Hapuseneb

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Hapuseneb fu un gran sacerdote egizio, consacrato al dio Amon, alla corte della regina Hatshepsut (prima metà del XV secolo a.C.).

Hapuseneb era figlio di Ahmotep, il quale era legato alla sovrana da una sorta di parentela ma i particolari di questa affinità restano ancora oggi poco chiari. La madre, Ahhotpe era stata presumibilmente la nutrice reale di corte; questo titolo l’avrebbe automaticamente inserita nella famiglia dei sovrani, si è ipotizzato quindi trattarsi di una parentela acquisita dovuta al titolo di sua madre.

Dagli scritti risulta che sotto il regno di Thutmose I egli aveva già iniziato la sua ascesa alla scala gerarchica sacerdotale che proseguì brillantemente sotto quello di Thutmose II.

Una sua statua oggi esposta al Museo di Bologna reca la sua autobiografia, che suona quasi come la famosa confessione contraria che ogni uomo faceva davanti al tribunale divino per essere ammesso nel mondo ultraterreno:

“Io sono un uomo che agì con giustizia sulla terra…..ho raggiunto il luogo dell’eternità facendo in vita ciò che gli uomini amano e che piace agli dei.

Ho servito il Signore nel suo Palazzo seguendo gli ordini che lui mi dava senza mai trasgredire alle volontà del Signore delle Due Terre.

Non fui mai indegno, a Corte non fui mai rimproverato e nei templi non fui mai colpevole di aver sbagliato ne di aver mai svelato i suoi misteri.

Sono venuto qui nel favore del re e riposo nell’Amenti (l’aldilà).

La mia anima appartiene al cielo ed il mio corpo al sepolcro.

Mi sono unito a Dio poiché gli fui sempre fedele.

Ora io dico a coloro che vivono sulla terra: tendete la vostra mano e compite per me la cerimonia dell’offerta funeraria così come va celebrata per un uomo onesto. Il soffio della bocca è utile al morto .

Quelli che agiranno con me così come io chiedo così sarà fatto a loro”.

Hapuseneb, facendo riferimento al Signore del palazzo, parla indubbiamente di Hatshepsut che probabilmente era già stata incoronata come faraone ecco il perché della forma maschile usata da Hapuseneb. La regina infatti, non appena ricevuta “la grande di magia” ovvero la doppia corona, smise di farsi raffigurare con attributi femminili per assumere quelli maschili.

L’apice della carriera di Hapuneneb fu raggiunto grazie ad Hatshepsut con l'assegnazione del titolo di "Primo Profeta di Amon". Raggiunta questa posizione all’interno del tempio, non perse tempo, affidando gli incarichi di maggior rilievo ai suoi numerosi figli e figlie.

Sebbene relativamente breve il potere di Hapuseneb fu veramente notevole: capo di tutti i lavori della Casa di Amon, capo della proprietà di Amon a Karnak ed in tutta la terra di Amon, Primo Padre divino di Amon e Primo Profeta di Amon, i cui poteri fino a quel momento limitati alla giurisdizione del solo tempio di Karnak, assunsero, in seguito, un’estensione che abbracciava l’amministrazione di tutti i collegi sacerdotali d’Egitto.

I suoi epiteti lo designavano anche come: Capo dei Profeti dell’alta e Bassa Kemet; come membro del consiglio reale al quale fu ammesso dalla regina egli fu Governatore del Sud; ed in una scultura del Museo del Louvre appare addirittura il titolo di visir. Egli diresse i lavori del sepolcro reale ed apportò alcune migliorie al tempio di Karnak.

Edificò un’opera architettonica in pietra calcarea bianca chiamata “Maatkare è divina nei monumenti”. Alla morte di Hapuseneb, Hatshepsut rivolse tutte le sue attenzioni verso Senenmut.