Microtus arvalis
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Topo campagnolo |
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Microtus arvalis |
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Stato di conservazione | ||
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Classificazione scientifica | ||
Nomenclatura binomiale | ||
Microtus arvalis Pallas, 1778 |
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Il topo campagnolo comune o arvicola campestre (Microtus arvalis Pallas, 1778) è un mammifero roditore appartenente alla famiglia dei Cricetidae.
Indice |
[modifica] Distribuzione e descrizione
Viene suddiviso in 16 sottospecie; vive in tutta l'Eurasia dall'Atlantico all'Altaj; è assente in Inghilterra. È lungo 9-11 cm, la coda misura 3-4 cm. La pelliccia sul dorso è in prevalenza giallo-grigia, più chiara sui fianchi, quasi bianca sul ventre e sulle zampe.
[modifica] Comportamento
Il topo campagnolo è un vero animale da terre coltivate, esso infatti passa l'estate prevalentemente nei campi. Ama i terreni caldi e asciutti ed è un grande maestro nell'arte dello scavo. I suoi nidi si trovano a 40-60 cm sottoterra, sono morbidamente imbottiti e da aprile a ottobre ospita quasi ininterrottamente una nidiata dopo l'altra. In quindici mesi una femmina può partorire fino a cinquecento piccoli. Nessuna meraviglia quindi se in annate propizie, cioè calde ed asciutte la specie presenti massicci incrementi di densità. I campi allora finiscono per somigliare a dei colabrodi crivellati come sono dalle tane disposte le une accanto alle altre. Da un buco all'altro si sviluppano le strade dei topi sotto forma di sentieri molto battuti. Nelle giornate limpide e chiare i campi si mutano, allora, in un unico grigio brulichio. Chi camminasse per questi campi potrebbe uccidere o calpestare un'infinità di microti perché gli animali fuggendo si assiepano talmente davanti agli ingressi dei loro rifugi da impedirsi l'un l'altro il passaggio.
Generalmente questo sovrapopolamento si «disinnesca» con la stessa rapidità con cui s'è prodotto. I microti, infatti, non soffrono solo per la scarsezza del cibo, ma anche per il pauroso soprapopolamento in cui sono costretti a vivere. A causa di ciò diventano eccitabili, tentano di sottrarsi alla calca, dilaniati dalla fame si calpestano scambievolmente, mentre i più deboli e i malati vengono sistematicamente divorati dagli altri. La perdita delle forze si manifesta dapprima così: gli individui fisicamente o psichicamente soccombenti hanno i peli arruffati e non riescono a tenere gli occhi aperti; si ingobbiscono e strisciano gli uni vicino agli altri come alla ricerca di un po' di tepore. La temperatura corporea infatti si abbassa inesorabilmente, gli arti posteriori si paralizzano, insorgono delle convulsioni che finiscono per provocare il decesso. La morte, quindi, è un tipico fenomeno da carenza e da esaurimento, non provocata da alcuna epidemia, da nessuna presunta «peste dei topi» come si credeva fino ad oggi. Le nostre arvicole soccombono fisicamente e psichicamente come i denutriti e sofferenti internati dei disumani campi di detenzione e concentramento di un non lontano passato. L'intervento di fattori esterni sfavorevoli, quali il gelo e l'umidità, in certe stagioni accelera il processo degenerativo e fa sì che gli animali muoiano a milioni in pochi giorni. Solo pochi elementi robusti sopravvivono alla catastrofe.
D'inverno il topo campagnolo si rifugia spesso nei fienili e nelle stalle, nelle cantine e nelle abitazioni. Gli animali che rimangono all'aperto si aprono ampie strade sotto la neve, dei veri e propri tunnel che essi rinforzano con erbe e muschio. Si nutrono delle loro provviste e rosicchiano cortecce e radici.
[modifica] Bibliografia
- Amori, G. 1996. Microtus arvalis. In: 2007 IUCN Red List of Threatened Species. IUCN 2007.
[modifica] Voci correlate
[modifica] Altri progetti
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