Publio Ovidio Nasone
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« Io non avrei il coraggio di difendere costumi disonesti e di impugnare armi ingannatrici in difesa delle mie colpe. Anzi, confesso, se confessare i peccati può in qualche modo giovare; ma ora, dopo la confessione, ricado come un insensato nelle mie colpe » | |
(Amores, Libro Secondo)
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Publio Ovidio Nasone, più semplicemente Ovidio - in latino Publius Ovidius Naso (Sulmona, 20 marzo 43 a.C. – Tomi, 18) è stato un poeta latino.
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[modifica] Biografia
Sulla vita di Ovidio si sa ben poco e le uniche testimonianze provengono proprio dal poeta stesso: scrive infatti un elegia di natura autobiografica (la quarta dei Tristia).
[modifica] La giovinezza e gli studi
Nato il 20 marzo del 43 a.C. a Sulmona da una famiglia facoltosa, appartenente alla classe equestre. A 12 anni si reca a Roma con il fratello Lucio, poi morto prematuramente, per completare gli studi. Frequenta le lezioni di grammatica e retorica dei più insigni maestri della capitale, in particolare Marco Arellio Fusco e Marco Porcio Latrone. Il padre lo vorrebbe oratore, ma Ovidio si sente già più portato per la poesia. Seneca il Vecchio ricorda che Ovidio declamava raramente, per lo più suasorie. Più tardi Ovidio si recò, com'era costume ormai da un secolo, in Atene, visitando durante il viaggio di ritorno le città dell'Asia minore; fu anche in Egitto e per un anno soggiornò in Sicilia.
[modifica] La carriera a Roma
Tornato a Roma, Ovidio intraprende la carriera pubblica, senza distinguersi per zelo o importanza di honores. È uno dei decemviri stilibus iudicandis e dei tresviri, i funzionari, forse, di polizia giudiziaria. Non aspira poi al Senato romano, pago della propria dignità equestre; contrariamente al fratello e contro la volontà di suo padre si dedica agli studi letterari. Inizialmente ha contatti con il circolo di Messalla Corvino, che lo stimola a dedicarsi alle lettere; più tardi invece entra nel circolo di Mecenate, conoscendo i più importanti poeti del tempo: Orazio, Properzio, Tibullo e, per poco tempo, Virgilio. Tale ambiente aiuta Ovidio, che in questi anni ritrova la serenità e l'incentivo necessario per esprimersi e produrre.
[modifica] L'amore
Ovidio si sposa per tre volte: ma se, nei primi due casi, divorzia presto, il terzo è invece il più significativo. Delle prime due mogli non si sa nulla, tranne che da una di loro nasce Perilla, a sua volta scrittrice colta. Il terzo matrimonio avviene con Fabia, fedele consorte nella gioia e nel dolore, della quale il poeta, nelle sue opere, conserva un ricordo commosso. Gli affetti familiari non impediscono però che Ovidio si dedichi alla vita romana del tempo, mondana e salottiera. Lo scrittore ne diventa uno dei protagonisti, oltre che il "poeta ufficiale"; comincia a scrivere le sue prime opere giovanili e, soltanto ventenne, il suo nome è già celebrato negli ambienti della mondanità. Ad aiutare il poeta contribuiscono la sua sensibilità, lo spirito aperto e la signorilità, che facilitano la sua presenza negli ambienti salottieri.
[modifica] La relegatio a Tomi
Nell'8 d.C., caduto in disgrazia presso Augusto, Ovidio viene relegato nella lontana Tomi, un piccolo centro sul mar Nero. Nei Tristia, scrisse:
(LA)
« Perdiderint cum me duo crimina, carmen et error
alterius facti culpa silenda mihi » |
(IT)
« Due crimini mi hanno perduto, un carme e un errore:
di questo debbo tacere quale è stata la colpa » |
(Tristia 2, 1, v.207 sg.)
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Il poeta dunque attribuisce l'esilio ad un carmen et error, ma tale vaga espressione ha favorito il proliferare di interpretazioni diverse, alcune probabili, altre più fantasiose, riguardo un possibile error:
- Ovidio avrebbe avuto illecite relazioni con l'imperatrice Livia Drusilla, cantata negli Amores con lo pseudonimo di Corinna;
- sarebbe stato sospettato di favoreggiamento e forse di correità nelle relazioni di Giulia iunior, nipote di Augusto e moglie di Lucio Emilio Paolo, col giovane patrizio Decimo Bruto Silano;
- avrebbe scoperto illeciti rapporti di Augusto a corte o avrebbe curiosato imprudentemente sulla condotta privata e sulle abitudini intime dell'imperatrice Livia;
- avrebbe assistito a qualcuno degli sfoghi di ira furioso, a cui era soggetto Augusto, specialmente dopo il disastro di Publio Quintilio Varo;
- avrebbe partecipato alla congiura di Agrippa Pòstumo, pretendente al trono, contro Tiberio, sostenuto dalla madre Livia, o avrebbe difeso Germanico contro Augusto.
Il termine carmen farebbe invece riferimento alle opere di Ovidio, in contrasto con i princìpi della restaurazione augustea (specialmente l'Ars amatoria). Alla base della condanna c'è sicuramente un fatto personale molto grave, tale da giustificare l'improvvisa decisione e da impedire il ritorno in patria del poeta, nonostante le suppliche sue e degli amici.
Ovidio infatti non fa più ritorno nella capitale e muore tra il 17 e il 18 d.C. (più probabilmente nel 18), dopo un decennio di relegazione in una terra selvaggia, a lui del tutto estranea.
[modifica] Opere
Ovidio scrisse un gran numero di opere, che possono essere facilmente divise in tre gruppi: le opere giovanili o amorose, le maggiori o della maturità e le opere dell'esilio. Altre opere sono andate pressoché perdute, mentre altre sono state erroneamente attribuite al poeta.
[modifica] Opere giovanili o amorose
- Amores, in tre libri: 50 carmi che narrano la storia d'amore per una donna chiamata Corinna (personaggio letterario), secondo lo stile e le convenzioni dell'elegia amorosa: il poeta è asservito alla domina, soffre per le sue infedeltà, è geloso degli altri ammiratori e contrappone la vita militare alla vita amorosa. Ma Ovidio non soffre drammaticamente come Catullo e mantiene sempre un certo distacco intellettuale: vede l'amore come un gioco e questa concezione amorosa si traduce e si esplica in un ribaltamento degli atteggiamenti e dei temi tradizionali (Ovidio giunge ad amare anche due donne contemporaneamente, chiede all'amata non di essergli fedele ma di nascondergli i tradimenti affinché lui possa fingere di non sapere).
- Medea: tragedia a noi non pervenuta, ma lodata dai contemporanei.
- Heroides: 21 lettere che Ovidio immagina scritte da donne famose ai loro amanti. Tre lettere, in particolare, hanno una risposta da parte dell'uomo amato. Si tratta di una tipologia completamente nuova per la letteratura latina: il filone erotico-mitologico viene per la prima volta svolto in forma epistolare (alcuni studiosi hanno trovato per questo analogie con le suasoriae, discorsi fittizi rivolti a personaggi mitici o storici per persuaderli o dissuaderli in determinate circostanze). Vi sono numerosi parallelismi con l'epica e con la tragedia (in particolare i monologhi delle eroine euripidee) e non mancano addirittura rivisitazioni e riscritture di alcuni miti (come nel caso della lettera di Fedra a Ippolito, nella quale la matrigna veste i panni di una scaltra seduttrice piuttosto che quelli di una donna disperata).
- Ars amatoria, in tre libri. Secondo il Marchesi, si tratta del "capolavoro della poesia erotica latina" in cui Ovidio si fa praeceptor amoris, un ruolo comunque svolto da quasi tutti i poeti elegiaci ma che, grazie a una sapiente mescolanza di generi (elegia, epica didascalica, precettistica tecnica), riesce ad acquisire un'importanza maggiore. Il primi due libri sono dedicati agli uomini e trattano, rispettivamente, la conquista della donna e le tecniche di seduzione, e come far durare l'amore. Il III libro si propone di dare preziosi consigli alle donne. L'opera rappresenta vivacemente il quadro sociale del tempo di Ovidio e dunque non stupisce il fatto che non sia stata apprezzata da Augusto stesso (probabilmente per il velato rifiuto dei modelli etici arcaici).
- Medicamina Faciei Feminae: operetta sui cosmetici delle donne. Di quest'opera ci sono pervenuti solo 100 versi: i primi 50 costituiscono il proemio, i successivi 50 propongono 5 ricette di creme da applicare sul viso.
- Remedia amoris: 400 distici elegiaci per resistere all'amore o liberarsene.
[modifica] Opere maggiori o della maturità
- Metamorfosi, in 15 libri di esametri.
Il capolavoro di Ovidio, ultimato poco prima dell'esilio, contiene più di 200 favole di trasformazioni, dal Caos all'apoteosi di Cesare e Augusto. Vi si trova tutta la storia mitica del mondo, ma riorganizzata da Ovidio in una serie di racconti continuati. Il criterio generale di compilazione segue l'ordine cronologico, ma molto spesso Ovidio introduce eventi anteriori al fatto narrato o posteriori, collega le storie in base a rapporti familiari, elabora i racconti secondo affinità o diversità. Insomma si tratta di un racconto mosso e articolato, talvolta al limite dell'artificio, che mostra l'abilità stupefacente del poeta di legare tra di loro storie che apparentemente non hanno un filo logico comune. L'unico principio unificatore è la metamorfosi. Tra gli strumenti adottati dal poeta vi è il racconto nel racconto, grazie al quale il poeta trasforma i personaggi "narrati" in personaggi "narranti" che raccontano vicende proprie o altrui.
- Fasti, in 6 libri.
Nelle intenzioni dell'autore avrebbe dovuto essere di 12 libri, ma Ovidio ne scrisse solo 6 a causa dell'esilio. Egli intendeva illustrare (secondo un procedimento simile a quello utilizzato negli Aitia di Callimaco) le feste religiose e le ricorrenze varie del calendario romano introdotto da Cesare. Si tratta di un'opera di carattere eziologico ed erudito, ispirata al gusto alessandrino; Ovidio narra aneddoti, favole, episodi della storia di Roma, impartisce nozioni di astronomia, spiega usanze e tradizioni popolari. Ma l'intento celebrativo rimane esteriore, non essendo sorretto né da un interesse storico-religioso, né dal senso patriottico della grandezza di Roma.
[modifica] Opere dell'esilio
- Tristia, in 5 libri di distici elegiaci ed Epistulae ex Ponto, in 4 libri.
Ovidio riprende qui un tratto tipico della poesia elegiaca, il lamento. Ne derivano un centinaio di componimenti, raggruppati in questi 9 libri. Le elegie dei Tristia sono senza destinatario, mentre quelle delle Epistulae sono indirizzate a vari personaggi romani (tra cui la terza moglie del poeta, rimasta a Roma) affinché potessero intercedere presso l'imperatore per porre fine all'esilio o, quanto meno, trasferire il poeta in una località più vicina a Roma. Ma si tratta di elegie monotone e ripetitive, in cui l'autocommiserazione la fa da padrona.
- Epistulae ex Ponto, lettere poetiche indirizzate a vari personaggi romani.
- Ibis, carme imprecatorio contro un anonimo avversario di Ovidio, prima suo amico e poi calunniatore.
- Halieutica, poemetto sulla pesca nel Ponto.
- Phaenomena, poema astronomico non giunto.
[modifica] Altre opere minori
Ovidio scrisse canti di vario genere, ai quali il poeta allude in particolare nelle Epistulae ex Ponto; sono:
- un carme in lingua getica, in onore di Augusto e della famiglia imperiale(De Caesare);
- un carme, sempre in lingua getica, in onore di Tiberio, vincitore degli Illiri;
- un elogio in morte di Messalla Corvino;
- un epitalamio per le nozze dell'amico Paolo Fabio Massimo.
[modifica] Opere erroneamente attribuite
Non sono di Ovidio, né il poemetto Nux di 182 versi (elegia in cui un noce si lamenta delle sassate che riceve ingiustamente dai passanti), né una Consolatio ad Liviam di 474 versi, carme consolatorio alla moglie di Augusto per la morte del figlio Druso, nel 9 a.C.. Qualche tardo manoscritto li attribuisce ad Ovidio, ma ragioni stilistiche e metriche, oltre che di contenuto, fanno pensare a qualche imitatore posteriore.
[modifica] Stile
La tendenza al galante e al piccante, ad un certo ateismo di maniera, e l'indifferenza alla vita politica gli derivano dalla gioventù dorata imperiale, della quale Ovidio era uno dei rappresentanti più onesti, e per la quale egli scriveva.
I rapporti dell'autore con le sue fonti, sono problema importante per il filologo; ma più che ai suoi predecessori, egli deve molto all'ambiente culturale che lo circondava.
La vitalità del poema è inesauribile, il medioevo lo considerò non inferiore a Virgilio e il XII secolo può essere considerato un rinascimento ovidiano: in Italia, Francia, Germania, egli fu il "chierico d'amore". Brunetto Latini scrive di lui: «e in un ricco manto - vidi Ovidio Maggiore - che gli atti de l'amore - rassembra e mette in versi».
Lo testimoniano anche gli Integumenta super Ovidii Metamorphoses, le traduzioni di Giovanni del Virgilio, di Bonsignori e di Simintendi e l'Ovide moralisé.
Ebbe notevole influenza su Gaucher, così come su tutta la poesia umanistica italiana e sullo stile dotto e sui carmi dei filologi franco-olandesi.
[modifica] Parola di Leopardi e di Carducci
- L'arte di Ovidio di mettere le cose sotto gli occhi non si chiama efficacia, ma pertinacia. - "Zibaldone", Giacomo Leopardi
- Non è difficile sentire come Ovidio cozza profuso come quasi sempre e sia dilavato tal volta, e potremmo anche additare i versi ove egli fallisce alle regole inventate di poi. Togliesi con ciò ad Ovidio di essere uno dei più copiosi scrittori romani? - Giosuè Carducci
[modifica] Curiosità
- Dante Alighieri nella Divina commedia colloca Ovidio nel Limbo (I cerchio infernale) tra gli "spiriti magni" (cioè spiriti magnanimi), essendo l'autore latino una personalità illustre, ma senza battesimo. Dante infatti in tutti i suoi scritti quando accenna alla mitologia antica si rifà sempre ad Ovidio.
- A Sulmona viene ogni anno organizzato dal Liceo Classico "Ovidio" della città il Certamen Ovidianum Sulmonense, gara internazionale di traduzione di brani estratti dalle opere ovidiane per licei ginnasi.
- SMPE, Sulmo mihi patria est. Acronimo tratto dai versi di un'opera ovidiana e diventato simbolo della città di Sulmona.
- Il 10 giugno1957 le poste italiane li hanno dedicato un francobollo per celebrare il bimillenario della nascita .
[modifica] Note
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[modifica] Collegamenti esterni
- The Latin Library: testo orig. di Amores, Ars Amatoria, Ex Ponto, Fasti, Heroides, Ibis, Metamorphoses, Remedia Amoris, Tristia.
- progettOvidio.it propone traduzioni integrali di alcune opere di Ovidio
- Opera Omnia di Publio Ovidio Nasone