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Angelo Poliziano - Wikipedia

Angelo Poliziano

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Angelo Poliziano.

Angelo Ambrogini detto Poliziano, dal nome latino del paese d'origine (Mons Politianus) (Montepulciano14 luglio 1454 – Firenze29 settembre 1494) è stato uno scrittore, umanista e drammaturgo italiano.

Cristoforo Landino (al centro) accanto a Angelo Poliziano, dettaglio della scena dell' Annuncio dell'angelo a Zaccaria, Domenico Ghirlandaio, Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze
Cristoforo Landino (al centro) accanto a Angelo Poliziano, dettaglio della scena dell' Annuncio dell'angelo a Zaccaria, Domenico Ghirlandaio, Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze

Indice

[modifica] Biografia

Angelo Poliziano fu forse il maggior poeta del Quattrocento. Ad eccezione di una parentesi alla corte mantovana dei Gonzaga, visse a Firenze, sotto la protezione di Lorenzo il Magnifico. Si dedicò soprattutto alla letteratura e frequentò pochi e dotti amici, come Marsilio Ficino e Pico della Mirandola. All'attività di poeta affiancò quella di filologo, grazie alla sua conoscenza del mondo antico e delle lingue classiche.

[modifica] Opere

[modifica] Le Stanze per la giostra del Magnifico Giuliano

L'opera (1475-78) risponde alla precisa esigenza dei Medici di compiere un processo di rifeudalizzazione. Questa necessità politica si esprimeva ad esempio in un rinnovato interesse per le giostre, i cavalieri, ecc.. Le Stanze sono dedicate a Giuliano de' Medici, fratello di Lorenzo. È un'opera encomiastica, di celebrazione della famiglia (Giuliano viene chiamato addirittura Iulio). Poliziano opera una trasfigurazione della realtà in chiave mitica, idilliaca. I personaggi e i fatti narrati sono riportati in chiave mitologica. Sono presenti i topoi del locus amoenus e dell'età dell'oro (in cui erano assenti pene e tormenti dovuti all'amore). Nella descrizione del regno di Venere, usa diverse personificazioni molto simili a quelle che usa Petrarca nei Triumphi. L'opera si sviluppa lungo la storia di Iulio, un uomo dedito solo alla caccia e lontano dall'amore. Cupido decide di colpirlo con una delle sue frecce facendolo innamorare di Simonetta (Simonetta Cattaneo era la moglie di Marco Vespucci) (il nome è lo stesso della donna amata da Giuliano), una bellissima ninfa. In quest'opera, di ispirazione platonica, l'amore è visto come via per l'elevazione ad un mondo ideale, attraverso l'esercizio della virtù. Ne è prova evidente il sogno di Iulio nel II libro: la donna assume le sembianze di Minerva, dea della sapienza e della filosofia. L'opera è rimasta incompiuta: il tema della giostra e della vittoria non sono neppure trattati. Essa termina con il secondo libro, quando Venere cerca di convincere Iulio ad organizzare un torneo in onore di Simonetta.

[modifica] L'Orfeo (o Favola di Orfeo)

L'Orfeo è un breve componimento teatrale in metro vario. Risulta essere uno dei primi testi teatrali italiani di argomento profano, narrando delle vicende di Orfeo ed Euridice. La trama è quella classica, con poche variazioni: insidiata da un pastore, Euridice cade vittima del morso di un serpente. Orfeo, il suo amato, leggendario musico, si reca nell'Ade per chiedere attraverso la sua arte la grazia per l'amata, ottenendola a patto che, nella loro risalita verso il mondo dei viventi, Orfeo non si volti a guardarla. Orfeo disobbedisce a questa legge, e perde per sempre l'amata. Tornato alla luce del sole, lo sventurato si ripromette di volgersi solo all'amore dei fanciulli, non potendo più amare altra donna. Adirate per questo, alcune Baccanti decidono di ucciderlo e farlo a pezzi. L'opera si conclude con una ballata, probabilmente recitata a più voci, che le Baccanti intonano in onore a Bacco.

L'opera ha goduto di una discreta fama presso i suoi contemporanei. Le componenti dichiaratamente misogine e pederastiche del finale nel corso dei secoli sono spesso incorse in censura, per esempio nel periodo della Controriforma.

[modifica] Rime

Sono giunti fino a noi più di un centinaio di rime opera del Poliziano. La maggior parte (circa cento) sono rispetti (altrimenti detti strambotti), ovvero singole ottave solitamente di schema ABABABCC. Sono detti spicciolati perché "autoconclusivi", monostrofici. Resta il dubbio se la disposizione dei componimenti sia o meno opera di Poliziano, con conseguenti tentativi (specialmente da parte del Pascoli) di riconoscere "gruppi" di rispetti consecutivi connessi con logicità. Attualmente solo uno di tali gruppi ha resistito alla disamina dei filologi. Il resto dei componimenti, concentrati alla fine della raccolta, sono principalmente ballate e canzoni.

I temi di quest'opera sono sempre giocosi e disimpegnati; convergono principalmente verso i canoni dell'amor cortese, spesso parodiandoli e sovvertendoli, verso la lode della propria amata (Ippolita), e verso tematiche galanti e scherzose, come la presa in giro di spasimanti troppo anziane o di donne troppo restie. Vi è un'unica canzone di argomento impegnato, e si tratta della conclusiva, un inno alla Vergine Maria, forse con riferimento al Canzoniere petrarchesco (manca però naturalmente tutto il complesso impianto autobiografico e il percorso di conversione dell'opera del vate fiorentino).

Lo stile è molto popolareggiante, a volte quasi con ostentazione (specialmente in alcune canzoni, che sembrano costituite da centoni di proverbi popolari), ma senza per questo risultare affettato, nonostante il Poliziano fosse una delle persone più colte e raffinate del suo tempo. Sono presenti anche versi sdruccioli e trovate metriche poco convenzionali. Lo scopo dei componimenti è probabilmente puramente intrattenitivo, all'interno di una ristretta cerchia di giovani e acculturati viveur. Per questo, Poliziano talvolta si concede riferimenti a episodi o persone conosciute solamente dall'uditorio.

[modifica] Prælectiones

Le Sylvæae sono quattro:

  1. Manto (1482)
  2. I Rusticus (1483) ]
  3. Ambra (1485)
  4. Nutricia (1486)

[modifica] Pre-lezioni latine in prosa

  1. Dialectica (1493) introduzione ad un corso sulla filosofia aristotelica
  2. Lamia (1492) contro chi lo aveva burlato per i tardivi interessi filosofici
  • Sylva in scabiem (1479)

[modifica] Elegie latine

  1. Elegia in morte di Albiera - (Elegia in Albieram Albitiam puellam formosissimam morientem ad Sismundum Stupham eius sponsum

Componimento in distici elegiaci, ispirato dalla morte di Albiera degli Albizi (o Albizzi) avvenuta il 14 luglio del 1473 e dedicato al suo fidanzato Sigismundo dalla Stufa (presso il quale Poliziano prestò servizio di segretario fino all'autunno del 1473, quando passò a servizio in casa Medici). Il componimento (spesso definito poemetto per la sua estensione e la sua intricata struttura poetica) ci è tramandato da tre testimoni: due manoscritti, l'uno conservato a Torino (T) (che riporta una intera silloge di componimenti di vari autori in morte di Albiera) e l'altro presso la biblioteca Corsini di Roma (C) (un codice trascritto da Baldinotti), e da una stampa, L'aldina contenente le opere di Poliziano. Il componimenti sviluppa il tema della morte tragica della fanciulla partendo da nuclei tematici tratti da autori classici, in primo luogo tratti da Stazio (Sylvae in particolar modo), ma anche dalle Metamorfosi di Ovidio, e da Virgilio. L'imitazione, spesso vicina al calco, di Stazio pervade l'intero componimento. Infatti nello stesso periodo Poliziano andava postillando il suo "codex domesticus" delle sylvae di Stazio, l'incunabolo Corsiniano (contenente anche le opere di Catullo, Tibullo e Properzio). Fondamentale nel componimento risulta la figura della "Febris" (la cui dipendenza da moduli classici, ma soprattutto la sua sostanziale portata innovativa è stata messa in luce da un fondamentale articolo di Perosa), espediente mitico per spiegare la morte della giovane ragazza.

  1. In Lalagen
  2. In violas

[modifica] Poliziano grecista

Poliziano si distinse anche nel campo della letteratura greca: nella lettera al re d'Ungheria Mattia Corvino si vanta di essere il primo italiano nel giro di un millennio a sapere il greco come i Greci. Il che, superbia a parte, è vero: e talora le sue lezioni sono ancora riportate nei moderni apparati critici dei testi greci, merito che a nessun umanista, nemmeno al Valla, tocca. Si occupò anche nella letteratura greca di autori post-classici come gli Alessandrini: è mirabile la sua edizione del V inno di Callimaco senza accenti per evitare un anacronismo (gli accenti e gli spiriti furono introdotti da Aristofane di Bisanzio) anche se questo sua sottigliezza non ebbe seguito. Inoltre sin da giovane fu in grado di comporre in greco: dopo la già ricordata mirabile traduzione in esametri dei libri II-V dell'Iliade, iniziò a scrivere epigrammi in vari metri di cui ne sono sopravvissuti una cinquantina, talora con errori di metrica e prosodia ma che mostrano un vocabolario eccezionalmente vasto, specie per un ragazzo non madrelingua.

[modifica] Altri progetti


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