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Chiostri di San Martino - Wikipedia

Chiostri di San Martino

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Per approfondire, vedi la voce Certosa di San Martino.
Giorgio Sommer (1834-1914), Napoli. Chiostro dell'allora monastero di San Martino (che oggi è un museo). Ca. 1880
Giorgio Sommer (1834-1914), Napoli. Chiostro dell'allora monastero di San Martino (che oggi è un museo). Ca. 1880

I Chiostri di San Martino sono chiostri monumentali della città di Napoli e ubicati all'interno della Certosa di San Martino

Indice

[modifica] Storia

Sorti nel XIV secolo insieme al complesso su volere di Roberto d'Angiò e del figlio Carlo, Duca di Calabria e vennero completati dopo cinquant'anni sotto il regno do Giovanna I.

Costruito sulla collina di Sant'Elmo, il complesso divenne noto non solo per l'imporatanza religiosa e politicache i Certosini avevano assunto nel corso dei secoli, ma anche per la fortunata ubicazione che consentiva ai religiosi e ai visitatori di ammirare dai suoi giardini l'intera città. [1]

In origine c'era solo un chiostro molto ampio, a pianta quadrata con diciassette arcate per lato, mentre l'area che in seguito venne adibita a Chiostro dei Procuratori per alcuni secoli era stata destinata a orto per una vera economia di sussistenza e per la coltivazione di erbe mediche. La struttura rimase inalterata fino al 1578, anno di ristrutturazione e di ampliamento che compredevano il rifacimento del chiostro esistente, dei locali e dalla chiesa e la realizzazione di altri due chiostri.

[modifica] I Chiostri

Giorgio Sommer (1834-1914), Napoli. Pozzo del chiostro. Ca. 1880.
Giorgio Sommer (1834-1914), Napoli. Pozzo del chiostro. Ca. 1880.

[modifica] Il Chiostro grande

Il Chiostro grande venne realizzato sull'impianto trcentesco del chiostro originario. Notoriamente la paternita del progetto è attribuita al Fanzago sebbene in realtà essa rimanga tutt'ora ignota. alcuni studiosi ritengono che sia stato Giovanni Antonio Dosio, con il quale i Certosini avevano stipulato un contratto nel 1591. Resta tuttavia da stabilire in che misura il suo progetto sia stato utilizzato durante i lunghi lavori. Altri ritegono che Giovan Giacomo di Conforto, architetto del monastero ancor prima del 1618, avesse continuato l'opera del Dosio e che il Fanzago, il cui primo incarico risale al 1623, si intervenuto solo come scultore e decoratore. Tuttavia più recenti ricerche intraprese da Gaetana Cantone, danno luogo a una delle ipotesi più accreditate. [2] É certo comunque che il Fanzago dopo aver lavorato i collaborazione con Nicola Botti fino al 1626 abbia continuato da solo l'opera di pavimentazione del chiostro e del cimitero.

Le dimensioni del nuovo chiostro vennero impercettibilmente ridotte. Le arcate divennero sessanta, le colonne su cui esse poggiavano sessantaquattro. I materiali utilizzati furono il marmo grigio e bianco e il piperno. Il visitatore troverà spettacolari il pavimento dell'area sotto i portici, rifinito tra il 1629 e il 1643 in un gioco di chiaroscuri in marmo, e l'intarsio in marmo e piperno della balaustra che delimita il corpo di fabbrica superiore al piano del portico, dove, in corrispondenza delle colonne, si alternano sfere di marmo di Carrara a coppe di marmo bianco. Le statue a figura intera di San Martino e di San Bruno, collocate su basi di bardiglio sulla balaustra, giocano un valido contrasto con i busti che escono dalle nicchie di marmo poste sulle porte gemelle, e cioè di Sant'Ugo, San Brunone, il Beato Nicola Albergati, San Martino e San Dionisio, considerati il vero momento di felicità scultore di Cosimo Fanzago. Intorno al chiostro erano disposte le celle con la vista sulla città; vi erano delle piccole finestre dalle quali i frati riceveveno i pasti.

Di età manierista è la spettacolare cisterna, capolavolro di ingeneria idraulica. Sconosciuto l'autore che la realizzo nel 1578, si sa che il fanzago vi apportò delle modifiche nel 1623. Pur non consentendo la purificazione dell'acqua in modo efficace, il sistema idraulico si rivelò quanto mai ingegnoso non che incantevole a vedersi, tale scenografia giocata su una macchina apparentemente perfetta. Profonda cinquanta metri e larga otto metri e cinquanta, essa è raggiungibile grazie a una scala interna in tufo. All'interno del pozzo, un ballatoio pensile e circondato da una balaustra in tufo grigio e formata da piccoli pilastri che si alternano a balaustrini. L'acqua vi guingeva tramite otto finestrine che davano ad altrettanti pozzi. Il parapetto della cisterna, ottagonale, e oranto da teste di mostri, è sormontato da due colonne doriche con un fastigio di tre obelischi piccoli in breccia rosa del Gargano. In fondo al pozzo vi sono due chiavi di cui una, la più antica, innestata nella bocca di una testa di marmo, ricorda le bocche delle antiche fontane.

A nord-est del Chiostro si ammira il Cimitero dei Certosini, altro tipico esempio di arte del Fanzago. Di notevole interesse è la soluzione decorativa dei tesche e delle ossa legati da nastri. [3] Nel recinto vi è la croce di marmo angioina di mormo collocata in onore del priore don Pedro Villa Mayna.[4]

[modifica] Chiostro dei Procuratori

Chiostro dei Procuratori
Chiostro dei Procuratori

Il Chiostro dei Procuratori, opera del Dosio, risalente alla fine del XVI secolo. Il portico ad arcate che non hanno la stessa distanza, e a due ordinio di lesene in marmo, in cui vige il contrasto tra il grigio e il bianco. Il pozzo, realizzato da Felice de Felice, si apre in superficie con una vasca ornata con richiami da pozzo del Chiostro grande. Due colonnine doriche sorregono un'architrave.

Del Fanzago sono i festoni di frutta.

[modifica] Note

  1. ^ "La situazione di questo magnifico edificio, è una delle più belle dell'universo. Ad un colpo d'occhio tu vedi la città a te sottoposta. Da una parte guardi il delizioso cratere con le sue isole, dall'altra le vanghe colline di Capodimonte, ed in prospetto la bella pianura della Campagna felice sino a Caserta".
    Camillo N. Sasso, Storia de' Monumenti di Napoli e degli Architetti che li edificavano, 1856.
  2. ^ "Se il Giovanni Antonio Dosio ha redatto un progetto per il chiostro, questo non è stato mai realizzato. A spigare l'influsso del Dosio nell'opera di Fanzago [...] possono bastare la collaborazione del di Conforto, una commitenza indubbiamente informata e colta, educata alla stessa frequentazione del Dosio e, perché no?, la scelta da parte di Cosimo Fanzago di un modello di riferimento fiorentino".
    Gaetana Cantone, Napoli barocca e Cosimo Fanzago, 1984.
  3. ^ motivo ricorrente nella scultura napoletana del XVII secolo e molto utilizzato nella decorazione della Chiesa del Purgatorio ad Arco e nel sepolcro dei fratelli Ghetti nella Chiesa di Sant'Angelo a Nilo
  4. ^ morto nel 1363

[modifica] Fonti


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