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Laicità - Wikipedia

Laicità

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La parola laicità, in senso politico e sociale, denota la rivendicazione, da parte di un individuo o di una entità collettiva, dell'autonomia decisionale rispetto a ogni condizionamento ideologico, morale o religioso altrui.

Laico è, in questo senso, chi ritiene di poter e dovere garantire incondizionatamente la propria libertà di scelta e di azione, particolarmente in ambito politico, rispetto a chi, invece, ritiene di dover conciliare o sottomettere la sua libertà all'autorità di un'ideologia o di un credo religioso.

Nel significato originario del termine, ancora utilizzato in ambito religioso, il laico è un fedele della religione non ordinato sacerdote o non appartenente a congregazioni religiose. Nella società protocristiana dei primi secoli il laico veniva distinto dal presbitero ed alle cerimonie religiose i laici e i presbiteri partecipavano fisicamente separati. Nelle basiliche protocristiane esisteva un elemento architettonico divisorio, perlopiù marmoreo, chiamato iconosctasi; al di là e al di qua di esso prendevano posto rispettivanmente il clero e il popolo dei fedeli.


Indice

[modifica] Caratteri generali

Il termine, riferito ad una struttura politica o amministrativa, ne esprime l’autonomia dei principi, dei valori e delle leggi da qualsiasi autorità esterna che ne potrebbe determinare, compromettere o perlomeno influenzare l'azione.

La laicità, per estensione, si configura anche come assenza di un'ideologia dominante nell'opera di governo di uno Stato, e come equidistanza dalle diverse posizioni religiose ed ideologiche presenti. Ad esempio, nel caso di un regime totalitario, definire lo Stato come "laico" è un errore, in quanto in esso vi è posto solo per l'ideologia ufficiale.

[modifica] Storia

Nel medioevo il potere politico era fortemente intriso di carica sacrale, quasi tutte le monarchie ricevevano il diritto a governare dal papa stesso, che si era autoproclamato nel corso dell'VIII secolo come erede dell'Impero romano in base a documenti come la falsa Donazione di Costantino. Durante la lotta per le investiture si pose il problema dei rapporti gerarchici tra papato e Sacro romano impero, una questione che si ripropose constantemente ogni qual volta salivano sul soglio imperiale personaggi di spicco quali Federico Barbarossa o Federico II.

Nel corso del XIV secolo, con lo scisma d'Occidente, tramontò l'idea universalistica del papato come potere superiore e riconosciuto da tutta la Cristianità europea, con il culmine durante il conflitto tra il re di Francia Filippo il Bello e Bonifacio VIII che portò alla dura umiliazione del pontefice con lo "schiaffo di Anagni" e l'elaborazione della teoria del regalismo da parte dei giuristi della corte di Filippo.

In quegli anni si svilupparono gli studi giuridico-filosofici che, nella speranza di ricomporre la frattura tra potere politico-temporale e potere spirituali, teorizzavano il rapporto da tenere tra questi.

Alla ieratica superiorità papale, ribadita da Bonifacio VIII con la bolla Unam Sanctam, si opposero dei tentativi di conciliazione, come il De Monarchia di Dante Alighieri, che vedeva in Dio la superiore fonte di qualsiasi diritto e auspicava energicamente la separazione dei poteri temporali e spirituali, o come gli studi di Pierre Dubois e Guglielmo di Nogaret, che teorizzavano l'autonomia del potere regio da qualsiasi altro potere, sia religioso, sia extraterritoriale (come l'Impero rispetto ai singoli monarchi europei).

Un passo avanti fu compiuto all'epoca immediatamente successiva dell'imperatore Ludovico il Bavaro, che ripudiò l'autorità papale facendosi incoronare a Roma non già da un suo vicario, ma da un senatore laico, quello Sciarra Colonna che aveva umiliato il defunto papa Bonifacio ad Anagni.

Al seguito di Ludovico lavorarono i primi teorici della laicità dello Stato: Marsilio da Padova e Guglielmo d'Ockham. Il primo nel Defensor pacis teorizzava l'assoluta laicità dell'Imperatore, essendo il suo potere derivato dal popolo, inteso come la melior e sanior pars di esso. Per questo secondo lui gli stessi vescovi sarebbero dovuti essere eletti in assemblee popolari e la massima autorità religiosa avrebbe dovuto essere il concilio, non il papa.

Il secondo, nel Dialogus, approfondì la teoria di Marsilio, descrivendo il potere temporale come derivato da Dio, ma non tramite intercessione del papa, ma tramite intercessione del popolo, che aveva anche il diritto di revocare tale potere ribellandosi al sovrano qualora egli non rispettasse il principio fondamentale dell'"equità naturale". Un sovrano che si rendeva nocivo al suo popolo poteva quindi essere lecitamente disubbidito, quindi la delega popolare ad esercitare il potere non era mai assoluta, ma condizionata al buon governo.

Com Marsilio da Padova e Guglielmo da Ockham si ebbero i fondamenti del potere statale inteso in senso moderno[1].

[modifica] Lo Stato laico

La maggiore o minore laicità di uno Stato può essere pertanto valutata sulla base del rispetto dei seguenti criteri:

  • la legittimità di uno Stato laico non è subalterna rispetto ad altri poteri, come istituzioni religiose o partiti politici; ad esempio, "lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani".
  • uno Stato laico rifugge da qualsiasi mitologia ufficiale, ideologia o religione di Stato;
  • uno Stato laico è imparziale rispetto alle differenti religioni e ideologie presenti al suo interno, e garantisce l’eguaglianza giuridica di tutti i cittadini, senza discriminarli sulla base delle loro convinzioni e fedi;
  • uno Stato laico riconosce e tutela i diritti di libertà di tutti i suoi cittadini: libertà di pensiero, di parola, di riunione, di associazione, di culto, ecc. compatibilmente con le proprie leggi e ordinamenti;
  • le leggi di uno Stato laico non devono essere ispirate a dogmi o altre pretese ideologiche di alcune correnti di pensiero, ma devono essere mosse dal fine di mantenere la giustizia, la sicurezza e la coesione sociale dei suoi cittadini.

[modifica] Dibattito sulla laicità

Il dibattito sulla laicità, in Italia, si è acceso prevalentemente attorno alla regolamentazione di alcuni temi, tra i quali:

  • la presenza o meno di simboli religiosi negli edifici pubblici di proprietà statale,
  • la possibilità o meno di fare riferimento nelle dichiarazioni ufficiali ad alcuna fede,
  • la possibilità o meno dell'insegnamento di una o più religioni nelle scuole pubbliche,
  • la possibilità di regolamentare alcuni temi eticamente sensibili, come il divorzio, l'aborto, la fecondazione medicalmente assistita, le unioni civili per coppie eterosessuali e omosessuali, l'eutanasia, prescindendo o meno dalle convinzioni etiche più restrittive di una parte del Paese.

Secondo alcuni, infatti, uno Stato laico è quello dove le religioni e le ideologie non hanno influenza sulla società nel suo complesso ma hanno valore solo per le persone, e al limite per le comunità formate da quelle persone, che credano in una certa religione o in una certa ideologia. Lo Stato laico deve prodigarsi perché nessuna parte della società prevarichi su una parte minoritaria della società stessa e mai per ragioni ideologiche. In altri termini: la democrazia non può essere usata per negare i diritti delle minoranze.

[modifica] Esempi pratici

Alcuni dei temi su cui la morale laica e quella religiosa entrano in conflitto si possono ricondurre al bilanciamento tra difesa della vita ed interessi degli individui coinvolti. È inoltre oggetto di dibattito se la morale religiosa debba avere anche valore di legge, e quindi venir imposta anche a chi non aderisce alla religione che ha ispirato la suddetta morale.

Tutti sono infatti d'accordo che l'omicidio sia illegale (salvo le ordinarie eccezioni legate alla legittima difesa).

Molti laici però sostengono che si debba depenalizzare l'eutanasia, sulla base del fatto che ogni individuo deve essere lasciato libero di disporre della propria vita e di liberarsene quando essa sia ormai insopportabile a seguito di un male incurabile.

Dall'eutanasia vera e propria, il dibattito si sposta anche sulla definizione di quanto a lungo e con quali mezzi si debba tenere in vita una persona la cui condizione medica non presenta speranze di ripresa, e quanto la persona possa decidere preventivamente in proposito (accanimento terapeutico, testamento biologico).

L'omicidio, in questo caso, per la religione resterebbe un grave peccato, ma nella forma di omicidio del consenziente o di suicidio assistito non sarebbe da considerare un reato da parte dello Stato laico, in quanto la persona che lo ha commesso o lo ha reso possibile, non è pericolosa per la società o per altri individui.

Similmente, nei dibattiti che riguardano l'aborto, sono contrapposti gli interessi della madre e quelli dell'embrione. Il discorso si sposta però dal piano astratto quello dei tecnicismi legali: molte fedi religiose spingono perché l'embrione sia considerato persona, e quindi dotato di diritti, sin dal concepimento. Da parte laica, la piena personalità giuridica viene riconosciuta solo al momento della nascita. In un caso, l'aborto viene considerato un omicidio, e quindi è illegale. Nell'altro, è possibile lasciare alla madre la possibilità di decidere se portare avanti o meno una gravidanza.

Anche in questo caso, una confessione religiosa può considerare l'aborto un grave peccato senza che questo abbia conseguenze legali su chi ha opinioni diverse, è comune infatti l'errore di considerare ciò che è peccato come qualcosa di illegale.

[modifica] Laicismo e Laicità

Si riscontrano punti di vista diversi sul significato dei termini laicità e laicismo. La maggior parte dei dizionari della lingua italiana come il De Mauro o lo Zingarelli , in accordo alla definizione storica del termine laicismo, considerano i due termini come sinonimi, o meglio, definendo il laicismo semplicemente come la corrente di pensiero che rivendica la laicità.

Negli ultimi anni, d'altro canto, in alcuni ambiti, e in particolare quello religioso, si è diffuso l'uso dei due termini per definire differenti idee di separazione di Stato e Chiesa:

  • La laicità, considerata positivamente, sarebbe l'atteggiamento con cui lo Stato garantisce la libertà di culto ai fedeli delle religioni e d'altra parte si riconosce la neutralità dello Stato democratico come uno strumento indispensabile per una convivenza plurale. Non viene però esclusa né una parziale sovrapposizione tra ambito statale e concezioni di origine religiosa né un intervento dello stato sui culti per ragioni di ordine pubblico.

In quest'ottica spesso si ritiene che alcuni valori di origine religiosa (cioè, considerata la storia italiana, di origine cristiana), come ad esempio il matrimonio monogamico fra persone di sesso diverso, possano essere parte integrante dei fondamenti condivisi dello Stato. In questa ottica lo Stato e la Religione sono considerati ambiti distinti, ma tra loro comunicanti.

  • Il laicismo, invece, sarebbe un atteggiamento da parte dello Stato volto a limitare le religioni nell'ambito privato, fatto che, secondo chi sostiene tale distinzione, costituirebbe una volontaria o involontaria repressione (vedi anticlericalismo). In paesi accusati di essere laicisti, come la Francia, lo Stato ha il diritto di riconoscere o non riconoscere la liceità di una religione.

I laicisti, secondo questo uso del termine, vorrebbero escludere dalle scelte pubbliche, e a volte dal dibattito pubblico, argomenti di origine religiosa, o argomenti difesi da esponenti ufficiali delle religioni. In quest'ottica lo Stato e la Religione sono considerati ambiti completamente separati. Pertanto l'interesse della neutralità dello Stato è al di sopra di qualsiasi fede o confessione religiosa,un esempio è l'esposizione di simboli religiosi in luoghi pubblici.

Come si è detto, per i cattolici, laici e non, la laicità è quindi intesa in senso diverso da quello inteso dai laici (in senso politico). Per approfondire questo tema si veda la voce Idea cristiana di laicità e rapporto con le altre fedi.

Poiché, inoltre, le querelle sulla laicità sorgono quasi esclusivamente su temi di etica, e non riguardo interventi delle varie confessioni religiose su questioni sociali, si vedano etica e secolarizzazione dell'etica.

[modifica] Note

  1. ^ Franco Cardini e Marina Montesano, Storia medievale, Firenze, Le Monnier Università, 2006. ISBN 8800204740, pag. 356-361.

[modifica] Voci correlate

[modifica] Collegamenti esterni


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