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Amedeo Bocchi - Wikipedia

Amedeo Bocchi

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Amedeo Bocchi (Parma24 agosto 1883 – Roma16 dicembre 1976) è stato un pittore italiano.

Indice

[modifica] Biografia

Amedeo Bocchi nasce a Parma il 24 agosto del 1883 e all'età di 12 anni viene iscritto al Regio Istituto di Belle Arti di Parma. Diplomatosi nel 1901 col massimo dei voti, frequenta la Scuola del Nudo a Roma dove trascorrerà il resto della sua vita. Nel 1906 Amedeo sposa Rita (sua compagna di studi a Parma), nel 1908 nasce Bianca, la prima e unica figlia dell'artista, ma l'anno dopo muore la moglie Rita.

Nel 1910 Bocchi viene ammesso, per la prima volta, con due dipinti, alla Biennale di Venezia, ove ha modo di ammirare la grande personale di Gustav Klimt. Proprio in quell'anno Bocchi si trasferisce a Padova, al seguito di Achille Casanova, impegnato a decorare l'interno della Basilica del Santo, per specializzarsi nella tecnica dell'affresco. Nel 1911, alla grande esposizione di Roma per il cinquantenario dell'Unità d'Italia, Bocchi realizza, in collaborazione con Latino Barilli, Daniele de Strobel e Renato Brozzi, la ricostruzione della Sala d'oro del Castello di Torrechiara. Sempre nello stesso anno si reca per la prima volta a Terracina che, con le sue paludi e la dura vita delle sue genti, sarà al centro di molti suoi dipinti. Nel 1912 riceve la medaglia d'oro del Ministero della Pubblica Istruzione per il dipinto "Le tre Marie". Nel 1913, pur non aderendo ufficialmente al manifesto della Secessione Romana, Bocchi guarda con vivo interesse alla prima mostra organizzata dal gruppo. Fra il 1913 e il 1915 utilizza le conoscenze nel campo dell'affresco per l'importante commissione affidatagli dalla Cassa di Risparmio di Parma per la decorazione della sala consiliare, dedicata al tema del risparmio. Gli influssi del Liberty e di Klimt vengono elaborati in maniera originale da Bocchi che realizza una serie di affreschi di assoluto valore artistico. L'opera, terminata nel 1916, riscuote gli unanimi consensi della critica.

Nel 1915 ottiene il privilegio di abitare a Roma in una delle case-studio messe a disposizione degli artisti da un ricco alsaziano di lingua francese, Alfred Strohl, all'interno del parco che da lui aveva preso il nome: Villa Strohl-Fern. Lì Bocchi trascorrerà il resto della sua vita realizzando una serie di grandi capolavori. Nel 1919 Amedeo Bocchi sposa, in seconde nozze, Niccolina, la sua giovane modella. Seguono anni di felicità e di crescente successo: ancora la Biennale, la nomina ad Accademico di San Luca, la medaglia d'oro per il dipinto Bianca in abito da sera alla mostra di Monza del 1926.

Altre tragedie familiari colpiscono però l'artista: nel 1923 muore Niccolina e nel 1934 scompare a soli 26 anni l'adorata figlia Bianca. Gli anni che seguono sono dedicati al ricordo e Amedeo Bocchi continua a dipingere, anche negli anni della maturità, con inesausta passione, fino alla morte che lo coglie, nella sua casa-studio di Villa Strohl-Fern, il 16 dicembre del 1976. Sul cavalletto c’è un quadro incompiuto: “Il giardiniere”, esposto ora presso il Museo a lui dedicato.

[modifica] Il pittore

Dal 1915 il pittore vive a Villa Strohl–Fern, cuore culturale della capitale e apre il proprio mondo figurativo agli stimoli che la vitalità artistica romana gli offre. La trama sottile del suo operare si arricchisce tramite il confronto proficuo con pittori di alta levatura culturale, con i quali intreccia un raffinato dialogo di eleganti rimandi. I contemporanei artisti romani, ma anche Gustav Klimt, Henri Matisse, Pierre-Auguste Renoir e successivamente Renato Guttusoe i pittori romani del secondo dopoguerra costituiscono, in diversi periodi della sua vita, i riferimenti per creare un'arte personale. Si avvicina, senza mai farne parte, al Divisionismo, al Simbolismo e al Liberty ma l'apporto di Bocchi alle ricerche artistiche del Novecento si esprime attraverso l'elaborazione di un percorso unico ed eccezionale costruito pazientemente intorno alla valenza pittorica della luce e alla forza degli affetti familiari.

La famiglia è protagonista indiscussa delle sue tele: i genitori, le mogli, la figlia. Attraverso i volti indagati con amore e nostalgia l'osservatore ripercorre una sorta di quotidiano diario sentimentale e può seguire la progressiva emancipazione stilistica del pittore fino ai grandi capolavori degli anni’20 e anni’30, quali Niccolina con chitarra (1917) e Ritratto di Bianca (1933) in cui la luce e i suoi incantati riflessi dominano incontrastati in ritratti unici per l'alto grado di raffinata poesia che Bocchi riesce a infondervi. La morte priva Bocchi di tutti gli affetti familiari più stretti e il pittore si fa interprete di un nuovo manierismo in cui il colore assume toni accesi e contrastati. Caratterizzati da una eleganza estenuata e sofferente, Nudo femminile (1970) e Nudo femminile con gatto (1973) sono l'estremo frutto di una tensione espressiva da cui originano gli ultimi capolavori del pittore.

[modifica] Giudizi critici sull'opera di Amedeo Bocchi

La letteratura relativa alla figura di Amedeo Bocchi e alla sua opera è piuttosto vasta. Gli storici dell'arte che hanno esaminato maggiormente le componenti formali e stilistiche della sua arte sono stati Roberto Tassi, Fortunato Bellonzi e Francesco Sapori. Qui di seguito mi limito a riportare qualche significativa affermazione di questi studiosi.

Ecco finalmente, pensai, un artista che ci dà creature vive e capaci di soffrire le loro passioni: soprattutto ecco un uomo che sente la sana voglia di vivere. Limpidezza di colore: armonia di toni e di figure.

Amedeo Bocchi ha trovato ormai il suo indirizzo ideale e lo segue in una specie di mistica passione, con assoluta padronanza di mezzi tecnici. Quali evoluzioni potrà subire ancora l'arte sua non è facile prevedere, poiché egli non è di quelli che si fermano o facilmente s’accontentano; possiede una ricchezza interiore in continuo divenire, ed ha in sé tali e tanti motivi da svolgere che non ci meraviglierebbero indirizzi diversi, espressi attraverso una tecnica sempre più perfetta. Egli è veramente dei pochi –gli eletti- che anche nel fondo più buio della propria umanità possono sempre trovare un divino riflesso di stelle.

  • (Estratto da Maria Luisa Fiumi, "Artisti della nostra terra, Amedeo Bocchi" in AEMILIA, rivista mensile illustrata, p. 17-23)

L'intimismo è, nella pittura di Amedeo Bocchi, il carattere fondamentale, la più profonda sostanza poetica della sua aspirazione. Nell'opera di Bocchi la figura umana è predominante, scarsi sono i paesaggi, di formato ridotto, quasi degli abbozzi, delle cose minori; l 'elemento naturalistico serve per lo più come sfondo, o ambientazione della figura umana. Che è quasi sempre una donna. Le persone che lo circondavano, che egli amava, erano donne. Ed egli dipingeva le donne: si sente la delicatezza, la trepidazione, lo sguardo che circonda il corpo, che si attarda sui particolari, che coglie la grazia, l'abbandono, l'ombra del cappello, l'eleganza del vestito; nudi di donna anche. I nudi di Bocchi non sono casti, come hanno detto commentatori un po' superficiali; sono nudi nella loro bellezza, fragilità e splendore; il canto delle linee, il lume dell'incarnato, le delicate ombreggiature li rendono vivi, per niente idealizzati o purificati. La figura umana nei quadri di Bocchi è imminente, come portata in primo piano, occupa la maggior parte dello spazio, arriva a toccarne i limiti; è vera protagonista dell'opera, tutto infatti diventa sua funzione, lo spazio appunto, il fondo, l'ambiente naturale, la luce. Questo dà un senso di verità; il soggetto non è mai in posa, non c'è distanza sufficiente per la posa; ha qualcosa di aggressivo, stabilisce un rapporto immediato, impone la sua umana presenza. Ciò è reso possibile dalla struttura dello spazio che è altra caratteristica del linguaggio di Bocchi: lo spazio non è una scatola prospettica, manca lo sprofondamento, la distanza, il ritmarsi dei piani verso un fondo; lo spazio è ribaltato verso chi guarda, forma una parete luminosa che dà risalto e imminenza alla figura resta come una notazione sensibilissima di colore che della figura è armonioso sfondo. Il vero spazio, invenzione decisiva e molto poetica di Bocchi, è lo spazio proprio della figura, quello che la fascia, la presenta, la costituisce; quasi bidimensionale; la terza dimensione è data non per via prospettica, ma per via emotiva, non per fughe di linee o ritmi di piani, ma per valore di colori. Così i fondi, che sono sempre bellissimi, giocano con la figura in contrappunto spaziale, formalmente più liberi, meno determinati e insistiti, meno ricchi di plasticità ma più di spessore, come se in essi si raccogliesse tutta la sostanza naturale; o, negli interni, l'oscuro mistero della stanza, i fondi possono sembrare meno significativi delle figure, e invece sono a loro indispensabili, necessari alla loro vita, alla loro emergenza e alla loro centralità.

Bocchi ha compiuto la sua evoluzione moderna, eliminando il chiaroscuro, modificando lo spazio, il colore, la luce e mantenendo il significato plastico dei volumi; ha dato una interpretazione di fondo alla tradizione italiana, che non vuol dire naturalmente classicità, ma quella particolare misura di luce, di colore, di volume e di spazio. È sull'uso della luce che si basa quasi ogni particolare di tale interpretazione e quasi ogni novità del linguaggio. Essa è primaria nell'opera di Bocchi, sottomette alle sue esigenze gli altri elementi e diventa quindi il segno fondamentale. Usata nel modo più sottile, più lirico e nello stesso tempo violento, costruttivo, non agisce per trascorrimenti o per forti contrasti ed è naturale solo quel tanto che necessita a una costruzione di realismo, ma non è mai naturalistica, non funziona per rapporti ma per emozioni; impegna la materia, ma non facendola diafana o creando trasparenze, entrando invece nelle fibre di tutto il suo spessore per cui questa diventa naturalmente e totalmente luminosa; per un processo quasi contrario al normale, la luce crea lo spessore della materia; è così attraverso la luce, non per contrasto chiaroscurale, ma per infiltrazione, che si forma la plasticità. La luce trapunta i vestiti delle donne, intenerisce le cosce, i seni, si fa delicato splendore sui visi, corre intorno ai capelli, distende le foglie di loto, brucia l'erba del prato, fa brillare l'acqua gelida di una caraffa, diventa parete d'oro, ala e fiume d'oro, rende squillanti i gialli di una camicetta, s'interna nella profonda malinconia di un volto. Da questa luce naturalmente il colore trae tutte le sue dovizie. Che a volte son rovesciate sulla tela senza timori, a volte trattenute in splendori internati. Ma più spesso il colore di Bocchi raggiunge un grado di intensità, che è sempre un poco al di sopra della quiete armonica, fino a toccare degli acuti che sembrano quasi dissonanze; si fa espressivo, non nell'eccesso dell'espressionismo ma già nel diapason fauves. A lato di sottigliezze, velature e trapassi minimi di tono compaiono zone vivide di colore violento, bruciante, che potrebbero passare per crudezze e invece sono la prova di forza di una fantasia cresciuta e risolta tutta nel colore; e il contrasto è la vita dell'opera, genera la sua poesia, diventa uno dei moduli espressivi più originali e più moderni.

  • (Estratto da Roberto Tassi “Amedeo Bocchi”, CORONA DI PRIMULE, Arte a Parma dal XII al XX secolo, Parma, Ugo Guanda Editore, 1994)

La sua tavolozza signorile, smagliante di toni puri, pareva adatta agli episodi spensierati della vita cittadina: a ritrarre le feste galanti, i ritrovi all'aperto e i campi delle corse. Ma il Bocchi, il quale aveva concentrato sino a quel tempo la sua attenzione soprattutto sulla figura umana, sul nudo, e su alcune scene musicali in mezzo alla luce delle verande e dei parchi, volle far sacrificio del lusso e della moda per chiedere ai pennelli l'espressione elementare e violenta della palude pontina. I costumi larghi, multicolori delle donne, gli piacquero molto, al pari del cielo, della terra e del mare; anzi li vide e considerò inerenti a tanto sfoggio della natura, quasi complementari ad essa.

Il Bocchi ritrae la palude pontina quale essa era, ma con un segno proprio, particolare, che non può sfuggire agli intenditori. La limpidezza tralucente dell'aria, il gusto decisivo di farvi campeggiare dentro, in piena luce, gli abitanti delle lande, le inesauste fiammate del sole a perpendicolo sulle marcite o sul Tirreno, la purezza ostinata dei colori dell'artista in gara con quelli della natura, son sempre le prime battute de’ suoi discorsi pittorici, i quali non s’interrompono, ma procedono, logici e chiari, sino alla conclusione melodica che li fa belli.

  • (Estratto da Francesco Sapori, I Maestri di Terracina, Roma, Istituto di Studi Romani Editore, 1954).

[modifica] Il museo

Museo Amedeo Bocchi: Palazzo Sanvitale - ingresso via Cairoli - Parma

Nei restaurati spazi dell'antico e prestigioso Palazzo Sanvitale, ha sede il Museo dedicato ad Amedeo Bocchi, artista parmigiano di nascita e romano d'adozione, che ha impresso all'arte del secolo appena trascorso il segno di una poesia sognante e malinconica che sa declinarsi in colori dalle forti capacità evocative. Nato dal desiderio di promuovere la conoscenza del pittore, il Museo espone alcuni tra i dipinti più belli della sua produzione. Il nucleo della raccolta è stato donato dalle eredi alla Fondazione Monte di Parma che ha provveduto poi ad accrescerla tramite ulteriori significative acquisizioni. Inaugurato nel 1999, il Museo è stato recentemente riallestito per dedicare maggiore spazio alle opere del pittore e creare un percorso in cui il visitatore, isolato dai suoni della nostra contemporaneità, possa riscoprire l'intima poesia del mondo creato da Bocchi. L'allestimento a pannelli mobili inseriti entro strutture metalliche ha permesso di salvaguardare gli importanti affreschi e gli antichi intonaci che ornano l'ala più antica del palazzo, offrendo una struttura di servizio a supporto delle luci e del sistema espositivo e uno sfondo che valorizza la singola opera d'arte e garantisce la fruizione didattica del Museo.

Seguendo l'esposizione cronologica il visitatore rivive il percorso umano del pittore, scandito dagli affetti di cui è troppo presto privato, e quello pittorico, segnato dalla inesausta ricerca luministica ed estetica, fulcro del suo operare artistico. Dipinti ad olio, acquerelli, pastelli, prove di affresco, disegni, bozzetti e sculture si svelano a poco a poco palesando la parabola artistica di Bocchi, in cui è possibile leggere in trasparenza i riferimenti culturali del secolo appena concluso. Ritratti, nudi, paesaggi, temi religiosi, progetti decorativi per interi ambienti, si susseguono nelle sale consentendo di ripercorrere il suo iter progettuale e creativo e restituendo il sottile variare del suo stile nel tempo.

[modifica] Opere esposte

  • Museo Amedeo Bocchi, Parma

Altre gallerie:

  • Galleria Ricci Oddi, Piacenza
    • La colazione del mattino 1919
    • Pescatori delle paludi pontine 1920
    • A sera sui gradini della cattedrale 1920
    • Entrata nel porto canale di Terracina 1930
    • Ponte Maggiore a Terracina 1930
  • La Galleria Comunale d'Arte Moderna e Contemporanea, Roma
  • La Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Roma
    • Bianca e Niccolina 1919
    • Bianca con cappello 1923
    • Autoritratto con Bianca 1933
  • Accademia di San Luca, Roma
    • Bianca con gonna verde 1925
    • Bianca con gonna bianca 1924
    • Autoritratto 1935
  • Comune di Firenze
    • La convalescente 1922
  • Galleria Nazionale, Parma
    • Bianca bambina 1912
    • Ritratto del fratello Nando 1913
    • Fanciulla in viola 1913
    • La saggia 1916
    • La colta 1916
    • La folle 1916
    • Pensando alle teorie di Newton 1976
    • Viaggio di un'anima 1935
  • Comune di Parma

[modifica] Collegamenti esterni

Pittura · Pittori · Dipinti · Musei del mondo


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