Bettino Ricasoli
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Bettino Ricasoli | ||||
Luogo di nascita | Firenze | |||
Data di nascita | 9 marzo 1809 | |||
Luogo di morte | Castello di Brolio | |||
Data di morte | 23 ottobre 1880 | |||
Partito politico | Destra storica | |||
Coalizione | Connubio | |||
Mandato | 12 giugno 1861 - 3 marzo 1862 20 giugno 1866 - 10 aprile 1867 |
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Professione | politico | |||
Predecessore | Camillo Cavour Alfonso La Marmora |
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Successore | Urbano Rattazzi Urbano Rattazzi |
Bettino Ricasoli soprannominato il Barone di ferro (Ricàsoli [riˈkasoli]; Firenze, 9 marzo 1809 – Castello di Brolio, 23 ottobre 1880) è stato uno statista italiano, secondo presidente del Consiglio del Regno d'Italia dopo Cavour.
Indice |
[modifica] Vita e attività politica
Fin da bambino mostrò uno spiccato interesse per le scienze fisiche e naturali e trascorse la prima infanzia con il padre Luigi e la madre Elisabetta Peruzzi, nel Castello di Brolio, fino a quando nel 1816 il padre morì. Rimasto orfano all'età di diciotto anni con una proprietà oberata dai debiti, fu dichiarato maggiorenne per decreto speciale del Granduca di Toscana e gli fu assegnata la potestà sui fratelli più giovani. Interrotti gli studi si ritirò a Brolio e, con un'attenta gestione, riuscì a salvare la proprietà di famiglia.
Ricasoli fu un uomo d'azione, molto religioso e di spirito meditativo; il suo orientamento politico, almeno all'inizio, fu condizionato dai pensieri e degli scritti di Balbo e di d'Azeglio.
Seguendo la sua indole religiosa, giunse alla conclusione che il papato avrebbe dovuto riformarsi poiché, "priva della religione, la società italiana non aveva basi".
Nel 1847, Ricasoli fondò il giornale "La patria" , il cui programma mirava a definire la "costituzione della nazionalità italiana". Nell'ottobre dello stesso anno fu incaricato di mediare tra Toscana e Modena in un conflitto scoppiato a causa dell'annessione del territorio di Lucca alla Toscana. Questo fatto lo convinse che era necessario gettare le basi per una nuova politica italiana. Nel 1848 venne eletto Gonfaloniere di Firenze, ma si dimise a causa delle posizioni anti-liberali del granduca Leopoldo II.
Forte nella sua missione, a dispetto dei disastri del 1849 avvenuti in Italia, Ricasoli poneva molta fiducia nel Piemonte come "stato" capace di coagularne politicamente altri, tra cui la Toscana, in un'unica e futura nazione italiana.
Il 27 aprile 1859 fu nominato ministro dell'Interno del Governo Provvisorio Toscano ed assunse, dopo l'armistizio di Villafranca, il potere centrale. Ricasoli fu poi protagonista dell'annessione della Toscana al nuovo Regno d'Italia, nato il 12 marzo 1860.
Eletto deputato nel 1861, successe, il 12 giugno dello stesso anno, a Cavour nella carica di Primo Ministro. La sua attività di governo impresse una forte spinta unitaria nella gestione amministrativa dello stato. Durante il suo mandato ammise i volontari Garibaldini all'esercito regolare, revocò l'esilio a Mazzini e tentò invano la riconciliazione con la Santa Sede. Sprezzante degli intrighi del suo rivale Rattazzi, Ricasoli si trovò obbligato alle dimissioni il 3 marzo 1862 per poi però ritornare al potere dal 20 giugno 1866 al 10 aprile 1867. Del suo secondo incarico sono da ricordare il rifiuto dell'offerta di Napoleone III di cedere Venezia all' Italia in cambio dell'abbandono di quest'ultima dell'alleanza con la Prussia e il rifiuto della decorazione prussiana dell'Aquila nera a causa del mancato conferimento di questa a La Marmora, autore dell'alleanza. Alla partenza dei francesi da Roma, alla fine del 1866, Ricasoli tentò ancora la riconciliazione col Vaticano con una convenzione in virtù della quale il Regno d'Italia avrebbe restituito alla Chiesa le proprietà degli ordini religiosi soppressi in cambio del graduale pagamento di 24 milioni di lire. Per avvicinare la Santa Sede il primo ministro concesse l' exequatur a quarantacinque vescovi contrari al regime italiano. Il Vaticano accettò questa proposta ma la Camera dei deputati si trovò refrattaria e, sebbene Ricasoli la sciolse, la successiva fu ancora più ostile alla risoluzione. Senza aspettare le elezioni, Ricasoli si dimise e si allontanò dalla vita politica, parlando solo raramente alla Camera, continuando tuttavia, a essere considerato un membro influente nella destra storica denominata dagli avversari consorteria.
L'unica carica politica che mantenne fu quella di sindaco di Gaiole in Chianti.
[modifica] Voci correlate
[modifica] Onorificenze
[modifica] Bibliografia
- Lettere e documenti del barone Bettino Ricasoli, di Tabarrini e Gotti, 10 voll. (Firenze, 1886-1894);
- Genealogia e storia della famiglia Ricasoli, di Passerini (ibid. 1861);
- Vita del barone Bettino Ricasoli, di Gotti (ibid. 1894).
[modifica] Altri progetti
- Wikimedia Commons contiene file multimediali su Bettino Ricasoli
Predecessore: | Ministro degli Esteri del Regno d'Italia | Successore: | |
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Camillo Benso Conte di Cavour | 12 giugno 1861 - 3 marzo 1862 | Urbano Rattazzi (ad interim) | I |
Alfonso La Marmora | 20 giugno 1866 - 28 giugno 1866 | Emilio Visconti-Venosta | II |
Predecessore: | Ministro della Guerra del Regno d'Italia | Successore: | |
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Manfredo Fanti | 12 giugno 1861 - 5 settembre 1861 ad interim | Alessandro Della Rovere |
Predecessore: | Ministro degli Interni del Regno d'Italia | Successore: | |
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Marco Minghetti | 1 settembre 1861 - 3 marzo 1862 | Urbano Rattazzi | I |
Desiderato Chiaves | 17 giugno 1866 - 10 aprile 1867 | Urbano Rattazzi | II |