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Monumento alla Vittoria - Wikipedia

Monumento alla Vittoria

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Il Monumento alla Vittoria di Bolzano è un'opera dell'architettura fascista in Alto Adige. Il progetto è di Marcello Piacentini. Si trova in piazza della Vittoria, a pochi passi dal ponte sul torrente Talvera, nel punto di convergenza delle valli che sfociano nella conca di Bolzano.

Indice

[modifica] La costruzione e l'inaugurazione

Dopo l'annessione all'Italia delle terre tirolesi fino al Brennero e la presa di potere da parte di Mussolini, il regime aveva iniziato a spostare e abbattere monumenti austriaci in tutte le nuove province, sostituendoli.

La decisione di costruire un monumento "fascista" a Bolzano fu presa dalla Camera dei deputati il 10 febbraio 1926, lo stesso giorno in cui Mussolini nella stessa aula aveva duramente attaccato il ministro degli esteri tedesco Gustav Stresemann, che aveva criticato la politica italiana nei confronti della minoranza germanofona.

L'idea di Mussolini è quella di erigere un monumento dedicato a Cesare Battisti. L'idea riscontrò grandi consensi nelle organizzazioni fasciste in Italia e all'estero; le federazioni provinciali indissero una sottoscrizione, cui aderirono anche associazioni di italiani all'estero ed in breve tempo si raggiunsero i 3 milioni di lire. Il marmo necessario fu offerto dagli industriali lucchesi.

Il 17 marzo si riunì la commissione che doveva approvare il progetto. I componenti erano stati nominati da Mussolini in persona: fra gli altri ne facevano parte Ettore Tolomei, il segretario di stato Giacomo Suardo, il ministro della pubblica istruzione Pietro Fedele.

In primo luogo si accolse la proposta di Tolomei di far sorgere il monumento al ponte sul Talvera, dove prima della prima guerra mondiale l'amministrazione austriaca aveva cominciato, senza portarla a termine, la costruzione di un monumento ai Kaiserjäger.

Il progetto fu affidato a Marcello Piacentini, che a giugno lo presentò. È un tempio - arco, le cui colonne hanno la forma di fasci littori.

La posa della simbolica prima pietra ebbe luogo il 12 luglio 1926, alla presenza di Vittorio Emanuele III, dei Marescialli d'Italia Luigi Cadorna e Pietro Badoglio e di alcuni ministri. Si tratta in realtà di tre pietre (una dal Monte Corno, una dal Monte San Michele, una dal Monte Grappa), unite da una calce ottenuta con l'acqua del Piave, versata dal re.

Il prefetto subisce pressioni perché l'opera venga finita al più presto, e nel dicembre del 1927 Piacentini comunica la fine vicina dei lavori. Il ministro Fedele detta l'iscrizione che ancora oggi si può leggere:

« HIC PATRIAE FINES SISTE SIGNA
HINC CETEROS EXCOLVIMVS LINGVA LEGIBVS ARTIBVS »
« Qui (sono) i confini della Patria. Pianta le insegne!
Da qui educammo gli altri con la lingua con le leggi con le arti »

L'inaugurazione è prevista per il 12 luglio 1928, ma nasce un problema: la ferma opposizione della moglie e della figlia di Battisti all'utilizzo a fini propagandistici della figura dell'irredentista trentino da parte del regime. Mussolini in persona decide di cambiare, e di dedicare il monumento alla Vittoria. All'interno del tempio-arco rimane però il busto di Battisti, insieme a quelli di Fabio Filzi e Damiano Chiesa, tre opere dello scultore Adolfo Wildt.

Alla fine la data dell'inaugurazione viene confermata, ma la Battisti non ci sarà. Ci sarà invece una grande cerimonia in perfetto stile fascista. Furono precettate 23 bande di paese da tutto l'Alto Adige, si schierarono le truppe di stanza in città, furono imbandierate le finestre. C'erano i Grandi Invalidi, Ufficiali della MVSN, dei Forestali, delle guardie confinarie.

Stando alle cronache del giornale locale, La Provincia di Bolzano, dei giorni successivi[1], il convoglio reale arrivò alle 8.30, annunciato dai colpi di un cannone sulla strada del Colle. Con Vittorio Emanuele III, arrivarono il Duca d'Aosta, il Duca degli Abruzzi, Costanzo Ciano, Italo Balbo, Giovanni Giuriati. Quest'ultimo tenne il lungo discorso di inaugurazione, che seguì alla breve cerimonia religiosa di benedizione officiata dall'arcivescovo di Trento (della cui diocesi Bolzano faceva allora parte) Celestino Endrici, discorso intriso di retorica fascista e disprezzo per la popolazione, da più di un millennio, di lingua tedesca.[citazione necessaria]

Il nome del monumento e l'iscrizione vengono sentiti dalla popolazione di lingua tedesca come provocazione, visto che avevano sia lingua, arte che cultura propria già prima dell'annessione. Al contrario la rata di analfabetismo nel 1900 in Italia era altissima, con il 55% della popolazione che non era in grado di leggere e scrivere, mentre in Tirolo raggiungeva soltanto il 7.1%. Il 22 febbraio 2005 sono state inaugurate dai rappresentanti del comune di Bolzano che ricordano alle sofferenze causate e ai crimini commessi dal fascismo.

[modifica] Note

  1. ^ La Provincia di Bolzano, n. 165 e 166 del 1928

[modifica] Voci correlate

[modifica] Bibliografia

  • (DE) Gerhard Mumelter, Das Siegesdenkmal, in Südtiroler Volkszeitung n. 25, 1979
  • (IT) Pier Luigi Siena, Il monumento nazionale alla Vittoria, in Il Cristallo n. 1, 1979
  • (DE) Alfons Gruber, Bozen unter den Liktorenbündel, in Bozen Stadt im Umbruch, Südtiroler Kulturinstitut, 1973
  • (IT) Ugo Soragni, Il Monumento alla vittoria di Bolzano. Architettura e scultura per la città italiana (1926-1938), Neri Pozza, 1993, ISBN 88-7305-412-9
  • (IT) Carlo Romeo, Alto Adige XX Secolo. Cent'anni e più in parole e immagini, Edition Raetia, 2004 ISBN 8872831970
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