Baruch Spinoza
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Baruch Spinoza (ebraico: ברוך שפינוזה, Baruch; in latino: Benedictus de Spinoza; portoghese; Bento de Espinosa;in Lingua spagnola: Benedicto De Espinoza; Amsterdam, 24 novembre 1632 – L'Aia, 21 febbraio 1677) è stato un filosofo olandese, nonché uno dei maggiori esponenti del razionalismo dell'età moderna.
[modifica] Biografia
Dichiarazione rabbinica autentica datata 27 luglio 1656 e firmata da Rabbi Saul Levi Morteira ed altri.
I capi del consiglio vi rendono noto che, conoscendo da molto tempo le opinioni e gli atti di Baruch de Spinosa, si sono sforzati con vari mezzi e promesse di toglierlo dalla cattiva strada. Non avendo potuto trovare alcun rimedio, ma al contrario ricevuto ogni giorno maggiori informazioni sulle abominevoli eresie praticate e insegnate da lui e su gli atti mostruosi da lui commessi, e sapendo questo da molti testimoni degni di fiducia che hanno deposto e portato testimonianza su tutto questo alla presenza del detto Spinosa, che è stato dimostrato colpevole; tutto questo essendo stato esaminato alla presenza dei rabbini, il consiglio ha deciso, con il parere dei rabbini, che il detto Spinosa debba essere scomunicato ed escluso dalla nazione di Israele...Durante la lettura di questa maledizione si sentiva di tanto in tanto cadere la nota lamentosa e protratta di un grande corno; le luci che si vedevano ardere brillanti al principio della cerimonia, vennero spente ad un ad una a mano a mano che si procedeva, fino a che alla fine si spense anche l'ultima, simboleggiando l'estinzione della vita spirituale dello scomunicato, e l'assemblea rimase completamente al buio.
Il suo nome era Baruch, in portoghese Bento, in latino Benedictus.
La religione dei genitori era ebraica, divenuti poi marrani, ebrei forzati a convertirsi al cristianesimo.
Il padre, Michael, era mercante. La madre, Hanna Debora, era la seconda moglie di Michael.
La madre morì il 5 novembre 1638, quando Spinoza aveva sei anni.
Costretta la famiglia nel secondo decennio del secolo XVII ad abbandonare il Portogallo a seguito dell'intolleranza religiosa, Spinoza , nato in Olanda, fu inizialmente educato nella comunità ebraica sefardita di Amsterdam. Presso la scuola della comunità, il Talmud Torah, portò a termine i primi quattro gradi di istruzione.
« Era di temperamemto ascetico e malinconico. Snello di carnagione scura, con lunghi capelli ricciuti e occhi grandi, scuri e lucenti, non mangiava praticamente nulla, eccetto una zuppa di fiocchi d'avena con un po' di burro e farinata d'avena mischiata a uvetta. È incredibile, scrisse uno dei suoi primi biografi, il pastore luterano Colerus che alloggiava nella stessa casa, di quanto poco cibo o bevande sembra essersi accontentato. » | |
(P.Johnson, "Storia degli ebrei", Milano 1987)
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[modifica] Lo studio dei classici latini
Nel 1649, in seguito alla morte del fratello maggiore Isaac, fu costretto ad abbandonare gli studi per aiutare il padre Michael nella conduzione dell'azienda commerciale della famiglia. La sua curiosità e la sua sete di conoscenza rimasero comunque inalterate, spingendolo a frequentare innanzitutto le yeshivot (gruppi di studio per adulti) della comunità e - in seguito alla maturazione di una sempre più marcata insoddisfazione nei confronti della vita e della religione ebraica, e di un interesse crescente per altre idee filosofiche e scientifiche - la scuola di latino di Franciscus Van den Enden, a partire dal 1654. Come è noto, grazie agli inventari portati a termine dopo la morte del filosofo, la biblioteca di Spinoza conteneva un certo numero di testi in latino, tra cui opere di Orazio, Caio Giulio Cesare, Virgilio, Tacito, Epitteto, Livio, Plinio, Ovidio, Omero, Cicerone, Marziale, Petrarca, Petronio, Sallustio, a riprova di una passione nata probabilmente durante il periodo vissuto a contatto con Van den Enden. Cosa più importante, oltre a questa preparazione in letteratura e filosofia classica, gli studenti di Van den Enden venivano quasi certamente messi al corrente di problemi più moderni, soprattutto di questioni attinenti allo sviluppo delle scienze naturali: è probabile che risalga a questo periodo della vita di Spinoza il suo primo contatto diretto con le opere di Cartesio.
[modifica] La scomunica
Nel 1656 la comunità lo scomunicò, lo espulse e lo maledisse a causa delle «abominevoli eresie che egli ha compiuto e insegnato, nonché dei suoi atti mostruosi». Il documento di cherem (bando o scomunica), gravissimo e mai revocato, era assai esplicito e non faceva ricorso ad eufemismi:
« che egli sia maledetto di giorno e maledetto di notte, maledetto quando si sdraia e maledetto quando si alza, maledetto quando esce e maledetto quando rientra. Il Signore non lo risparmierà: al contrario, la collera del Signore e la sua gelosia si abbatteranno su quest'uomo, e tutte le maledizioni scritte in questo libro penderanno su di lui, e il Signore cancellerà il suo nome da sotto il cielo. » |
Secondo studi recenti (Steven Nadler) l'eresia principale che portò alla scomunica di Spinoza sarebbe stata il non credere all'immortalità dell'anima che determinava il crollo della dottrina della ricompensa nell'aldilà e quindi la perdita del controllo delle anime sulla terra da parte delle autorità religiose.
[modifica] Tornitore di lenti
Nello stesso anno della scomunica (1656) a ventiquattr'anni, Spinoza fu costretto a lasciare la casa del padre e dopo un breve periodo passato a casa di Van den Enden, che lo ospitò senza chiedere nulla in cambio, se non un aiuto nelle lezioni di latino, dovette lasciare anche Amsterdam. Si stabilì in un villaggio presso Leida. Raccontava agli amici di aver persino subito un tentativo di assassinio una notte mentre tornava a casa e a riprova mostrava un mantello con il foro del pugnale. Dopo la morte del padre le sorelle cercarono di estrometterlo dalla eredità. Spinoza volle che i suoi diritti fossero rispettati e fece causa alla sorelle. Sebbene avesse vinto rinunciò a tutte le sue pretese e volle per sé semplicemente un letto con il baldacchino. Si stabilì infine all'Aia dove visse sino alla sua morte mantenendosi con il suo lavoro di tornitore di lenti. Aveva una piccola pensione dallo Stato e una rendita lasciatagli da un amico. Respinse altre offerte di aiuto economico e rifiutò la cattedra che gli era stata proposta a Heidelberg per non rinunciare alla sua libertà di pensiero. Aveva uno stile di vita molto semplice ed era contrario ad ogni atteggiamento da bohemien:
« Non è un portamento disordinato e sciatto che fa di noi dei saggi; anzi affettare indifferenza per l'aspetto personale è testimonianza di uno spirito povero, in cui la vera saggezza non potrebbe trovare adatta dimora e la scienza incontrerebbe soltanto disordine e scompiglio » | |
(P.Johnson, op.cit.)
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[modifica] Le prime opere
Giovanissimo, all'età di 29 anni e dopo la drammatica esperienza dell'espulsione dalla Comunità, Spinoza pubblica i "Principi della filosofia di Cartesio" con una appendice di "Pensieri Metafisici", opere che gli diedero fama di esegeta della filosofia cartesiana. In questa data (1661), egli si era già formato una cerchia di amici e discepoli, con i quali intratteneva un nutrito scambio epistolare, fonte preziosa sull'andamento della sua riflessione.
Iniziò la scrittura dell' "Ethica more geometrico demonstrata" nel 1661 a Rijnsburg, per poi tentare di pubblicarla una prima volta nel 1664 col titolo di "Methodus inveniendi argumenta redatta ordine et tenore geometrico", adottando sistematicamente per la dimostrazione il metodo geometrico, appunto. Questa scelta aveva il significato preciso di rendere immediatamente evidente il carattere di verità, dimostrabile ed eterna, che aveva la sua filosofia. In realtà, l'opera vide la luce solo dopo la sua morte, nella raccolta delle "Opera Posthuma" (1677), voluta e messa a punto dai suoi discepoli a pochi mesi dalla sua scomparsa, e che comprende anche il "Trattato sull'emendazione dell'intelletto", il "Trattato Teologico-Politico", l' "Epistolario" e una grammatica ebraica, il "Compendium grammatices linguae hebreae".
[modifica] Empio e blasfemo
La pubblicazione del Tractatus theologico-politicus suscitò grave scandalo negli ambienti ecclesiastici sia cattolici che protestanti che diffusero la cattiva fama dell'empio e blasfemo Spinoza.
Cominciò così a formarsi quel mito di Spinoza ateo che trova conferma con la pubblicazione dell'Ethica, la cui prima parte, De Deo, sulla divinità, propone la definizione di Dio come l'unica ed infinita sostanza. Già nel primo periodo dopo la sua morte la dottrina di Spinoza fu interpretata come ateismo e condannata ma trovò fortuna presso i libertini che diffusero la fama di uno Spinoza ateo virtuoso.
Spinoza morì il 21 febbraio 1677 a 44 anni di tubercolosi e la sua eredità era così misera che sua sorella Rebecca la respinse.
[modifica] La filosofia
(DE)
« Philosophieren ist spinozieren »
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(IT)
« Filosofare è spinozare »
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(Hegel)
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La tesi centrale del pensiero di Spinoza è l'identificazione panteistica o, meglio, immanentistica di Dio con la Natura ("Deus sive natura"), ed in essa convergono i temi ed i motivi appartenenti alle tradizioni culturali più disparate, ossia la filosofia ellenistica, la teologia giudaico-cristiana, la filosofia neoplatonico-naturalistica del Rinascimento, il razionalismo cartesiano ed il pensiero musulmano, ed infine il pensiero politico di Thomas Hobbes.
Spinoza si inserisce con la sua filosofia nel dibattito metafisico sulla sostanza aperto dall'ambigua duplicità di sostanze in Cartesio e continuato con la rinuncia all'apprensione della sostanza materiale con il fenomenismo di Hobbes.
[modifica] Da Cartesio: il dibattito metafisico
Il cogito ergo sum di Cartesio introduceva la necessità che il pensiero chiaro e distinto, evidente, trovasse la sua corrispondenza nella realtà. Solo questo assicurava che si trattasse di vera razionalità e soltanto questo permetteva di superare il cosiddetto dubbio scettico che sosteneva di essere certo del proprio pensiero (come si può dubitare di se stessi?) ma dubitava appunto che al pensiero corrispondesse la realtà: la realtà infatti si acquisisce attraverso i sensi che ci danno una falsa visione della realtà, come avevano insegnato gli antichi sofisti come Protagora.
Ora il criterio dell'evidenza, il punto di partenza del metodo cartesiano, ha sconfitto sì il dubbio scettico ma ha fatto nascere la necessità dell'esistenza di due mondi, quello del pensiero (cogito) e quello della realtà (sum). E ciascuno di questi due mondi deve necessariamente far capo a una sostanza. Ma ecco che con Cartesio le sostanze sono due: la res cogitans (pensiero) e la res extensa (la realtà).
Questa si può intendere come una contraddizione in termini: la sostanza è una e non può essere altro che una.
Cartesio pensa di superare questa difficoltà sostenendo che in effetti la sostanza è veramente unica: essa è Dio creatore sia della realtà che del pensiero. Insomma la res cogitans e la res extensa hanno un denominatore comune che è Dio di cui Cartesio si premura di mostrare razionalmente l'esistenza.
Su questo punto la pretesa dimostrazione cartesiana di Dio incontra il suo limite: egli si serve del "cogito ergo sum", delle regole del metodo (premessa) per dimostrare l'esistenza di un Dio perfetto e veridico (conclusione) e quindi la conclusione (esistenza di Dio di verità) gli dimostra la validità della premessa (la verità del cogito ergo sum). È questo quello che è stato definito, da alcuni critici, il "circolo vizioso" cartesiano, nel quale la premessa giustifica la conclusione e questa a sua volta giustifica la premessa.
[modifica] La scelta della materialità di Hobbes
Hobbes fa la sua scelta coerente con la scuola di pensiero inglese tutta rivolta alla realtà empirica e materiale. La sostanza unica è la materia. Tutto è materia compreso lo stesso pensiero. Cos'è il pensiero se non linguaggio oggettivato? Quindi dall'analisi del linguaggio possiamo dedurre l'origine di tutto e il termine più semplice ed originale è corpo con la sua caratteristica accidentale che è il moto. Il corpo infatti può essere in movimento ma anche in stato di quiete. E su questa sostanza corporea Hobbes costruisce il suo sistema materialistico meccanicistico deterministico onnicomprensivo. Dal corpo quindi partono dei movimenti che vanno a colpire i nostri organi di senso che compressi reagiscono con un contromovimento che mette in azione l'immaginazione che crea immagini che si vanno a sovrapporre ai corpi da cui è venuto il moto iniziale. Ogni corpo è quindi coperto da un'immagine che non ci fa cogliere la vera realtà della cosa. Ma non basta: noi traduciamo ogni immagine in un nome, che è convenzionale ed arbitrario. Quindi dalla vera realtà della cosa in sé ci separano due schermi: quello dell'immagine e quello del nome. Ecco allora che l'esigenza di certezze materiali che ispira la dottrina di Hobbes che vive nel turbolento periodo delle due rivoluzioni inglesi si traduce in un'interpretazione del reale, che nega la possibilità di conoscere direttamente la sostanza (fenomenismo).
[modifica] La soluzione "religiosa" di Spinoza
All'inizio il discorso di Spinoza sembrerebbe di tipo mistico religioso perché afferma che se vogliamo capire tutto non si può far altro che conoscere la sostanza divina dalla quale derivano tutte le cose secondo un ordine necessario, e quindi se si vuole capire l'inizio di tutto, non lo possiamo capire da un punto di vista individuale, soggettivo, empirico. Se noi stiamo alla base di quella piramide che è l'universo non potremo mai capire cos'è il vertice.
L'uomo ha lo strumento della ragione per capire ma questo è un strumento di mediazione, cioè la ragione funziona per passaggi successivi. Se noi usassimo la ragione per arrivare a quella cima della piramide che si perde all'infinito, dovendo attenerci a un gradino dopo l'altro, non arriveremmo mai alla meta poiché Dio, la sostanza divina, è infinita.
Se la ragione è insufficiente però l'uomo ha un altro strumento che gli consente di cogliere la conoscenza in modo immediato, di arrivare con un balzo alla cima della piramide. Questo strumento è l' intuizione.[1] Con questa possiamo arrivare al culmine del processo conoscitivo, possiamo arrivare a Dio. Saltare con un balzo intuitivo tutti i gradini della piramide e arrivare in cima. La sostanza infatti non va ricercata all'inizio, alla base della piramide, dell'universo, ma al culmine.
L'intelletto invece non arriverà mai a Dio, perché noi lo usiamo mescolato con l'intuizione, che sarebbe molto più efficace se usata da sola. Bisogna allora purificare, emendare l'intelletto. Cioè:
- Occorre togliere tutto quanto sappiamo di una cosa per sentito dire o per altro segno sensibile. Tutto ciò che conosciamo attraverso i sensi non ci serve.
- Occorre poi togliere dall'intelletto tutto ciò che conosciamo casualmente o empiricamente (in modo pratico).
- Occorre togliere di mezzo anche la conoscenza scientifica perché questa risale dagli effetti alle cause in modo che si possano cogliere i nessi causali tra le cose e la necessità che lega le cose tra loro, ma questo discorso scientifico non ci farà mai uscire dalla molteplicità mentre noi dobbiamo arrivare all'unicità.
Solo al termine di questo processo di purificazione noi avremo la conoscenza intuitiva che coglie il semplice, che coglie il tutto nella sua unicità in modo evidente ed infallibile.
[modifica] La definizione "geometrica" della sostanza
Quando studiamo geometria noi non usiamo solo la ragione ma prevalentemente l'intuizione. La prima nozione geometrica necessaria per lo studio della geometria ad esempio è quella di punto e da questa si prosegue costruendo un intero edificio da un primo mattone che abbiamo accettato per vero ma che nessuno mai ci dimostrerà come vero. Questo non sarà mai possibile perché da un punto di vista razionale il punto è un'assurdità: è qualcosa che ad esempio costruisce con altri infiniti punti il segmento ma non ha una sua estensione reale. Il punto geometrico lo accettiamo solo intuitivamente.
Diamo allora una definizione della sostanza, come facciamo per il punto geometrico e vediamo se è accettabile.
«La Sostanza è ciò che è in sé e viene concepita per sé»
- ciò che è in sé,
vuol dire che è tutta in se stessa ossia non dipende da un'altra cosa, perché se dipendesse da un'altra cosa non sarebbe più sostanza;
- e viene concepita per sé,
vuol dire che quando penso la sostanza la devo pensare con un concetto che riguarda lei e soltanto lei , non posso passare per altri concetti, come in una mediazione razionale, per arrivare a lei, perché altrimenti significherebbe che questi molteplici concetti che rimandano a più realtà farebbero sì che la sostanza non sarebbe più un'unica com'essa è : quindi la sostanza può essere concepita solo intuitivamente, con un'apprensione immediata e non razionale-mediata della sua esistenza.
- la sostanza deve avere in sé e non in un'altra cosa il principio della sua intelligibilità
La sua esistenza non dipende dal fatto che ci sia un io a parlarne o a pensarla
«La Sostanza è una realtà oggettiva indipendente dalla mia esistenza»
Ciò significa che della sostanza ne do una definizione per capirla e non che la definizione la fa esistere.
La sostanza è una realtà oggettiva concepita per se stessa. Se questa sostanza può essere definita come ciò che è in sé e viene concepita per sé allora è una Causa sui (causa di se stessa); in lei coincidono in un unico punto causa ed effetto, lei è nello stesso tempo madre e figlia: altrimenti sarebbe effetto di una causa che viene prima di lei e lei allora non sarebbe più la prima, come deve essere per la sostanza.
È definita Causa sui in quanto se si dovesse fare una distinzione tra l'essenza e l'esistenza, tra pensiero e realtà, per la sostanza questa distinzione non vale perché essa non appena pensa immediatamente esiste. (cfr. Cartesio). La sua essenza implica necessariamente l'esistenza. Se l'essenza è il mondo del pensare e l'esistenza è quella della realtà non appena appare la sostanza nel pensiero nello stesso originario atto, essa esiste.
Non ci può essere la distinzione tra il pensiero della sostanza come una realtà distinta dalla realtà dell'esistenza della sostanza. Altrimenti ci sarebbero due realtà mentre la sostanza è un'unica realtà.
Causa sui vuol dire allora che essa è unica, e non essendoci un'altra realtà che possa limitarla è quindi anche infinita ed indivisibile, perché se fosse divisibile la sostanza non sarebbe più unica.
Se dunque l'essenza della sostanza implica l'esistenza allora pensiero e realtà coincidono.
Se la definizione della sostanza è tale per cui essa è:
- Causa sui
- Pensiero e realtà createsi in un unico originario atto (essenza ed esistenza)
- Unica
- Infinita
- Indivisibile
La sostanza è totalmente identificabile dunque con Dio, poiché le caratteristiche precedentemente elencate sono proprie della sostanza divina.
[modifica] La dimostrazione intuitiva dell'esistenza di Dio
[modifica] Insufficienza razionale e validità intuitiva
Siamo giunti così ad una dimostrazione dell'esistenza di Dio che è l'unica veramente valida, da un certo punto di vista, di tutta la storia della filosofia. Si può con Spinoza dire di credere in Dio non per fede e neppure per ragione ma per intuizione.
Ma quando diciamo che con l'intuizione noi riusciamo a capire la soluzione di un problema di matematica ciò non significa che l'intuizione ci porti con certezza al giusto risultato del problema. Per avere questa certezza noi dovremo eseguire tutti i passaggi per dimostrare la verità della soluzione. Soltanto attraverso la dimostrazione razionale , mediata, per passaggi successivi si può arrivare alla certezza della soluzione del problema.
L'intuizione non ci dà la garanzia della verità; ci vorrà sempre l'uso della ragione per arrivare ad esser certi della soluzione intuitiva.
La prova di ciò è che abbiamo accettato intuitivamente la definizione di sostanza che ci ha dato Spinoza ma ora esaminiamo razionalmente questa definizione. Facciamo un'analisi linguistica:
«Sostanza, causa sui è Dio»
Il termine "sostanza" fa riferimento a ciò che "sta" sotto (sub-stantia), cioè che permane, quell'essenza che mentre tutto cambia essa rimane identica a se stessa. Dio, come si è detto, è sostanza e quindi in questo caso diamo di Dio una concezione statica.
Ma per sostanza intendiamo anche "causa" sui, cioè è una causa che produce un effetto che è lei stessa. Ma il fatto di produrre un effetto vuol dire "attività", "divenire".
Quindi mentre prima davamo di Dio una concezione statica ora nello stesso tempo introduciamo una concezione dinamica. Il che è una contraddizione in termini.
Quindi quella definizione di Dio che prima intuitivamente accettavamo ora non possiamo più farlo dal punto di vista razionale. La concezione intuitiva di Dio non è accettabile se noi privilegiamo la ragione, cioè se insistiamo a voler capire Dio in modo razionale. Ma se noi oltre alla fede, che è lo strumento supremo per la comprensione della divinità, vogliamo usare il metodo spinoziano dell'intuizione lo possiamo fare.
Dio infatti è causa sui, causa ed effetto e quindi per lui non vale la contraddizione che noi troviamo tra la stasi (sostanza) e il divenire (causa) perché Dio davvero è principio e fine, creazione ed eternità, sostanza e causa sui.
Per lui le contraddizioni non valgono. Dio è la fonte di tutte le contraddizioni, alfa ed omega, principio e fine.
[modifica] Deus sive Natura
Questa contraddizione razionale che sta all'origine della definizione di sostanza è colta da Spinoza ma egli la continua ad usare e risolve mirabilmente le contraddizioni razionali che seguono alla prima. Dio in uno stesso atto, pensiero originario, causa se stesso ma causa anche tutte le cose, cioè essendo causa sui in lui c'è l'origine di sé ma anche di tutto ciò che esiste, perché Lui è l'origine di ogni essenza e di ogni esistenza, è l'origine di tutta la realtà materiale e non materiale, poiché egli è l'uno-tutto. Quando crea se stesso contemporaneamente appare l'universo e l'universo è lui stesso, donde la celebre frase Deus sive Natura (Dio, ovvero la Natura).
Non c'è differenza tra lui e tutte le cose; cioè non esiste alcuna cosa, al di fuori di Dio, che possa in qualche modo costituirne un limite.
Il triangolo è Dio, ma il triangolo è anche la somma degli angoli interni uguale a 180 gradi, quindi come il triangolo è Dio anche la somma degli angoli interni è il triangolo, e anche tutte le cose sono Dio, quindi causa (il triangolo, Dio) ed effetto (la somma degli angoli interni, la Natura) coincidono. Però qui sorge una contraddizione: se Dio si identifica con la natura, allora la natura è perfetta come Dio? ma dov'è la perfezione della natura? È questo il problema che Spinoza affronta argomentando inizialmente con la teoria della doppia causalità.
[modifica] La doppia causalità
Spinoza dice che ci sono due tipi di causalità. La causalità di Dio è diversa da quella più comune che è quella transitiva in cui la causa passa nell'effetto (per esempio calore del fuoco passa, transita nell'acqua scaldata) ma c'è anche una causalità immanente in cui l'effetto permane nella causa (ad esempio:pensiero=causa e idee=effetto; le idee come effetto della causa pensiero permangono nel pensiero).[2]
Dio è nel mondo, il mondo è in Dio. Se la causalità divina è immanente, se in Dio non c'è differenza tra causa ed effetto, se Dio è in tutto e tutto è in Dio e, se "Deus sive Natura", allora la natura ha le stesse caratteristiche di Dio. Questa conclusione logicamente vera non è comunque convincente. Spinoza ci convincerà intuitivamente.
[modifica] Volontà ed intelletto
Prima di spiegare il problema della perfezione della natura occorre però chiarire altre questioni. La tradizionale concezione di Dio è che egli sia una persona dotata di volontà e intelletto rendendolo così trascendente e diverso da tutto.
Ma Spinoza dice che tra Dio e le cose non c'è differenza allora il Dio di Spinoza è una potenza impersonale, perché se fosse personale si distinguerebbe dalle cose.
Dio in effetti quando fa esistere se stesso con sé fa esistere tutte le cose connesse con lui, come le proprietà del triangolo sono connesse con lui.
[modifica] Le caratteristiche di Dio
Quando definiamo Dio cerchiamo di definirlo nei suoi attributi : Spinoza dice che questi attributi non possiamo limitarli ad una certa categoria, dovremo riferirgli tutti gli attributi possibili ed immaginabili e ciascuno di questi attributi è infinito come Dio e perfetto nel suo genere come Dio: e ciascuno è eterno come Dio, perché gli attributi sono Dio stesso. Gli attributi non sono un nostro modo di concepire Dio o la sostanza perché gli attributi sono la reale espressione di Dio (Dio o tutti gli attributi di Dio), cioè anche se noi non concepissimo questi attributi, Lui li avrebbe ugualmente perché la sostanza esiste indipendentemente da me che la penso.
Ma tutti gli attributi che noi possiamo immaginare di Dio si riducono sostanzialmente a due, gli unici che noi riusciamo effettivamente a conoscere: pensiero ed estensione (res cogitans e res extensa, per usare dei termini di Cartesio).
[modifica] La differenza con Cartesio
Riemergono le due sostanze di Cartesio : la res cogitans e la res extensa ma a differenza di Cartesio queste per Spinoza sono due attributi di Dio, due forme con cui l'unica sostanza divina si manifesta a noi come il complesso di tutti i fenomeni naturali , cioè tutte le cose che riguardano la materia e il complesso di tutti i fenomeni non materiali, di tutte le cose che riguardano il pensiero.
Quindi tutte le cose materiali derivano dall'attributo dell'estensione e tutte le cose non materiali derivano dall'attributo del pensiero o meglio, come dice Spinoza le cose e le idee sono rispettivamente i modi di essere dell'attributo pensiero e i modi di essere dell'attributo estensione.
C'è perfetta identità tra Dio e i suoi attributi. Infatti quando pensiamo il pensiero e l'estensione lo concepiamo in sé e per sé, intuitivamente, in maniera diretta e non mediata da altri concetti, come facciamo per la concezione della sostanza. Così mentre l'estensione si concepisce in sé e per sé (come la sostanza, come Dio e quindi anche gli attributi) invece ad esempio il movimento, lo si può capire solo facendo riferimento a qualcosa che ha in sé l'estensione, quindi il movimento è un modo dell'estensione. Se penso un'idea la potrò pensare solo facendo riferimento al pensiero, quindi quell' idea sarà un modo del pensiero. I modi dunque non sono concepibili in sé e per sé ma sono resi concepibili dagli attributi ovverosia dalla sostanza.
[modifica] La natura perfetta come Dio
Arriva a conclusione il problema della perfezione della natura iniziato con la teoria della doppia causalità: se Dio è la Natura, allora la natura è perfetta come Dio? I singoli modi, cioè le singole cose connesse col pensiero e l'estensione, sono naturalmente contingenti e imperfetti ma l'insieme, la totalità dei modi è perfetta come è perfetta la sostanza. È solo la visione individuale a farci vedere l'imperfezione delle cose. Se io potessi contemplare il mondo nella sua totalità allora coglierei la mirabile perfezione del tutto.
Ogni modo finito è prodotto da un altro modo finito, cioè l'universo è come una catena di anelli infiniti di causa effetto. Allora Dio è la causa efficiente di ogni modo? Cioè è il primo anello della catena? No, Dio è la catena stessa.
Cioè se definiamo Dio come Natura naturans questa coincide con la Natura naturata.
- Natura naturans come causa e come Dio in sé;
- Natura naturata come l'insieme dei modi e come Dio espresso.
Dio è natura che si fa natura.
"Tutto ciò che appare bene, male o imperfezione , dipende dalla nostra immaginazione che dà un'interpretazione soggettiva e non coglie il mirabile ordinamento del tutto"
"Le cose sono state prodotte da Dio con somma perfezione perché sono state conseguite con somma precisione che è perfettissima"
In questo senso la filosofia di Spinoza prende l'aspetto di una vera e propria "religione della scienza", quella che si avvicina più alla ragione che alla fede e a cui si arriva attraverso una conoscenza approfondita della natura in cui si scopre la meravigliosa perfezione dell'infinito: torna alla mente la ricerca della perfezione nella Natura di Leonardo che cerca di cogliere Dio nella perfetta trama dei fenomeni naturali.
[modifica] La critica della concezione creazionistica
Spinoza stravolge la tradizionale concezione di quel Dio che già aveva contestato come Dio personale e trascendente. Che Dio crei significa che ad un certo momento crei il meglio, ma se crea il meglio significa che sceglie ma è impossibile pensare che Dio scelga perché questo lo farebbe cadere nell'imperfezione; sceglie infatti colui che si trova di fronte a delle alternative. Dio nella sua azione non ha alternative, egli è perfetto e quindi non sceglie. Ma se non sceglie allora non è libero, cioè egli è stato costretto a creare l'unico universo possibile, perfetto come è perfetto Lui.
- Libero sceglie tra mondi possibili e crea il meglio
- ma allora è imperfetto;
- non sceglie, con lui appare l' unico mondo perfetto come è perfetto lui,
- ma se non sceglie, non è libero, è necessitato.
Ma come si fa pensare a un Dio che non è libero?
Spinoza introduce il concetto di autonomia dove coincidono libertà e necessità. Cioè Dio obbedisce ad una legge che egli stesso si è dato, quindi è necessitato perché obbedisce, ma è libero perché questa legge se l'è data da solo, cioè questa legge è la sua stessa natura, la sua stessa realtà, ed obbedendo ad essa realizza se stesso. È una legge per il triangolo avere la somma degli angoli interni uguale a 180 gradi ma solo così per questa legge il triangolo si realizza, è quello che é.
[modifica] La critica della concezione finalistica di Dio
Noi sentiamo dire che Dio fa tutto in vista del bene, quindi la stessa creazione Dio la farebbe in vista del bene. Se ciò fosse vero ci sarebbe un principio, quello del Bene, estraneo a Dio e che Dio in un certo modo deve osservare, cioè ci sarebbe un principio buono a cui Dio è sottoposto. Ma Dio non agisce in vista del bene. Dio causa sui realizza se stesso e niente più.
Ma perché molte religioni parlano di un Dio che agisce in vista del bene?
L'errore è nella natura stessa degli uomini che credono di essere liberi e pensano di scegliere tra alternative in vista di principi (come per esempio in vista del bene) e attribuiscono questo loro comportamento, ritenuto erroneamente libero, anche a Dio. In realtà gli uomini nascono senza conoscere la causa delle cose e credono di essere liberi,ma in effetti essi non conoscono le cause che determinano il loro comportamento: se le conoscessero fino in fondo si renderebbero conto che la loro volontà non si indirizza liberamente in vista di un fine ma che essi invece si comportano come non possono fare a meno di comportarsi e che la loro azione non poteva essere diversamente da quella che è stata. La loro libertà nel mondo è apparente. Dio ha già stabilito tutto e noi facciamo parte di Lui, facciamo parte di un perfetto meccanismo stabilito per "eterno decreto" da Dio e coincidente con Lui.
Il secondo motivo che porta alla concezione finalistica è che tutti gli uomini tendono a conseguire il loro utile e nella natura trovano molte cose che li aiutano a credere in questo e allora immaginano che tutta la realtà sia stata creata da una volontà simile alla loro in vista del perfezionamento dell'uomo stesso. Dio cioè ha creato il mondo secondo un principio che per l'uomo è l'utile e che per Dio è quello del perfezionamento dell'uomo: ma questo non è vero, gli uomini credono che Dio sia uguale a loro, ma Dio, in vero, ha creato solo se stesso coincidendo con la natura.
Credere che l'uomo sia libero e che possa agire liberamente per realizzare i suoi fini e per conseguire l'utile porta ad una serie di conseguenze:
- 1°) la superstizione:
gli uomini pensano la divinità in funzione di loro stessi e quindi credono di propiziarsi Dio con inutili pratiche di culto perché così essi superstiziosamente ritengono che Dio possa aiutarli nella ricerca dell'utile;
- 2°) l'ignoranza,
se noi insistiamo a credere nella concezione finalistica quando poi alla fine ci capitano avvenimenti imprevisti e negativi, inspiegabili e contrastanti l'idea di un Dio buono e provvidenziale allora ricorriamo alla formula che tutto avviene per "volontà di Dio". Ma ricorrere alla volontà di Dio è l'"asilo degli ignoranti".
Gli uomini hanno reso imperfetto Dio facendolo agire per un fine a cui lui stesso sarebbe poi subordinato. Se invece ci convinciamo che volontà e intelletto, mente e corpo, sono in Lui la stessa cosa, cioè che la mente è un modo dell'attributo pensiero e il corpo un modo dell'attributo estensione - poiché pensiero ed estensione sono i due attributi dell'unica sostanza divina anzi sono essi stessi la sostanza divina - allora non essendo l'intelletto, distinto dalla volontà, e quindi non essendoci libero arbitrio, nel senso di un intelletto che guidi liberamente la volontà, noi dobbiamo vivere nel mondo non cercando un fine e pensando di poterlo trovare liberamente ma convincendoci che l'uomo è compartecipe della natura divina e quindi può vivere tranquillo e sereno "sopportando l'uno e l'altro volto della fortuna, giacché tutto segue dall'eterno decreto di Dio con necessità"
"Non odiare, non disprezzare, non deridere, non adirarsi con nessuno, non invidiare in quanto negli altri come in te non c'è una libera volontà (tutto avviene perché così è stato deciso)."
[modifica] Il determinismo logico
Il rapporto che intercorre tra causa ed effetto può essere tradotto in un rapporto tra premessa e conseguenza; viene dunque a coincidere la necessità causale con la necessità logica (qui Spinoza sembra rifarsi ad Aristotele, il quale aveva affermato l' identità di sostanza e principio di non contraddizione). Infatti, se b può essere spiegato in modo adeguato da a, allora a sarà la causa di b e questo deriverà da a in modo logicamente necessario. Ora, se senza Dio nessuna cosa potrebbe essere concepita, Dio è la causa di tutte le cose. Per questo, propria dell'essenza divina non sarà nessuna cosa se non la potenza (tesi vicina a quella della sovrabbondanza d'essere concepita dal neoplatonismo). A questo punto risulterebbe contraddittorio affermare che in un determinato istante avvenga un certo fenomeno, come se negassi che dal triangolo discendano tutte le sue proprietà. Lo stesso vale per Dio: è impossibile, cioè, che da egli non seguano tutti gli effetti di cui è capace, e dunque il mondo in cui viviamo è l'unico mondo possibile. È questo il forte determinismo di Spinoza, che sarà tanto criticato da Leibniz: non solo tutti i fenomeni devono verificarsi necessariamente, ma questa è anche una necessità di tipo logico, in quanto sarebbe contraddittorio il suo non verificarsi. Ecco quindi confutata l'esistenza di caso e contingenza. Da quanto detto si evince che il Dio di Spinoza non è un Dio libero, o meglio, lo è, ma solo nel senso che egli non è determinato da altro nel suo agire. Determinati sono invece gli enti finiti, dunque anche l'uomo, che finisce così per perdere il suo libero arbitrio.
[modifica] Il tempo
Il tempo non è né un qualcosa che appartiene a Dio[3], ma nemmeno un ente assoluto. Collocare un dato fenomeno nel tempo significa porlo dopo le sue cause e prima delle sue conseguenze; per questo il tempo rientra nella dimensione spaziale. Se l'uomo osserva un fenomeno (per esempio il movimento di una palla), conoscendo tutte le sue cause e tutte le sue premesse, potrà arrivare ad un'affermazione priva di ogni riferimento al tempo, quindi vera sempre (la palla si muove). Tuttavia l'uomo non può conoscere tutte le cause e le conseguenze delle cose, ed è per questo che egli vede le cose nascere e perire: vede le cose sub specie temporis. Dio, al contrario, conosce tutte le cause e tutte le conseguenze di tutte le cose, in quanto presenti nel suo intelletto, e dunque vede le cose sub specie aeternitatis: per lui le cose non nascono né periscono, ma sono eterne.
[modifica] La riflessione politica
La situazione storica dei Paesi Bassi del tempo era costituita da continue lotte politiche tra un partito repubblicano e uno monarchico a sostegno della casata degli Orange; a tali dispute si intrecciavano violenti movimenti religiosi che vedevano da una parte varie sette riformate e dall'altra la Chiesa Calvinista. Nel 1670 Spinoza aveva pubblicato, da anonimo, il "Trattato Teologico-Politico", opera che suscitò un clamore ed uno sdegno generali, in quanto presentava un'accurata analisi dell' "Antico Testamento", e in special modo del "Pentateuco", tendente a negare la sua origine divina. La Scrittura viene infatti definita come prodotto storico, come insieme di testi redatti da uomini in diverse epoche storiche, e non come il mezzo privilegiato della rivelazione di Dio all'uomo. Le profezie narrate nel testo sacro vengono spiegate ricorrendo alla facoltà della "immaginazione" di coloro che le hanno pronunciate, mentre gli eventi miracolosi, privati di qualsiasi consistenza reale, vengono definiti come accadimenti che gli uomini non riescono a spiegarsi e che per questo, per l'ignoranza delle cause che li hanno prodotti, finiscono per attribuire ad un intervento soprannaturale. A differenza di Hobbes Spinoza afferma che lo stato ideale non è quello autoritario assoluto , quindi con un monarca con potere inscindibile e irrevocabile. Un vero Stato deve essere retto da un monarca assoluto, ma non autoritario. Se infatti lo fosse, priverebbe i cittadini della libertà di parola e quindi in pratica non saprebbe come comportarsi per il bene comune. Inoltre secondo Spinoza l'assolutismo autoritario è la più fittizia forma di governo che ci sia, dal momento che si occupa di limitare con continui sforzi la libertà, che però essendo intrinseca al cittadino, non può mai essere soffocata totalmente: dunque gli sforzi del governo sarebbero allo stesso tempo sistematici, ma vani.
Infine, il Trattato sostiene la necessità per uno stato di garantire ai suoi cittadini libertà di pensiero, di espressione e di religione attraverso una politica di tolleranza di tutte le confessioni e di tutti i credi, e di non interferire in questioni che non ledano la sicurezza e la pace della società.In nome di questa libertà di coscienza Spinoza pretende un'assoluta laicità dello stato. L'autorità religiosa non si deve intromettere nelle convinzioni di coscienza dei singoli cittadini. Chi è credente obbedirà alla gerarchia della sua Chiesa e dovrà limitarsi a quanto la sua fede prescrive cercando di essere giusto e caritatevole verso il prossimo.
Del resto un'analisi storica della Bibbia conferma che questo è l'insegnamento dei profeti e degli apostoli una volta che lo si sia purificato dal loro carattere individuale e dalle incrostazioni dipendenti dalla mentalità e dalle epoche storiche in cui questi hanno vissuto. Qui il Dio di Spinoza ha ancora una configurazione personalistica che sarà negata nell' Ethica ma tuttavia sottoponendola ad una purificazione razionalista gli appare chiaro che la fede serve ad indirizzare alla virtù gli uomini più semplici mentre la verità è riservata alla ragione filosofica.[4]
Nelle pagine conclusive, il filosofo olandese addita come modello di convivenza pacifica, pur nella diversità, la città di Amsterdam e le Province Unite olandesi. Nonostante l'anonimato, Spinoza venne presto riconosciuto come autore dell'opera, che venne messa al bando dalle autorità olandesi a partire dal 1674, insieme con il "Leviatano" di Thomas Hobbes.
[modifica] Note
- ^ Secondo alcuni interpreti del pensiero spinoziano così va intesa la parte in cui si dice che allorché si ha una conoscenza chiara e distinta si è immediatamente consapevoli della sua verità. Un criterio quindi dell'evidenza matematica che non è altri che intuizione.
- ^ Una concezione simile sulla doppia causalità e sull'unicità di Dio si ritrova nell'opera " De la causa principio e uno" di Giordano Bruno
- ^ Vedi la concezione del tempo in Sant'Agostino
- ^ Si riprende qui la concezione aristocratica del sapere di Giordano Bruno tipica della cultura rinascimentale
[modifica] Bibliografia essenziale
- Steven Nadler. Baruch Spinoza e l'Olanda del Seicento. Torino, Einaudi 1977
- Filippo Mignini. Introduzione a Spinoza, collana "I filosofi". Laterza, Bari, 1965
- Smilevski, Goce. Conversation with SPINOZA. Chicago: Northwestern University Press, 2006.
- Saccaro Del Buffa, Giuseppa. Alle origini del panteismo. Genesi dell'Etica di Spinoza e delle sue forme di argomentazione. Franco Angeli, Milano, 2004.
- Spinoza. Etica. Testo latino a fronte. Neri Pozza, 2006
- Spinoza. Trattato teologico-politico. Einaudi, 2007
- Spinoza. Opere. I Meridiani. Mondadori, 2007
- Spinoza. Amore. Cosmopolitismo e tolleranza. Mimesis, 2007
- Spinoza. Lettere sugli spiriti. Testo latino a fronte, a cura di Francesco Chiossone. il melangolo, Recco 2007
- Spinoza. Trattato politico. La Ginestra Editrice, 2006
[modifica] Voci correlate
[modifica] Altri progetti
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- Wikiquote contiene citazioni di o su Baruch Spinoza
[modifica] Collegamenti esterni
- Sintesi facilitata del pensiero Spinoza
- Wikisource:Auteur:Baruch Spinoza
- Foglio Spinoziano, sito italiano di studi spinoziani
- Spinoza e l'ateismo
- (EN) Breve biografia di Spinoza
- Portale Filosofia: accedi alle voci di Wikipedia che parlano di filosofia