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Storia di Reggio Emilia - Wikipedia

Storia di Reggio Emilia

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Voce principale: Reggio Emilia.

I primi insediamenti nell'area che diverrà la città di Reggio Emilia sono testimoniati dai cimeli raccolti nel Civico Museo di paletnologia. Essi attestano che il territorio reggiano era abitato sin dall'età preistorica, ma le origini della città sono avvolte nella leggenda. Ai Liguri, agli Etruschi, ai Galli Boi, se ne attribuisce variamente la fondazione; altri, sull'autorità di Plinio, affermano che soggiogati questi ultimi dai Romani (560 di Roma) fosse dedotta da Roma a Reggio una colonia.

Indice

[modifica] Età Romana

Le prime fonti storiche scritte che parlano del territorio di Reggio Emilia sono di Tito Livio quando nel 187 A.C. ci narra della guerra condotta dai Romani contro i Liguri Friniates che abitavano l’ Appennino Tosco - Emiliano. In questo racconto Tito Livio ci narra che il console Marco Emilio Lepido al comando delle legioni Romane inseguì, depredò, bruciò per valli e monti i Liguri fino ai monti Ballistam (Monte Valestra)e Suismontiumque(Pietra di Bismantova) e dopo un difficile assedio li sconfisse in battaglia in campo aperto e per questo eresse un tempio a Diana. Poi proseguì la lotta attraversando gli Appennini verso i territori romani (cis) e sconfisse gli altri Liguri Friniates che abitavano la Garfagnana ovvero valle del Serchio, probabilmente passando per i passi di Pradarena o delle Forbici/Radici, visto che i passi del Cerreto/Ospedalaccio o Lagastrello danno accesso alla Lunigiana ovvero valle del fiume Magra, che lo stesso Tito Livio ci dice abitata dai liguri Apuani. Una volta sconfitti i Liguri Friniates della Garfagnana il console Marco Emilio Lepido tornò in Emila-Romagna e diede inizio alla costrizione della via che poi prenderà il nome di Via Emilia e che collegava/a Rimini con Piacenza su cui sorgeranno le città di Parma, Reggio Emilia e Modena. E verosimilmente il termine Lepidum Regium potrebbe stare ad indicare il territorio oggetto della vittoriosa campagna militare condotta dal console Marco Emilio Lepido. A riconferma degli interessi romani, per il controllo dell’alta valle del fiume Secchia e dei percorsi appenninici reggiani, sono il ritrovamento in località S.Bartolomeo/Gatta di una necropoli Romana, avvenuta negli anni “1970” durante l’esecuzione di lavori stradali.

Marco Emilio Lepido
Marco Emilio Lepido

Se non l'origine, Reggio deve sicuramente da Roma una importante rifondazione. Marco Emilio Lepido, console romano, apre sul margine delle paludi la via Emilia, che da Piacenza conduce a Rimini (567 di Roma — 187 a.C.), rende Reggio centro per l'amministrazione della giustizia su tutta la provincia consolare e vi stabilisce un foro chiamato dapprima Lepidi, poi Lepidum Regium, infine Regium. Marco Emilio Lepido quindi, se non il fondatore, è considerato il restauratore della città.

Scarse nella storia di Roma le notizie di Reggio. Tra gli scrittori che la citano, Festo e Cicerone la ricordano come una delle stazioni militari lungo la via Emilia. La città romana divenne fiorente e fu elevata al grado di municipio con propri statuti, magistrati e collegi d'arte.

[modifica] Cristianesimo e alto medioevo

Il cristianesimo vi è predicato da S. Apollinare (a. 60 d. C.), ma solo dopo l' editto di Milano del 313 si hanno notizie certe di una cattedra vescovile (vedi articolo diocesi di Reggio Emilia). Si ha notizia che nel 440 la diocesi reggiana fu resa suffraganea di Ravenna per opera dell'imperatore Valentiniano III.

Verso la fine del IV secolo Reggio era così decaduta che Sant'Ambrogio la annovera fra le città semidirute. Le invasioni barbariche ne accrebbero i danni. Alla caduta dell' Impero d'Occidente (476 d. C.) soggiacque ad Odoacre, re degli Eruli, nel 489 passò ai Goti, nel 539 agli Esarchi di Ravenna e poi (569) ad Alboino, re dei Longobardi, che la eresse a sede di un ducato.

Assoggettata dai Franchi nel 773, Carlo Magno conferì al vescovo l'autorità regale sulla città e stabilì i confini della diocesi (781). Nel 888 passò ai re d'Italia. Gravi danni ebbe a soffrire dall' invasione degli Ungari (899), che uccidono il vescovo Azzo II. Il clima di instabilità rese necessaria l'edificazione delle mura. L'imperatore Lodovico III concederà al vescovo Pietro, il 31 ottobre del 900, il permesso di erigere mura (castrum) nella parte centrale della città.

Intanto parallelamente all’autorità vescovile sorge quella dei conti. Azzo Adalberto, figlio di Sigifredo di Lucca, di stirpe longobarda, fonda intorno all'anno 940 il castello di Canossa, che ospita poco dopo (950) Adelaide vedova di Lotario I, re d'Italia, fuggita dalla prigione del Garda.

[modifica] Dopo il Mille

Nel 1002 il contado di Reggio insieme con quello di Parma, Brescia, Modena, Mantova e Ferrara forma la marca del Marchese Tedaldo di Canossa e che poi divenne (1076) il patrimonio della Contessa Matilde. Durante il governo di questa celebre donna il castello di Canossa fu testimone della storica umiliazione di Enrico IV imperatore di Germania al cospetto di papa Gregorio VII durante il conflitto fra la Chiesa e l'Impero per la questione delle investiture ( Vedi Canossa).

[modifica] Libero Comune

L'umiliazione di Enrico IV fu il culmine di un processo di crisi dell'autorità imperiale in Italia a vantaggio delle libertà comunali. Sul finire dell'XI secolo o forse principio del XlI, anche Reggio si regge a Comune. Nel 1167 la città fa parte della Lega Lombarda contro Federico Barbarossa; partecipa alla congiura di Pontida e alla battaglia di Legnano. Nel 1183 la città sottoscrive il trattato di Costanza con cui il console reggiano Rolando della Carità riceve l'investitura imperiale. Il periodo di pace ebbe effetti positivi per la sviluppo civile: nel 1199 il governo di Reggio adotta dei nuovi statuti, si coniano monete, vengono aperte scuole chiamandovi celebri maestri, i commerci si intensificano e il nuovo clima di prosperità favorisce anche le arti. Anche i castelli del territorio vengono progressivamente sottomessi alla città.

[modifica] L'epoca delle discordie civili

I secoli XII e XIII furono tormentati da gravi conflitti interni. La guerra con Parma (1152), le lotte tra le fazioni dei Scopazziati e dei Mazzaperlini, la guerra con Modena, la guerra con Mantova, le discordie tra i Ruggeri e i Malaguzzi (1232), poi quelle tra i Sessi e i Fogliani che assunsero il carattere di lotte fra guelfi e ghibellini, rendono instabile il quadro politico dell'epoca.

[modifica] La guerra con Modena

La guerra tra il comune di Reggio ed il comune di Modena scoppiò nel 1201 a causa di una prepotenza di quest'ultimi[citazione necessaria].
Vigeva da molto tempo tra le due città un accordo per l'uso delle acque del fiume Secchia; all'epoca era vitale l'utilizzo dei corsi d'acqua, che permettevano il funzionamento di numerose attività economiche. Nel 1201 i modenesi occuparono alcune terre sulla sponda reggiana del fiume (Casalgrande), per ottenerne il completo controllo.
I reggiani non si fecero sorprendere e, guidati dal podestà Doinabello, contrattaccarono sconfiggendo e inseguendo i modenesi fino a Formigine; molti di questi furono catturati, tra cui il podestà Alberto da Lendinara. I prigionieri furono impiegati nella costruzione delle mura attorno al castello di Rubiera, in opposizione alla rocca innalzata dai nemici a Marzaglia ad appena 3 km di distanza, sulla sponda opposta del fiume, per poi essere ricondotti a Modena con in bocca una cannuccia.
Nel 1202 i modenesi assieme agli alleati ferraresi e veronesi assediarono Rubiera, ma non riuscendo ad espugnarla chiesero la mediazione dei podestà di Parma e Cremona, che però assegnarono la vittoria a Reggio.

[modifica] La guerra con Mantova

La guerra tra Reggio e Mantova scoppiò nel 1205 a causa della presa da parte dei reggiani del castello Carlasario di Suzzara. Un contrattacco dei mantovani, aiutati da ferraresi e cremonesi (questi ultimi avevano stipulato in precedenza un patto d'alleanza con Reggio), sbaragliò gli occupanti.
Sebbene Cremona avesse stipulato in precedenza un patto d'alleanza con Reggio, questo non ebbe alcuna importanza nella guerra, poiché scopo del conflitto per i reggiani era di occupare non solamente Suzzara, ma anche i possedimenti mantovani e cremonesi.
Questa prima fase della guerra terminò con una vittoria di Reggio, alla quale si erano associate Bologna, Imola e Faenza. Tuttavia nel 1215 le ostilità ripresero, con l'assedio dei reggiani e dei (questa volta alleati) cremonesi a Gonzaga, assedio però non risolutivo.
Nel 1220 Reggio e Cremona, aiutate dai contadini di Fabbrico e Campagnola assediarono nuovamente Gonzaga, che finalmente cadde; è di quel periodo lo scavo del Cavo Tagliata tra Guastalla e Luzzara, da parte dei reggiani e cremonesi. Quattro anni più tardi in uno scontro contro i mantovani morì Jacopo della Palude, capitano dei reggiani. Nel 1225 per opera di Ravanino Bellotti, cremonese, podestà di Reggio si conclude il conflitto con un accordo: Gonzaga ai mantovani, Bondeno d'Arduino ai reggiani e comune giurisdizione su Pegognaga.


Nel 1260 Reggio fu testimone di un episodio di grande fervore religioso: un eremita perugino predicò in città seguito da una folla di 25.000 penitenti. Per qualche tempo si ebbe una diminuzione degli odi civili e si verificarono scene pubbliche di abbracci, conversioni e presenza di flagellanti. Dopo non molto però i dissidi e gli scontri ripresero come prima.

Nel 1265 si videro i guelfi prevalere sui ghibellini con l'uccisione del capo di questi ultimi, Caco da Reggio. Cio' non porto alla pace interna e proseguirono i dissidi fra vescovo e comune e la divisione civile, con la formazione del partito degli Inferiori e dei Superiori, questi utlimi infine vittoriosi.

Il XIII secolo vide anche la fondazione della Zecca di Reggio, con concessione imperiale del 1219.

[modifica] L'entrata in scena degli Este

Per metter pace alla città, sottoposta agli arbitri delle potenti famiglie dei Sessi, dei Fogliani, dei Canossa, il Senato deliberò di affidare per un triennio il governo al Marchese Obizzo II d'Este, signore di Ferrara. Questa scelta segna l'inizio del dominio, più volte interrotto, degli Este su Reggio e getta le basi per la futura trasformazione del libero comune in signoria. Obizzo accettò l'incarico per un anno, ma in realtà continuò a governare anche alla scadenza del mandato. La carica venne trasmessa al figlio Azzo, finché i reggiani, aiutati da Gilberto da Correggio, signore di Parma, cacciarono l'Estense ripristinando le libertà cittadine (1306). In una prima fase la città fu retta da aristocratici, in seguito divenne una repubblica governata da 800 popolani

Nel 1310 sceso in Italia Enrico VII fu imposto il Marchese Spinetto Malaspina come vicario imperiale, ma venne dopo poco cacciato dalla città.

La repubblica non ebbe però vita lunga. Nel 1326 il card. Beltrando del Poggetto occupava la città in nome del papa Giovanni XXII;

La città fu in seguito tenuta dal re Giovanni di Boemia, Nicolo Fogliani e da Martino della Scala che, nel 1336 ne investì Luigi Gonzaga. Questi, proclamato principe di Reggio per meglio assicurarsene il possesso, costruì una cittadella nel quartiere di S. Nazario facendo abbattere 144 case tra cui palazzi ed edifici di pregio. Nel 1356 i Visconti di Milano, intenzionati ad espandersi in Emilia, con l'aiuto di 2000 fuorusciti occuparono la città. Respinti dai Gonzaga si rinchiusero nel monastero di S. Prospero, fuori S. Stefano, uno dei più importanti dell' ordine benedettino. Il monastero fu riconquistato da Feltrino Gonzaga che ne ordinò la demolizione totale, sebbene i cittadini facessero richiesta di risparmiarlo. Infine gli stessi Gonzaga vendettero la città ai Visconti per 5000 ducati d'oro. Alla morte di Gian Galeazzo Visconti Ottobono Terzi, tiranno di Parma, si impossessò di Reggio (1405); fu ucciso a Rubiera da Michele Attendolo Sforza, capitano di ventura al soldo di Nicolò III d'Este, che diviene signore della città (1409).

Nei patti con i quali Reggio consegnava la propria sovranità agli Este, la città avrebbe conservato una larga autonomia: mantiene il diritto di far leggi, battere moneta e amministrare la giustizia. A Nicolò seguì nel 1442 il figlio naturale Lionello, che governò fino al 1450. A lui successe il figlio Borso d'Este.

[modifica] Ducato di Reggio

Finalmente nel 1452 Borso d'Este ottenne dall'imperatore Ferdinando III il titolo di duca di Modena e di Reggio. Il suo successore il duca Ercole I d'Este è ricordato per i pesanti tributi cui sottopose la città, e per avere dato al poeta Matteo Maria Boiardo la carica di governatore della città con il compito di liberare le campagne dall'imperversare di banditi

Ad Ercole successe nel 1595 Alfonso I che otto anni dopo consegnava la città al duca d'Urbino e al papa Giulio II. Entrata nell'orbita pontificia, la sovranità passò prima a Leone X e poi ad Adriano VI.

Durante il dominio pontificio una particolare contesa delle monache di S. Raffaele aveva inimicato le famiglie dei Bebbi e degli Scaiola e dato origine alle fazioni della Tovaglia e della Cucina. A comporre il dissidio e ridare quiete alla città, si era adoperato il governatore Giovanni Gozzadini, bolognese. Ma i Bebbi, da lui esiliati, ordirono una congiura e lo pugnalarono nella cattedrale, mentre ascoltava la messa (28 giugno 1517). Lo Storico e giureconsulto fiorentino Francesco Guicciardini che gli successe, tentò di pacificare gli animi e di liberare le montagne dai banditi che le infestavano capitanati da Domenico Amorotto da Carpineti.

Morto Adriano VI la città ritornò agli Este con Alfonso I , che fu accolto da festeggiamenti il 29 settembre 1523. Il duca Alfonso dovette comunque pagare una grossa somma al papa per avere dall'imperatore Carlo V la conferma della sua investitura, che ebbe luogo nel 1531.

Ad Alfonso (m 1534) seguì Ercole II, figlio di Lucrezia Borgia che fortificò le mura della città distruggendo i sobborghi per un miglio all'intorno nel 1551 (la cosiddetta Tagliata).

Ad Ercole succedette Alfonso II, al quale morendo senza successori, succedette il cugino Cesare che, per la sua condizione di figlio naturale, perdette il ducato di Ferrara, che divenne parte dei domini pontifici (1598). La capitale fu pertanto spostata da Ferrara a Modena. In questi anni Reggio ebbe una importante fioritura artistica legata al cantiere della basilica della Ghiara.

Il duca Cesare regnò per trent'anni. Morì nel 1628 e il diretto successore Alfonso rinunciò al trono perché divenne frate francescano. Il ducato passò quindi a Francesco I, che dovette fronteggiare passaggi di truppe e tentativi di annessioni da parte di eserciti stranieri e anche l'epidemia di peste, che a Reggio fece circa 6000 vittime.

Il successore Alfonso IV morì a ventotto anni nel 1662. Fece in tempo però a ricevere dalla Spagna, nel 1659, il principato di Correggio, che era stato oggetto di contese negli anni precedenti.

La signoria Estense continuò senza interruzioni fino all' anno 1702, quando la città e il territorio furono occupati dai Francesi e Spagnoli e più tardi (1733-34) anche dagli imperiali per la guerra di successione.

Il trattato di Aquisgrana (1748) restituì il ducato a Francesco III al quale seguì (1780) Ercole III, ultimo del ramo diretto degli Estensi. Il duca Ercole seguì la politica dell'assolutismo illuminato, promuovendo opere pubbliche e limitando l'influenza del clero. Con lo scoppio della Rivoluzione francese e le conseguenti invasioni degli eserciti napoleonici fuggì dal ducato lasciando una reggenza (8 maggio 1796) e negoziando con Napoleone Bonaparte un pesante armistizio.

[modifica] Età napoleonica

Sfilata della Guardia Civica in costume napoleonico
Sfilata della Guardia Civica in costume napoleonico

L'arrivo a Reggio dei francesi, accolto con visibile entusiasmo, aprì gli animi a molte speranze. Nella notte dal 20 al 21 agosto 1796 è cacciato il presidio ducale di 600 uomini; il 26 i francesi piantano sulla piazza l'albero della libertà e nello stesso giorno il Senato avoca a sé il governo della città e del ducato di Reggio, proclamando la Repubblica Reggiana. Il 26 settembre giunge notizia che una colonna d' austriaci, varcato il Po, avanza su Reggio. Il Governo Provvisorio convoca la guardia civica e con volontari ne forma un corpo al comando del capitano Carlo Ferrarini. Gli austriaci, rinchiusisi nel castello di Montechiarugolo, sono obbligati dopo combattimento alla resa, lasciando 144 prigionieri, tre carriaggi e tutte le armi. Alla battaglia, di per se di scarsa importanza, venne dato un particolare significato risorgimentale perché fu considerato il primo sangue versato per l'indipendenza italiana. Ugo Foscolo chiamò Reggio "città animatrice d' Italia"

Lo stesso Bonaparte si felicitò coi reggiani e li premiò con 500 fucili, 4 cannoni e una bandiera ma sui primi di ottobre, rotto l'armistizio, occupava il ducato incitando i popoli dell'Emilia ad unirsi in una sola repubblica. Nel congresso tenuto a Reggio (27 dicembre 1796-9 gennaio 1797), di cui Napoleone era l'organizzatore non ufficiale, i delegati delle città di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio proclamarono (30-dicembre) la repubblica cispadana "una e indivisibile" e decretavano (7 gennaio 1797) l'aspetto dello stendardo o bandiera cispadana, il primo tricolore verde, bianco, rosso (con i colori disposti a bande orizzontali). Contemporaneamente in Lombardia si formò la Repubblica Cisalpina, fuse poi entrambe nella effimera repubblica italiana. Il territorio reggiano venne a costituire il Dipartimento del Crostolo.

Napoleone ebbe modo di vanificare le speranze repubblicane quando, cinta la corona imperiale di Francia (1804), si proclamò a Milano re d'Italia. Si ricorda che nel governo del primo regno italico ebbero importanza i reggiani Paradisi, Lamberti, Veneri, Venturi.

[modifica] La restaurazione

Il trattato di Vienna del 1815 restituì il ducato di Reggio a Francesco IV il quale rimise in vigore l'antico codice estense e gli ordinamenti anteriori al 1797. Soppresse ancora la libertà di stampa, richiamò i gesuiti cui riaffidò l'insegnamento, e istituì a Rubiera il tribunale statario per giudicarvi i colpevoli del reato di carboneria. Di essi ne imprigionò gran numero e nove furono condannati a morte. Sette erano fuggiti in tempo e dei due detenuti solo Giuseppe Andreoli, sacerdote ventottenne, salì il patibolo (17 ottobre 1822). Al governo estense si deve la costituzione e organizzazione del manicomio di San Lazzaro, che ebbe un importante ruolo nella storia della psichiatria.

Pare che il duca per un certo periodo accarezzasse l'idea di divenire re d'Italia per cui prese contatti col patriota Ciro Menotti. Scoppiata però a Modena l'insurrezione (3 febbraio 1831), lo fece arrestare e, costretto a fuggire, lo portò con se in ostaggio a Mantova. A fronteggiare gli eventi i reggiani organizzarono un corpo di truppe al comando del generale Carlo Zucchi, ma il 9 marzo il duca rientrava scortato da soldati austriaci, e poco dopo, sugli spalti della cittadella di Modena, Ciro Menotti e Vincenzo Borelli di Reggio salivano il patibolo (23 maggio 1831).

Francesco V, succeduto al padre nel 1846, fu l'ultimo duca di Reggio. Sotto il suo governo venne costruito il maggior monumento reggiano del XIX secolo, il Teatro Municipale. Spaventato dai moti di Milano e dalla rivoluzione di Vienna, abbandonava due anni dopo lo stato riparando in Austria. Reggio istituì allora un governo provvisorio unitosi poi con quello di Modena, e proclamò l' annessione al Piemonte. La sconfitta di Novara riportò la città sotto l'Estense, ma quando nel 1859 questo fu a sua volta sconfitto, Reggio si aggregò all'Italia ed ebbe come dittatore Luigi Carlo Farini Il plebiscito del 10 marzo 1860, con 50.012 voti contro 77 (lo 0,15% di voti contrari) sanzionò l'annessione al Regno d'Italia.

[modifica] Reggio nel regno d'Italia

Nel 1901 nasceva la Camera del Lavoro che aggregava 202 organizzazioni economiche con quasi 30.000 iscritti. La conquista del Comune di Reggio nelle elezioni del 1899 e la nomina a sindaco di Alberto Borciani furono il segno di un cambiamento epocale che mutò profondamente il volto della città. In quegli anni la crescita economica e demografica (la popolazione del Comune passa da 50.000 abitanti nel 1851 ai 70.000 del 1911) portò, come in altre città italiane, all’abbattimento delle storiche mura (avviato già nel 1873) e l’inizio dell’espansione urbanistica verso il forese. L’amministrazione socialista avviò una serie di municipalizzazioni di servizi (farmacie, acqua, elettricità), mentre la Cooperative di Lavoro si organizzavano in Consorzio nel 1904. Dopo la parentesi della sconfitta elettorale del 1904-1907, il Comune socialista proseguì nella sua politica di innovazione sia nel settore scolastico che edilizio (la costruzione delle Case Operaie) mentre l’industria iniziava a consolidare la propria presenza nell’economia locale. La nascita delle OMI (Officine Meccaniche Reggiane) ad opera di Giuseppe Menada nel 1901 era un segnale importante anche per il coinvolgimento nell’operazione di capitale non reggiani.

[modifica] La prima guerra mondiale e il fascismo

Monumento ai caduti della I guerra mondiale
Monumento ai caduti della I guerra mondiale

Lo scoppio della prima guerra mondiale accelerò il processo di sviluppo del settore industriale sia per l’attività bellica che nella preparazione di manodopera specializzata che avrebbe contribuito in maniera decisiva allo sviluppo del settore meccanico agricolo. La fine del conflitto e l’acuirsi della scontro sociale furono vissuti drammaticamente nel reggiano dove la predominanza socialista fu confermata nelle elezioni del 1919. Ma questo predominio non fu sufficiente ad opporsi all’azione dei ceti agrari e industriali che trovarono alleati la piccola borghesia commerciale danneggiata dall’affermarsi della cooperazione di consumo per favorire l'insorgere del fascismo. Nel ventennio fascista si contano nella sola provincia di Reggio 48 assassini politici di stampo squadrista.

[modifica] La seconda guerra mondiale e la resistenza

La seconda guerra mondiale accelerò il razionamento dei beni di prima necessità (nel 1942 si arrivò a razioni quotidiane di 150 g. di pane al giorno/persona), l’inadeguatezza della macchina bellica fascista, il crollo dei fronti di guerra si ripercossero sulla tenuta del regime. Il grande corteo del 26 luglio 1943 che a Reggio salutò la caduta del fascismo e le feste in tutta la provincia ne furono la conferma.

Il territorio reggiano diviene luogo di formazione di bande partigiane. La prima, quella dei Fratelli Cervi (figli di Alcide Cervi), pagò con l’uccisione dei sette fratelli l’aver anticipato la lotta armata che comunque dilagò, nonostante l’esecuzione di don Pasquino Borghi [1] e di altri otto patrioti. Complessivamente si contano più di 600 partigiani morti durante la resistenza. Ebbero luogo anche diverse rappresaglie di tedeschi o fascisti nei confronti della popolazione civile. Di seguito si indicano le stragi con più di 20 vittime:

  • La Bettola (Vezzano sul Crostolo) 32 uccisi (vedi Eccidio della Bettola)
  • Cervarolo (Villa Minozzo) 24
  • Legoreccio (Vetto) 23
  • Villa Minozzo 22
  • Villa Cadè 21
  • Ponte Cantone (Calerno) 20

Fra le vittime civili vi furono 74 reggiani che furono deportati e uccisi nei campi di concentramento, fra cui 10 ebrei. A questo proposito è da ricordare il parroco di Quara don Enzo Boni Baldoni, insignito del titolo di Giusto delle Nazioni per avere salvato diversi ebrei reggiani.

Il 25 aprile 1945 segna una svolta storica: si ricostituiscono le amministrazioni democratiche prima sotto la guida del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) che aveva condotto la lotta armata, poi con le prime elezioni del 1946 con amministrazioni democraticamente elette. Reggio vede subito il predominio del PCI (Partito Comunista Italiano). Il clima del dopoguerra fu però funestato da numerosi omicidi politici da parte di comunisti nei confronti di avversari politici o di ecclesiastici.

[modifica] Reggio nel dopoguerra

Dopo una fase di conflittualità caratterizzata tra il '50 e il '51, dal licenziamento di 2100 dei 4904 operai delle reggiane, e un'occupazione della fabbrica durata 493 giorni, Reggio procede a piè sospinto verso la modernizzazione, pur attreverso momenti di tensione sociale e politica.

Il 7 luglio 1960, nel corso di una manifestazione sindacale, cinque operai reggiani, Lauro Farioli, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Marino Serri, Afro Tondelli, tutti iscritti al PCI, furono uccisi dalle forze dell'ordine in quella che passo alla storia come la Strage di Reggio Emilia e che fu immortalata dalla celebre canzone di Fausto Amodei, "Per i morti di Reggio Emilia".

Sul finire degli anni ‘60 Reggio è ormai una città a forte caratterizzazione industriale che tende a svilupparsi secondo una pianificazione urbana dagli esiti controversi.

Negli anni Settanta Reggio vede sorgere il terrorismo legato alle Brigate Rosse. Lo sviluppo economico porta ad una intensa emigrazione dal Sud Italia, in particolare dalla Calabria e dal paese di Cutro, con occupati prevalentemente nel settore edilizio.

Dagli anni 80 il benessere raggiunto con lo sviluppo dei principali settori produttivi porta Reggio ai primi posti nelle classifiche nazionali per livelli economici e di alcuni servizi (fra i quali spiccano gli asili comunali), ma pone anche diversi problemi, come la mobilità, il consumo del territorio, l'inquinamento, la congestione del territorio comunale, i problemi legati alla nuova immigrazione.

[modifica] Voci correlate

[modifica] Bibliografia

  • "Guida di Reggio Emilia" del 1921 (usato come base per l'articolo)
  • Paolo Camellini – Maria Pia Barbolini “Guida di Reggio Emilia – Conosci la tua provincia” Edizioni GES – Bologna, 1982
  • Istoreco: "20 mesi per la libertà - la guerra di liberazione dal Cusna al Po" Edizioni Bertani&C, 2005 Montecchio Emilia
  • http://www.reti-invisibili.net/reggioemilia/

[modifica] Collegamenti esterni


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