno dell'Imperatore Shomu in cui si registrò per la prima volta, l'elevazione di una concubina al rango di moglie ufficiale.

I sovrani giapponesi, così come molti altri, dipendevano molto dalla conclusione di alleanze con signori potenti o altri monarchi. Molte alleanze venivano sigillate con un matrimonio. La peculiarità del Giappone fu quella per cui questi matrimoni assunsero presto ad elementi di tradizione che controllavano i matrimoni delle generazioni successive, benché il motivo originale di mantenere l'alleanza avesse perso il suo vero significato. È successo spesso che imperatore si trovasse sotto l'influenza del suocero che non faceva parte della famiglia imperiale.

A partire dal VII e VIII secolo, gli imperatori presero come mogli le donne della famiglia Fujiwara. Questa pratica era giustificata dalla tradizione che voleva l'unione degli eredi di due kami, ossia gli dei dello shintoismo: Amaterasu e il dio della famiglia Fujiwara. Originariamente però, i Fujiwara erano una famiglia appartenente alla piccola nobiltà, per cui il loro kami non è molto importante nella mitologia giapponese. Generare un erede al trono, diretto discendente dei due dei, era ritenuto auspicabile e ciò portava vantaggi ai potenti e nobili Fujiwara, che ottennero dunque il diritto di essere la famiglia su cui cadeva la prima scelta nella ricerca della moglie dell'imperatore. In realtà, dietro questo tipo di matrimonio c'era l'alleanza tra il principe imperiale e il nobile Fujiwara che ne diventava suocero, in quanto quest'ultimo supportava il principe con le sue risorse ottenendo spesso in cambio il controllo del governo. Questo creò la tradizione dei reggenti (Sessho e Kampaku), ruolo riservato ai membri della famiglia Fujiwara.

Precedentemente, gli imperatori avevano sposato donne appartenenti alla famiglia Soga, lord che detenevano il governo, o donne del clan imperiale stesso, ad esempio cugine di vario grado e spesso le stesse sorelle (o sorellastre). Molti imperatori del V e VI secolo furono figli di coppie di fratellastri. Questi matrimoni si inserivano spesso in meccanismi di alleanze o di lotte di successione: il capofamiglia Soga assicurava il dominio del principe, posto sul trono in tenera età; oppure un principe assicurava l'unione di due discendenti imperiali, per rafforzare le sue pretese, e quelle di suo figlio, al trono. I matrimoni erano anche un mezzo per sigillare una riconciliazione tra due rami della famiglia imperiale.

Dopo un paio di secoli, gli imperatori non poterono più prendere moglie al di fuori da queste famiglie, anche se non c'erano più le esigenze (potere, ricchezza, alleanze) che avevano stabilito questa pratica. Solo raramente un principe, la cui madre non discendesse da dette famiglie, poté salire al trono. Le necessità e gli espedienti originali erano diventati una stretta tradizione che non badava alle necessità e agli espedienti correnti, ma si limitava a dettare che le figlie di una ristretta cerchia di famiglie potevano essere scelti come mogli, solo perché succedeva così da secoli. La tradizione si era fatta più potente della legge.

Le donne Fujiwara furono spesso Imperatrici, le concubine provenivano da famiglie di minor rango. Negli ultimi mille anni, i figli dell'imperatore maschio avuti con una donna Fujiwara sono stati preferiti nella successione.

Le cinque famiglie del clan Fujiwara, Ichijo, Kujo, Nijo, Konoe e Takatsukasa, furono le fonti di spose imperiali dall'VII al XIX secolo, anche più del clan imperiale stesso. Le figlie Fujiwara furono quindi le imperatrici e le madri di imperatori.

La provenienza accettabile di mogli e spose imperiali per l'imperatore e per l'erede al trono, fu regolata con legge imperiale nell'era Meiji nel 1889, che stabiliva che le figlie dei Sekke (i cinque rami principali dei Fujiwara superiori) e le figlie del clan imperiale erano le uniche che potevano essere accettate come spose.

Dal momento che la legge fu abolita nel secondo dopoguerra, l'attuale Imperatore Akihito è divenuto il primo principe da oltre mille anni a non avere per moglie un'appartenente alla precedente cerchia di famiglie.

[modifica] Successione

La dinastia imperiale giapponese basa la sua posizione nell'espressione di regno "da tempo immemorabile". È vero che le sue origini risalgono nella notte dei tempi: non esiste una testimonianza che mostri l'esistenza di un imperatore che non sia stato discendente di un altro imperatore ancora precedente. Si sospetta che l'Imperatore Keitai, uno dei più antichi antenati nella dinastia, al potere nei primi anni del VI secolo, sia stato un homme nouveau, benché sia tradizionalmente indicato come un membro distante della dinastia dei suoi predecessori. Secondo le fonti a disposizione, la famiglia a cui dette origine sul trono discende comunque da almeno una principessa imperiale, se non di più, della dinastia dei suoi immediati predecessori. La tradizione costruita su queste leggende ha scelto di riconoscere solo l'antenato maschio putativo come valido per legittimare la successione, senza dare alcun peso ai collegamenti con dette principesse. La famiglia imperiale giapponese ha sviluppato il suo peculiare sistema di successione ereditaria millenni fa. In passato è stato senza diritto di primogenitura, ha seguito più o meno una successione agnatizia e si è basato maggiormente sulla rotazione Oggi, il Giappone usa una stretta primogenitura agnatizia; in altre parole, la pura legge salica. Questo sistema fu ispirato a quello prussiano, da cui il Giappone fu profondamente influenzato negli anni settanta del 1800.

Una stretta primogenitura agnatizia è, comunque, direttamente in contraddizione con molte delle antiche tradizioni giapponesi riguardanti la successione imperiale.

I principi utilizzati e la loro interazione erano apparentemente molto complessi e sofisticati, e portavano spesso a dei risultati imprevisti. Alcuni dei principi cardine apparsi nella successione sono stati:

  • Le donne potevano succedere (ma non è mai esistito un figlio il cui padre non fosse un appartenente della casa imperiale, per cui non è mai successo che il figlio di una donna imperiale e di un uomo fuori dalla famiglia imperiale potesse ereditare, e nemmeno che ai figli delle imperatrici fosse impedito di ereditare. Comunque, la successione femminile fu molto più rara di quella maschile.
  • L'adozione era possibile ed era molto usata per aumentare il numero di eredi candidati al trono (comunque, il bambino adottato doveva essere un altro membro discendente della casa imperiale.
  • Si ricorreva spesso all'abdicazione, tant'è che si contano più casi di abdicazione che di morte sul trono. Questo perché in passato il compito dell'imperatore era prettamente religioso, e comportava talmente tanti rituali ripetitivi che era normale che dopo circa dieci anni di permanenza in carica, il sovrano meritasse di ritirarsi con tutti gli onori riservati agli ex-imperatori.
  • La primogenitura non fu usata soprattutto alle origini della dinastia, quanto veniva praticato un sistema di successione più simile alla rotazione. Molto spesso un fratello (o una sorella) succedeva all'imperatore anche se questi aveva avuto figli. Il "turno" della generazione successiva veniva di solito dopo che si erano succeduti diversi membri della generazione precedente. La rotazione riguardava due o più rami della famiglia imperiale, per cui cugini più o meno distanti fra loro si succedettero sul trono. L'Imperatore Go-Saga decretò perfino un alternanza ufficiale tra gli eredi dei suoi due figli, che continuò per un paio di secoli (conducendo alla fine alla lotta, probabilmente indotta dallo shogun, tra i due rami, "meridionale" e "settentrionale"). Verso la fine, coloro che si alternavano sul trono era cugini molto distanti se si contavano i gradi di discendenza maschile, ma erano molto stretti se si contavano i gradi di discendenza femminile; questo perché per tutto il periodo vennero celebrati matrimoni all'interno della famiglia imperiale. Negli ultimi cinquecento anni, probabilmente per l'influenza del Confucianesimo, la successione ai figli, anche se non sempre al maggiore, è stata la norma.

Storicamente, la successione al Trono del Crisantemo è sempre passata ai discendenti in linea maschile del lignaggio imperiale. Ciononostante, tra gli oltre cento monarchi che si sono succeduti troviamo anche sette donne.

Più di mille anni fa si originata la tradizione che vuole l'imperatore ascendere al trono in tenera età. L'età di sei, otto anni era considerata sufficiente per salire al trono. Il raggiungimento della maggiore età non era considerato indispensabile. Per questi motivi, una moltitudine di imperatori giapponesi è salita al trono da bambino. I tipici doveri da alto clero erano considerati svolgibili da un bambino che sapesse almeno camminare. Un regno di circa dieci anni era considerato un servizio sufficiente. Essere un bambino era apparentemente una buona qualità per sopportare i tediosi doveri e per tollerare la subordinazione ai potentati politici, oppure per coprire i veri membri potenti della dinastia imperiale. Quasi tutte le imperatrici e dozzine di imperatori abdicavano e vivevano il resto della loro vita in un ritiro dorato, o esercitando la loro influenza dietro le quinte. Molti imperatori abdicavano e si ritiravano quando erano ancora adolescenti. Queste tradizioni si ritrovano nel teatro, nella letteratura, nel folklore e nella cultura giapponese, in cui l'imperatore è descritto o dipinto solitamente come un adolescente.

Prima della restaurazione Meiji, il Giappone ha avuto nove donne tennō, o imperatrici regnanti, tute figlie della linea maschile della Casa Imperiale. Nessuna salì al trono come moglie o vedova di un imperatore. Le figlie e nipoti imperiali, salivano al trono solitamente come misura di emergenza nel caso in cui non ci fossero maschi adatti o per comporre i conflitti tra i rami della famiglia imperiale. Quasi tutte le imperatrici giapponesi e molti imperatori abdicavano una colta che un maschio adatto veniva considerato abbastanza vecchio per governare (appena dopo la prima infanzia, in qualche caso). Tre imperatrici l'Imperatrice Suiko, l'Imperatrice Kogyoku (detta anche Imperatrice Saimei) e l'Imperatrice Jito, erano vedove di imperatori deceduti e principesse di sangue imperiale per loro proprio diritto. Una, l'Imperatrice Gemmei, era la vedova di un principe della corona e principessa di sangue imperiale. Le altre quattro, l'Imperatrice Gensho, l'Imperatrice Koken (detta anche Imperatrice Shōtoku), l'Imperatrice Meisho e l'Imperatrice Go-Sakuramachi, erano figlie non sposate di precedenti imperatori. Nessuna di queste imperatrici si sposò o ebbe figli dopo la salita al trono.

L'Articolo 2 della Costituzione Meiji del 1889 (la Costituzione dell'Impero del Giappone) recitava, "Il Trono Imperiale si trasmette ai discendenti imperiali maschi, secondo quanto disposto dalla Legge della Casa Imperiale." La Legge sulla Casa Imperiale del 1889 fissò la successione per i maschi discendenti della linea imperiale, e escluse specificatamente le discendenti femmine dalla successione. Nel caso della completa estinzione del ramo principale, il trono sarebbe passato al più vicino ramo collaterale, sempre nelle linea maschile. Se l'imperatrice non aveva figli, l'imperatore poteva prendere una concubina, il cui figlio sarebbe stato riconosciuto erede al trono. Questa legge, promulgata lo stesso giorno della Costituzione Meiji, godeva del grado gerarchico costituzione.

L'Articolo 2 della Costituzione del Giappone, promulgata nel 1947 sotto l'influenza dell'occupazione americana e ancora in vigore, dispone che "Il Trono Imperiale deve essere dinastico e la sua successione avviene secondo la Legge sulla Casa Imperiale approvata dalla Dieta." La Legge sulla Casa Imperiale del 16 gennaio 1947, approvata dalla novantaduesima e ultima sessione della Dieta Imperiale, mantenne l'esclusione della successione femminile della legge del 1889. Il governo del Primo Ministro Yoshida Shigeru fece di tutto durante la sua legislatura per conformare la Casa Imperiale con la nuova Costituzione scritta dagli americani che entrò in vigore nel maggio 1947. Nell'intento di controllare l'ampiezza della famiglia imperiale, la legge stabilisce che solo i discendenti maschi legittimi nella linea maschile possono essere considerati pretendenti al trono; che i principi e le principesse imperiali perdono il loro status di membri della Famiglia Imperiale se si sposano fuori dalla Famiglia Imperiale; che gli Imperatori e gli altri membri della Famiglia Imperiale non possono adottare bambini. Detta legge inoltre non riconosceva più gli appartenenti agli altri rami della famiglia, ad eccezione di quello discendente da Taisho, come principi imperiali.

[modifica] Stato corrente

La successione è ora regolata dalle leggi approvate dalla Dieta Nazionale del Giappone. La legge attuale esclude le donne dalla successione, benché in modo molto occasionale delle donne abbiano occupato il trono nei secoli passati. Si è discusso molto sulla modifica di questa legge a quando la Principessa Masako non ha avuto un figlio. Questo crea vari problemi di ordine politico: qualunque cambiamento della legge potrebbe significare più probabilmente la successione del primo nato invece della successione del primo figlio maschio; in ogni modo, l'imperatore attuale non è il primogenito avendo delle sorelle maggiori.

In modo occasionale, la primogenitura egualitaria ha prevalso in casi storici di successione giapponese: mentre è vero che la maggior parte delle successioni in Giappone è avvenuta da tempo immemorabile a favore dell'erede maschio, anche se non necessariamente il primogenito, in due precedenti (nel 1629 e nel 642) un principessa imperiale è salita al trono a dispetto dei suoi fratelli minori. Nel 1629, la principessa imperiale Okiko salì al trono come Imperatrice Meisho, come successore del padre, prima del più giovane fratellastro e di altri maschi. Solo dopo la sua abdicazione 14 anni poù tardi, il fratello Tsuguhito (Imperatore Go-Komyo) le succedette. In ogni modo, gli eredi di Okiko, non furono mai riconosciuti legittimi eredi del trono.

Fino alla nascita del figlio del Principe Akishino il 6 settembre, 2006, c'è stata una potenziale crisi di successione in quanto nessun maschio era nato nella famiglia imperiale dal 1965. In seguito alla nascita della Principessa Aiko, c'è stato un grande dibattito sulla modifica dell'attuale Legge della Casa Imperiale che permettesse alle donne di succedere al trono. Nel gennaio 2005 il Primo Ministro Junichiro Koizumi nominò una commissione speciale composta da giudici, professori universitari, e impiegati burocratici per studiare eventuali cambiamenti alla Legge della Casa Imperiale da suggerire al governo.

Il 25 ottobre 2005 la commissione espresse la posizione di modifica della Costituzione per permettere alle donne di salire al trono giapponese. Il 20 gennaio 2006, il Primo Ministro Junichiro Koizumi dedicò parte del suo discorso annuale alla controversia, promettendo di presentare una proposta di legge che permettesse alle donne di salire al trono, in modo da garantire una successione stabile per il futuro. Tuttavia, Koizumi ha rimandato questo progetto poco dopo l'annuncio della terza gravidanza della Principessa Kiko. Suo figlio, il Principe Hisahito di Akishino, è il terzo nella linea di successione stabilita dalla legge attuale.

[modifica] Voci correlate

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