San Gavino
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San Gavino, venerato come santo dalla Chiesa cattolica, fu probabilmente un soldato romano vissuto al tempo dell’imperatore Diocleziano, martirizzato per la fede cristiana nel 304 nella città di Porto Torres su ordine del preside di Sardegna e Corsica di nome Barbaro.
[modifica] San Gavino tra storia e leggenda
La vicenda del martire turritano, legata indissolubilmente a quella degli altri due santi ai quali è sempre accompagnato, Proto sacerdote e Gianuario diacono, è narrata in due Passio di epoca medievale.
La prima “passio”, risalente al XII secolo è inserita nel più ampio racconto “Leggenda di San Saturno”, nella quale si trovano i racconti dei martiri sardi. Scritta a Cagliari da un monaco vittorino, espone in modo sobrio ed essenziale la passione dei tre santi:
Ben diversa la seconda “Passio”, la cui redazione è collocata dagli studiosi alla metà dell’XIII secolo. A differenza della prima, in questo testo prevale la figura del soldato Gavino, e numerosi sono gli elementi tipici dell’agiografia medievale. Il racconto del martirio è distribuito in 9 letture, ma la passio vera e propria va dalla II all’VIII.
II ) Regnando, adunque, Diocleziano e Massimiano, imperatori romani, fu da loro emanato un editto in tutto il mondo, che se uno fosse stato trovato cristiano, qualora non avesse rinnegato la fede di Cristo venisse messo a morte. Ora avvenne che un certo uomo di nome Barbaro, ricevesse la potestà sopra la Corsica e la Sardegna. I pagani, nemici della fede cristiana, cominciarono a diffamare la religione di Proto e Gianuario, servi di Cristo; e andando fino in Corsica, davanti allo stesso Barbaro, dissero: "Abbiamo saputo che è uscito un ordine per autorità degli imperatori romani, che se qualcuno sia stato scoperto cristiano, venga costretto a sacrificare agli idoli oppure sia punito con la pena di morte. Ora ecco che nella città turritana, due uomini, sul monte chiamato Angellu, notte e giorno non cessano di predicare la fede di Gesù Cristo. Comanda perciò, che ora siano portati al tuo cospetto affinché o sacrifichino agli idoli o siano colpiti di spada, secondo il comando imperiale." Udito ciò, il preside spedì messi, presi fra i suoi ministri, ordinando che gli fossero portati Proto e Gianuario. Arrivati, i santi di Dio Proto e Gianuario stettero con ferma costanza e volto sereno al cospetto di Barbaro. I ministri dissero: "Ecco quelli che hai comandato venissero presentati al tuo cospetto." Voltosi a loro, Barbaro, con volto barbarico e bocca crudele, così cominciò a dire: "Di dove sono costoro, e che fede hanno, ossia in quale dio confidano, ché con tanta audace presunzione e volto sereno stanno qui presenti?" Rispondendo, i santi dissero: "Se ci interroghi della nostra genealogia, siamo nati in Sardegna, cresciuti nella città turritana, detta metropoli; se chiedi la nostra fede, siamo cristiani, abbiamo la fede nella Trinità e Unità Divina, e confessiamo l'Incarnazione e la gloria di Gesù Cristo, Figlio di Dio." Rispose loro il preside : "Ignorate che è uscito un editto degli imperatori romani, che i cristiani siano costretti a sacrificare agli idoli o uccisi a fil di spada?" Risposero i santi: "Conosciamo bene gli ordini degli imperatori, ma bisogna ubbidire a Dio più che agli uomini; a Lui solo serviamo, immolando ogni giorno a Dio eterno un sacrificio di lode, ritenendo il chiedere aiuto alle pietre una stupidissima insensatezza della mente. E ci meravigliamo come la vostra prudenza si abbassi a tanta stoltezza da credere agli dei fatti di pietra o legno, formati dalle vostre mani; e che offriate sacrifici ai demoni che abitano in essi."
- III ) Udendo la loro risposta, il preside si adirò, e ordinò che il beato Proto, sacerdote, fosse subito mandato in esilio. Fu, dunque, deportato, solo, nell'isola denominata Cornicularia, e ivi fu tenuto in carcere. Invece fece rimanere con se il beato Gianuario per fargli mutare idea con qualche piacere e ingannevole persuasione. Ma il fortissimo soldato di Cristo, come non aveva temuto i tormenti, così disprezzò le sue lusinghe, e in nessun modo poté essere ritratto dalla fede di Cristo. Preso consiglio di andare in Sardegna, l’infelice Barbaro ordinò di preparare la nave; e messosi in nave, arrivò al porto turritano e discese nella città, riconducendo con se il beato Gianuario. Intanto il beato Proto, custodito nell’isola, giorno e notte glorificava Dio con salmi, inni e cantici spirituali, pregando il Signore Gesù che si degnasse governare e santificare la sua chiesa e convertire tutte le nazioni del mondo al culto della sua fede, desiderando di rivedere il beato Gianuario e con lui ricevere la corona del martirio. Dopo queste cose, il preside, mandati i suoi ministri all’isola Cornicularia, ordinò che riportassero san Proto alla città.
- IV) Un certo giorno, il preside, sedendo in tribunale disse agli astanti: “Impegnato per ufficio in affari governativi, non potrei occuparmi a fondo di quei cristiani in Corsica. Ora è tempo che me ne occupi qui nella loro patria. Fateli venire al mio cospetto.” E furono condotti alla sua presenza Proto e Gianuario. Allora il preside disse a Proto: ”Provato dall’afflizione del tuo esilio, almeno ora riconosci che gli imperatori romani sono invittissimi, e impara ad obbedire alla loro volontà. Perciò ti do un buon consiglio: avvicinati e sacrifica agli dèi con grande onore.” Allora il beato Proto, pieno di Spirito Santo disse: “Noi sempre ti amiamo di vero cuore, pensiamo di toglierti dall’errore della tua cecità e desideriamo di convertirti alla vera fede del Redentore del mondo se vorrai prestare ascolto ad un sincero consiglio. Altrimenti tieni per certo che non potrai mutare dal suo stato la nostra fede fondata sopra la ferma pietra, così che abbandonando Dio vivo e vero, tu ci costringa a sacrificare alle tue pietre e ai demoni. Poiché di quegli idoli è scritto a vostra vergogna: diventino come loro quelli che li fanno e tutti quelli che confidano in essi. Invece il nostro Redentore dice il medesimo profeta: e lo adoreranno tutti i re, tutte le genti lo serviranno. E quasi spiegandone il motivo aggiunge: perché ha liberato dal diavolo il povero e il misero che non aveva soccorso. Egli, per farci partecipi della sua divinità alla fine dei secoli, nacque, vero uomo, da una vergine, e volontariamente patì per la nostra salvezza, sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto, spogliò l’inferno, e risorgendo il terzo giorno apparve ai discepoli, mostrando la sua immortalità, salì al cielo, e sedendo alla destra del Padre, dispose le sorti di tutto il mondo, e ritornerà nel giorno del giudizio a giudicare i vivi e i morti e rendere a ciascuno secondo le sue opere: ai suoi santi darà i premi della vita eterna, al diavolo e ai suoi seguaci l’incendio del fuoco eterno.” Il preside, non sapendo cosa rispondere a queste ragioni, comandò che fosse tolto via dal suo cospetto; e chiamato vicino a sé Gianuario, e abbracciandolo dolcemente, lo fece sedere vicino ai suoi piedi e cominciò a parlargli con voce sommessa: “O amatissimo giovane, perché perdi la bellezza della tua persona e il fiore della tua dolcissima giovinezza? Credi a me, sacrifica agli dei; da’ retta ai nostri consigli, e starai con grande onore fra i primi del suo palazzo. Che se proprio non vorrai darmi ascolto, vi farò morire ambedue con diverse pene e tormenti.” Gli rispose Gianuario: “Non faccio alcun conto dei tuoi tormenti perché aspetto la corona promessa dal mio Redentore. Ma poiché vedo che la tua mente resta nel fiele dell’amarezza e nel consiglio diabolico, fa quello che vuoi.” Allora Barbaro acceso d’ira, comandò che fossero sospesi sull’eculeo e scarnificati con unghie di ferro, affinché, ravveduti per il dolore, offrissero sacrifici agli idoli.
- V) Barbaro, vedendo che le loro menti erano del tutto irremovibili, e fra gli stessi tormenti esultavano di gioia, comandò di deporli e dar loro tempo. Li consegnò ad un certo soldato di nome Gavino perché li custodisse in una rigorosa prigione. Mentre Gavino li conduceva in carcere, i santi martiri salmeggiavano dicendo: “Eleviamo i nostri occhi ai monti, da dove ci viene l’aiuto; il nostro aiuto viene dal Signore che ha fatto il cielo e la terra.” Mentre essi salmeggiavano, Gavino ascoltava la loro salmodia con orecchi attenti. Nell’avvicinarsi al carcere, Gavino, pervaso dallo Spirito Santo, chiese con lacrime: “Vi prego, santi di Dio, per il Signore Dio vostro, che mi mostriate chi è quel vostro Dio, che voi dite autore del cielo e della terra, e quale ricompensa vi attendete di ricevere da lui per i tanti tormenti che patite.” E i santi di Dio risposero di gran cuore: “O glorioso soldato, perché interroghi noi su di Lui? La sua potenza, grandezza e gloria nessun uomo né angelo potrà mai narrarla a sufficienza. Egli è onnipotentissimo e invisibile; è creatore di tutte le cose che sono in cielo e in terra, ed è giusto. È per amore di lui che noi patiamo questi tormenti.” Udendo queste cose, Gavino comandò di sciogliere i santi, e permise loro di andarsene liberi, scongiurandoli che pregassero per lui il Signore perché nella vita eterna meritasse di aver parte con loro. Frattanto i Santi di Dio si ritirarono in luoghi nascosti per pregare ogni giorno il Signore che dirigesse il loro corso alla salvezza e alla gloria eterna. E Gavino, lieto, rivolto con la mente a Dio, desiderava di arrivare alla corona del martirio.
- VI) Il giorno seguente, di buon mattino, il preside si assise in tribunale e comandò che fossero portati al suo cospetto. I soldati andarono e annunziarono a Gavino di portare al preside gli uomini che aveva ricevuto in custodia. Alzatosi, il beato Gavino si avviò prontamente, e con coraggio disse: “Andiamo, e risponderò io per essi al preside.” Arrivato al pretorio, si presentò al preside. Il preside gli disse: “Perché non hai fatto venire con te quegli uomini malvagi e perversi che ti ho dato in custodia?” Rispondendo Gavino con volto fermo disse: “O preside, per la salute della tua vita, non li chiamare malvagi, perché se tu li conoscessi, li diresti giusti e santissimi. Infatti sono servi del Dio onnipotente che ha fatto il cielo e la terra, perciò non li ho potuti tenere. E anche io stesso confesso, adoro, benedico e glorifico lo stesso Dio; e per suo amore, se occorresse, mi sento disposto a morire. Non so quale ragione tu abbia che, per adorare idoli muti e vani, ti dia da fare per allontanare dal culto del vero Dio i suoi servi. Quando mai uno che conosce Dio diventa così insipiente da disprezzare il creatore e adorare l’opera che lui ha fatto? Poiché di essi sta scritto: hanno orecchie e non odono, narici e non odorano, non parlano con la bocca. E dei loro adoratori è detto: Siano confusi tutti quelli che adorano le sculture, e quelli che si gloriano dei propri simulacri. Perciò anche tu incorrerai nell’eterno incendio con gli stessi demoni.” Allora il preside, acceso di furore e d’ira come un lupo rapace, stridendo i denti contro il santo, comandò ai carnefici di arrestarlo, dicendo: “Toglietemi davanti costui; ha perso la ragione, è fuori di senno, disprezzando in giudizio gli ordini degli invittissimi principi; si abbia la morte che ha scelto seguendo colui che i giudei crocifissero e condannarono a morte turpissima. Ma perché i cristiani non vengano e lo venerino per santo, andate e decollatelo presso il lido del mare affinché né il suo corpo, ne la sua testa si possano più trovare, e gettatelo giù dalla rupe.” I soldati lo afferrarono, e con somma cautela e fretta corsero ad eseguire gli ordini del preside, compiendo il martirio del santo di Dio, a lode e gloria del Signore nostro Gesù Cristo, e a manifestazione dei prodigi e cose mirabili che l’onnipotente Dio si degna di mostrare fino al giorno d’oggi, affinché i fedeli vedano, intendano e magnifichino Dio che è glorificato nel Consilio dei santi, grande e magnifico sopra tutti quelli che gli sono intorno.
- VII) Mentre il beato Gavino veniva condotto al martirio, gli andò incontro una certa donna, devotissima, che fedelmente serviva Dio, nella cui famiglia il beato Gavino era stato frequentemente ospitato. Il suo marito era in campagna. Essa, vedendo il beato Gavino, pianse amaramente, e mossa a compassione, si avvicinò a lui e gli porse il fazzoletto che teneva in testa, dicendogli: “Gavino, fedelissimo servo di Dio, ti prego di prendere questo fazzoletto per velarti gli occhi al momento della tua decollazione.” Presolo, Gavino, si avviò al luogo del supplizio. Ma i soldati deridevano la donna, stimando che avesse spontaneamente perduto il fazzoletto. Il glorioso martire di Dio, piegate le ginocchia, fece questa preghiera al Signore, dicendo: “Ti ringrazio, clementissimo Dio, che ti sei degnato di mettermi nel numero dei tuoi fedeli, non per i miei meriti, ma per la tua sola misericordia; tu non vuoi la morte del peccatore, ma che si converta e viva. Benedico e glorifico te che per mezzo dei tuoi santi Proto e Gianuario hai fatto venire alla tua conoscenza me, misero peccatore, e mi hai fatto militare per te. Ti prego, clementissimo, di volgere lo sguardo sopra il popolo di questa terra e degnarti di radunarlo nel seno della madre chiesa, affinché conoscano te e il figlio tuo Gesù Cristo che hai mandato con lo Spirito Santo, e glorifichino il tuo nome perfetto e glorioso nei secoli dei secoli. Amen.” Essendosi poi alzato dall’orazione, si pose il fazzoletto agli occhi, e, inclinata la testa, disse: “Nelle tue mani, Signore, raccomando il mio spirito.” E ricevuto il colpo di spada, attraverso la gloria del martirio, così passò al Signore. Ma l’onnipotente Dio, mirabile nei suoi santi, volle mostrare per suo mezzo grandi meraviglie, lui che opera tutto in tutti, magnifico e glorioso. Infatti, dopo, esso andò visibilmente alla spelonca dov’erano nascosti i santi di Dio Proto e Gianuario. Lontano dal luogo dove fu decollato, circa uno stadio, lo incontrò il marito della predetta donna, di nome Calpurnio, le cui bestie, affaticate dal peso, giacevano a terra e non riuscivano ad andare avanti. Avvicinatosi Gavino, lo salutò e lo aiutò a sollevare da terra gli animali, e gli rese il fazzoletto che gli aveva dato la moglie dicendo: “ Infinite grazie alla vostra moglie per il suo beneficio; e Dio renda a voi una degna mercede.” Ritornato Calpurnio a casa sua, trovò sua moglie che piangeva dirottamente. Meravigliato Calpurnio di quella tristezza, le domandò il motivo. Essa rispose: “Barbaro ha fatto uccidere Gavino, padrone della nostra casa.” Le rispose lui: “Stai zitta donna, e smetti di piangere perché quello che tu dici non è vero, e lo capirai meglio: l’ho incontrato adesso vivo per la via, e mi ha incaricato di renderti questo fazzoletto con molte grazie.” Preso il fazzoletto la donna lo spiegò tutto, e trovò in esso gocce di sangue, lasciatevi dall’uccisione del martire. Il suo marito credette che ciò era vero. E piegate le ginocchia, glorificarono Dio onnipotente che, solo, aveva fatto cose mirabili.
- VIII) Quanto poi al beato Gavino, lasciato Calpurnio, si recò subito alla spelonca dov’erano i santi, luogo che è denominato “suburbano”, distante quattro miglia dalla città turritana. Gavino esclamò a gran voce: “O sacerdoti di Cristo, e fortissimi principi del mio martirio, perché differite tanto la vostra corona dell’eterna gloria? Tornate in città e affrettatevi a ricevere la gloria della vittoria che ci ha preparato il Signore. Ecco io sono Gavino, fratello e consorte della vostra gloria; e vi aspetto perché vi ho preceduto nel martirio.” Allora i santi di Dio, udendo che Gavino era martire, e sentendo che Dio li chiamava, invitandoli alla corona per mezzo suo, lasciata la spelonca, uscirono e salmeggiando con grande gioia tornarono in città. Venne allora annunziato al preside che i santi, lasciati liberi da Gavino, erano presenti. Ciò udito, il preside si rallegrò e messosi in tribunale ordinò che glieli portassero. Appena li vide disse: “Dove siete stati finora?” Risposero: “Dacci Gavino per nostro assistente e lui ti dirà dove siamo stati” Disse il preside: “Gavino, divenuto mago e disprezzatore degli ordini dei principi, l’ho mandato al vostro Cristo, dove fra poco, manderò anche voi.” Allora i santi esclamarono insieme prontamente: “Gloria a te nostro Dio che ci vuoi insieme con te!" E abbracciandosi vicendevolmente dissero ad alta voce: “andiamo e seguiamolo.” Sentendo ciò, il preside pronunziò la sentenza contro di loro: “Togliete questi pazzi di qui, e decollateli nello stesso luogo dove li ha preceduti Gavino; e, uccisi, trovino quel Cristo che sempre amarono.” Detto ciò, adirato, si alzò dalla sedia. Intanto i santi, andando al luogo del martirio, salmeggiavano per via dicendo: “Beato l’uomo di integra condotta, che cammina nella legge del Signore.” Durante il percorso, Proto disse ai soldati: “Conduceteci nel luogo stesso dove Gavino ci ha preceduto.” Finiti i salmi, arrivarono al luogo dove egli era stato decollato. Stando in piedi, il beato Proto fece orazione al Signore e quando Gianuario ebbe risposto “Amen”, con volto lieto si baciarono, e furono percossi con la spada. Poi di notte, vennero uomini pii, presero i venerabili corpi dei santi e, cospargendoli di aromi, li seppellirono in luogo adatto, dove avvennero molte cose meravigliose a lode e gloria del nostro Signore Gesù Cristo. Infatti nel medesimo luogo fuggono i demoni, e tutte le persone che vi accorrono ricevono subito il beneficio della guarigione da qualsiasi infermità che abbiano. Il beato Gavino fu decollato il 25 ottobre, imperando Diocleziano e Massimiano, empissimi imperatori, e regnando il nostro Signore Gesù Cristo sopra i suoi fedeli, cui va l’onore e la gloria, la forza e l’impero ora e sempre, per gli infiniti secoli dei secoli. Amen.”
Fin qui il racconto leggendario dei martiri turritani.
[modifica] Il culto del santo
L'effettiva storicità di questa figura è oggetto di numerose discussioni, tuttavia quello che è certo è che il suo culto è profondamente radicato in tutta la Sardegna, tanto che al nome di Gavino sono state intitolate numerosissime chiese e un monastero (intitolato ai sanctorum Gavini atque Luzurii) citato già da papa Gregorio Magno nel 599.
La grande basilica romanica di Porto Torres a tre navate e due absidi, sorta intorno all’XI secolo su di un’area cimiteriale paleocristiana, è uno dei più notevoli monumenti dell’isola. Nella sua cripta sono conservate le reliquie dei martiri turritani, rinvenute nel 1614.
San Gavino è festeggiato solennemente a Porto Torres il lunedì dopo Pentecoste (la Festha Manna, la festa grande), mentre il 25 ottobre se ne celebra la sola festa liturgica.
San Gavino si festeggia anche a San Gavino Monreale da cui prende il nome la città.
San Gavino è il patrono di Gavoi e di Oniferi in provincia di Nuoro e si festeggia il 25 ottobre
San Gavino è anche il patrono del comune di Camposano, in provincia di Napoli
Il Martirologio Romano invece riporta come data commemorativa di San Gavino il 30 maggio.