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Fontamara - Wikipedia

Fontamara

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Fontamara è il romanzo più noto di Ignazio Silone (pseudonimo di Secondo Tranquilli). Tradotto in innumerevoli lingue, ha ottenuto ampio riconoscimento di pubblico in tutto il mondo. La sua descrizione di un universo contadino, disperato ed immutabile nel tempo, ha trovato ampi riscontri in luoghi remoti rispetto alle montagne dell'Abruzzo, dove è ambientato il romanzo (un esempio è il Giappone).

Fontamara è un paesino arretrato economicamente e tecnologicamente; i Fontamaresi guardano il mondo esterno sapendo di non potervi mai prender parte. Fontamara era e sarà uguale a sé stessa per sempre, non cambierà nulla e ogni anno sarà uguale a quelli precedenti e a quelli successivi: prima la semina, poi l'insolfatura, in seguito la mietitura e, infine, la vendemmia.

In questo universo contadino, sia le catastrofi naturali che le ingiustizie vengono subite passivamente; ecco perché nella premessa tutta la vicenda di Fontamara, ovvero la rivendicazione del diritto all'acqua, è definita come "un fatto strano".

Semplice nella trama e nel linguaggio, il romanzo ha a volte il tono di una fiaba, ma assume nel complesso un aspetto epico.

Un altro aspetto del libro è la denuncia contro i potenti e le autorità.

L'azione di denuncia è volta anche contro il fascismo; infatti attraverso l'episodio di Berardo l'autore ci presenta la realtà della censura e dei tentativi d'insurrezione attraverso la stampa clandestina che incitava la gente alla disobbedienza e alla ribellione. Silone descrive anche l'aspetto violento di quell'epoca, ovvero la dura repressione contro i rivoluzionari attuata anche con la pena capitale.

Si scorge il sentimento religioso popolare quando nei dialoghi l'opera di deviazione del corso d'acqua è considerata un sacrilegio, un peccato contro Dio, poiché cambia la natura che Egli ha creato.

Indice

[modifica] Trama

[modifica] Premesse

Scritto in esilio nel 1930,Fontamara è il primo dei libri con cui Silone,che ha abbandonatouna militanza politica attiva,continua il suo impegno morale e civile con la letteratura. In primo luogo Silone ci rende nota la tremenda differenza tra quelli che chiama "cafoni", ovvero i contadini poveri che popolano sia Fontamara sia tanti paesi simili in tutto il mondo che lavorano la terra non per guadagnare, ma per sopravvivere, che si sforzano di estinguere i debiti contratti per superare l'inverno precedente, che parlano solo dialetto e ignorano la lingua dei cittadini: l'italiano, che sono ricchi se hanno un asino o un mulo; ed i cittadini che cambiano il mondo, lasciando i Fontamaresi spettatori.

Silone osserva che le discrepanze sono così notevoli che le due categorie costituiscono addirittura due razze distinte, diverse persino nel linguaggio; un cittadino e un cafone potranno parlare per ore senza comprendersi: per loro è impossibile discutere. Non è così, invece, tra i cafoni del resto del mondo che costituiscono un'unica razza e nella comunicazione riescono a superare le barriere linguistiche e intendersi a meraviglia.

Il personaggio che incarna il potere è quello dell'Impresario, abile uomo d'affari che ha saputo costruire la propria ricchezza in pochi anni, mentre la gente comune gettava il sangue sulla terra da secoli senza riuscire a racimolare qualche soldo per migliorare le proprie condizioni.

Per questo motivo i contadini sostengono, invidiosi, che egli abbia trovato l'America a Fontamara, e i più sospettosi arrivano a supporre che egli sia il diavolo in persona.

L'autore, inoltre, ci narra delle tante burle dei cittadini ai danni dei Fontamaresi, come quando le donne intenzionate a parlare col podestà si recano al municipio e vengono derise da chi sostiene che porterebbero solo i pidocchi nello stabile, o come nell'aneddoto del parroco e dell'asino.

[modifica] La storia

Il romanzo narra la storia di un vecchio paese della Marsica, Fontamara, più arretrato e misero degli altri. Esso rimase per la prima volta senza illuminazione elettrica poiché nessuno pagava e si riabituò al chiaro di luna.

Il giorno dopo, all'alba, i contadini si accorsero che un gruppo di operai lavorava per deviare il corso d'acqua con la quale i Fontamaresi irrigavano i campi. Subito i "cafoni" pensarono a una burla, poi le donne andarono verso il capoluogo per parlare col sindaco, ma furono derise dalle guardie.

I carabinieri le accompagnarono poi a casa del Podestà appena eletto, l'impresario. Dopo varie discussioni il segretario del comune decise che tre quarti dell'acqua dovessero andare all'impresario e i tre quarti del rimanente ai Fontamaresi, spiegando come si trattasse di una decisione equa che garantiva a tutti la stessa quantità d'acqua: tre quarti, "cioè un po' più della metà". I cantonieri ripresero i lavori.

Berardo Viola decise di partire e far fortuna in America, ma non poté riuscirci a causa di una nuova legge. Trovò lavoro da bracciante fuori da Fontamara e faticava parecchio.

I rappresentanti dei cafoni della Marsica dovevano essere convocati ad Avezzano per ascoltare le decisioni del nuovo Governo di Roma sulla questione del Fucino.

Una giorno arrivò a Fontamara un camion che, gratis, portava i cafoni ad Avezzano. Salirono tutti sul camion, furono condotti in una grande piazza e successivamente dovettero gridare inni ai podestà mentre la piazza era attraversata da un'automobile, poi potevano tornare a casa.

Intanto nel paese arrivarono dei camion con i militi fascisti che, fatta rincasare la popolazione, portarono via tutte le armi, si scatenarono su una donna, uscirono in piazza e chiesero agli uomini che tornavano dal lavoro circa il Governo, ma nessuno diede risposte soddisfacenti.

I Fontamaresi decisero di chiedere consiglio a Don Circostanza affinché egli trovasse un'occupazione in città per il povero Berardo.

I cantonieri finirono di scavare il nuovo letto per il ruscello e giunse l'ora della spartizione dell'acqua; i Fontamaresi videro che il livello dell'acqua destinata a loro scendeva sempre di più e capirono che sotto vi era l'inganno.

Berardo decise così di partire l'indomani, ma la sua avventura fu sfortunata perché tra tasse, avvocati e inghippi vari rimase senza soldi, senza lavoro e venne incarcerato poiché sospettato di essere il Solito Sconosciuto, un tale che cospirava contro il sistema attraverso la stampa clandestina. Nonostante Berardo fosse innocente, decise di addossarsi la colpa; in seguito verrà ucciso.

La storia giunse a Fontamara e i suoi abitanti decisero di scrivere allora un giornale con gli appunti lasciati dal Solito Sconosciuto e fu intitolato "Che fare?".
L'autore e altri cafoni andarono a distribuirlo negli altri paesi, ma mentre tornavano a Fontamara udirono degli spari. Era la guerra a Fontamara, chi aveva potuto era scappato, gli altri erano morti. Il narratore, il figlio e i pochi cafoni che erano con loro si salvarono nascondendosi nei campi. Non ebbero più notizie di nessuno del paese e vissero all'estero grazie all'aiuto del Solito Sconosciuto, ma non poterono restarci. Dopo tante pene, lutti, ingiustizie, odio, i cafoni superstiti si chiedono sempre: "Che fare?".

[modifica] Commento

Il narratore è interno e rappresentato da una famiglia di “cafoni”, i cui membri (gli zii di Elvira), che hanno ormai raggiunto in esilio l’autore, si alternano a raccontare, in un lungo flashback, ciascuno le proprie esperienze.

[modifica] I personaggi

I “cafoni” sono i miseri contadini meridionali proprietari al massimo di un asino o di un mulo, non hanno mezzi per difendersi e vivono in una perpetua ignoranza di cui approfitta persino colui che è considerato “l‘amico del popolo”, Don Circostanza, che rappresenta insieme la difesa e la rovina dei fontamaresi; la loro vita si ripete uguale di generazione in generazione segnata dal lavoro e dalla fatica. Essi sono consapevoli della disperata condizione in cui vivono, come spiegano ad un forestiero.

  • In capo a tutti c’è Dio, padrone del cielo. Questo ognuno lo sa.
  • Poi viene il principe Torlonia, padrone della terra.
  • Poi vengono le guardie del principe.
  • Poi vengono i cani delle guardie del principe.
  • Poi, nulla.
  • Poi, ancora nulla.
  • Poi, ancora nulla.
  • Poi vengono i cafoni.

E si può dire ch’è finito.

Il nome Fontamara racchiude in sé già un destino di sventure e sofferenze. Quasi tutti i nomi dei personaggi del romanzo non sono casuali: Don Circostanza, infatti si adegua alle diverse situazioni tenendo prima la parte dei contadini, quindi quella degli agiati cittadini, cercando sempre un tornaconto personale; Don Abbacchio il prete, richiama il verbo “abbacchiare” infatti egli non farà altro che deprimere i poveri abitanti della Marsica, ignorando persino il suicidio di Teofilo, sacrestano della chiesa di Fontamara; Don Carlo Magna è il ricco proprietario terriero; l'Impresario, il podestà abile a speculare su alcuni terreni acquistati da don Carlo Magna a poco prezzo e sui quali farà deviare l'acqua del ruscello di Fontamara riducendo alla miseria i cafoni; Innocenzo La Legge, il messo incaricato di portare i nuovi ordinamenti dalla città.

Berardo Viola, protagonista maschile del romanzo, è l’eroe del paese, violento ma altruista è il primo a sacrificarsi tra i cafoni per il bene della collettività: i cafoni infatti erano stati raggirati di continuo ed ogni appello ai notabili del paese risultava inutile poiché questi difendevano sempre gli interessi del ricco podestà, si ritrovavano così sempre più poveri ma ognuno non aveva pensato che al proprio appezzamento di terra, a sé stesso. Attraverso il suo personaggio Silone sembra sottolineare il bisogno che qualcuno muova all’azione, ponga fine alla totale indifferenza dei “cafoni”, sempre più sfruttati e tenuti nell’ignoranza dal nuovo regime che li induce lavorare in modo duro ed estenuante.

I cafoni non avevano mai rappresentato una vera minaccia per i gerarchi della potente città, da cui erano sempre stati osteggiati grazie alla cultura ed all’ingegno ma, nel momento in cui provano anche questi ad avvicinarsi al mondo scritto, sentiti come una forte minaccia vengono rapidamente fatti scomparire.

[modifica] Lo stile

Silone scrive in maniera molto leggibile, narrando l'azione in maniera umile, questo perché, come teorizza Dante, lo stile deve adattarsi all'argomento, e se si parla del mondo agricolo, allora anche la forma sarà umile.

Sul piano linguistico prevale una costruzione paratattica del periodo con un linguaggio piuttosto semplice e colloquiale che rispecchia l’ignoranza in cui vivono i contadini, mentre i cittadini più istruiti ed importanti si esprimono in una forma più ricercata e arricchita anche da citazioni e vocaboli latini.

Una sottile ironia diffusa attenua, talvolta, la tragicità di alcuni momenti. Ciò avviene ad esempio quando si riportano le riflessioni dei Fontamaresi, gli scherzi, gli abusi, che evidenziano l'ingenuità dei protagonisti.

Rispetto a Il segreto di Luca la denuncia nei confronti dell’ingiustizia diventa più ampia, da un singolo individuo ad un intero paese, alle ingiustizie che i suoi abitanti sono costretti a subire.

[modifica] Cinema

[modifica] Bibliografia

[modifica] Voci correlate

[modifica] Collegamenti esterni

Altre lingue


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