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Maroboduo - Wikipedia

Maroboduo

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Maroboduo (Marbod, in latino Maroboduus; 35 a.C. circa – Ravenna36-37) fu un principe e condottiero della popolazione dei Marcomanni.

Indice

[modifica] Biografia

[modifica] L'ascesa al trono e la ricerca di nuovi territori, in Boemia

Di nobili natali, di grande robustezza fisica, coraggioso, barbaro di nascita ma non di intelligenza. Dopo aver concepito il disegno di ottenere un comando duraturo ed un potere regale presso il popolo dei Marcomanni, decise di allontanare il suo popolo dalla regione del fiume Meno fino alla regione racchiusa dalle montagne della Selva Ercinia, in Boemia, a nord del Danubio e ad est del Reno (attorno al 9-6 a.C.).

Egli cercava un luogo ben protetto, che potesse rendere il suo regno ancor più potente. La località così individuata era una regione di fertili pianure, racchiusa da una catena di monti scosesi e ricchi di foreste, quindi facilmente difendibile, ma occupata da un altro grande popolo: quello dei Boi, di chiara origine celtica. Maroboduo li affrontò in battaglia, ed una volta battuti, non disdegnando il loro livello tecnico/culturale più evoluto, costituì un regno insieme a questo nobile popolo.

Negli anni successvi domò con la guerra o ridusse in suo potere tramite trattati, tutti i popoli confinanti, ed organizzò il suo regno in una confederazione di numerose tribù germaniche (tra cui Quadi e Naristi) e celtiche, accrescendone notevolmente il prestigio e la forza militare, in opposizione e minaccia all'espansionismo romano. I Marcomanni di fatto avevano, così, costituito una lega di tribù, che dall'attuale Slesia, comprendeva Sassonia, Boemia e Moravia, certamente scomoda per l'Impero romano, come in passato lo era stato il re dei Daci, Burebista.

[modifica] Lo scontro con l'Impero romano

« In breve Maroboduo condusse ad altissimo prestigio le sue forze militari che difendevano il suo regno, tanto da essere temibile anche al nostro impero, e le abituò, con continui esercizi, ad un tipo di disciplina quasi simile a quella romana. Nei confronti dei Romani egli si comportava in modo da non provocarci a battaglia, ma da mostrare che non gli sarebbe mancata né la forza né la volontà di resistere, qualora fosse stato da noi attaccato... In tutto si comportava come un rivale, pur cercando di non darlo a vedere, esercitando con guerre continue contro i popoli limitrofi, il suo esercito composto da 70.000 fanti e 4.000 cavalieri... (Velleio Patercolo, Storia di Roma, II, 109). »

Augusto non poteva permettere che un regno, divenuto così potente e vasto, potesse essere tanto vicino ai confini dell'impero romano, tantopiù che i piani strategici generali prevedevano di spostare i confini europei imperiali più ad est, portandoli dal fiume Reno al fiume Elba, ed inglobandone, pertanto, anche la Boemia.

Il progetto era complesso e richiese numerosi anni di spedizioni militari a partire dalle campagne di Druso del 12-9 a.C., di Lucio Domizio Enobarbo del 3-1 a.C., di Marco Vinicio dell'1-3, e per finire di Tiberio del 4-5. Era ora arrivato il momento di inglobare anche il regno di Maroboduo, e come ci racconta Velleio Patercolo (II, 108-109):

« In Germania non c'erano ormai più nemici da vincere, tranne il popolo dei Marcomanni... »

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Le campagne di Tiberio e Saturnino in Germania nel 4-6 d.C.
Le campagne di Tiberio e Saturnino in Germania nel 4-6 d.C.

Così nel 6, Tiberio decideva di attaccare da più parti Maroboduo ed il suo regno, in un piano strategico che coinvolgesse non meno di 8-9 legioni:

Tiberio stava ormai avanzando oltre il Danubio, il suo esercito non era lontano più di 5 giorni di marcia dai primi avamposti nemici e le legioni guidate da Saturnino si trovavano ad una distanza pressoché uguale dal nemico marcomanno, ed entro qualche giorno si sarebbero ricongiunte con Tiberio, quando tutta la Pannonia, si levò in armi, dopo aver indotto a farlo anche tutti i popoli della vicina Dalmazia.

Tiberio era così costretto, per non lasciare indifesa l'Italia di fronte al nemico pannonico e dalmata, a concludere un trattato di pace con Maroboduo ed a far ritorno nell'Illirico per sedare la rivolta, durata 3 anni.

[modifica] Alleato di Roma

Arminio, capo dei Cherusci, dopo aver massacrato un'armata romana di 3 legioni e relative truppe ausiliarie nella selva di Teutoburgo (nel 9), provò a convincere Maroboduo a far causa comune, per invadere l'impero romano (Arminio dal Reno, Maroboduo dal Danubio), inviandogli la testa del generale trucidato, Publio Quintilio Varo. L'invasione su due fronti, avrebbe certamente creato dei seri problemi anche ad un esercito così ben addestrato come quello romano, di fronte ad una moltitudine di genti germaniche tanto numerose. Maroboduo non acettò l'invito di Arminio, suscitandone in seguito la sua collera, ma preferì, al contrario, mantenere fede ai patti stipulati con Tiberio, pochi anni prima. Decideva, pertanto, di inviare la testa del generale, Varo, ad Augusto perché ne avesse degna sepoltura.

Maroboduo, avrà certamente valutato, quale reazione spropositata avrebbe potuto avere un impero tanto vasto e potente come quello romano. Roma, in passato, quando era stata "colpita al cuore", nel corso della guerre contro Annibale, pur avendone subito numerosi rovesci militari, era riuscita a distruggere completamente la potente Cartagine. E così era successo anche per altri popoli come quello dei potenti Celti, sottomessi da Caio Giulio Cesare, o di Macedonia o della grandiosa civiltà dei Greci, ecc.. Maroboduo sapeva che Roma prima o poi, in caso di pericolo per la sua stessa sopravvivenza, avrebbe distrutto il suo regno, inglobandone i territori. Meglio, quindi, rimanerne fedele ed alleato. Questo avrebbe permesso a Maroboduo di regnare per altri anni. E così successe, perché Arminio fu attaccato nel corso di tre campagne dal 14 al 16, mentre Maroboduo poté mantenere il suo regno in pace, fino a quando Arminio per vendetta, decise di costituire una coalizione contro il suo regno.

[modifica] La fine del suo regno e l'esilio

Nel 18 Arminio, dopo aver raggruppato sotto il suo comando numerose tribù germaniche (come Longobardi, Semnoni, ed alcune suebiche del regno di Maroboduo), mosse guerra ai Marcomanni. Ed Arminio avrebbe prevalso, se suo zio, un certo Inguiomero, non lo avesse abbandonato con numerosi armati, per schierarsi dalla parte del re marcomanno.

Si arrivò ad uno scontro frontale tra le due fazioni (era il 18 o 19), dove le due schiere disposte in modo ordinato, contrariamente alle antiche tradizioni germaniche, ora abituati a seguire gli ordini dei loro comandanti, dopo tanti anni di guerre condotte contro i Romani, ed in alcuni casi, dopo aver militato tra le file delle truppe ausiliarie romane.

« Tacito racconta (Annales, II, 46) che In nessun altro luogo mai avvenne scontro tra forze di maggior mole, né più incerto fu l'esito. Da entrambe le parti, sbaragliata l'ala destra, la battaglia si sarebbe forse ricombattuta se Maroboduo non avesse posto l'accampamento in alto sui colli. Questo fu il segnale della sua disgrazia. Sguarnito l'esercito lentamente, a causa delle diserzioni continue, egli dovette rifugiarsi presso i Marcomanni, e mandò a Tiberio ambasciatori per chiedere l'intervento romano»

Tiberio gli rispose che non sarebbe intervenuto in faccende interne alle popolazioni germaniche, poiché quando, nel 9 Augusto aveva richiesto il suo aiuto militare, dopo la sconfitta di Varo, contro il popolo dei Cherusci, Maroboduo si era mantenuto neutrale nella contesa.

La guerra si era, pertanto, conclusa una vittoria di misura da parte di Arminio, ma Marboduo era costretto a chiedere asilo all'imperatore Tiberio, poiché un giovane nobile, di nome Catualda, in passato esiliato dallo stesso Maroboduo, decise di vendicarsi, e con l'inganno riuscì ad irrompere nella reggia di Maroboduo privandolo del suo regno. Tiberio, una volta venuto a sapere che Maroboduo, fuggito dal suo regno, aveva passato il Danubio e si era spinto fino nel Norico, decise di accogliere le sue richieste, lasciando che lui e la sua corte potessero prender dimora a Ravenna, dove morì ben 18 anni più tardi, nel 36 o 37.

Tacito di lui ricorda (Annales, II, 63):

« Maroboduo non uscì mai dall'Italia per 18 anni ed invecchiò tollerando l'oscurarsi della sua fama, per la troppa brama di vivere. »

[modifica] Bibliografia

[modifica] Fonti primarie

[modifica] Fonti secondarie

  • Wells, C.M., The german policy of Augustus, 1972.
  • Mazzarino, Santo, L'impero romano, vol.1, Laterza, 1976.
  • Syme, Ronald, L'aristocrazia augustea, Milano 1993.
  • Grant, Michael, Gli imperatori romani, Roma 1984.
  • CAH, L'impero romano da Augusto agli Antonini, Milano 1975.
  • Levi, Mario Attilio, Augusto e il suo tempo, Milano 1994.
  • Southern, Pat, Augustus, Londra-N.Y. 2001.

[modifica] Voci correlate


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