Arnaldo da Brescia
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Arnaldo da Brescia (Brescia, 1090 – Roma, 18 giugno 1155) è stato un religioso italiano.
Fu un riformatore religioso caratterizzato da notevole eloquenza e forte avversione per l'istituzione tradizionale ecclesiastica. I punti fondamentali del suo radicale programma di riforma, da collegarsi alle idee del movimento milanese dei Patarini, erano: la rinuncia della Chiesa alla ricchezza e il suo ritorno alla povertà evangelica, l'abbandono del potere temporale, la predicazione estesa ai laici, la non validità dei sacramenti amministrati da un clero non degno, la confessione praticata tra fedeli e non ai sacerdoti.
A venticinque anni, Arnaldo divenne canonico agostiniano e si trasferì a Parigi, dove ebbe come maestro l'eretico Pietro Abelardo e dove lesse avidamente tutte le opere dei Padri della Chiesa.
Al suo ritorno a Brescia, nel 1119, iniziò una serrata propaganda anticlericale, decisamente innovativa per i tempi. Arnaldo accusava il clero ed in particolare il vescovo di Brescia Manfredo, di possedere terre, di interessarsi di vicende politiche e di praticare usura, predicando il ritorno alla povertà evangelica, all'elemosina e alla solidarietà. Nel 1139 le sue idee e quelle di Abelardo vennero giudicate eretiche dal Concilio Lateranense II e per tale motivo egli decise di lasciare l'Italia ed andare in Francia dall'amico Abelardo. Qui partecipò al Concilio di Sens del 1140, teatro della disputa tra Abelardo e San Bernardo di Chiaravalle. A quest'ultimo fu riconosciuta la ragione ed ottenne dal re Luigi VII l'espulsione dalla Francia di Arnaldo. Questi allora si recò prima a Zurigo e poi in Boemia nel 1143, accolto dal legato pontificio Guido di Castello, futuro Papa Celestino II. Chiesto ed ottenuto il perdono da Papa Eugenio III, Arnaldo tornò poi a Roma nel 1145 dove, con la cacciata del pontefice seguita alla rivolta del 1143, era stato istituito un libero comune retto da un senato oligarchico e da un patricius. In tale situazione Arnaldo si gettò completamente nell'agone politico giungendo a fomentare con accalorati comizi le sue tesi anti-papali e rivoluzionarie, tese a fare di Roma un'entità politica nuova e sganciata dalla Chiesa; questo comportò la scomunica da parte del papa nel(1148); ma godendo del favore popolare, non fu mai perseguitato. Fallita l'esperienza del libero comune, Arnaldo ed i suoi numerosi seguaci, detti arnaldisti, mossi dallo spirito antipapale, pensarono quindi di far rinascere uno stato imperiale a Roma e si rivolsero a Federico Barbarossa per convincerlo a scendere su Roma ed instaurarvi un potere laico opposto a quello del papa. Nel 1152 il papa Eugenio III riconobbe il Comune come entità politica, ma non poté godere a lungo della pace perché morì di lì a poco.
Dopo il brevissimo pontificato di Papa Anastasio IV, divenne papa nel dicembre 1154 Adriano IV, unico inglese finora al soglio pontificio. Nel 1155 Adriano IV colpì d'interdetto Roma, in seguito all'assasinio di un cardinale con la promessa di revocare la decisione solo se Arnaldo fosse stato esiliato dalla città. A questo punto la città si schierò contro Arnaldo e si sollevò contro il Senato. Arnaldo fu quindi costretto a fuggire da Roma e vagare come ospite di alcune potenti famiglie della campagna romana, tra cui il Visconte di Campagnano. Era qui ospite quando l'Imperatore Federico I Barbarossa, in italia per essere incoronato, ordinò al Visconte la consegna di Arnaldo che fu quindi tradotto a Roma. Probabilmente intorno al giugno 1155, ma non è certa la data esatta, Arnaldo venne condannato dal tribunale ecclesiastico all'impiccaggione, ed il suo corpo fu arso al rogo mentre le sue ceneri furono sparse nel Tevere, per impedire che se ne recuperassero i resti mortali. Il reale capo d'accusa non fu la predicazione contro l'abuso delle ricchezze da parte del clero, contro il quale aveva combattuto ferocemente anche il suo nemico Bernardo di Chiaravalle, bensì il rifiuto assoluto del potere temporale del Papa e della Chiesa; San Bernardo e gli altri avversari di Arnaldo consideravano tale rifiuto come «eresia».
La figura di Arnaldo da Brescia fu riscoperta dai giansenisti lombardi nel '700, fu quindi celebrata da Giovanni Battista Niccolini, nella tragedia a lui dedicata, come quella di un eroe anticlericale vittima di un imperatore tedesco. La cultura laica dell'Ottocento lo esaltò come un martire del libero pensiero, mentre la Riforma Protestante ne fa un suo antesignano.
Non abbiamo testimonianze sul suo aspetto fisico, tuttavia un magnifico mezzobusto si trova a Villa Borghese, accanto all'orologio.
Ad Arnaldo è dedicato un prestigioso liceo classico bresciano e un piazzale dominato da una sua statua.
[modifica] Bibliografia
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[modifica] Voci correlate
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