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Frigento - Wikipedia

Frigento

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

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Questa voce fa parte dei comuni della regione Campania ancora da sviluppare: ampliala seguendo le linee guida del progetto Comuni.
Frigento
[[Immagine:{{{panorama}}}|300px|Panorama di Frigento]]
Frigento - Stemma
Nome ufficiale: {{{nomeUfficiale}}}
Stato: bandiera Italia
Regione: Campania
Provincia: stemma Avellino
Coordinate: 41°0′44″N 15°6′2″E / 41.01222, 15.10056
Altitudine: 911 m s.l.m.
Superficie: 37,75 km²
Abitanti:
4.100 2005
Densità: 108,61 ab./km²
Frazioni: Pila ai Piani 
Comuni contigui: Carife, Flumeri, Gesualdo, Grottaminarda, Guardia Lombardi, Rocca San Felice, Sturno, Villamaina
CAP: 83040
Pref. tel: 0825
Codice ISTAT: 064035
Codice catasto: D798 
Nome abitanti: frigentini 
Santo patrono: San Marciano 
Giorno festivo: 14 giugno 
Comune
Posizione del comune nell'Italia
Sito istituzionale
Portale:Portali Visita il Portale Italia

Frigento è un comune di 4.100 abitanti in provincia di Avellino.

Frigento fa parte della Comunità Montana dell'Ufita.

Indice

[modifica] Geografia

Sulla sommità di un colle della dorsale dell’Appennino Sannita che segna lo spartiacque tra le valli dei torrenti Ufita e Frèdane (bacino del Calore), si trova il comune di Frigento che per la sua favorevole posizione geografica, dai suoi 911m. di altezza sul livello del mare, domina l’intera Valle d’Ansanto.

[modifica] Lo stemma

Lo stemma di Frigento, sormontato dalla corona turrita dei comuni, è diviso in due da una linea orizzontale e nella parte inferiore sono raffigurati tre colli, allusivi della posizione topografica del paese, rispettivamente sormontati dalle tre lettere, F.R.C. La raffigurazione dei tre colli è molto diffusa nell' araldica per raffigurare possedimenti montani, ma forse anche con un' intenzione allusiva ai tre colli del Calvario.

[modifica] Il nome

La più recente interpretazione del toponimo Frigento è offerta dal prof. Vito Giovanniello (in S.Forgione-V.Giovanniello "Frigento e dintorni, dal paleolitico all'età sannitico-romana", 2002). Lo studioso scrive: Fabio Ciampo parla di una Pianta di Furcento del 1609; Furcento presenta l'inversione -ru/ur- per cui si dovrebbe leggere Frucento, che in latino darebbe la forma non attestata Frucentum e, pertanto, il termine Frucentum/Frugentum potrebbe riferirsi alla produzione di cereali, abbondante in tutto il territorio, tanto che ancora oggi non solo a Frigento, ma anche in alcuni paesi limitrofi, si celebra una sagra agricola del grano di antichissima tradizione. Secondo alcuni studiosi il nome deriva da "a frequentia populi" perché in questo luogo, fortificato e sicuro, accorrevano numerosi gruppi di fuggitivi durante le frequenti invasioni barbariche che coincisero con la fondazione del paese. Un' ipotesi parzialmente simile a questa fa derivare il toponimo da "frequentum" ad indicare un luogo molto frequentato con allusione alle caratteristiche residenziali e turistiche della città. Secondo altri, invece, il nome deriva da "frigentum" o da "a frigendo" con riferimento al clima, freddo e asciutto, del paese. Un' ulteriore ipotesi sostiene che il nome derivi da quello dei popoli Frequentinati.

[modifica] La storia

[modifica] Il periodo romano.

Numerose testimonianze anche archeologiche hanno consentito di dare un’effettiva conferma alla tesi del Mommsen che aveva parlato di un’origine romana del paese. Nel territorio sono infatti venute alla luce resti di un impianto fognario, materiale numismatico, lapidi, terrecotte, iscrizioni latine di età Repubblicana Imperiale e recentemente anche un complesso di “cisterne” in opus incertum, localizzate in via San Giovanni, risalenti almeno al I secolo a.C.: trattasi di strutture murarie a forma di grandi vasche coeve destinate alla raccolta dell’acqua. I reperti attestano sì un passato glorioso, ma non testimoniano di certo l’esistenza in loco di un vero e proprio villaggio, bensì di alcune splendide ville rustiche edificate in quella zona collinare dai colonizzatori della vicina Aeclanum (sita più a valle, lungo la via Appia), per la salubrità dell’aria. Originariamente Frigento era una delle colonie dei Sanniti ed in quanto tale dovette sopportare trionfi, sconfitte, patimenti e distruzioni dei loro dominatori. Durante l’occupazione romana, nel 662 divenne confederazione dei romani, ai quali la popolazione del luogo si mantenne sempre fedele in cambio di alcuni privilegi.

[modifica] I Longobardi.

Il borgo viene menzionato per la prima volta con il suo attuale toponimo in un documento dell’851. Con la caduta dell’Impero Romano Frigento diviene un dominio longobardo, incluso nei territori costituenti il Ducato di Benevento. Nel 926 la cittadina fu devastata dai vandali Saraceni, ma dopo sessant’anni, quando l’opera di ricostruzione era a buon punto, un violento terremoto, che coinvolse anche la città di Avellino, la distrusse completamente. La grande forza di volontà del popolo frigentino permise alla città di rinascere nuovamente più bella che mai, su quei pochi ruderi rimasti e mantenendo il sito originario. Non fu un caso che i Longobardi decisero di insediarsi sull’altura di Frigento, a metà strada tra Benevento e Conza. Era un’ottima posizione militare, poiché dai tre colli oltre a poter godere di un meraviglioso panorama, di un’aria salubre e di un clima particolarmente mite, si riuscì a dominare e tenere sotto controllo tutta la campagna circostante. Se si considera che al tempo dei Longobardi non esistevano linee di confine ben definite, si può asserire con certezza che Frigento per la sua posizione strategica giocò un ruolo fondamentale, quando Ludovico II operò la divisione del Ducato di Benevento in due principati: quello di Salerno, cui era collegato il Gastaldato di Conza, e quello di Benevento. Un altro esempio dell’incostante fortuna di questa città ci è dato dal movimento tellurico del 988 che coinvolse e devastò le cittadine di Frigento e di Ariano.

[modifica] La sede vescovile.

Le notizie relative all’istituzione della Sede Vescovile frigentina non sono chiare, ma si sa però che Frigento è stata una delle prime città a professare il culto della fede cristiana. Il primo vescovo, San Marciano (patrono della città), risalente al V secolo, venne investito da Leone I Magno, papa dal 440 al 461. Dopo San Marciano, per ben sei secoli si evidenzia un’insolita assenza di vescovi fino alla seconda metà dell’ XI secolo, quando sotto il pontificato di Leone IX (1002- 10054), il nome di Engellino compare in un atto del 1082, con il quale il conte Ruggiero effettuava alcune donazioni al monastero della SS. Trinità di Venosa. Da una lamina di rame dorata presente nella chiesa di San Marciano, si è appreso che nel 1150 il nonagesimo vescovo di Frigento era un certo Martino. Le due carte attestano lo spostamento, tra il 1057 ed il 1059, della sede vescovile a Quintodecimo, antica Mirabella Eclano. Tra il secolo XI e XII si verificò una vera e propria rinascita del sentimento religioso e, in questi decenni, grazie al rinvenimento di antiche tombe e produzioni agiografiche, la devozione popolare ed il culto di San Marciano trova la sua maggiore manifestazione.

[modifica] I Normanni.

La posizione dominante e facilmente difendibile di Frigento rientrava nella politica del sistema strategico dei Normanni, che come è riportato nel Chronicon Volturnese, cominciarono a fortificare gli agglomerati di case, cercando di arroccarli quasi sempre sulle cime più impervie. Nel 1078 il borgo fu infeudato ai signori di Gesualdo, nella persona del principe Guglielmo I, il cui successore fu, nel 1152, il figlio Elia. A seguito di un atto d’insubordinazione di Roberto Gesualdo, il re Manfredi confiscò il feudo per concederlo al più fedele conte di Maletta. Con l’ascensione al trono di Carlo I d’Angiò, la famiglia dei Gesualdo ritornò ad essere più potente che mai. In quegli anni Elia II era il signore di Frigento e morì senza lasciare prole.

[modifica] Le guerre tra Aragonesi ed Angioini.

Dopo una breve pausa, durante la quale Giacomo De Capua, marito di Roberta Gesualdo, ebbe il possesso del borgo, Frigento tornò nel 1312 agli antichi signori che lo mantennero per altri centosedici anni (1428). Nel secolo XIV Troiano Filangieri fu il nuovo possessore, ma nel 1456 Ferrante d’Aragona lo privò del feudo. Nel 1496, durante le guerre tra Aragonesi ed Angioini, Frigento dovette essere sottoposta ad un grande incendio, opera delle truppe spagnole capitanate da Consalvo di Cordova, che la lasciò sin dalle fondamenta quasi interamente incenerita e rovinata. Dopo essere stato proprietà del demanio fino al 1517, Ferdinando II il Cattolico lo concesse a Fabrizio Gesualdo.

[modifica] Secoli XVI e XVII.

Verso la metà del XV secolo Frigento inizia a perdere molto del suo antico splendore, cominciando così uno stato di abbandono generale culminato nella perdita di autonomia della diocesi frigentina, che nel 1466, dietro provvedimento del Pontefice Paolo II viene unita a quella di Avellino, nella figura del vescovo frigentino Giovan Battista Ventura. La diocesi frigentina era comunque suffraganea della curia arcivescovile di Benevento. Per tutto il secolo XVI e XVII, la crisi continua inarrestabile per cause naturali, per i frequenti terremoti, le numerose pestilenze e soprattutto per la sua posizione periferica rispetto ai centri più importanti.

[modifica] Il sisma del 1732.

Dato che Isabella non ebbe eredi, con la sua scomparsa si estinse definitivamente il casato dei Gesualdo in Frigento. Il territorio, fu allora assorbito dalla Corte Regia per poi essere venduto nel 1636 al marito di Isabella, Niccolò Ludovisi. Nel 1676, Fabrizio Cimadoro, acquistò per 13000 ducati, il feudo da Giovan Battista, figlio del suddetto Ludovisi. Dopo l’evento sismico della Vigilia di Sant’Andrea, il 29 settembre del 1732 si verificò una significativa rinascita artistico- culturale della cittadina, che in questi anni si arricchì di monumenti e di case signorili, finemente rifinite con elementi decorativi in pietra lavorata. Successivamente il borgo fu infeudato ai Caracciolo, principi di Avellino, che lo mantennero fino al 1806, anno dell’eversione della feudalità.

[modifica] L’autonomia dei Casali.

All’inizio del XIX secolo la situazione economico-sociale dell’ex feudo frigentino era catastrofica, anche a causa della perdita di quattro casali che nel 1808 dopo aver ottenuto l’autonomia amministrativa, si aggregarono al nascente comune di Sturno.

[modifica] 23 novembre 1980.

Nel novembre del 1980 il violento terremoto ha danneggiato non solo le abitazioni, ma anche la maggior parte degli edifici storici del paese,quali chiese, palazzi e lo stesso edificio del Municipio, ridotto per metà in macerie.

Fonti documentarie: Guelfo Guelfi, Vocabolario araldico. Milano, 1897 Gustavo Strafforello, La Patria. Geografia dell' Italia. Parte IV: l'Italia meridionale. Provincie di Avellino, Benevento, Caserta, Salerno. Torino, 1898 - Ugo Morini, Araldica. Firenze, 1929 Egidio Finamore, Origine e storia dei nomi locali campani. Napoli, 1964 Carmine Pascucci, Antichità, origene, guerre distruzione e stato presente della città di Frigento. Frigento (AV), luglio 1997, www.regionecampania.net


[modifica] Luoghi d'interesse

[modifica] Via Limiti

Via Limiti è una tappa d’obbligo anche per chi a Frigento dovesse capitare per caso. E’molto più di una strada: confine del paese, forse anche segnato da una antica mutazione, è una grandiosa balconata, a 911 metri d’altitudine, da cui si gode un vasto ed eccezionale panorama. La vista spazia a 360° fino a ricomprendervi 5 regioni e 11 province.

[modifica] Cattedrale

La cattedrale è il monumento simbolo di Frigento, non solo per il suo valore artistico, ma soprattutto per l’importanza storica. Distrutta da un violento terremoto alla fine del XVII secolo, quella che si ammira oggi è stata ristrutturata nel 1760. Di eccellente fattura la tela del soffitto dipinta da Antonio Vecchione da Nola nel XVIII secolo.

[modifica] Ipogeo della Cattedrale

Dalla sagrestia della cattedrale si accede al livello inferiore della struttura, dove dopo i lavori di ristrutturazione in seguito al terremoto del 1980 sono venuti alla luce resti dell’edificio costruito tra l’VIII e il IX secolo. Attualmente la zona è adibita a museo archeologico con teche contenenti vasellame e suppellettili.

[modifica] Palazzi storici

I palazzi storici sono caratterizzati da portali in pietra scolpita sobri ed eleganti. Sono la testimonianza di un fiorente passato e attestano la presenza di un artigianato esperto, attento alle tendenze artistiche del momento. Gli edifici hanno un cortile interno con la scalinata per accedere al piano superiore e il pozzo per attingere l’acqua.

[modifica] Giardini pensili

I giardini sono elementi essenziali delle abitazioni gentilizie. Ben tenuti e diligentemente curati, conservano tutta la loro antica bellezza. Il terreno scosceso e l’esiguo spazio a disposizione hanno fatto sì che fossero caratterizzati da alte mura di contenimento, alberi da frutto, collegati con gli spazi agricoli destinati a produrre cereali.

[modifica] Cisterne romane

Il poderoso complesso di cisterne risalente al I secolo a. C. è realizzato in opus incertum con pietra locale. Le cisterne erano destinate alla raccolta delle acque piovane, delle nevi e di una piccola falda. Un sistema di vasche, collegate a cisterne minori mediante una complessa rete di canali, serviva tutto il centro urbano.

[modifica] Sant’Angelo al Pesco

In località Pesco, i ruderi di una rocca di epoca medievale (IX sec.) si ergono su una maestosa roccia, si inseriscono in modo mirabile nel paesaggio circostante. La rocca dominava un’area di oltre 20 Km, ha pianta irregolare, per adattarsi al masso roccioso. In seguito vi sorsero un villaggio e una chiesa con monastero. Fu anche riparo di briganti.

[modifica] Complesso masseriale “il Parco”

In contrada Parco, immerso in una zona agricola collinare, il complesso architettonico è frutto di modifiche ed ampliamenti che si affacciano su un cortile principale ed una corte secondaria. Oltre alla torre colombaia, elementi caratteristici sono la cappellina, la scala d’accesso alla casa padronale, una loggetta, una piccola torre con orologio.

[modifica] Cappella del Capitano

La Cappella del Capitano situata nella località di Pila ai Piani fu fatta edificare nel 1732 da Simone Testa. Danneggiata dal terremoto del 1980 è stata restaurata nel 2000. Sull'uscio dell'ingresso della Cappella era presente un'effigie della Madonna dipinta da Emanuele Aufiero, lo sturnese inventore del clacson per le auto[citazione necessaria], qualche mese prima che emigrasse nel 1915 per l'America.

[modifica] Natura

Lungo le strade di Frigento il percorso è piacevole e invitante. Di buon mattino si possono fare incontri interessanti. L'upupa perlustra la strada in cerca di cibo e s'invola con la larva nel becco nella sottostante valle, ove, nel buco di un albero, è celato il suo nido. In un foro nel terreno, sotto una pianta di rose, il pettirosso alleva la sua prole; poco lontano, nell'erba, la ballerina bianca cova le sue uova azzurrognole. Cince, cinciarelle, picchi muratori, instancabilmente, ispezionano i rami degli alberi alla ricerca di insetti. Altri insettivori, scriccioli, capinere, codirossi-spazzacamino, usignoli, merli nidificano nelle siepi, al margini della strada o nei giardini che su di essa si affacciano. Sulle fronde degli alberi, invece, cardellini, verzellini, verdoni, fanelli, fringuelli rallegrano l'aria con i loro trilli gioiosi: i versi di richiamo, i canti territoriali risuonano dappertutto. L'averla è in agguato e il suo verso roco è un grido di avvertimento. All'orizzonte volteggia il gheppio, dal bosco sottostante giungono il grido sgradevole della ghiandaia, il verso del cuculo e i ticchettii incessanti dei picchi. Il rigogolo si sposta da un albero all'altro ed il suo volo, tinto di giallo, spicca sul colore verde dei castagni. In inverno, quando le foglie di questi saranno cadute, le roverelle ravviveranno un ambiente spoglio e brullo con il colore rosso mattone delle loro fronde. Il sottobosco è ricco di arbusti, ma è inutile scendere nel bosco per osservarli; ai margini della strada, infatti, nelle siepi, spiccano rovi, frangole, berrette del prete, rose canine, sambuchi neri, biancospini, vitalbe. La diversità biologica è accresciuta dalle essenze alloctone ormai naturalizzate come le robinie, l'ailanto, il bosso, il ligustro che coesistono in complessi armoniosi con le specie arboree locali: noccioli, pruni, olmi, aceri. Sulle loro cortecce spesso i licheni prosperano in mille colori, a testimonianza di un'aria purissima. Di fronte a tanta armonia forme e di colori, le conifere che si accompagnano alle latifoglie lungo la passeggiata costituiscono, talora, invece, un contrasto così marcato da richiedere momenti di riflessione per un'impostazione più razionale e più rispettosa delle vocazioni ambientali. Guardando poi i sottostanti spazi incolti, un tempo sottratti al bosco, è possibile scorgere fra l'erba, dove il processo erosivo non ha messo a nudo il "tornisiello", vari tipi di graminacee, di ranuncoli, di orchidee. Dove l'ambiente è meno degradato, si osservano ortiche, sambuchi ebuli, ginestre dei carbonai e felci. Bisce, saettoni, biacchi, a volte, appaiono all'improvviso, altre volte, sorpresi mentre si riscaldano al sole, si tuffano precipitosi nella vegetazione circostante; i loro piccoli, invece, non temendo ancora l'uomo, aspettano ignari una morte immotivata. Rospi smeraldini e rospi comuni gironzolano lungo la strada, dopo la pioggia, a caccia di limacce; raganelle ed ululoni fanno la loro apparizione solo durante gli spostamenti alla ricerca di nuovi siti di riproduzione. La calura del giorno rappresenta un rallentamento delle attività per molti, ma i ramarri e le lucertole campestri sostano volentieri al sole, gli insetti visitano instancabilmente i fiori, le farfalle volano leggere nell'aria. I canti delle cicale e delle tettigonie si sostituiscono ai suoni di chi ormai, dopo una mattinata "di lavoro", cerca riposo e refrigerio all'ombra delle fronde degli alberi. Al tramonto i balestrucci e i rondoni riempiono l'aria di voli allegri e chiassosi; il cervo volante, il rinoceronte volante, il cerambicide della quercia hanno voli pesanti e brevi e, incautamente posatisi per terra, rischiano di essere calpestati. Si accendono i lampioni e una miriade di falene richiama i pipistrelli: orecchioni, pipistrelli di Savi, rinolofoli maggiori e minori, sfrecciano velocissimi nell'aria al loro inseguimento. Altri predatori come la faina, la volpe, la donnola perlustrano il loro territorio di caccia furtivamente e solo raramente si fanno vedere; il riccio, invece, si attarda volentieri alla ricerca di insetti e di lombrichi. I versi cadenzati e ritmici del barbagianni, del gufo comune, della civetta, dell'assiolo si fanno sentire tutt'intorno e ci segnalano, con la loro presenza, la lotta perenne per la sopravvivenza ingaggiata con una moltitudine di micromammiferi. Sotto i posatoi dei rapaci notturni, al mattino, sarà possibile rinvenire, nelle borre, i resti del mustiolo, il più piccolo mammifero europeo e di altri micromammiferi quali il toporagno, la crocidura, l'arvicola, il topo selvatico, il moscardino, il quercino ed il ghiro.

Istituto Magistrale Statale “Frigento: Via Limiti e Dintorni” Testo di Salvatore Forgione e Vito Giovanniello


[modifica] Cultura

[modifica] I carri covoni

Una volta mietuto il grano, si usava metterne da parte una quota simbolica per offrirlo in dono a San Rocco, protettore di Frigento, quale ringraziamento per il buon raccolto ottenuto. Il grano da offrire al Santo veniva intrecciato e posizionato in modo da ornare alcuni carretti di legno trainato da buoi. Da questa tradizione è nata la tirata dei carri dei covoni. Da qualche anno si è ripresa questa pratica. Nel pomeriggio del 15 agosto dal Santuario della Madonna del Buon Consiglio i carri addobbati col grano trainati da buoi partono alla volta del centro storico. Alla fine del percorso vengono sistemati davanti alla Chiesa del Purgatorio, dove stazionano per essere ammirati dai fedeli e dai visitatori.

[modifica] I mezzetti

La festività religiosa più sentita è la memoria di San Rocco. I rituali seguiti sono ancora quelli di un tempo. La sera della vigilia della ricorrenza ai balconi ed alle finestre si vedono ondeggiare i cosiddetti "lampai", che sono dei manufatti a forma di stelle o di spartane imbarcazioni o di tamburi realizzati con strisce di canna completamente ricoperte da carta velina variopinta. Il simulacro del Santo viene portato in processione lungo le strade del paese. Alcune devote portano sul capo i tradizionali "mezzetti", grandi recipienti in legno contenenti all'incirca 30 kg. di grano (simbolo di abbondanza). I “mezzetti” sono ornati artisticamente con grano intrecciato, nastri colorati o fiori finti.

[modifica] I misteri

Durante il periodo della quaresima, all'interno della chiesa dedicata a Santa Maria Assunta in Cielo, vengono esposti al pubblico i cosiddetti "Misteri". Sono delle rappresentazioni in cartapesta dei momenti salienti della passione e morte di Gesù. I tavolati, che sicuramente avevano il compito di mostrare in sembianze umane gli eventi evangelici a tutto il popolo per una maggiore comprensione, subirono dei danni in seguito al terremoto del 1980. Sono stati restaurati e vengono utilizzati nel venerdì santo all’interno della via crucis che si sviluppa lungo le vie del paese.


[modifica] Evoluzione demografica

Abitanti censiti


[modifica] Economia

Prevalentemente agricola

[modifica] Frazioni

  • Pila ai Piani: la frazione sorge a 370 m s.l.m. ed ha 876 abitanti. Vi si trova la chiesa di Santissima Maria Immacolata, del 1732. Nei pressi, in seguito a recenti scavi sono riemersi i resti di una villa romana.
  • Pagliara.

Del comune di Frigento fanno parte anche le frazioni di Cellara (1,43 km), Corno (3,69 km), Fontana Levara (2,44 km), Mattine (0,87 km), Piano della Croce (1,16 km), San Cosimo (0,66 km), San Pancrazio (4,83 km), San Silvestro (3,01 km), Tre Masserie (4,66 km).

[modifica] Amministrazione comunale

Sindaco: Luigi Famiglietti (centrosinistra) dal 31/05/2006
Centralino del comune: 0825 444004
Email del comune: sindaco@comunefrigento.av.it

[modifica] Collegamenti esterni

Sito Ufficiale del Comune di Frigento [1]

[modifica] Galleria immagini


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