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Restauro - Wikipedia

Restauro

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Restauro del Partenone
Restauro del Partenone
Attrezzi per il restauro di manoscritti
Attrezzi per il restauro di manoscritti

Il termine restauro (dal latino restaurare composto da re di nuovo e staurare con il significato di rendere solido, proveniente dal gotico: stiuryan) ha nel tempo acquisito vari significati spesso in aperta contraddizione, in relazione alla cultura del periodo e al rapporto di questa con la storia. Non è quindi possibile dare una definizione condivisa del termine.

Indice

[modifica] Storia

[modifica] Antichità

Nell'antichità l'attività di restauro era prevalentemente intesa come semplice manutenzione oppure come aggiornamento dell'opera (edificio, opera pittorica, opera di scultura o altro bene mobile) dettato dal gusto del tempo,[1] o da motivazioni ideologiche.[2]

[modifica] Il Settecento e l'Ottocento

Verso la fine del Settecento si ha la nascita dello studio storico-archeologico dei beni del passato, avvenuta a seguito degli scavi di Pompei ed Ercolano, alla riscoperta delle antichità greche ed alla scoperta di quelle egizie avvenuta con la campagna d'Egitto di Napoleone. Questo passaggio fondamentale della conoscenza dell'arte antica porta ad un cambiamento nel rapporto con le opere del passato (inizialmente limitato all'arte antica e successivamente esteso anche a quella medioevale), con la nascita del restauro modernamente inteso.

Proprio per questo quando Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc (1814-1879) scrive il suo Dizionario ragionato dell'architettura francese dal sec. XI° al XVI° alla voce Restauro afferma che «la parola e la cosa sono moderne».[3]

In questo periodo sono presenti due linee di tendenza principali:

  • Quella che tende a preferire la distinguibilità dell'intervento integrativo rispetto alla parte preesistente, integrando le lacune in maniera riconoscibile attraverso la distinzione del materiale o la semplificazione delle forme (ad esempio i restauri del Colosseo (1807-1826) e dell'Arco di Tito (1818-24) a Roma eseguiti da Raffaele Stern e Giuseppe Valadier).[4]
  • Quella secondo cui il restauratore deve immedesimarsi nel progettista originario e integrarne l'opera nelle parti mancanti, perché mai realizzate, perché successivamente distrutte o degradate, perché alterate da nuovi interventi. Secondo Viollet-le-Duc «Restaurare un edificio non è conservarlo, ripararlo o rifarlo, è ripristinarlo in uno stato di completezza che può non essere mai esistito in un dato tempo».[5] Questa posizione è abitualmente definita restauro stilistico.

Come reazione a queste due tendenze nasce in Inghilterra l'Antirestoration movement, che - promosso da William Morris - si rifà alle teorie di John Ruskin (1819-1900), secondo il quale il restauro è «la più totale distruzione che un edificio possa subire: una distruzione alla fine della quale non resta neppure un resto autentico da raccogliere, una distruzione accompagnata dalla falsa descrizione della cosa che abbiamo distrutto».[6]

Verso la fine dell'Ottocento in Italia nascono due nuovi modi di intendere il restauro:

  • Restauro storico, che afferma la necessità che le integrazioni all'opera debbano essere fondate su documenti storici (Luca Beltrami, Torre del Castello Sforzesco di Milano).
  • Restauro filologico che ha come caposcuola Camillo Boito (1836-1914): riprende il concetto di riconoscibilità dell'intervento; prevede il rispetto per le aggiunte aventi valore artistico, che nel corso del tempo sono state apportate al manufatto; tutela i segni del tempo (patina).[7]

[modifica] Il Novecento

All'inizio del Novecento si hanno i fondamentali contributi di Max Dvořák (1874-1921) e di Alois Riegl (1858-1905)

Riegl nel Der Moderne Denkmalkultus (1903)[8] propone la cosiddetta Teoria dei Valori secondo la quale il monumento ha più valori (storico-artistico, di novità, di antichità, ecc.) dei quali si deve contemporaneamente tener conto nell'ambito del restauro.

La prima metà del Novecento è dominata dalla figura di Gustavo Giovannoni (1873-1947) promotore di una sistematizzazione della teoria del restauro che va sotto il nome di Restauro scientifico.[9]

Giovannoni ritiene infatti necessaria la compartecipazione al progetto di restauro, sotto la direzione ed il coordinamento dell'architetto, di alcuni specialisti (chimici, geologi, ecc.) in grado di apportare utili contributi alla conoscenza del manufatto e delle tecniche di intervento.

Giovannoni propone inoltre di ricondurre gli interventi di restauro a varie categorie:

  • Restauro di consolidamento, consistente nell'insieme di opere necessarie a ristabilire un adeguato livello di sicurezza statica.
  • Restauro di ricomposizione o anastilosi, ovvero ricomposizione di un monumento frammentario del quale si conservino le parti.
  • Restauro di liberazione, ovvero rimozione di superfetazioni ritenute di scarso valore storico-artistico.
  • Restauro di completamento, con l'aggiunta di parti accessorie realizzate secondo il criterio della riconoscibilità.
  • Restauro di innovazione che aggiunge parti rilevanti di nuova concezione che talvolta risultano necessarie per il riuso del manufatto.

Contemporaneamente però Ambrogio Annoni elabora la cosiddetta Teoria del caso per caso, ovvero la necessità di trattare ogni manufatto come opera a sé stante, rifuggendo teorizzazioni astratte a favore dell'analisi attenta dei documenti storici e del manufatto oggetto dell'intervento ritenuto documento principale.[10]

[modifica] Il dopoguerra in Italia e il restauro moderno

Nel dopoguerra a seguito delle distruzioni belliche la teoria del restauro prosegue il distacco critico dalle posizioni filologico-scientifiche e si evolve verso il cosiddetto Restauro critico.

Questa corrente ha al suo interno molte posizioni anche dialetticamente contrapposte. Fra i principali teorici di questa fase possiamo ricordare:

Quest'ultimo definisce il restauro «il momento metodologico del riconoscimento dell'opera d'arte, nella sua consistenza fisica e nella sua duplice polarità estetica e storica, in vista della trasmissione al futuro».

Il progressivo estendersi del campo dei beni oggetti di tutela - dalle opere d'arte - ai beni di interesse etno-antropologico e di cultura materiale, mette in crisi le posizioni del restauro critico che impostava la sua teoria sull'artisticità del bene oggetto delle opere restaurative, e porta ad aumentare l'interesse per la conservazione materiale oltre che formale degli oggetti tutelati, interesse che vede fra i precursori Piero Sanpaolesi che elabora metodi per il consolidamento dei materiali lapidei.

Negli anni settanta del Novecento nasce la cosiddetta Teoria della conservazione che rifiuta ogni tipo di integrazione stilistica, anche semplificata nelle forme, a favore dell'integrazione tra esistente - conservato in maniera integrale - e aggiunta dichiaratamente moderna. Tra i massimi esponenti di questa corrente ricordiamo:

Negli ultimi due decenni il contrasto fra teoria della conservazione e restauro critico è andato progressivamente attenuandosi con una convergenza verso le posizioni critico-conservative.

Solo alcune voci isolate propongono teorie radicalmente differenti. È il caso di Paolo Marconi che parte dal presupposto che in architettura non esista il concetto di autenticità materiale (perché la concezione e l'esecuzione dell'opera appartengono a persone differenti) e giunge a posizioni che riprendono in larga parte le teorie ottocentesche del restauro stilistico e storico. Opponendosi ai principi di riconoscibilità dell'intervento e di semplificazione delle integrazioni, propone invece la rifazione a l'identique delle parti mancanti o alterate.

Tra i principali teorici contemporanei (oltre ai già citati) possiamo ricordare:

  • Giovanni Carbonara
  • Benito Paolo Torsello
  • Paolo Fancelli
  • Gianfranco Spagnesi Cimbolli

[modifica] Le Carte del Restauro

Le "carte" del restauro:

In Italia i principali documenti prodotto sono stati:

[modifica] Bibliografia

Cristina Giannini, Giancarlo Lanterna, Marcello Picollo, Roberta Roani, "Dizionario del restauro", Nardini Editore [1]

[modifica] Note

  1. ^ Esempi di questo atteggiamento sono il Tempio Malatestiano di Rimini, trasformazione della Chiesa di San Francesco ad opera di Leon Battista Alberti ed un gran numero di interventi barocchi su chiese medioevali.
  2. ^ Ad esempio la trasformazione delle statue greche - trasportate a Roma come bottino di guerra - per adeguarle secondo finalità legate ad interessi politici, e la modifica dei tempi dedicati a divinità del pantheon politeista in chiese cristiane.
  3. ^ E.E.Viollet-le-Duc, L'architettura ragionata. Estratti dal dizionario, Jaca Book, Milano, 1982, p. 247.
  4. ^ S. Casiello, Problemi di conservazione e restauro nei primi decenni dell'Ottocento a Roma, in Id. (a cura di), Restauro tra metamorfosi e teorie, Electa Napoli, Napoli, 1992, pp. 30-37 (Colosseo) e pp. 37-44 (Arco di Tito).
  5. ^ E.E.Viollet-le-Duc, L'architettura ragionata. Estratti dal dizionario, Jaca Book, Milano, 1982, p. 247.
  6. ^ J. Ruskin, The Seven Lamps of Architecture, 1880 (trad. italiana, Le sette lampade dell'architettura, Jaca Book, Milano, 1982, pp. 226-227).
  7. ^ C. Boito, Questioni pratiche di belle arti. Restauri, concorsi, legislazione, professione, insegnamento, Hoepli, Milano, 1893.
  8. ^ Trad. italiana a cura di S. Scarrocchia Il culto moderno dei monumenti. Il suo carattere e i suoi inizi, Nuova Alfa Editoriale, Bologna, 1981. Sull'opera di Riegl si veda anche L. Gioeni, Genealogia e progetto. Per una riflessione filosofica sul problema del restauro, ESI, Napoli, 2002, pp. 52-76, che propone come traduzione alternativa per il titolo Il moderno Denkmalkultus. La sua essenza, la sua genealogia, attibuendo al termine Denkmalkultus il significato di «cultura, cura, trattamento, mantenimento» dei monumenti.
  9. ^ G. Giovannoni, Il restauro dei monumenti, Cremonese, Roma, s.d. (ma 1946).
  10. ^ A. Annoni, Scienza ed arte del restauro architettonico. Idee ed esempi, Edizioni Artistiche Framar, Milano, 1946.

[modifica] Voci correlate


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