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I fratelli Karamàzov - Wikipedia

I fratelli Karamàzov

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« Chi non desidera la morte del proprio padre? »

I fratelli Karamàzov (Братья Карамазовы) è il romanzo più significativo di Dostoevskij e uno dei documenti più rappresentativi della vita spirituale russa nella sua piena evoluzione.

Secondo l'originale progetto dell'autore, la storia dei fratelli Karamàzov doveva essere la prima parte di un complessa e vasta biografia di Aleksej, uno dei fratelli.
L'opera rimase però incompiuta e questo certo spiega alcuni difetti strutturali del romanzo che si avvertono soprattutto nella sua conclusione.
La sua pubblicazione avvenne nel 1879-1880. Va precisato che dopo cinque anni, due di studio e tre di lavoro, il romanzo è privo di difetti strutturali. Il primo progetto "L'Ateo" risaliva alla fase precedente agli studi e l'idea di personaggio era più simile a quella del padre che di Ivan. Il libro è considerato uno dei più importanti dell'800.

Indice

[modifica] La presentazione dei personaggi

Alcune note ai Fratelli Karamazov scritte di pugno dallo stesso Dostoevskji
Alcune note ai Fratelli Karamazov scritte di pugno dallo stesso Dostoevskji

Nei primi capitoli l'autore presenta i personaggi iniziando dal vecchio Fedor Pavlovic, padre dei fratelli e proprietario in un distretto di provincia, tipo d'uomo volgare e dissoluto, atto solo a volgere a suo vantaggio gli avvenimenti.
Convolò a nozze con Adelaide Ivanovna Mjusov, una fanciulla di temperamento romantico che lo sposa per liberare il suo spirito prigioniero di un ambiente familiare dispotico e non per vero amore. Ella abbandonerà il marito e il figlioletto Dimitrij che verrà allevato presso parenti rivelando subito contrastanti sentimenti.

Da un secondo matrimonio, con Sofia Ivanovna, nacquero Ivàn e Alessio. La donna era dolce e aveva colpito Fedor per la sua bellezza, ma il comportamento rozzo e insensibile che egli dimostrava nei suoi confronti, fecero ammalare la poveretta che presto morì.

Ivàn cresce chiuso in sé stesso, intelligente, scettico seppur assetato di fede. Alessio o Aleksej era diverso ed era entrato in un monastero per fuggire dalla malizia umana. Di carattere leale cercava la verità nella fede e per essa era disposto a sacrificare ogni cosa:

...Aleksej aveva scelto la vita contraria a quella di tutti gli altri, ma con lo stesso ardente desiderio di compiere un atto eroico immediato. Non appena, dopo serie meditazioni, fu persuaso dell'immortalità e dell'esistenza di Dio, disse naturalmente a sé stesso: "Voglio vivere per l'immortalità e non accetto nessun compromesso intermedio"... Ora sembrava persino strano ad Aljoscia continuare la vita di prima.

Il fratello maggiore Dimitrij, che ha, oltre il motivo degli interessi, altre ragioni per odiare suo padre, è il primo a confessarsi con lui.

Dimitrij aveva conosciuto, mentre era nell'esercito Katerina Ivanovna, una fanciulla molto bella che aveva bisogno di un prestito per il padre. Dimitrij la invita a casa sua pensando di ricattarla, ma alla presenza della giovane, comprendendone subito l'animo nobile, si ravvede per il pensiero vigliacco che aveva avuto, le consegna la somma e, con un profondo inchino, l'accompagna nell'anticamera. La fanciulla lo guardò dapprima con occhio scrutatore e poi, impetuosamente ma dolcemente, gli si inginocchiò ai piedi, toccando, all'uso russo la terra con la fronte. Poi balzò in piedi e corse via.

Dopo poco tempo, Caterina restituisce la somma e confessa a Dimijtri il suo amore. Si fidanzano, ma poco dopo il fidanzamento Dimijtri si innamora, di un amore tutto passionale, di una bellissima donna, Grusenka, che ha rancore verso gli uomini che le hanno fatto del male. Ma in questo torbido amore Dimijtri incontra un rivale proprio in suo padre, il vecchio Feodor, che vuole sposare Grusenka.

Intanto Caterina Ivanovna è attratta da Ivàn che la ricambia. Alijoscia nel frattempo conosce Iliuscia, il figlio d’un vecchio capitano che Dimitrij ha profondamente offeso e che è molto abbattuto per l’umiliazione subita dal genitore. Iliuscia malato e dall'animo generoso e fiero commuove Alijoscia che ha pietà del piccolo e vuole farsi perdonare l’offesa del fratello.

Alijoscia conosce Lisa che si innamora di lui e glielo svela con una lettera. Il giovane, piacevolmente sorpreso, si lascia andare alle nuove sensazioni.

Un giorno Ivàn si confida con Alijoscia. Nascono le pagine più tormentate del romanzo che riflettono le idee di Dostojevski sulla natura umana e sul destino degli uomini. Alle domande se esiste Dio, perché c’è il dolore e che cosa è la libertà, Ivàn propone al fratello la trama di un suo poemetto in cui appaiono le linee d’una soluzione a quei difficili problemi. A ciò è dedicato il capitolo de "Il Grande Inquisitore", considerato una delle massime vette del romanzo.

Intanto gli eventi maturano e Ivàn, che si è costruito una sua filosofia sul destino dei Karamàzov, pensa di uccidere il padre. Smerdjakov, figlio naturale di Fedor che questi tiene in casa come un servo, se ne accorge e spinto dallo stesso Ivàn, si prepara ad agire.

La prima pagina della prima edizione di I Fratelli Karamazov
La prima pagina della prima edizione di I Fratelli Karamazov

Intanto Dimitrij sa che suo padre vuole sposare Gruscenka e vorrebbe fuggire lontano con la fanciulla, ma prima deve compiere un dovere. Deve restituire a Caterina Ivanovna una somma di tremila rubli ma non sa dove trovare il denaro. Non esita a rivolgersi a molte persone che lo respingono e lo gettano nella disperazione.

Si arma quindi di un pestello di bronzo e corre alla casa del padre deciso ad ucciderlo nel caso fosse con Gruscenka. Ma, attraverso la finestra illuminata, vede il padre da solo e allora si allontana stravolto e colpisce con il pestello un servitore che cercava di fermarlo.

Corre da Gruscenka ma gli dicono che è partita per Mokroje insieme ad un uomo. Dimitri pensa che è meglio uccidersi. Con i soldi che avrebbe dovuto restituire a Caterina compra liquori e dolci e poi con una carrozza si fa condurre a Mokroje dove intende trascorrere la notte nei bagordi e poi uccidersi. Ma a Mokroje trova Gruscenka insieme ad un vecchio amante che vuole sottrarre alla giovane del denaro. Riesce a smascherarlo e con Gruscenka trascorre la notte bevendo al suono della musica zigana. All’alba la polizia fa irruzione nella camera e lo arresta accusandolo di omicidio. Infatti il vecchio padre Feodor è stato ucciso e si sospetta di Dimitrij. Nessuno, tranne Ivàn, sospetta di Smerdjakov che è il vero colpevole.

Da questo momento il racconto si impernia sul processo a cui è sottoposto Dimitrij e i momenti psicologici dei vari personaggi colpiti dal dramma vengono studiati dal narratore con grande precisione.

A predominare è il dramma interno di Ivàn che, attraverso lunghi e snervanti soliloqui, si convince delle proprie gravi responsabilità. A Smerdjakov, che gli mostra i denari presi a Feodor, Ivàn esterna i suoi dubbi che colpiscono l’animo già molto debole di Smerdjakov che si uccide.

Ivàn al processo, che è descritto con minuzia in un variare continuo di prospettive, confessa la verità ma non viene creduto e Dimitrij viene condannato ai lavori forzati.

Nell’epilogo il sipario cala su una situazione indefinita, la quale lascia intravvedere solo una debole speranza. Ivàn, in preda ad un grave attacco di febbre cerebrale, si trova a casa di Caterina Ivanovna. Egli, prevedendo l’attacco, aveva predisposto per iscritto il piano di fuga per Dimitrij al momento in cui lo avrebbero trasferito in Siberia. Caterina, che si è impegnata con lui, ha un commovente incontro con Dimitrij per organizzare il piano. Intanto Gruscenka è ora fortemente innamorata di Dimitrij ed è pronta a seguirlo ovunque.

L’ultimo capitolo racconta i funerali del povero Iliuscia in un piccolo dramma di ragazzi che riflette il torbido dramma dei grandi.


[modifica] Circa due figure centrali nella logica del racconto

Smerdjiakòv è l’uomo del sottosuolo, il “diverso” dagli altri. La malattia neurologica (mentale?) è la sua via d’evasione, il suo rifugio davanti ai grandi eventi al centro della narrazione. Smerdiakòv è il vero assassino? Koljia è la piccola, esasperata, geniale, incarnazione di Smerdjiakòv. La costante critica ideologica e morale al sistema vista da una figura sociale emarginata in ambedue i casi. Orfano di padre il secondo, di padre incerto se non equivoco il primo: dall’inizio la loro esistenza si configura quindi come proteiforme, dalle origini indefinibili e perciò non moralmente codificabile, a-morale perché la loro moralità non è aprioristica bensì discutibile, discussa, in continua evoluzione. Koljia è l’evoluzione di Smerdjiakov, ma non solo di Smerdjiakov: è l’evoluzione di tutte le identità ideologiche presenti nel racconto. Proprio Alesa, identificato dallo stesso Dostoevskij come ideale protagonista del romanzo, appare in soggezione dinnanzi all’autorità dimostrata dal ragazzino. Autorità prettamente morale ed ideologica perché non ancora contaminata dalle corrompenti passioni che inevitabilmente alterano tutti i principali attori del dramma Dostoevskjiano. Tutti i principi morali che prendono voce con ciascuno dei fratelli e con il grottesco Fedor Pavlovic vengono prima o poi screditati dalla loro commistione con le più primitive passioni dell’uomo, infine riconosciute come comuni a tutti. In tal senso solo l’infanzia, l’adolescenza, possono risultare scevre da tale corruzione; ed una adolescenza intellettualmente “precoce” come quella di Koljia rappresenta l’ideale terreno fertile per l’esternazione di ideologie estreme, pure, non attaccabili da chi non può dichiararsi estraneo alla contaminazione morale proveniente da qualsivoglia corrente.


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