Storia dello Zimbabwe
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La storia dello Zimbabwe ripercorre gli avvenimenti che hanno coinvolto le diverse popolazioni stabilitesi nel territorio dell' odierno Zimbabwe, quindi nella porzione di terra situata tra i fiumi Limpopo e Zambesi. Dominate per lungo tempo da genti di lingua bantu, le vicende storiche di questo stato sono nettamente mutate con la colonizzazione inglese, alla fine del XIX secolo. È stato uno degli ultimi paesi africani ad aver raggiunto l'indipendenza, arrivata nel 1980. La storia contemporanea è stata caratterizza da dinamismo economico e modernizzazione delle infrastrutture, processo gestito da Robert Mugabe, figura politica dominante, che guida lo Zimbabwe dalla sua indipendenza e ne è tuttora il presidente. Ma il paese stà attraversando adesso una crisi umanitaria ed economica senza precedenti, alla quale Mugabe ha cercato di far fronte con atteggiamenti sempre più autoritari, repressivi e dittatoriali.
Per gli avvenimenti storici precedenti il 1980 vedi la voce Storia della Rhodesia
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[modifica] Indipendenza
Le elezioni si tennero nel Marzo 1980 e lo ZANU di Robert Mugabe uscì vincitore ottenendo 53 degli 80 seggi riservati ai votanti neri, lo ZAPU di Joshua Nkomo ne ottenne ventiquattro e l'UANC di Abel Muzorewa solo tre. Parallelamente, Smith si assicurò il controllo della componente bianca. Lo ZANU ricorse a molte intimidazioni nel periodo subito prima le elezioni, e questo ha forse avuto un ruolo nella sua netta vittoria. L' indipendenza fu raggiunta il 18 aprile 1980, e come previsto venne internazionalmente riconosciuta, a differenza di quella rhodesiana. E, una volta per tutte, si chiamò solo e solamente Zimbabwe. L'epoca nuova fu caratterizzata anche dal cambio di nome che subirono alcuni importanti luoghi: la capitale Salisbury divenne Harare e la sua strada principale, la Jameson Avenue, venne rinominata in onore del presidente mozambicano Samora Machel. La nuova costituzione nominò un presidente che fosse solo un Capo di Stato senza poteri esecutivi, e un Primo Ministro che fosse Capo del Governo. Il primo presidente fu il reverendo Canaan Banana, il cui Primo Ministro fu Robert Mugabe. Nel 1987 le due cariche fu cancellata la carica di Primo Ministro e il Capo di Stato assunse i poteri esecutivi, facendo così divenire lo Zimbabwe una repubblica presidenziale: tale provvedimento fu reso ufficiale il primo Gennaio 1988. Da allora il presidente è sempre stato Mugabe, che ancora oggi guida il paese.
I primi due anni trascorsero pacificamente, ma in seguito si tornò alle armi, questa volta all' interno della maggioranza nera: col tempo infatti crebbe la tensione tra i MaShona e i MaTabele, rispettivamente rappresentati dallo ZANU e dallo ZAPU, che quindi entrarono in lotta, Mugabe e Nkomo si videro quindi l'uno contro l'altro. Nel 1983 Mugabe estromise dal governo Nkomo e l'anno dopo lo costrinse a lasciare il paese, ma il suo partito si rivoltò contro il Primo Ministro, poiché questi provvedimenti erano visti come una persecuzione verso lo ZAPU. Ne nacquero numerosi scontri che videro affrontarsi le due principali etnie del paese; ovviamente i maggiori ceppi pro-Nkomo erano situati nel Matabeleland, regione dell' etnia MaTabele, dove il Primo Ministro si occupò di fronteggiare i dissidenti, ma i conflitti, così come le persecuzioni ai danni di Nkomo, continuarono fino al 1987. Sempre nel 1983 uno dei principali fondatori dello ZANU, Ndabaningi Sithole, decise di rifugiarsi negli Stati Uniti per proteggersi dal pericoloso clima interno. In realtà il conflitto poté dirsi finito nel 1985, quando i due partiti si presentarono insieme, fusi in una sola formazione, alle elezioni del 2 Ottobre, raggiungendo una maggioranza elettorale più che rassicurante: vennero conquistati 67 seggi su 100. Il 22 Dicembre di due anni dopo fu siglato tra Mugabe e Nkomo un Accordo di Unità, col quale i due partiti si univano definitivamente nello ZANU PF .
Le ribellioni appena terminate erano state abbastanza crudeli, i morti totali furono tra i 10.000 e i 30.000, le stime non sono precise. La Quinta Brigata dello Zimbabwe aveva causato la maggior parte delle vittime: questo squadrone aveva l'incarico di scovare i sostenitori dello ZAPU PF, in particolare nelle regioni di Matabeleland e Midlands, con lo scopo di eliminarli. Tali omicidi politici cominciarono nel 1983 e l'intera operazione della Quinta Brigata è definita Gukurahundi. Il Primo Comandante di questa brigata fu il Colonnello Perence Shiri, attualmente a capo dell'Air Force of Zimbabwe: visto il suo peso nelle persecuzioni ai danni dello ZAPU PF e soprattutto per il suo importante ruolo nei fatti avvenuti durante la riforma agraria del 2000, ha ricevuto pesanti provvedimenti da parte dell' Unione Europea e degli Stati Uniti. Comunque, la pace poté dirsi raggiunta dopo che Mugabe ebbe concesso l'amnistia generale ai sostenitori MaTabele, il 18 Aprile 1988. La riconciliazione della componente nera ebbe una conferma nel gennaio 1992 con il ritorno in patria, dopo otto anni, di Sithole.
[modifica] Anni Novanta
Le elezioni tenutesi nel marzo 1990 confermarono la nettissima maggioranza dello ZANU PF, il quale riuscì addirittura a conquistare 117 seggi su 120. Tale trionfo è dovuto anche al buon lavoro svolto dalla leadership nera: Mugabe infatti si era proposto di migliorare le condizioni di vita della popolazione di colore, e se ne occupò dando impulso alla pubblica istruzione, che divenne la migliore del continente africano, e favorendo l'uguaglianza sociale. Questo portò ad un notevole numero di consensi, che si concretizzarono nel risultato elettorale. Nonostante la guerra scatenata negli Anni Ottanta l'economia era rimasta molto forte rispetto alla media africana. Ma anche riguardo le consultazioni di quell'anno ci sono molti dubbi, particolarmente consistenti, di trasparenza. La maggioranza ricorse ad una campagna non libera e che si potrebbe definire intimidatoria.
Inoltre Mugabe, non soddisfatto della presenza di opposizioni, cercò di creare uno stato socialista con un solo partito legale, ovviamente il suo. il progetto fu decisamente bocciato ma dimostrò le tendenze autocratiche e autoritarie del Presidente, che in questo modo manifestò abbastanza apertamente di voler concentrare i poteri nelle sue mani, in senso quanto mai non democratico. Il governo allora incominciò ad apportare delle modifiche alla costituzione. La magistratura e i difensori dei diritti umani criticarono i provvedimenti, emanati nell'Aprile 1991, che prevedevano tra l'altro la reintroduzione della pena capitale. Pochi anni dopo le condizioni sanitarie cominciarono a peggiorare a causa della diffusione del virus HIV: nel 1997 un quarto degli zimbabweani ne era affetto.
Durante gli anni Novanta furono frequenti le proteste contro il governo del Presidente, lo scontento andò diffondendosi. Nel 1990 gli studenti manifestarono contro le proposte di un aumento del controllo del governo sulle università, e le dimostrazioni continuarono nei due anni seguenti, portando a scontri con la polizia. Questa nel 1992 la polizia impedì ulteriori dimostrazioni antigovernative e nel 1994 vi fu un esteso malcontento in ambito industriale. Nel 1996 gli stipendi di impiegati statali, infermiere e medici generali scesero drammaticamente; i metodi duramente repressivi del Presidente portarono a violazioni di diritti sempre più numerose.
Il 9 dicembre 1997 un colpo di stato paralizzò il paese. Mugabe era terrorizzato dalle dimostrazioni degli ex militanti dello ZANLA, Zimbabwe African National Liberation Army, organizzazione che fu il cuore delle incursioni terroristiche degli ultimi anni Settanta contro Ian Smith. Il Presidente allora pagò loro generose paghe e larghe pensioni, ma questo impegno si rivelò oneroso finanziariamente. Il sempre più diffuso malcontento cominciò a mettere in crisi lo stato, crisi aggravata dalle risposte sempre peggiori date dal governo. Soprattutto negli anni seguenti, i cambiamenti sociali furono molti e profondi. Nel 1998 il Presidente intervenne nella guerra civile in atto nella Repubblica Democratrica del Congo, con il fine di proteggere gli investimenti fatti nel paese. Questo intervento portò alla sospensione degli aiuti economici allo Zimbabwe. Il denaro mancante per questa sospensione e per questa guerra determinò la recessione economica seguente.
Sebbene il Presidente sia stato confermato dopo tutte le tornate elettorali degli anni Novanta, il suo consenso è gradualmente diminuito e l'opposizione si è fatta sempre più organizzata, raggruppandosi nel 1999 in un unico partito, l'MDC, Movement for the Democratic Change. Da sempre aspramente contestatore del regime di Mugabe, questa espressione politica ha ottenuto l'appoggio degli attivisti per la democrazia e i diritti umani, il cui rispetto è diminuito con il costante aumentare degli atteggiamenti dittatoriali del Capo dello Stato. Il quale ha risposto in modo sempre più duro.
[modifica] Dal 2000 ad oggi
Dall'inizio del XXI secolo lo Zimbabwe vive una fase di recessione economica, collasso statale e sociale: lo stato stà affrontando una crisi umanitaria senza precedenti e una situazione di degrado generale di ogni struttura aministrativa, istituzionale ed economica. Nonostante i notevoli passi indietro fatti, ancora oggi lo Zimbabwe è uno dei paesi meno poveri dell'Africa e uno dei più dinamici finanziariamente.
Fin dalla nascita del MDC Mugabe ha cercato di liberarsi dell'opposizione, inizialmente inducendo il Parlamento, dominato dallo ZANU-PF, ad emananare leggi che la delegittimassero e la ostacolassero; ma in seguito la repressione divenne molto più dura. La polizia incominciò a disperdere con la forza le manifestazioni e i raduni del MDC, e la tensione politica divenne sempre più alta e pericolosa, favorita da un'economica in piena crisi e dagli atteggiamenti sempre più violenti dello stesso Mugabe. Ma l'origine della spaventosa emergenza attuale fonda le sue radici nella riforma agraria del 2000, il cui perno è stata l'espropriazione delle proprietà dei bianchi e la loro restituzione alla componente nera. In realtà queste restituzioni erano cominciate negli Anni Ottanta, anche se con molta lentezza: nei primi Anni Novanta subirono una netta accelerazione per poi arrivare al caos generale del 2000.
Da tempo Mugabe progettava di scacciare gli agricoltori bianchi, ma per fermarlo era stata avviata una trattativa triangolare tra il presidente, il governo inglese e i fattori bianchi. Questi negoziati saltarono e cominciò l'attuazione della riforma: gran parte delle proprietà bianche furono espropriate senza indennizzi, i proprietari sono stati espulsi o sono fuggiti all'estero, perlopiù verso Sudafrica, Regno Unito e Australia.
La popolazione bianca diminuì drasticamente: prima possedeva circa il 70% delle terre coltivabili. Molte di queste sono state affidate ad amici del presidente e a veterani di guerra, generalmente inesperti di agricoltura. Economicamente le conseguenze sono state disastrose: se prima il contesto economico era debole, da quel momento era diventato critico; da allora la crisi dello Zimbabwe non è più una questione economica o politica, ma umanitaria.
Prima lo Zimbabwe soddisfava il proprio fabbisogno alimentare interno, da allora in poi ha incominciato a dipendere dalle importazioni: le produzioni agricole sono crollate, il perché è facile. Gli agricoltori bianchi avevano una qualificazione notevole e le loro rendite terriere erano ottime: le produzioni consentivano un buon margine di esportazione. Una volta espulsi questi, l'agricoltura è entrata in profondissima crisi: nel settore primario regna il caos dopo questa riforma. Inoltre, le terre sono state prese con veri e propri assalti: i nuovi proprietari hanno preso con la forza le loro proprietà costellando la riforma di episodi di sangue. Non sono mancate le resistenze: 2.900 bianchi hanno deciso di non andarsene iniziando un durissimo braccio di ferro con il governo. Molti hanno lamentato la presa di terreni non toccati dalla sciagurata riforma, che Mugabe aveva sbandierato con tanta demagogia, ponendola al centro della campagna elettorale del 2002.
In queste elezioni Mugabe ha vinto contro Morgan Tsvangirai, leader del MDC, col 56% dei voti. Tali elezioni si sono svolte in un clima violentemente intimidatorio e sono state giudicate irregolari dagli osservaoti occidentali, ma pulite da quelli africani, Nigeria e Sudafrica. Queste elezioni hanno diffuso ulteriormente il malcontento all'interno del paese, dove il presidente ha tappato la bocca a molti mezzi di informazione, applicando molto recentemente anche restrizioni ad Internet. In ambito inernazionale lo Zimbabwe si è ritrovato sempre più isolato, ricevendo sanzioni dall'Unione Europea e dagli Stati Uniti. I rapporti con il Regno Unito sono diventati pessimi in seguito alla riforma agraria e alle elezioni del 2002. Come conseguenza, nel 2003 lo Zimbabwe è stato sospeso per un anno dal Commonwealth; in risposta, Mugabe ha annunciato nel Dicembre dello stesso anno l'uscita del paese dall'organizzazione.
Morgan Tsvangirai è soggetto a una vera e propria persecuzione: arrestato nell'Ottobre 2000 e nel Giugno 2003, l'11 Marzo 2007, durante un incontro di preghiera del partito, è stato arrestato e picchiato, e rilasciato qualche giorno dopo: ma le sedi del suo partito sono state assaltate dalla polizia. L'MDC è ormai l'unico punto di riferimento per le organizzazioni umanitarie, per cercare di avere aggiornamenti sulla violenza politica. La dispersione dell'incontro dell'11 Marzo 2007 ha avuto un bilancio pesantissimo: durante gli scontri la polizia ha ucciso a colpi d'arma da fuoco Gift Tandare, importante attivista del MDC, e il giorno dopo è morto Itai Manyeruke, un manifestante, in seguito al pestaggio subito dalle forze dell'ordine durante il loro intervento al raduno. Nhamo Musekiwa, guardia del corpo di Tsvangirai, è morto il 25 ottobre 2007 in seguito a complicazioni causate dal pestaggio che anch'egli aveva ricevuto l'11 marzo. Sempre in quel giorno erano stati arrestati decine di membri del MDC, oltre lo stesso Tsvangirai, tutti picchiati e torturati. Desmond Tutu ha affermato che si respira il clima dell'apartheid, del quale sono vittime questa volta i bianchi e gli oppositori.
Di recente Mugabe con uno scandalo ha messo fuori gioco l'arcivescovo cattolico di Bulawayo Pius Ncube. Ncube era da molto tempo il più coraggioso dissidente, aveva più volte accusato il presidente di assolutismo e tirannia, definendo la sua amministrazione un regime. Aveva chiesto al Regno Unito un intervento militare per deporre il demagogico dittatore, e le sue affermazioni erano state tanto temerarie da farlo definire l'arcivescovo anti-Mugabe. Il monsignore si è trovato coinvolto in un caso di adulterio, essendo stato accusato di aver intrattenuto una relazione con una donna sposata. L'accusa, che sarebbe provata da alcune foto di assai dubbia autenticità, è stata lanciata nell'Agosto 2007 e il presidente, che controlla i mass media, ha mosso una campagna di informazione che dimostrasse e lasciasse intendere in ogni modo la colpevolezza dell'arcivescovo. Questi ha presentato il 12 settembre le dimissioni, accettate da Benedetto XVI.
Tutti i vescovi dello Zimbabwe hanno sempre difeso Ncube dall'accusa e lo stesso prelato ha affermato la sua innocenza, accusando lo Stato di aver architettato tutto per denigrarlo e farlo tacere. La creazione di questo scandalo sarebbe stato un atto contro l'intera Chiesa cattolica dello Zimbabwe, i cui rapporti col governo si sono fatti sempre più tesi. Ncube ha inoltre aggiunto che non si sarebbe mai dimesso, ma che era stato opportuno farlo dopo il putiferio scatenato dai mezzi di informazione. Sui quali Mugabe ha stretto la morsa per il loro controllo. Intanto la situazione diventa sempre più tesa e Mugabe ha deciso di candidarsi anche alle prossime elezioni, che si terranno nel 2008. Sebbene il suo potere sembri agli sgoccioli, il vecchio presidente continua a reprimere i dissidenti e le violazioni dei diritti umani da lui commesse si fanno sempre più gravi.
Vista la crisi economica, politica e sociale, è indispensabile un cambiamento radicale nel futuro dello Zimbabwe, e questa attesa svolta diventa sempre più necessaria per risollevare le sorti dello stato.