Somewhere in Time
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Somewhere in Time | ||
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Artista | Iron Maiden | |
Tipo album | Studio | |
Pubblicazione | 11 ottobre 1986 | |
Durata | 40 min : 22 sec | |
Dischi | 1 | |
Tracce | 8 | |
Genere | Heavy metal | |
Etichetta | EMI Records | |
Produttore | Martin "Masa" Birch | |
Registrazione | Compass Point Studios, Nassau, Bahamas e Wisseloord Studios, Hilversum, Olanda, 1986 |
Iron Maiden - cronologia | ||
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Album precedente Powerslave (1984) |
Album successivo Seventh Son of a Seventh Son (1988) |
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Somewhere in Time è il sesto album degli Iron Maiden.
Indice |
[modifica] Il disco
L'album è caratterizzato dall'introduzione di nuove sonorità, che avvicinano gli Iron Maiden al rock progressivo e, contemporaneamente, li allontanano dalla fan base di metallari più puristi. Somewhere in Time fa largo uso di chitarre synth, che possono essere viste come un momento intermedio o di passaggio verso i sintetizzatori del successivo Seventh Son of a Seventh Son. A prescindere da considerazioni di mero gusto, il sound elettronico di Somewhere in Time fa da contraltare, sul piano musicale, ai temi fantascientifici della cover art e di alcuni dei brani. Dal punto di vista compositivo, l'album è dominato da Adrian Smith (che firma le canzoni più note, incluso il singolo Wasted Years) e da Steve Harris, che produce alcune delle suite più lunghe e articolate della storia del gruppo (come la celeberrima Heaven Can Wait, che diventerà uno dei brani più suonati dal vivo, ed Alexander the Great).
[modifica] La copertina
Eddie veste nuovamente i panni di un assassino (in una posa del tutto simile a quella dell'album Killers) e questa volta la scena è ambientata in una città del futuro dove, fra insegne luminose ed ologrammi, Derek Riggs ha inserito infiniti richiami a precedenti titoli della band: dal pub Aces High al ristorante Ancient Mariner, dagli hotel Dune e Long Beach Arena alla Phantom Opera House, dagli ologrammi delle piramidi all'insegna di Icarus che precipita. In linea generale tutta la copertina è un richiamo alle atmosfere del film Blade Runner.
[modifica] I brani
Caugh Somewhere in Time è l'opener ideale di tutto l'album perché introduce subito l'ascoltatore sia alle nuove sonorità della band sia alle tematica dei viaggi (in questo caso un viaggio nel tempo offerto dal diavolo come tentazione). Wasted Years è l'unica canzone dell'album in cui non sono state utilizzate le chitarre synth e racconta la nostalgia di casa provata dall'autore (Adrian Smith) durante i continui spostamenti effettuati durante il "World Slavery Tour". Heaven can wait,dall'inconfondibile coro ripetutamente cantato dal vivo con il pubblico, ci descrive un viaggio nell'aldilà in una esperienza post-mortem. The Loneliness of the Long Distance Runner è un capolavoro di ritmica con un Nicko McBrain che sprona gli altri e detta il tempo per tutta la canzone. Il testo descrive la fatica, la determinazione e lo sconforto di un maratoneta durante una gara. Strange in a Strange Land, pubblicata come secondo singolo, ci parla di un emigrante che giunge nel Nuovo Mondo e si perde, come tanti, fino a quando il suo corpo viene ritrovato cent'anni dopo. Deja-Vu è il brano più aggressivo dell'album mentre Alexander the Great (dedicata ad Alessandro Magno) è un'altra epica performance della band paragonabile a Rime of Ancient Mariner (anch'egli brano conclusivo) di Powerslave.
[modifica] Tracce
- Caught Somewhere in Time (Harris) - 7:22
- Wasted Years (Smith) - 5:06
- Sea of Madness (Smith) - 5:42
- Heaven Can Wait (Harris) - 7:24
- The Loneliness of the Long Distance Runner (Harris) - 6:31
- Stranger in a Strange Land (Smith) - 5:43
- Deja Vu (Murray/Harris) - 4:55
- Alexander the Great (Harris) - 8:35
[modifica] Formazione
- Bruce Dickinson – voce
- Dave Murray – chitarra, chitarra synth
- Adrian Smith – chitarra, chitarra synth, voce addizionale
- Steve Harris – basso, voce addizionale, basso synth
- Nicko McBrain – Batteria
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