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Grammatica del romanesco - Wikipedia

Grammatica del romanesco

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Essendo uno dei dialetti d’Italia che meno si discostano dall’italiano standard, la grammatica del romano non è molto differente da quella dell’italiano. Esistono comunque a volte delle differenze importanti.

Indice

[modifica] Articolo determinativo

  • Maschile singolare: erlo (ô) – l’
  • Femminile singolare: la (â) – l’
  • Maschile plurale: li (i) – l’
  • Femminile plurale: le (ê) – l’
  • Er - è il corrispettivo romano di “il”. Nota bene: quando l’articolo “er” è seguito da una parola iniziante per s+vocale, questa s iniziale diventa una z sorda /ts/, (es: "er zignore", "li signori" – vedi “Fonetica”)
  • Lo – si usa, come in italiano, quando la parola di riferimento inizia per s+consonante, gn, z, ps, pn. Nel linguaggio parlato a causa della vocalizzazione della “l” diventa “ ‘o “.
  • La – come in italiano. Nel linguaggio parlato a causa della vocalizzazione della “l” tipica del romanesco diventa “ ‘a “.
  • Li – è il corrispettivo romano di “i” e “gli”. Nel linguaggio parlato a causa della vocalizzazione della “l” diventa “ i “.
  • Le – come in italiano. Nel linguaggio parlato a causa della vocalizzazione della “l” diventa “ ‘e “.
  • L’ – è l’articolo comune a tutti e quattro i casi, se la parola di riferimento inizia per vocale. Nel linguaggio parlato a causa della vocalizzazione della “l”, non viene a pronunciarsi affatto determinando però l'allungamento delle vocali vicine.

[modifica] Preposizioni articolate

Schema delle preposizioni articolate in romano

Preposizioni: Articolo: er Articolo: lo Articolo: ‘o Articolo: la Articolo: ‘a Articolo: li Articolo: i Articolo: le Articolo: ‘e Articolo: l'
de der dello / de lo de 'o / dô della / de la de 'a / dâ de li dei / dî delle / de le dell'
a ar allo / a lo ao alla / a la â a li ai alle / a le ae all'
da dar dallo dao dalla da li dai dalle dae dall'
'n ner nello / ne lo ne 'o / nô nella / ne la ne 'a / nâ ne li nei / nî nelle ne le nell'
co cor collo/co lo colla/co la co 'a / câ co li coi / chî colle / co le co 'e / chê coll'
pe per pello / pe la pe 'o / pô pella / pe la pe 'a / pâ pe li pei / pî pe le pell'

Nel antico romanesco del Belli la preposizione 'n si univa agli articoli tramite la particella de, quindi ne venivano fuori le preposizioni "in der" "in dela" etc... questa regola è completamente scomparsa nel romano moderno, ma si può ritrovare in alcune frasi idiomatiche, per esempio " vàttela a ppïà 'n der c--o ".

Le diverse opzioni di scelta che si hanno per quasi tutte le preposizioni articolate, dipendono dal fatto che il romano scritto praticamente non esiste, e perciò nella parlata quotidiana ci possono essere diversi livelli di vocalizzazione della "l", per esempio, "co + la" può essere "colla" (1° livello di vocalizzazione), "co la" (2° livello), "co 'a" (3°) e "câ" (4°). Di solito, più il discorso è veloce, più il livello di vocalizzazione della "l" e della "v" aumenta. Per esempio, una frase come "l'avevo detto ai miei amici", in un discorso lento sarà: " je l'avevo detto all'amici mía "; in uno più rapido sarà invece " j'âveo detto â'amici mía "oppure " j'avo detto a'amici mìa ".

[modifica] Articolo indeterminativo

  • Maschile singolare: 'n ( 'm )- 'no
  • Femminile singolare: 'na - 'n'

Come si può notare, gli articoli indeterminativi in romano perdono la u iniziale.

  • 'n: si usa come in italiano un. Nota bene: se la parola alla quale è riferito inizia per s+vocale, allora questa s diventa z sorda /ts/; se invece la parola di riferimento inizia per b o p, allora per armonía consonantica l'articolo diventa 'm (es: " er cane e 'r pardone ", " 'n cane e 'm padrone "
  • 'no: si usa come in italiano uno
  • 'na: si usa come in italiano una
  • 'n': si usa come in italiano un'

[modifica] Pronomi personali

Persona: Soggetto: Complemento diretto: Complemento indiretto: Riflessivo:
1° singolare io - mé me me me
2° singolare tu - té te te te
3° singolare lui / lei lo ('o) / la ('a) je se
1° plurale noi ce - se ce - se se
2° plurale voi ve ve ve
3° plurale loro li (i) / le ('e) je se

Osservazioni: I pronomi soggetto "" e "" si accentano per distinguerli dai pronomi complemento, per capire questa differenza la seguente frase è un esempio lampante: "a tté tte piàceno quelli, a mmé mme piàceno questi".

Salta subito all'occhio inoltre il fatto che in romano vi síano due particelle pronominali differenti per la prima persona plurale dove in italiano ve n'è solo una; infatti l'italiano "ci" in romano si dice sia "ce" che "se". La prima particella si usa quando la persona del verbo è diversa dalla prima persona plurale (es: "ci vuole bene" diventa "ce vò bbene"; "ci vogliono bene" è "ce vònno bbene"), la seconda particella si utilizza quando la persona del verbo è la prima plurale (es: "ci vogliamo bene" diventa "se volemo bbene").

[modifica] Aggettivi e pronomi possessivi

Gli aggettivi possessivi in romano sono:

  • mi'
  • tu'
  • su'
  • (nostro) / (nostra)
  • (vostro) / (vostra)
  • (loro)

I suddetti aggettivi si utilizzano solo quando le parole di riferimento sono sostantivi che si riferiscono alle parentele familiari ("mi' padre", "tu' madre", "su' zzia"), vengono inoltre usati quasi esclusivamente al singolare, in romano infatti suona molto strano sentir dire "nostro padre".

Quando la parola di riferimento non è un sostantivo di parentela, allora non si usa più l'aggettivo possessivo, bensí il pronome che, come in italiano si mette dopo il nome. Ecco qui uno schema dei pronomi possessivi in romano:

Persona: maschile singolare: femminile singolare: maschile plurale: femminile plurale:
1° singolare er mio la ('a) mia li (i) mía le ('e) mie (mía)
2° singolare er tuo la ('a) tua li (i) túa le ('e) tue (túa)
3° singolare er zuo la ('a) sua li (i) súa le ('e) sue (súa)
1° plurale er nostro la ('a) nostra li (i) nòstra (nostri) le ('e) nostre (nòstra)
2° plurale er vostro la ('a) vostra li (i) vòstra (vostri) le ('e) vostre (vòstra)
3° plurale er loro la ('a) loro li (i) loro le ('e) loro

Quindi in romano la frase "questo è il mio amico", diventerà "questo è ll'amico mio".

Si noti il cambio della s iniziale di "suo" in z a causa della parola precedente che finisce per consonante.

I pronomi "mía", "túa", "súa", "nòstra" e "vòstra" si accentano per distinguerli dagli omonimi singolari.

[modifica] Aggettivi e pronomi dimostrativi

A differenza dell'italiano, il romano distingue fra aggettivi dimostrativi e pronomi dimostrativi dei quali, infatti, si hanno due forme distinte.

Aggettivi dimostrativi:

maschile singolare: femminile singolare: maschile plurale: femminile plurale:
sto sta sti ste
quer / quô (quello) quâ (quella) quî (quei) / quelli quê (quelle)

Chiaramente, la differenza fra "quer" e "quô" è la stessa di quella fra "er" e "lo" (vedi sopra: "Articolo determinativo"). Gli aggettivi dimostrativi si apostrofano se precedono una parola iniziante per vocale.


Pronomi dimostrativi:

maschile singolare: femminile singolare: maschile plurale: femminile plurale:
questo questa questi queste
quello quella quelli quelle

[modifica] Verbo

In romano, a differenza dell'italiano, i verbi all'infinito perdono le lettere finali "-re", ne consegue che ci sono tre coniugazioni tronche (quelle che in italiano sono piane) terminanti per "", "" ed ""; ed una coniugazione piana (quella che in italiano è sdrucciola) terminante per "-e".

Nel romano moderno le differenze verbali con l'italiano si hanno quasi esclusivamente nell'indicativo presente infatti, l'imperfetto si coniuga come in italiano, ma nel linguaggio parlato spesso si perde qualche v a causa della sua vocalizzazione (vedi "Fonetica"), cosa che non viene quasi mai sottolineata nel linguaggio scritto. Il passato remoto è sempre più inutilizzato tanto quanto il congiuntivo; quest'ultimo esisteva ed aveva una coniugazione diversa dall'italiano nell'antico romanesco, ma oramai è del tutto inutilizzato.

[modifica] Coniugazione dei verbi regolari:

In romano si distinguono 5 diverse coniugazioni verbali:

1° coniugazione: magnà 2° coniugazione: piacé 3° coniugazione: beve 4° coniugazione: partí 5° coniugazione: finí
magn-o piaci-o bev-o part-o fin-isco
magn-i piac-i bev-i part-i fin-ischi
magn-a piac-e bev-e part-e fin-isce
magn-amo piac-emo bev-emo part-imo fin-imo
magn-ate piac-ete bev-ete part-ite fin-ite
magn-eno piac-eno bev-eno part-eno fin-ischeno

Le terze persone plurali in "-eno" stanno col tempo scomparendo a favore di quelle italiane in "-ano" e "-ono", quindi queste forme verbali diventerebbero "magnano", "piaciono", "bevono", "partono" e "finiscono".

Come si può notare, a differenza dell'italiano, le prime e seconde persone plurali in romano seguono sempre la radice dell'infinito, con l'unica eccezione del verbo essere.

Nella terza coniugazione le terze persone singolari sono sempre uguali all'infinito.

[modifica] Principali verbi irregolari

èsse avé annà vení volé poté
ho vado vengo vòjo posso
sei hai vai venghi (vieni) vòi pòi
è ha va viè vò (vòle)
semo avemo (amo) annamo venimo volemo potemo
sete avete (ate) annate venite volete potete
hanno vanno vengheno vònno pònno

Il verbo "avé" si utilizza solo come usiliare. Per esprimere il concetto di possedere, si usa il verbo "avecce" coniugato come "avé" ma con la č' (ovvero "ci" con elisione della "i" davanti ad ogni sua forma (č'ho, č'hai, č'ha, ... scritto erroneamente c'ho, c'hai, c'ha, ecc.). Negli scritti sia antichi (Belli) che moderni (Trilussa, Roberti,Dell'Arco, Marè, ecc. fino ai contemporanei) questa č' (da "ci") viene unita alle forme verbali creando "ciò", "ciai" o "ciài", "cià", "ciavemo", "ciavete" e "cianno", forme corrette.

(Notare: quand'anche sia sempre più frequente l'impiego di questa forma verbale anche nell'italiano e di utilizzare la grafia "c'ho", è un uso ortograficamente scorretto, in quanto, considerando che in italiano (come in romanesco) la "h" è muta e - soprattutto in assenza di segni diacritici - "c" davanti ad "a, o, u" si legge "k" e il segno di elisione non equivale ad indicazione fonetica ma soltanto la caduta di una "i", finché la vocale che segue è "a, o, u" la lettura conseguente sarebbe "kà, kò, cù" e non "cià, ciò, ciù". In questa sede si è preferito utilizzare il grafema "č" con pronuncia identica all'italiano per la "c" seguita da "i" o "e").

Il verbo "annà" e tutte le sue forme che seguono la radice dell'infinito, spesso nel linguaggio parlato vengono troncate in "'nnà". Questo troncamento crea spesso confusione fra le frasi: "sò nnato" e "sò 'nnato" (rispettivamente "sono nato" e "sono andato")

Fra le differenze la più famosa è la scomparsa delle lettere finali –re dall’infinito dei verbi. Diventano perciò tronchi i verbi che in italiano sono piani, e piani quelli che in italiano sono sdruccioli (es: magnà, cadé, èsse, uscí = mangiare, cadere, èssere, uscire).

L’unica vera differenza grammaticale tra italiano e romanesco è che, nel romanesco, esistono, come in latino due tipi di gerundio, il primo è quello che si usa come soggetto o complemento, e si forma aggiungendo –nno all’infinito dei verbi (continuanno così, finimo male); il secondo è il gerundio nel senso di azione continuata, e si forma in questo modo: stà’ + a + infinito del verbo; quindi per domandare “cosa stai facendo?” si dirà “che stai a ffà?”. Questo uso presenta notevoli somiglianze con la lingua inglese (“what are you doing?”).

Da citare è anche il vocativo. In romano, infatti, quando si chiama qualcuno per nome, non si pronuncia mai il nome per intero, ma ci si limita a pronunciarlo fino all’accento, le altre lettere vengono troncate (es: Alessà’, viè cqua! = Alessandro, vieni qua!; Scusi signó'!= Mi scusi signora!). In alcuni casi particolari, le forme del vocativo sono multiple. Ad esempio il nome Walter può diventare:

"Ah Và', viè' cqua!"
"Ah Varte', 'ndo vai?"
"Ah Vartere!"

Il tutto per l'innata tendenza alla musicalità dell'eloquio, in cui a volte, nel chiamare qualcuno, si inseriscono toni vibrati: basti pensare ai personaggi interpretati da Gigi Proietti ("Consuelo-o").

[modifica] Collegamenti esterni


Dialetto romanesco
Osteria Capitolina
Ai du' gemelli


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