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Specie - Wikipedia

Specie

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Il concetto di specie è alla base della classificazione degli organismi viventi, trattandosi del livello tassonomico obbligatorio gerarchicamente più basso. La scelta di un criterio univoco ed universale per identificare le specie è però difficile. Tuttavia si può ovviare alle difficoltà quando si considera attualmente la specie come l'unità tassonomica fondamentale. Esistono, perciò, vari concetti utilizzati: cioè la specie può essere, biologica, morfologica, tipologica, cronologica e fenetica.

Indice

[modifica] Specie biologica

È la più diffusa, usata in zoologia, la biologica si basa sugli esperimenti che provano la discendenza fertile degli incroci. La specie è rappresentata da quegli individui che incrociandosi tra loro generano potenzialmente una prole illimitatamente feconda.

Il concetto di illimitatamente e feconda sono a fondamento della classificazione. È noto a tutti che l'asino e la cavalla generano il mulo, che è sterile. Meno famoso può essere l'esempio di alcune tartarughe, che, accoppiandosi, danno alla luce piccoli in grado di generare fino alla seconda o alla terza generazione, poi quest'ultima si evidenzia infertile[citazione necessaria]. Si scopre così che quelle tartarughe, non dando origine a prole illimitatamente feconda, appartengono a specie diverse[citazione necessaria].

Tuttavia tale definizione, per quanto rigorosa, non è rigidamente applicabile in campo botanico. Molte forme vegetali, pur presentando evidenti diversità, tali da non poter essere considerate della medesima specie, si incrociano originando ibridi illimitatamente fertili. In questi casi codesta definizione tassonomica non è più valida, e si ricorre a diverse classificazioni, basate sulle diversità somatiche e/o filogenetiche.

[modifica] Specie morfologica

La morfologica è la specie basata su caratteri morfologici. Viene generalmente usata per le specie attuali e per quelle fossili. Quando si hanno a disposizione molti esemplari (minimo 50) i caratteri rappresentabili da numeri possono essere indagati con metodi statistici; per es. curve a campana. In passato strettamente connessa al concetto di specie tipologica oggi è sempre più rimpiazzata, perlomeno nelle specie viventi, da studi di ordine molecolare e genetico. È infatti ovvia la difficoltà di applicazione di tale definizione a sibling species e a specie con dimorfismo molto marcato.

[modifica] Specie tipologica

La tipologica è la specie fondata su un tipo, definito OLOTIPO, cioè su un esemplare che la rappresenta e che dovrebbe essere in un museo pubblico a disposizione degli studiosi. L'esemplare quindi può servire per i confronti; ma non è sempre così, perché ad es. può perdersi. In questo caso può essere rimpiazzato da un neotipo. Quindi, per definizione, il concetto di specie tipologica non implica necessariamente il fissismo di Linneo, perché al tipo se ne possono aggiungere altri, paratipi, che danno l'idea della variabilità. Questo concetto, sebbene oggi comunemente utilizzato in tassonomia, è formalmente incompleto e di utilizzo più pratico che teorico, in quanto criticato aspramente da Lamarck in poi, che con la teoria nominalistica mette in discussione l'idea stessa di archetipo.

[modifica] Specie cronologica

La cronologica è basata sul concetto "tempo" ed è il classico campo di studi sulla paleontologia sistematica e biostratigrafia, vedi prove paleontologiche dell'evoluzione.

[modifica] Specie filofenetica

La filofenetica è basata sulla combinazione della metodologia fenetica con la teoria evolutiva, considerando nell'analisi delle similitudini anche le relazioni filogenetiche.
La specie fenetica applica algoritmi di analisi delle similitudini e dei caratteri comuni, rendendo questa metodologia in grado di analizzare anche esseri inanimati. Utile per i fossili, anche questa definizione non tiene conto delle relazioni filogenetiche tra i rami evolutivi e le specie.


Qui, nella figura annessa, si consideri che i generi citati sono da considerare specie morfo-cronologiche, quindi indagabili statisticamente per la loro variabilità.
Sicuramente due organismi per appartenere alla stessa specie devono condividere caratteristiche di base e numerose particolarità, talora prive di importanza adattativa (caratteri meristici).

Poiché ci si trova spesso di fronte a varie popolazioni apprezzabilmente differenziate, la creazione di specie separate o la loro unificazione in una sola specie, a causa del polimorfismo, dipende dalla esperienza dei ricercatori che valutano la diversità intra e extra-specifica.

La definizione attualmente più utilizzata è quella del russo Theodosius Dobzhansky e del tedesco Ernst Mayr, basata sulla capacità di organismi cospecifici di incrociarsi e dare prole fertile. Benché funzioni nella maggior parte dei casi, questo criterio non si applica o lascia dubbi nei casi di:

  • riproduzione asessuale, ermafroditismo sufficiente o partenogenesi esclusive;
  • subfertilità di vario grado degli ibridi;
  • presenza di gruppi morfologicamente identici al resto della specie ma riproduttivamente separati a causa di rimaneggiamenti cromosomici (criptospecie).

In pratica si individuano le specie basandosi su criteri gestiti dall'esperienza e dal buon senso. Dal punto di vista dell'evoluzione, per l'idea darwiniana, la formazione di una specie è spesso un fenomeno graduale al contrario di quanto pensava Linneo, secondo il quale le specie naturali erano imperfette materializzazioni di idee immutabili ben distinte. Per i paleontologi le specie possono anche avere comparsa improvvisa e lunga stasi evolutiva (vedi equilibri punteggiati di Gould e Eldredge).

Sulla sostanziale arbitrarietà di un qualsiasi tipo di classificazione è chiara la posizione di Darwin:

« [...] io considero il termine specie come una definizione arbitraria che, per motivi di convenienza, serve a designare un gruppo di individui strettamente simili tra di loro, per cui la specie non differisce granché dalla varietà, intendendosi con questo termine le forme meno distinte e più fluttuanti. Inoltre, anche il termine di varietà viene applicato arbitrariamente per pura praticità nei confronti delle semplici variazioni individuali »
(L'origine delle specie, cap.2 "La variazione in natura")

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[modifica] Voci correlate

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