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Margaret Cavendish - Wikipedia

Margaret Cavendish

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Margaret Cavendish.
Margaret Cavendish.
« Margaret Cavendish è pazza, presuntuosa e ridicola. »
(Samuel Pepys, Diario)

Margaret Cavendish, nata Margaret Lucas (Colchester1623 – Welbeck Abbey, 15 dicembre 1673), è stata una scrittrice, filosofa, saggista e drammaturga inglese. Fu tra le prime donne a pubblicare le proprie opere e ad occuparsi di filosofia: prima del Seicento, entrambi i campi erano prerogativa maschile.

Indice

[modifica] Biografia

Nasce nei pressi di Colchester, ultima di otto figli. A soli due anni le muore il padre: la madre le dà un grande esempio di indipendenza. Nel 1642 si trasferisce con la famiglia a Oxford e l'anno dopo diventa damigella di compagnia della regina Enrichetta Maria. Fuggita a Parigi con la regina durante la rivoluzione inglese, lì conobbe William Cavendish duca di Newcastle, che la sposò in seconde nozze nel 1645, malgrado avesse oltre trent'anni di più.

Nel 1648 si trasferisce ad Anversa e l'anno dopo, con l'esecuzione di Carlo I d'Inghilterra William Cavendish viene ufficialmente esiliato. Nel 1651 Margaret cerca di ottenere indietro tutti i beni confiscati dal governo di Oliver Cromwell, con una visita ufficiale a Londra. Non ottiene ciò che vuole, ma diventa una personalità pubblica a cui si interessano molte persone, tra cui Samuel Pepys, che di lei parla spesso nel suo Diario.

Inoltre, durante il suo soggiorno nella capitale inglese, Margaret inizia a pubblicare una grande quantità di opere letterarie: prima di allora nessuna donna inglese aveva mai scritto tanto. Nel 1660 i coniugi Newcastle tornano in patria e si stabiliscono a Welbeck Abbey, nel Nottinghamshire. Nel 1665 Carlo II nomina William Cavendish duca di Newcastle-upon-Tyne, di cui fino a quel momento era stato solo earl.

Nel 1667 la Cavendish visita la Royal Society, suscitando un grande clamore. Muore sei anni dopo e viene sepolta nell'Abbazia di Westminster. I suoi scritti furono poi curati dal marito, che li ripubblicò nel 1676, poco prima di morire.

[modifica] Opere

Molte opere furono ripubblicate nel 1676 sotto il titolo di Letters and Poems in Honour of the incomparable Princess Margaret, Duchess of Newcastle.

  • Poems and Fancies (1653)
  • Philosophical Fancies (1653)
  • World's Olio (1655)
  • Nature's Pictures drawn by Fancies Pencil to the Life (1656)
  • A True Relation of my Birth, Breeding, and Life (1656)
  • Orations (1662)
  • Plays (1662)
  • Sociable Letters (1662)
  • Philosophical Letters (1662)
  • Observations upon Experimental Philosophy (1666)
  • The Blazing World (1666)
  • Life, biografia di William Cavendish (1667)
  • Plays Never Before Published (1668)
  • The Convent of Pleasure (1668)

[modifica] Pensiero filosofico

Come filosofa naturalista, Margaret Cavendish rifiutò l'aristotelismo e la filosofia meccanicistica del Seicento. Criticò le teorie dei membri della Royal Society e anche Thomas Hobbes, Cartesio e Robert Boyle.

[modifica] A True Relation of my Birth, Breeding, and Life (1656)

Le memorie autobiografiche di Margaret Cavendish A True Relation of my Birth, Breeding, and Life in aggiunta alla sua raccolta Natures Pictures Drawn by Fancies Pencil to the Life del 1656: si riferiscono al suo lignaggio, al suo status sociale, alla sua educazione, la sua fortuna e al suo matrimonio. All'interno delle sue memorie Cavendish descrive anche gli usi e i passatempi della sua vita e offre un resoconto della sua personalità e della sua ambizione, compresi i suoi pensieri sulla sua estrema timidezza, sulla sua natura contemplativa e sui suoi scritti. La Cavendish inoltre condivide le sue visioni sulla sessualità (comportamento e attività appropriati), sulla politica (contrapposizione tra parlamento e realisti) e sulle classi sociali (il giusto comportamento dei servitori). In definitiva le memorie della Cavendish permettono al lettore di penetrare nella vita e nell'arte dell'autrice esattamente come lei avrebbe voluto.

Nelle sue memorie Cavendish descrive la vita, gli svaghi e la morte dei genitori e dei fratelli così come di suo marito e di altri parenti. Cavendish poi imputa le difficoltà economiche e personali che lei e la sua famiglia dovettero affrontare, come la perdita di terreni e la morte, alla guerra e alle alleanze politiche. Alcuni particolari delle sue memorie sono di seguito riportati.

Lignaggio

Cavendish dichiara che suo padre era un gentiluomo, sebbene non avesse titoli. Dopo aver ucciso un uomo in duello suo padre fu esiliato ma fu infine graziato da re James. I suoi genitori ebbero otto figli (tre maschi e cinque femmine), di cui Margaret era la più piccola. La famiglia Cavendish possedeva una considerevole fortuna. L'autrice sostiene che perfino dopo la morte del padre la sua famiglia godette della stessa qualità di vita di cui godeva quando egli era ancora vivo.

Educazione e buone maniere

Cavendish osserva che la madre utilizzava la ragione anziché le minacce per influenzare il comportamento dei suoi figli. Mentre l'autrice sottolinea che lei non era molto interessata allo studio e aveva scarsa memoria ma insieme alle sue sorelle fu istruita in diverse materie, tra cui la lettura, la scrittura, la musica e il cucito. Cavendish osserva comunque che la preoccupazione principale della madre era che lei e le sue sorelle fossero virtuose e sostiene che anche i suoi fratelli furono allevati per diventare altrettanto virtuosi, dimostrandosi leali, valorosi, giusti e onesti.

Damigella d'onore della regina Enrichetta Maria

Quando la regina Enrichetta Maria era a Oxford, Cavendish ottenne il permesso dalla madre di diventare una delle sue damigelle d'onore e accompagnò la regina nel suo esilio in Francia. Questo portò per la prima volta la Cavendish lontano dalla sua famiglia. L'autrice racconta che mentre in compagnia dei fratelli era sempre stata sicura di sé, tra estranei divenne estremamente timida. L'autrice spiega come temesse di parlare o comportarsi inappropriatamente senza la guida dei fratelli, cosa che avrebbe contrastato la sua ambizione di essere ammirata e ricevuta. Parlava solo se strettamente necessario e quindi iniziò a essere considerata come una pazza. Cavendish giustifica il suo comportameno, dicendo che ella preferiva essere considerata una pazza piuttosto che sembrare sgarbata o eccessiva.

Rimpiangendo di aver lasciato casa per diventare damigella d'onore Cavendish informò la madre di voler abbandonare la corte. Sua madre tuttavia la persuase a rimanere piuttosto che cadere in disgrazia fuggendo e la rifornì di mezzi che eccedevano le normali esigenze di una cortigiana. L'autrice rimase damigella d'onore per altri due anni, finché sposò William Cavendish che all'epoca era marchese di Newcastle (e più tardi fu fatto duca). Cavendish riporta che il marito amava la sua timidezza e racconta inoltre che lui era l'unico uomo che avesse mai amato, non per il titolo, la ricchezza o il potere, ma per il merito, la giustizia, la gratitudine, l'impegno e la fedeltà ed è convinta che questi siano attributi capaci di tenere insieme le persone anche nella disgrazia. Inoltre essa considera queste qualità del marito e della sua famiglia come un supporto necessario a sopportare le sofferenze che sperimentarono a causa delle loro alleanze politiche.

Difficoltà economiche

Qualche anno dopo il matrimonio, la Cavendish e il fratello di suo marito, Sir Charles Cavendish, tornarono in Inghilterra. Cavendish sentì che le proprietà di suo marito (confiscate per via della sua fedeltà ai realisti) stavano per essere vendute e che lei, in quanto moglie, poteva sperare di trarre guadagni dalla vendita. Cavendish, comunque, non ricevette nulla. Essa ci tiene a precisare che mentre molte donne pretendevano somme in denaro, lei dopo aver fatto un'unica richiesta, che le fu negata, decise che non valeva la pena di sforzarsi in tal senso. Dopo un anno e mezzo Cavendish lasciò l'Inghilterra per stare con il marito.

Estrema timidezza

Cavendish dichiara di essere sempre stata timida e dice di non vergognarsi della sua intelligenza, del suo aspetto, della sua nascita, della sua educazione, delle sue azioni, dei suoi mezzi o del suo comportamento, ma di avere una timidezza innata. Nonostante i suoi sforzi, sostiene di non riuscire a essere meno timida. Essa dichiara che la sua timidezza riguardava il numero e non il tipo di persone a cui si rivolgeva, e rivela poi come immaginasse che la gente che incontrava fosse virtuosa e saggia e come fosse convinta che queste persone la ricevessero con meno prepotenza delle altre. Il disagio maggiore riguardo alla timidezza consisteva nel fatto che questa influenzava il suo modo di parlare e di comportarsi in modo da farla sembrare costretta. Questo in qualche modo contraddice la sua osservazione precedente sulla timidezza a corte dovuta, in parte, alla sua paura di parlare male o agire in modo inappropriato.

'Scrivere

Durante la sua permanenza di un anno e mezzo in Inghilterra, Cavendish scrisse un libro di poesie (vedi Poems and Fancies di seguito) così come Philosophical Fancies (1653). Cavendish afferma di scribacchiare piuttosto che scrivere. Le sue storie spesso sono serie o melanconiche e afferma di raccontare le sue storie a voce alta prima di metterle per iscritto, in modo da fissarle e riportarle meglio. Cavendish osserva inoltre che la sua grafia è difficile da leggere, data la sua rapidità di stesura, necessaria per catturare le sue idee non appena esse prendono forma e afferma che molte sue fantasie sono andate perdute prima di essere catturate sulla carta. Cavendish osserva inoltre che perfino la sua migliore grafia è difficile da leggere, cosa che rappresenta un problema quando il uso lavoro è pronto per essere pubblicato. Tuttavia Cavendish si diverte a scrivere, attività che lei collega alla sua predilezione per la contemplazione, la solitudine la melanconia rispetto alla conversazione, alla compagnia, alla gioia e al cucito. Mentre si presenta come una donna timida, contemplativa e molto solitaria, Cavendish dichiara di uscire di tanto in tanto, in parte per acquisire nuovo materiale su cui pensare e scrivere. Nel complesso, comunque, Cavendish osserva che la sua natura contemplativa sfociò in una vita piuttosto inattiva.


Moda e fama

Nelle sue memorie Cavendish afferma di divertirsi a reinventare se stessa attraverso la moda. Il suo scopo era quello di apparire unica nell'abbigliamento, nel modo di pensare e di comportarsi e non amava vestire alla stessa guisa delle altre donne. Inoltre l'autrice esprime il desiderio di raggiungere la fama. Numerosi passaggi delle sue memorie si sopffermano sul suo carattere virtuoso e afferma che pur riconoscendo la bontà negli altri, riteneva possibile sperare di poter essere migliore di loro. Cavendish dice di sperare in un successo duraturo e dice inoltre di aspettarsi molte critiche per la sua decisione di scrivere delle memorie, a cui risponderà dicendo che ha deciso di scriverla per se stessa e non per diletto, in modo che le generazioni successive abbiano un vero resoconto della sua famiglia e della sua vita. Si sentiva giustificata nello scrivere le sue memorie come l'avevano fatto altri, come Cesare e Ovidio, e si considerava, in qualche modo, simile a loro.

[modifica] Poems and Fancies (1653)

Poems and Fancies è una collezione di poemi, epistole e brani in prosa scritti da Cavendish su una varietà di temi. Gli argomenti che affronta nella sua poesia includono la filosofia naturale, gli atomi, la natura personificata, macro e microcosmi, gli altri mondi, la morte, la battaglia, la caccia, l'amorem l'onore e la fama. I suoi poemi a volte assumono la forma di dialoghi tra cose come la terra e l'oscurità, una quercia e un uuopmo che la sta tagliando, la melanconia e la gioia, la pace e la guerra. Come notato da Mistress Toppe (vedi in basso), un'amica di Cavendish, i suoi scritti diventano finzione poetica, istruzioni morali, opinioni filosofiche, dialoghi, discorsi e racconti in versi. Poems and Fancies include ancora The Animal Parliament, un brano in prosa composto principalmente da discorsi e lettere. La raccolta si conclude con i pensieri di Cavendish sulla sua scrittura e un annuncio che promuove la pubblicazione successiva.

L'intento autoriale di Cavendish

Cavendish conclude la raccolta affermando che è consapevole di non scrivere in modo elegante e che il fraseggio e la collocazione delle parole sarannio probabilmente oggetto di critica. Confessa di aver avuto difficoltà nel creare rime che comunicassero il significato voluto. In breve, Cavendish afferma di aver faticato per mantenere il significato a spese dell'eleganza, dato che il suo obiettivo era quello di riuscire a comunicare le sue idee; si aspetta inoltre che il suo lavoro sarà criticato perché non è utile o materiale e a queste accuse risponde di scrivere non per istruire i suoi lettori nelle arti, nelle scienze o nelle divinità, ma per passare il tempo, convinta di fare migliore uso del suo tempo, rispetto a molti altri. Cavendish ritorna a queste affermazioni in tutte le epistole e nei poemi.

Epistole con dedica

Al pari di autori come Aphra Behn e William Wordsworth, Cavendish rivela molto del pubblico a cui si rivolge, scrivendo i suoi propositi e la sua filosofia nelle prefazioni, nei prologhi, negli epiloghi e nelle epistole al lettore. Cavendish scrisse diverse dediche epistolarie per Poems and Fancies. Le epistole spesso giustificano la sua scrittura, sia con la sua decisione di scrivere in un'epoca in cui le donne non erano incoraggiate a farlo, sia con le tematiche prescelte. Cavendish usa le lettere per istruire i lettori su come dovrebbero leggere e rispondere alla poesia, spesso invitano i suoi sostenitori a lodare l'opera e i suoi detrattori al silenzio. Cavendish utilizza le epistole per richiamare l'attenzione sulla sua opera e scusarsi delle sue potenziali debolezze. Le lettere sono dirette a un pubblico specifico e variano di conseguenza. Quello che segue è un resoconto di diverse lettere di cavendish tratte da Poems and Fancies.

Filatura mentale

Nella dedica epistolaria a Sir Charles Cavendish, suo cognato, Cavendish paragona la scrittura delle poesie alla filatura mentale. Sostiene che mentre normalmente si pensa che per le donne sia più appropriato filare che scrivere lei è più brava nella scrittura. Si tratta di un'occasione tra tante in cui Cavendish richiama l'attenzione sui ruoli stereotipati delle identità sessuali, come l'idea che le donne debbano filare anziché scrivere e poi spiega le ragioni per cui non essere d'accordo. Com ein questa lettera Cavendish spesso utilizza metafore per descrivere la sua scrittura in termini di doveri o interessi femminili stereotipati, come la filatura, la moda e la maternità. Mentre l'autrice critica la propria opera, afferma che essa apparirà migliore se Sir Charles Cavendish la guarderà con favore. Cavendish spesso fa appello al lettore perché apprezzi i suoi scritti, affermando che se apprezzati essi appariranno un poco migliori. Conclude congratulandosi per la carità e la generosità di Charles.


La ricerca della fama

Nella sua lettera indirizzata alle donne nobili e facoltose, così come in molte altre, Cavendish esprime in maniera diretta il suo desiderio di fama. L'aiutrice afferma di non essere interessata che la gente che conta apprezzi i suoi scritti, finché una grande maggioranza mostra di farlo. Cavendish spesso assume una posizione difensiva nelle sue lettere, giustificata in questo caso dalla convinzione di aspettarsi critiche femminili e maschili non solo sulla sua opera ma anche sulla pratica di scrivere in sé, dato che le donne non erano incoraggiate a intraprendere questa carriera. A questo, Cavendish risponde che le donne impegnate a scrivere non si comporteranno in modo inadeguato e non spettegoleranno. Nonostanet si aspetti delle critiche da parte delle donne, essa invoca il loro supporto in modo da poter ottenere onore e reputazione. Conclude dicendo che se dovesse fallire, si considerebbe una martire della causa delle donne.

In difesa della scrittura e della fama

Nell'epistola indirizzata a Mistress Toppe, Cavendish afferma che la ragione principale della sua scrittura è il suo desiderio di fama. Di nuovo, Cavendish riconosce la sua scrittura come una digressione dal canone accertato dei generi letterari e chiede che essa venga accettata. Mentre Cavendish parla della sua scrittura in metafore legate ad attività femminili domestiche o stereotipate, qui cerca di scusarsi per il suo desiderio di fama allontanando la sua ambizione da un ambito femminile. Descrive la sua ambizione come una ricerca di gloria, perfezione, apprezzamento, che, lei afferma, no sono per nulla femminili. Inoltre sottolinea come, pur scrivendo alla ricerca del successo, sia rimasta modesta e il suo onore intatto, anzi non ha mai fatto nulla per disonorare la sua famiglia. Cavendish attribuisce la sua fiducia in ciò che descrive come un'epoca di censure alla sua convinzione che non esista il male, ma solo un innocente desiderio di fama. Per quanto riguarda lo scrivere senza permesso Cavendish si scusa, affermando che è più facile chiedere perdono a fatto compiuto, che non ottenere prima il permesso. Essa antepone la scrittura al pettegolezzo, che considera una comune attività femminile negativa e ritiene che la scrittura sia in un passatempo relativamente innocente. Riconosce i suoi libri come esempi tangibili della contemplazione e contrappone le sue idee che ritiene innocenti con pensieri selvaggi che conducono a un agire indiscreto.

A questa lettera segue una risposta di Mistress Toppe in Poems and Fancies, dove apprezza Cavendish e le sue capacità di creazione poetica, istruzione morale, opinione filosofica, dialoghi, discorsi e racconti in versi.

Linguaggio, conoscenza ed errori

Cavendish include anche un'epistola indirizzata ai filosofi naturalisti che inizia con una considerazione sul linguaggio. Cavendish afferma di non conoscere bene altre lingue e di avere in realtà anche una parziale conoscenza dell'inglese e sottolinea questi fatti come la ragione della sua ignoranza in quanto alle opinioni e ai discorsi che la precedono. Quindi considera qualsiasi errore possa fare come triviale e afferma di non volere che i suoi testi vengano considerati veri, perché il suo scopo è stato quello di passare il tempo e si aspetta che la sua opera venga letto per lo stesso motivo. In questa lettera troviamo anche la spiegazione del perché lei scriva in versi. L'autrice dice che si pensa che i poeti scrivano racconti e che questi siano connessi al divertimento e non alla verità. Perciò ci si aspetta che la poesia contenga degli errori. Cavendish si lamenta perché la sua opera non è più divertente e avverte i lettori di saltare qualunque parte a loro non piaccia.


Scrivere per passare il tempo

Nella sua lettera al lettore Cavendish afferma che, non avendo figli, né alcuna proprietà, almeno per un periodo, si è ritrovata con molto tempo libero. Cavendish perciò non si dedica a lavori di casa ,a riempie il suo tempo con la scrittura. Dice che una buona amministrazione per quanto riguarda la poesia corrisponde a una fantasia ben ordinata composta da un linguaggio raffinato, da frasi adeguate e parole significative. Cavendish si scusa per gli errori che potrebbero trovarsi nella sua opera, dovuti alla sua giovane età e all'inesperienza e spiega di aver scritto solo per distrarsi dai pensieri del marito e dalle difficoltà. Questo contraddice l'affermazione di scrivere per la fama. Paragonando ancora una volta la sua opera ai ruoli femminili accettati Cavendish accosta la sua opera a un bambino e dice che il bambino/libro è innocente, giovane, educato, timido e sensibile e che il lettore se non lo ama deve biasimare lei, l'autrice/madre, non il libro. Se però il libro piace, allora Cavendish si aspetta chiaramente la fama.

Istruzioni sulla comprensione e il giudizio Judgement

In her epistle to the poets, Cavendish notes that as women seldom write, her own act of writing may be ridiculed, as the strange and unusual seem fantastical, the fantastical seems odd, and the odd seems ridiculous. She requests that her work be judged by reason, not prejudice. She then excuses any weaknesses in her poetry by stating that she writes only to get away from melancholy thoughts and to fill idle time. She employs a food/feasting metaphor and states that her poems are not ripe, but that applause and praise will make them pass as a ‘general feast’ to those of vulgar taste who take quantity over quality. As is typical to Cavendish, applause is welcome and criticism censored, as she advises those who do not like her poetry to keep silent. She also states that hers are poems of fancy and thereby require study. She recommends that as one with a troubled conscience ought to look to a minister for guidance, so should the reader ask a poet for help in understanding her poems. Attempting once again to guide the reader to a positive reception of her book, Cavendish draws a distinction between poets (able judges of poetry) and rhymers (faulty judges of poetry) and advises people not to say that her book is nonsense or poorly constructed out of their own ignorance and malice. Returning again to her desire for fame, Cavendish notes that if an honest poet, who is not envious, judges her work, it will receive applause.

Cavendish asks that the reader read her fancies (poems) slowly and pay attention to every word because every word is a fancy itself. She warns that if a reader loses their place or misses lines they will miss the meaning of the entire work.

Poems: Excuses and Instructions

Cavendish follows some of her epistles with poems that instruct the reader in how the poems came to be published and how they should be received. The proximity of the poems to the epistles and their similarity in subject and tone, suggest that they may be interpreted as being written from Cavendish’s own point of view.

The poem The Poetresses hasty Resolution, like many of Cavendish’s epistles, expresses excuses for any errors that may be found in the poet’s work and begs for praise. In the poem, the poet states that self-love influenced her judgement of her own poetry, which she found she liked so much that she was moved to continue writing in hope of fame. She states that she wrote without thought to how her work would be received by critics. The poet then recalls how she was visited by Reason who advised her to stop writing. Reason told the poet that her writing was a waste of time, that her work would not be well-received and that she should not have her work printed so as to avoid causing the printer to lose money. Reason also informed the poet that there are already too many books and that she should burn what she has written and spare the world. The poet notes her angry response and states that she sent her book to press before she could be persuaded not to. Hindsight, however, has made the poet regret her actions. Informing the reader that she feels shamed by her writing, the poet tells the reader to pity her and wipe away her tears with praise.

In The Poetresses Petition, the poet compares a negative reception to her books as their death. If the books must suffer such a death (criticism), the poet requests silence and that they be forgotten, without altar or inscriptions, and left undisturbed unless new merit is found in them. Again, Cavendish would censor criticism and promote fame, instructing that only positive criticism should be voiced.

In An excuse for so much writ upon my Verses, the poet compares her book to a child and compares the book/child and author/parent to birds. The book, she states, is like a baby bird just going on its own. The author, like a parent bird, is unsure whether or not the book/baby bird will be safe and writes/chirps in an attempt to protect it.

[modifica] Observations upon Experimental Philosophy (1666)

Cavendish’s Natural Philosophy

Eileen O’Neill offers an overview of Cavendish’s natural philosophy and its critical reception in her introduction to Observations upon Experimental Philosophy. O’Neill describes Cavendish’s natural philosophy as rejecting Aristotelianism and mechanical philosophy and favouring Stoic doctrines. She notes that while women rarely wrote about natural philosophy in the seventeenth century, Cavendish published six books on the subject. O’Neill points out that Cavendish herself was not formally educated in natural philosophy, though William Cavendish and his brother Charles shared an interest in the subject and supported Margaret’s interest and study in the area. Cavendish may also, as O’Neill notes, have been influenced through social encounters with philosophers such as Thomas Hobbes. O’Neill believes that Hobbes (who had instructed Charles in philosophy) had significant influence on Cavendish’s natural philosophy and notes that Cavendish was among the few seventeenth century supporters of Hobbes’ materialist philosophy, which argued that incorporeal souls do not exist in nature. Beginning in the 1660s, O’Neill notes, Cavendish began to more seriously study the work of her contemporaries. O’Neill suggests that such study was intended to enable Cavendish to better argue her own points by contrasting them with those of other natural philosophers.

Critical Response to Cavendish’s Natural Philosophy

O’Neill notes that Cavendish’s natural philosophy, and writing in general, was criticized by many of her contemporaries as well as by more recent readers, such as Samuel Pepys, Henry More and Virginia Woolf. Cavendish’s work has also received positive criticism and she is lauded by many for such reasons as having written on typically male dominated subjects, such as natural philosophy. Letters and poems of praise written by her husband were included in several of her published works.

Writing as an Honourable Disease

In her preface to Observations upon Experimental Philosophy, Cavendish states that she expects readers to say that her practice of writing prolifically is a disease. If so, Cavendish states, then many others, including Aristotle, Cicero, Homer and St. Augustine, have also been very ill of the same disease. She remarks that it is an honour for someone of great ambition (as she has often identified herself) to share the disease of such wise and eloquent men. Here she seemingly considers herself to be on par with these thinkers, as when she excused her writing of a memoir by stating that Caesar had done the same. Also common to her other writings is her assertion that she writes for herself and that her writing is a harmless pastime when considered in comparison with those of many other women. She does contradict herself, however, by adding that she writes for delight, which she had denied in her previous work. Also somewhat contradictory is her assertion that she would continue to write even if she had no readers, which is not in line with her desire for fame. Ultimately, Cavendish excuses her criticism of and engagement with the theories of other natural philosophers as a necessary step in the search for truth.

Learning versus Wit

In her epistle to the reader, Cavendish asserts that woman’s wit may equal that of man, and therefore females may be able to learn as easily as men. She asserts that wit is natural, whereas learning is artificial. Cavendish also notes that, in her time, men have more opportunity to become learned than women do. Cavendish remarks upon her own experience reading philosophical works. She notes that many such works challenged her understanding, as they often contained many difficult words and expressions that she had not previously encountered. It follows that Cavendish advises writers of philosophy to use language appropriate to aiding the understanding of those less expert than themselves. Cavendish defends her position by stating that philosophical terms ought to ease communication of one’s thoughts on the subject. She believes that successful communication is possible in all languages and criticizes those who complicate communication (particularly English writers) as aiming to gain esteem from those who admire writing simply because they do not understand it, without considering that it may be nonsense. In her own work, Cavendish states, she chooses not to uses difficult terms, although she points out that she understands such terms. Her stated reason for this is that she desires her work to be accessible to people regardless of their degree of learnedness. Her aim, she states, is to clearly communicate her ideas. She requests that any errors that may be found within her work be overlooked and that readers remain focused on her main ideas. Here, as in many of her epistles, Cavendish instructs her reader in how to approach her work, requesting that readers read her work in its entirety and that they withhold criticism until they have done so.

The Description of a New World, Called the Blazing World (1666)

Cavendish’s prose tale was published in 1666 and was published with Observations upon Experimental Philosophy in 1668. As noted by many, including Silvia Bowerbank and Sara Mendelson, this early version of science fiction critiqued and explored such issues as science, gender and power. Cavendish writes herself into the book, which details a fictional new world and its empress. She remarks in her epilogue to the reader that she herself is empress of the philosophical world. In fact, in Cavendish’s epistle to the reader she remarks that, in much the same way as there is a Charles the first, she would be considered Margaret the first.

[modifica] Other Works

Cavendish also published collections of letters, such as Sociable Letters and Philosophical Letters (1664), orations, as in her collection entitled Orations (1662), and plays, many of which are printed in Plays Never Before Published (1668). Many of her works address such issues as natural philosophy, gender, power and manners. Not all of Cavendish’s plays were acted during her time and some have been staged since. As noted, several of Cavendish’s works have epistles, prefaces, prologues and epilogues in which she discusses her work, philosophy and ambition while instructing the reader in how to read and respond to her writing. Cavendish’s writing has been criticized and championed from the time of its original publication to present day.-->

[modifica] Bibliografia

  • Sylvia Bowerbank e Sara Mendelson (a cura di). Paper Bodies: A Margaret Cavendish Reader. Peterborough, Broadview, 2000.
  • Line Cottegnies e Nancy Weitz (a cura di). Authorial Conquests: Essays on Genre in the Writings of Margaret Cavendish. Cranbury, NJ, Fairleigh Dickinson University Press, 2003.
  • Margaret Cavendish. Observations upon Experimental Philosophy. a cura di Eileen O'Neill. New York, Cambridge UP, 2001.
  • Katie Whitaker. Mad Madge: The Extraordinary Life of Margaret Cavendish, Duchess of Newcastle, the First Woman to Live by Her Pen. New York, Basic Books, 2002.
  • Amy Boesky. Founding Fictions in Early Modern England. Athens, University of Georgia Press, 1996.

[modifica] Collegamenti esterni


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